Gli Archivi di Arolsen (in tedesco e inglese Arolsen Archives, in passato noti come International Tracing Service)[1] sono un centro internazionale di documentazione, informazione e ricerca sulla persecuzione nazista, il lavoro forzato e l'Olocausto nella Germania nazista e nelle regioni occupate, situato a Bad Arolsen in Germania. L'archivio contiene circa 30 milioni di documenti dei campi di concentramento, dettagli sul lavoro forzato e schede di persone deportate. L'ITS conserva i documenti originali e chiarisce il destino dei perseguitati dai nazisti. Gli archivi dal 2007, anche con grande soddisfazione del mondo ebraico[2] sono accessibili ai ricercatori di tutto il mondo[3]. Con «ventisei chilometri di scaffali, cinquanta milioni di fascicoli, mappe, disegni, grafici, quaderni, liste (anche la famosa Lista di Schindler[4]), effetti personali, fotografie» quello di Arolsen è più grande archivio al mondo[5][6] sulla deportazione nazista[7].
Dal 2013 l'ITS di Arolsen è stato inserito nel programma Memoria del mondo dell'UNESCO[8][9]
Storia e organizzazione dell'ITS
[modifica | modifica wikitesto]L'ITS fu pensata nel 1943, ovvero quando l'Allied Force Headquarters ovvero il quartier generale delle forze alleate, chiese alla sezione internazionale della Croce Rossa Britannica (British Red Cross) con sede a Londra di istituire un servizio di registrazione e rintracciamento delle persone scomparse. L'ITS sarà formalizzata invece il 15 febbraio del 1944 sotto l'egida del Supreme Headquarters Allied Expeditionary Force ovvero il quartier generale supremo delle forze di spedizione alleate (SHAEF) e sarà denominata Central Tracing Bureau. Con la guerra in atto gli uffici della Croce Rossa furono prima spostati da Londra a Versailles quindi a Francoforte sul Meno e infine a Bad Arolsen, località non solo considerata centrale tra le aree di occupazione alleata, ma anche con strutture intatte per essere occupate subito dai diversi uffici e archivi dell'ITS. Oggi, undici paesi e precisamente Germania, Stati Uniti d'America, Francia, Gran Bretagna, Grecia, Israele, Lussemburgo, Polonia, Belgio, Paesi Bassi e Italia sono responsabili della gestione di tali archivi «grazie a un Trattato internazionale concluso nel 1955 a Bonn, hanno ratificato e inviato conferma alla Germania che è depositaria del protocollo di aggiornamento concordato a Lussemburgo il 16 maggio 2006»[10]
Come furono creati gli archivi
[modifica | modifica wikitesto]A partire dalla primavera 1945, quando gli alleati arrivarono nei campi di concentramento nazisti, trovarono molti documenti tenuti dai nazisti. Questi documenti furono portati nella città tedesca di Bad Arolsen, e dopo un primo vaglio furono smistati, «archiviati» e secretati. Nel 1955, l'International Tracing Service (ITS), fu incaricato della gestione degli archivi, in quello stesso anno fu deciso «che nessun dato che potesse danneggiare le ex vittime naziste o le loro famiglie doveva essere pubblicato» per cui l'ITS tenne tutta la documentazione inaccessibile al pubblico proprio per tutelare la privacy delle vittime, ma come risultato le informazioni provenienti da quegli archivi venivano date con il contagocce sia ai sopravvissuti che ai loro famigliari. Queste restrizioni generarono non poche polemiche sia tra i ricercatori che tra i sopravvissuti, per cui l'ITS nel 1988 si mostrò favorevole all'accesso dei documenti dell'archivio anche a questi gruppi di persone e nel 1999 iniziò a scansionare i documenti in formato digitale[11], oggi i documenti dell'archivio oltre ai sopravvissuti e ai loro parenti sono accessibili anche a ricercatori e a chiunque ne faccia espressa richiesta[10]. A maggio 2019 il centro aveva caricato circa 13 milioni di documenti rendendoli disponibili online al pubblico. Gli archivi sono attualmente in fase di digitalizzazione e trascrizione attraverso la piattaforma di crowdsourcing Zooniverse e a luglio 2020 era stato trascritto circa il 27% degli archivi[12].
