Battaglia del Gargano parte della Terza guerra servile | |||
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Data | 72 a.C. | ||
Luogo | Gargano | ||
Esito | Vittoria romana | ||
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La battaglia del Gargano fu una battaglia della Terza guerra servile combattuta nel 72 a.C. in Apulia, l'attuale Puglia, tra le forze romane comandate da Lucio Gellio Publicola e gli schiavi ribelli comandati dal gladiatore Crixo, distaccatosi con la parte dei Galli dell'esercito di Spartaco. Questi ultimi furono sconfitti dai Romani e lo stesso Crixo fu ucciso da Quinto Arrio, il propretore di Gellio[1].
Antefatto
[modifica | modifica wikitesto]Nel 73 a.C. ci fu a Capua una rivolta di gladiatori della casa di Lentulo Batiato; 70 di questi al comando di Spartaco, Enomao e Crixo fuggirono, rifugiandosi sul Vesuvio e sconfiggendo il pretore Gaio Claudio Glabro, che era stato inviato con un corpo di milizia per fermarli.
Un destino analogo ebbero le truppe di Publio Varinio. A seguito di questi successi il loro numero aumentò a 70.000 uomini, donne e bambini, comprendendo sia schiavi fuggiaschi che pastori e trasportatori dell'Italia meridionale[3]. A quel tempo, su circa sei milioni di abitanti della penisola, un terzo erano schiavi[4].
Dopo avanzarono verso sud saccheggiando la campagna italiana e passarono l'inverno nelle zone montuose tra Nola, Nuceria Alfaterna, Thurii e Metaponto. In questo periodo probabilmente morì Enomao, perché in seguito non è ulteriormente menzionato. Infine, con la primavera del 72 a.C., la massa di persone, il cui numero era arrivato a 150.000, iniziò un lento spostamento verso nord, presumibilmente nel tentativo di attraversare le Alpi e fuggire in Gallia. Tuttavia, le controversie tra Crixo e Spartaco portarono alla divisione delle forze: il primo si separò con 30.000 Galli e Germani con l'intenzione di continuare la guerra in corso dirigendosi verso il monte Gargano. I romani approfittarono della situazione e attaccarono separatamente i ribelli con due eserciti consolari di 10.000 uomini ognuno[5].
La battaglia
[modifica | modifica wikitesto]Una delle due legioni fu inviata a sconfiggere Crixo[1] e intercettò l'esercito ribelle grazie alle testimonianze degli abitanti dei villaggi saccheggiati e alla cattura di una pattuglia di ribelli in esplorazione.
I Romani trovarono i ribelli caoticamente accampati in un avvallamento: l'accampamento era disposto completamente a caso, senza vallo di difesa o sentinelle. I Romani attaccarono di sorpresa i ribelli; molti non ebbero nemmeno il tempo di prendere le armi finendo trucidati nel sonno. Crixo cercò di adottare una strategia mandando avanti la sua fanteria germanica per stancare e decimare i legionari e poi far intervenire i Galli e i gladiatori. Il piano non funzionò; i ribelli si dispersero e Crixo fu pugnalato alle spalle da Quinto Arrio. La sua testa fu portata a Gellio su un piatto d'argento.
Conseguenze
[modifica | modifica wikitesto]Dopo la sua vittoria su Crixo, Gellio si mosse verso nord, inseguendo il gruppo principale degli schiavi al comando di Spartaco, che si stava dirigendo verso la Gallia Cisalpina; l'altro esercito consolare comandato da Gneo Cornelio Lentulo Clodiano si dispose in modo tale da sbarrare il passo a Spartaco, e i due consoli contavano così di intrappolare tra i loro eserciti gli schiavi ribelli. L'esercito di Spartaco incappò in quello di Lentulo e lo sconfisse; poi, capovolto il fronte di battaglia, annientò anche l'esercito di Gellio, costringendo le legioni romane alla rotta. Appiano afferma che Spartaco, per vendicare la morte di Crixo, mise a morte 300 soldati romani catturati, costringendoli a combattersi l'un l'altro fino alla morte, come succedeva ai gladiatori. Dopo questa vittoria, Spartaco si mosse verso nord con i suoi uomini (circa 120.000) alla massima velocità possibile, «avendo bruciato tutto l'equipaggiamento inutile, ucciso tutti i suoi prigionieri e macellato tutti i suoi animali da soma per rendere più rapida la sua marcia»[1].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d Appiano, Guerre Civili, 1:117.
- ^ Tito Livio, Ab Urbe condita Libri, Periochae 96.
- ^ Plutarco, Crasso, 9:3; Appiano, Guerre Civili, 1:116.
- ^ Joseph Cummins, Great Rivals in History: When Politics Gets Personal, Murdoch Books, Sydney, Pier 9, 2008, ISBN 978-1-74196-042-6, p. 43.
- ^ Barry S. Strauss, The Spartacus War, Simon and Schuster, 2009, ISBN 978-1-41653-205-7, pp. 101-102
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Joseph Cummins, (2008). Great Rivals in History: When Politics Gets Personal. Sydney: Pier 9, Murdoch Books. ISBN 978-1-74196-042-6.
- Barry S. Strauss (2009). The Spartacus War, Simon and Schuster, ISBN 978-1-41653-205-7.
Fonti classiche
[modifica | modifica wikitesto]- Appiano di Alessandria, Storia romana, Vol. II: Guerre civili (libri I-II)
- Appiano, Storia romana, Vol. III: Guerre civili (libri III-V)
- Gaio Giulio Cesare, De bello gallico
- Tito Livio, Ab Urbe condita libri