Gli Artuqidi, o Urtuqidi (meno corretti Ortòchidi, Ortùchidi, Ortùqidi o Ortòqidi; turco Artuklu, pl. Artukoğulları) furono una dinastia di turchi Oghuz che dominò l'Anatolia orientale (Diyār Bakr) ed il nord della Siria e dell'Iraq nell'XI e XII secolo.
I due principali rami della dinastia governarono da Hasankeyf (Ḥiṣn Kayfā, Hısnkeyfa) tra il 1102 ed il 1231 e da Mardin tra il 1106 ed il 1186, poi fino al 1409 come vassalli. Ci fu anche un terzo ramo che acquisì Harput nel 1112 e fu indipendente tra il 1185 ed il 1234[1].
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Artuq
[modifica | modifica wikitesto]La dinastia fu fondata da Artuq (meno corretto Ortuq) ibn Aksab (figlio di Eksük) - un guerriero che proveniva dalla tribù turcomanna dei Döger - inizialmente agli ordini di Malik Shah I ed in seguito al servizio del re selgiuchide di Damasco, Tutush I, fratello di Malik Shāh I.
Artuq nel 1086 fu nominato governatore di Gerusalemme da Tutush, che nel 1078 aveva strappato la città ai Fatimidi, sconfiggendo il vizir Badr al-Jamali, durante il regno di Al-Mustanṣir Bi-llāh.
Quando Artuq morì, nel 1091, il territorio di Diyarbakır (Amida) passò a suo figlio Soqman, mentre quello di Silvan (Mayyâfâriqîn) e Mardin all'altro figlio Īlghāzī
Soqman e Īlghāzī
[modifica | modifica wikitesto]Dopo la morte (1092) del Sultano selgiuchide Malik Shah I gli Artuqidi, condotti da Tutush nella regione anatolico-siro-irachena della Jazira, sostennero il loro comandante nella sua disputa dinastica che lo contrapponeva ai suoi nipoti (1092-1095). Alla morte di Tutush, gli Artuqidi sostennero suo figlio Ridwān di Aleppo contro suo fratello Duqāq ibn Tutush, re selgiuchide di Damasco ma Īlghāzī (che guidava uno dei due rami della famiglia artuqide) per un certo periodo di tempo fu al servizio di Muḥammad, uno dei figli del Sultano selgiuchide Malik Shāh.
Nel 1098, il visir fatimide al-Afdal Shahanshah, figlio di al-Badr al-Jamālī, riprese Gerusalemme per conto del califfo fatimide al-Musta'li ed espulse Soqman e Īlghāzī. L'anno successivo i crociati tolsero nuovamente la città ai Fatimidi.
Soqman e Īlghāzī accrebbero il loro potere a Diyarbakır, Mardin e Hasankeyf, nella regione della Jazīra, dove entrarono in conflitto con il sultanato dell'Impero selgiuchide. Soqman, bey di Mardin, sconfisse i crociati nella Battaglia di Harran del 1104.
Dopo la morte di Soqman, suo fratello Ilghāzī gli succedette a Mardin, continuando ad espandere i possedimenti artuqidi; egli prese Mayyâfâriqîn tra il 1117 e il 1126 e, su richiesta del qadi Ibn al-Khashshab, nel 1118 impose il suo controllo su Aleppo.
Nel 1119 Ilgazi sconfisse i crociati del Principato di Antiochia nella Battaglia dell'Ager Sanguinis.
Nel 1121 un'alleanza tra Selgiuchidi e Artuqidi, comandata da Īlghāzī, fu sconfitta dalla Georgia nella Battaglia di Didgori.
Ilghāzi morì nel 1122 e suo nipote Balak ereditò solo nominalmente il controllo di Aleppo, dal momento che la città fu governata in realtà da Ibn al-Khashshāb. Quest'ultimo fu assassinato nel 1125, e Aleppo cadde sotto il controllo di Zengi, atabeg di Mawṣil.
Dopo la morte di Balak, gli Artuqidi si divisero in due rami: i discendenti di Ilghāzi a Mardin e Mayyāfāriqīn, i discendenti di Soqman a Hisn Kayfâ (Hasankeyf) poi Harput e infine Amida.
