Gli Albrizzi furono una famiglia nobile bergamasca, trapiantatasi a Venezia nel XVI secolo e iscritta al patriziato dal 1667.
Furono noti dalla seconda metà del Seicento per aver fondato una rinomata tipografia, importante riferimento per il mondo letterario del tempo.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Gli Albrizzi erano originari della Lombardia,[1] dove già potevano vantare antiche patenti di nobiltà nelle città di Bergamo e di Como.[2]
Trasferitisi in area veneta, praticarono a Venezia la mercatura ed esercitarono l'attività forense:[2] in particolare, si ricorda un certo Maffeo Albrizzi († 1643), che fu mercante di quadri. Successivamente, la famiglia si dedicò al commercio dell'olio con l'isola di Candia, e mise a disposizione della Repubblica la propria flotta mercantile, in funzione anti-ottomana.
Il 31 maggio[1] 1667,[3] a seguito del versamento volontario di 50 000 ducati alle casse della Repubblica «e per avere concesso a prestito a tenue frutto egual somma»[1] (in quegli anni, infatti, la Serenissima era impegnata in una feroce guerra contro i Turchi per il controllo di Creta), gli Albrizzi, nelle persone dei fratelli Giovanni Battista, Antonio, Giuseppe e Alessandro, furono aggregati al patriziato cittadino e ammessi alle sedute del Maggior Consiglio.
Nei centotrent'anni che trascorsero tra questa data e il fatidico 1797, anno della caduta della Repubblica marciana, questa famiglia diede a Venezia otto senatori e due Procuratori di San Marco:[1] in particolare, nel 1780, gli Albrizzi, imparentati con i casati più illustri della laguna, contavano tre senatori, «un Titolato di Pregadi» e due membri del Supremo Tribunale della Quarantia.[2]
Con le Sovrane Risoluzioni datate 17 giugno 1819 e 3 novembre 1820, l'imperatore Francesco I elevò i due rami di questa casa al rango di conti dell'impero austriaco.[1]
Un ramo della famiglia passò a Lecce, in Salento, nel Cinquecento, dove detenne i feudi di Avetrana, Erchie, Torre Santa Susanna e Cellino San Marco. Un esponente del ramo salentino, Mario Albrizzi, fu nominato cardinale nel 1675.
Membri illustri
[modifica | modifica wikitesto]- Almoro Albrizzi (1695-1764), editore e scrittore italiano, in Venezia fondò l’Accademia Albrizziana;[4]
- Giovanni Battista VI Giuseppe Albrizzi (1750–1812), nobile italiano;
- Isabella Teotochi (1760–1836), scrittrice italiana, moglie del precedente;
- Giovanni Battista Giuseppe Albrizzi, figlio di Isabella Teotochi.
Luoghi e architetture
[modifica | modifica wikitesto]- Palazzo Albrizzi, a Cannaregio;
- Palazzo Bonomo Albrizzi, a San Polo;
- Villa Albrizzi, a Este;
- Villa Albrizzi degli Armeni, a San Zenone degli Ezzelini;
- Villa Albrizzi Franchetti, a Preganziol.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d e Francesco Schröder, Repertorio genealogico delle famiglie confermate nobili e dei titolati nobili esistenti nelle provincie venete, Venezia, Tipografia di Alvisopoli, 1830, p. 17.
- ^ a b c Dizionario storico-portatile di tutte le venete patrizie famiglie, Venezia, Giuseppe Bettinelli, 1780, p. 17.
- ^ Dorit Raines, Cooptazione, aggregazione e presenza al Maggior Consiglio: le case del patriziato veneziano, 1297-1797 (PDF), in Storia di Venezia, I, 2003, p. 61. URL consultato il 26 gennaio 2012.
- ^ Dizionario Biografico degli Italiani - volume 2 (1960), ALBRIZZI, Almoro, su treccani.it.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Cristoforo Tentori Spagnuolo, Saggio sulla Storia Civile, Politica, Ecclesiastica e sulla Corografia e Topografia degli Stati della Repubblica di Venezia ad uso della Nobile e Civile Gioventù, Giacomo Storti, Venezia, 1785.
- (FR) Casimir Freschot, Nouvelle relation de la Ville et République de Venise, Guillaume Van Poolsum, Utrecht, 1709.
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