Stolen Memory (La Memoria rubata)
[modifica | modifica wikitesto]Bad Arolsen non è soltanto il più grande archivio al mondo, cartaceo e digitale, sulle persone che subirono la persecuzione nazista. Nella struttura della città tedesca sono conservati anche una minima parte dei milioni di oggetti che i nazisti razziarono alle loro vittime. Questi oggetti che comprendono preziosi, fedi nuziali, orologi, foto e lettere, ammontano a circa 3000 e sono conservati dall'ITS con lo scopo di restituirli ai legittimi proprietari o ai loro eredi, restituzione che fino ad oggi è stata già fatta in più di 300 casi[13].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ International Tracing Service Digital Archive, su ushmm.org. URL consultato il 1º febbraio 2022.
- ^ Dichiarazione di Yad Vashem sugli archivi ITS/Arolsen, su yadvashem.org. URL consultato il 1º febbraio 2022.
- ^ 2007 L'archivio di Bad Arolsen - articolo pubblicato sul Bollettino della comunità ebraica, su lilianapicciotto.it. URL consultato il 1º febbraio 2022.
- ^ Archivi Arolsen, l’impegno per una Memoria viva, su moked.it. URL consultato il 1º febbraio 2022.
- ^ Fondo - Devoto Andrea (ricerche sui campi di concentramento nazisti), su archivi.unifi.it. URL consultato il 1º febbraio 2022.
- ^ Holocaust Survivors and Victims Database, su ushmm.org. URL consultato il 1º febbraio 2022.
- ^ Bad Arolsen: la digitalizzazione del più grande archivio sulla deportazione nazista, su san.beniculturali.it. URL consultato il 1º febbraio 2022 (archiviato dall'url originale il 15 maggio 2024).
- ^ Memory of the World - Archives of the International Tracing Service, su unesco.org. URL consultato il 1º febbraio 2022.
- ^ Roma, 29 gennaio 2016, su archivi.beniculturali.it. URL consultato il 2 febbraio 2022 (archiviato dall'url originale il 2 febbraio 2022).
- ^ a b L’archivio di Bad Arolsen, su mosaico-cem.it. URL consultato il 2 febbraio 2022.
- ^ 50 milioni di pagine di documenti nazisti sono state rese pubbliche nel 2006, su greelane.com. URL consultato il 2 febbraio 2022.
- ^ Every Name Counts, su zooniverse.org. URL consultato l'8 febbraio 2022.
- ^ Henning Borggräfe, Christian Höschler e Isabel Panek, Tracing and Documenting Nazi Victims Past and Present, Berlino, Walter de Gruyter, 2020, ISBN 978-31-1066-160-6.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Henning Borggräfe, Christian Höschler e Isabel Panek, Tracing and Documenting Nazi Victims Past and Present - Volume 1, Berlino, Walter de Gruyter Oldenbourg, 2020, ISBN 978-31-1066-160-6.
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Archivi di Arolsen
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (EN, DE, FR, PL, RU, ES) Sito ufficiale, su arolsen-archives.org.
- Archivi di Arolsen, su ISIL.
- Bad Arolsen: la digitalizzazione del più grande archivio sulla deportazione nazista, su san.beniculturali.it. URL consultato il 1º febbraio 2022 (archiviato dall'url originale il 15 maggio 2024).
- Arolsen Archives: International Center on Nazi Persecution, su bibliostoria.com.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 6544155919309139730008 · ISNI (EN) 0000 0004 0373 4974 · LCCN (EN) no2019075661 · GND (DE) 1193760879 · J9U (EN, HE) 987009349768505171 |
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