I discendenti di Soqman e Ilghāzi
[modifica | modifica wikitesto]Shams al-Dawla Sulaymān, figlio di Īlghāzī, succeduto al padre a Mayyāfāriqīn, morì nel 1129-30, e un altro figlio di Īlghāzī, Timurtash, già signore di Mardin, fu il suo successore. Amida invece passò a Dāʾūd, figlio e successore di Sokman a Hisn Kayfā, fino al 1104. Da quel momento in poi le due entità artuqidi restarono stabilmente separate per circa 200 anni
Nel 1144 morì Dāʾūd, bey di Hasankeyf. Gli succedette suo figlio Kara Arslan che si alleò con Joscelin II di Edessa contro gli Zengidi, ma nel 1144, approfittando dell'assenza di Joscelin, Zengi conquistò Edessa, il primo degli Stati crociati a cadere (vedi assedio di Edessa (1144)). Anche Hasankeyf divenne vassalla di Zengī.
Il figlio di Kara Arslan, Nūr al-Dīn Muḥammad (1167-1185), si alleò con il sultano ayyubide Saladino contro il Sultano di Rūm Qilij Arslan II, la cui figlia aveva sposato l'artuqide Nūr al-Dīn Muḥammad. Attraverso un accordo di pace con Qilij Arslān, Saladino acquisì il potere sul territorio artuqide, sebbene i suoi nominali signori fossero tecnicamente ancora vassalli di Mawṣil, che Saladino ancora non aveva sotto il proprio controllo. Con l'appoggio artuqide e dopo la morte di Norandino, Saladino alla fine impose il proprio dominio anche a Mawṣil.
La dinastia degli Artuqidi governava ancora nominalmente la Mesopotamia settentrionale, ma il suo potere declinò sotto il governo degli Ayyubidi.
Il ramo della famiglia insediato ad Hasankeyf si trasferì a Diyarbakır dopo averla conquistata nel 1198, e fu distrutto dagli Ayyubidi nel 1234[2] in seguito a un loro tentativo di allearsi coi Selgiuchidi.
Il Sultanato di Rum pose fine al ramo di Harput che ambiguamente attuava una politica a volte favorevole agli Ayyubidi e altre volte invece ai Selgiuchidi.
Il ramo della dinastia insediato a Mardin e a Mayyāfāriqīn fu vassallo degli Ayyubidi e del Sultanato di Rum. Sfuggì alle lotte tra questi con l'Impero corasmio accettando, nel 1260, di dichiararsi vassallo dell'Ilkhanato e poi dell'Impero timuride.
Gli Artuqidi scomparvero nel 1408 quando i Kara Koyunlu[2] conquistarono Mardin.
Le dinastie
[modifica | modifica wikitesto]- Artuq ibn Aksab, comandante selgiuchide (1090-1102)
Ramo di Amida (Diyarbakır)
- Soqman I Muʿīn al-Dawla (1098 - 1105[3])
- Ibrāhīm (1105 - 1109[4])
- Dāwūd Rukn al-Dawla (1109 - 1144)
- Qara Arslān Fakhr al-Dīn (1144 - 1167)
- Muhammad Nūr al-Dīn (1167 - 1185)
- Sokman II al-Malik al-Masʿūd Qutb al-Dīn (1185 - 1201)
- Mahmūd al-Malik al-Ṣāliḥ Nāṣir al-Dīn (1201 - 1222)
- Mawdūd al-Malik al-Masʿūd Rukn al-Dīn (1222 - 1232)
Ramo di Harput
- Abū Bakr ʿImād al-Dīn (1185-1204)
- Ibrāhīm Niẓām al-Dīn (1204-1223)
- Ahmad Khidr ʿIzz al-Dīn (1223-1234)
- Artuq Shāh Nûr al-Dīn (1234)
Conquistata dai Selgiuchidi nel 1234.
Ramo di Mayyāfāriqīn (Silvan)
- Īlghāzī I Najm al-Dīn (1104 - 1122[5])
- Husām al-Dīn Timurtash (1122 - 1152[6])
- Alpï Najm al-Dīn (1152 - 1176[7])
- Īlghāzī II Qutb al-Dīn (1176 - 1184)
- Yülük Arslān Husām al-Dīn (1184 - 1201[8])
- Artuq Arslan Nāṣir al-Dīn (1201-1239[9])
- Ghāzi I Najm al-Dīn (1239 - 1260)
- Qara Arslān al-Muẓaffar (1260 - 1292)
- Dâwûd Shams al-Dîn (1292 - 1294)
- Ghāzī al-Dīn II (1294 - 1312)
- ʿAlī Alpï ʿImād al-Dīn (1312)
- Ṣāliḥ Shams al-Dīn (1312 - 1364)
- Aḥmad al-Manṣūr Husām al-Dīn (1364 - 1368)
- Maḥmūd al-Ṣāliḥ (1368 - ?[2])
- Dāwūd al-Muẓaffar (1368 - 1376)
- ʿĪsā al-Ẓāhir Majd al-Dīn (1376 - 1406[10])
- Aḥmad al-Ṣāliḥ Shihāb al-Dīn (1406 - 1408[11])
Conquistata dai Kara Koyunlu.
Architettura
[modifica | modifica wikitesto]Nonostante la loro costante preoccupazione per la guerra, i membri della dinastia Artuqide lasciarono brillanti opere architettoniche.
A loro sono dovuti i più significative apporti alle Mura di Diyarbakır[12]. La Porta di Edessa fu ricostruita da Muḥammad, figlio di Karā Arslān. Nella stessa parte del muro occidentale, a sud della Porta di Edessa, due imponenti torri, Ulu Beden e Yedi Kardeş furono commissionate nel 1208 dal governante artuqide Ṣāliḥ Maḥmūd, che progettò egli stesso la torre di Yedi Kardeş e fece apporre sulle sue mura l'aquila bicipite degli Artuqidi.
Un grande caravanserraglio in Mardin come pure il capolavoro di ingegneria civile del Ponte di Malabadi[13] sono usati ancora oggi. Il Ponte di Hasankeyf[14], in parte ancora in piedi, fu costruito nel 1116 da Karā Arslān.
Le Grandi Moschee di Mardin[15] e Silvan[16] furono considerevolmente ingrandite nel corso del XII secolo da diversi governanti artuqidi, sulla base di preesistenti edifici selgiuchidi. La moschea congregazionale[17] di Dunaysir[18] (oggi Kızıltepe) fu commissionata da bey artuqide Yülük Arslan (1184–1203) e completata dopo la sua morte nel 1204 da suo fratello Artuq Arslān (1203 – 1239).
Monetazione
[modifica | modifica wikitesto]Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Bosworth, p. 194.
- ^ a b c Janine & Dominique Sourdel, p. 107.
- ^ (1098 - 1105) secondo il Dictionnaire historique de l'islam, ma (1102 - 1104) secondo Bosworth, p. 194
- ^ (1104 - 1109) secondo Bosworth, p. 194
- ^ (1114/1115 - 1122) a Mardin e (1118 - 1122) Mayyāfāriqīn secondo Bosworth, p. 194
- ^ (1122 - 1154) secondo Bosworth, p. 194
- ^ (1154 - 1176) secondo Bosworth, p. 194
- ^ (TR) Hüsâmeddîn Yavlak Arslan (1184 - 1203) secondo Bosworth, p. 194
- ^ (1203 - 1239) secondo Bosworth, p. 195
- ^ (1376 - 1407) secondo Bosworth, p. 195
- ^ (1407 - 1409) secondo Bosworth, p. 195
- ^ (EN) Mura di Diyarbakır, su archnet.org, ArchNet. URL consultato il 7 giugno 2009 (archiviato dall'url originale l'8 febbraio 2006).
- ^ (EN) Ponte di Malabadi a Silvan, su archnet.org, ArchNet. URL consultato il 7 giugno 2009 (archiviato dall'url originale il 7 febbraio 2006).
- ^ (EN) Ponte di Hasankeyf, su archnet.org, ArchNet. URL consultato il 7 giugno 2009 (archiviato dall'url originale il 19 febbraio 2006).
- ^ (EN) Grande Moschea (Ulu Cami) di Mardin, su archnet.org, ArchNet. URL consultato il 7 giugno 2009 (archiviato dall'url originale il 5 aprile 2007).
- ^ (EN) Grande Moschea (Ulu Cami) di Meyyafarikin (oggi Silvan), su archnet.org, ArchNet. URL consultato il 7 giugno 2009 (archiviato dall'url originale l'8 febbraio 2006).
- ^ Detta anche "Moschea cattedrale" è la jāmiʿ, abbastanza ampia da ospitare un numero consistente di fedeli, facilitandone la preghiera in comune del mezzogiorno ( ẓuhr ) del venerdì, al contrario degli oratori decisamente più piccoli ( masjid ), del tutto inadatti ad assolvere a tale funzione.
- ^ (EN) Grande Moschea (Ulu Cami) di Dunaysir (oggi Kızıltepe), su archnet.org, ArchNet. URL consultato il 7 giugno 2009 (archiviato dall'url originale il 4 aprile 2007).
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Claude Cahen, La Syrie du Nord à l'époque des Croisades et la principauté franque d'Antioche, Parigi, P. Geuthner, 1940
- (EN) Clifford Edmund Bosworth, The Artuqids, in The New Islamic Dynasties. A Chronological and Genealogical Manual, Edimburgo, Edinburgh University Press, 2004, pp. 194-196, ISBN 978-0-7486-2137-8.
- (EN) Carole Hillenbrand, A Muslim Principality in Crusader Times: The Early Artuqid State, Nederlands Historisch-Archaeologisch Instituut, 1990, ISBN 978-90-6258-066-8.
- (EN) Carole Hillenbrand, The Crusades: Islamic Perspectives, Routledge, 1999, ISBN 1-57958-210-9.
- (TR) Oktay Aslanapa, Anadolu'da ilk Türk mimarisi: Başlangıcı ve gelişmesi (Prima architettura turca in Anatolia: Origini e sviluppo), Ankara, AKM Publications, 1991, ISBN 975-16-0264-5 (archiviato dall'url originale il 30 settembre 2007).
- P.M. Holt, The Age of the Crusades: The Near East from the Eleventh Century to 1517. Longman, 1989.
- Steven Runciman, Storia delle crociate, Torino, Einaudi, 1966, II vol. (trad. dell'orig. A History of the Crusades, Cambridge, Cambridge University Press, 1951-4).
- (EN) Kenneth M. Setton (a cura di), A History of the Crusades, Madison, University of Wisconsin Press, 1969 - 1989. URL consultato il 5 ottobre 2008.
- (FR) Janine & Dominique Sourdel, Artuqides, Artukides ou Ortokides, in Dictionnaire historique de l'islam, collana "Quadrige", PUF, 2004, p. 107, ISBN 978-2-13-054536-1.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Artuqidi
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (TR) Mustafa Güler, İlknur Aktuğ Kolay, 12. yüzyıl Anadolu Türk Camileri (12th century Turkish mosques in Anatolia) (PDF), su Magazine (İtüdergi), Istanbul Technical University. URL consultato il 7 giugno 2009 (archiviato dall'url originale il 4 luglio 2007).
- (TR) https://web.archive.org/web/20180105151014/http://www.selcuklular.com/ ?
- (EN) Rulers of Aleppo, Maredin and Meafarekin (Ortokids), su fmg.ac, Foundation for Medieval Genealogy, maggio 2007. URL consultato il 6 giugno 2009.
- (EN) Turkmen Ruling Dynasties in Asia Minor, su turkmeniya.narod.ru, narod.ru. URL consultato il 19 giugno 2009.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 3267706 · CERL cnp00539653 · ULAN (EN) 500313579 · LCCN (EN) sh2007010583 · GND (DE) 11883021X · BNF (FR) cb12136958g (data) · J9U (EN, HE) 987007291324805171 |
---|