L'acquisizione delle lingue straniere, o acquisizione delle lingue seconde, è il processo con cui le lingue straniere o "lingue seconde" (L2) vengono imparate da parte di un discente; tali lingue vengono dette anche "lingue target"[1] (traducibile come "lingue obiettivo", "lingue d'arrivo" e "lingue bersaglio") siccome sono un obiettivo da raggiungere. Tuttavia, a differenza del tradizionale apprendimento delle lingue straniere, l'acquisizione delle lingue straniere è un processo spontaneo, inconsapevole delle regole grammaticali e che avviene senza materiali didattici, al di fuori di una classe e senza l'intervento di una lingua ponte (come ad esempio la lingua materna del discente). Un esempio tipico è quello di un appassionato di lingue che impara una lingua straniera ascoltando un amico e provando a conversare con lui; un altro esempio è quello di un immigrato (non necessariamente analfabeta) che arriva in un nuovo Paese e impara la lingua locale ascoltando le persone e provando a conversare con loro.
Questo processo, che nella letteratura scientifica internazionale è noto come Second Language Acquisition (SLA), è anche un campo di studi che si distingue dall'acquisizione della lingua prima (L1), cioè della lingua madre/materna. Al 2020, non esiste una teoria unificata e completa della SLA, ma il campo è in fase di progresso.[2]
Lo studio di come avviene l'acquisizione delle seconde lingue forma a sua volta un sotto-campo della glottodidattica, la didattica acquisizionale. Infatti, le scoperte degli studi sull'acquisizione delle L2 permettono di migliorare l'insegnamento delle lingue materne e straniere facendo perno su strategie analoghe a quelle dell'acquisizione, che possono affiancarsi alle strategie più classiche, formaliste e tradizionali usate in classe che invece puntano all'apprendimento e non all'acquisizione (e.g., studio delle regole astratte, svolgimento di esercizi che testano la conoscenza delle regole, utilizzo di testi scolastici, studio delle liste di eccezioni e di vocaboli ecc.). Se le conoscenze intorno all'acquisizione di L2 non vengono applicate in modo concreto, formano soltanto una conoscenza astratta, ragion per cui secondo Stephen Krashen la linguistica acquisizionale come campo isolato farebbe parte della linguistica teorica[3] e non della linguistica applicata.
Basi teoriche
[modifica | modifica wikitesto]Tra le basi teoriche dell'acquisizione delle seconde lingue nella sua versione moderna e della didattica acquisizionale, si contano le varie ipotesi nel campo della linguistica acquisizionale (in particolare le ipotesi di Stephen Krashen), gli esperimenti di linguistica applicata e le basi sia di didattica che di psico-pedagogia (se i discenti non sono adulti, la branca esatta è quella della pedagogia; se i discenti sono adulti, allora è l'andragogia). In particolare, la didattica acquisizionale (come anche tutta la glottodidattica) è un campo interdisciplinare.
Le ipotesi sono delle osservazioni su come avviene il processo di acquisizione di una L2 a seguito dell'osservazione diretta dei parlanti lungo un periodo di tempo e di eventuali interviste con loro (le interviste possono anche includere dei test psicometrici per individuare le caratteristiche psicologiche dei discenti). Le ipotesi sono dunque basate su dati sperimentali e devono essere predittive di fronte a nuovi dati sperimentali, altrimenti vengono smentite attraverso i contro-esempi.[3] Gli esperimenti di linguistica applicata, laddove sono orientati alla glottodidattica, invece sono delle osservazioni di più gruppi di persone che apprendono una lingua con diversi metodi e materiali; in base a test e interviste, i linguisti cercano di capire quale dei metodi usati sia il migliore[3] o, in alternativa, quali sono i punti di forza e di debolezza di ogni metodo. In tal modo, vengono consegnati ai docenti di lingua degli strumenti critici nel momento in cui impostano un metodo glottodidattico e/o lo discutono con i discenti.
Nella didattica acquisizionale, le ipotesi dialogano con la ricerca sul metodo glottodidattico, per cui questo sotto-campo della glottodidattica che appartiene (insieme a tutta la glottodidattica) alla linguistica applicata si fonda su un dialogo tra linguistica teorica e linguistica applicata, ovvero tra linguistica acquisizionale e glottodidattica.[3]
Le ipotesi di Krashen
[modifica | modifica wikitesto]Tra le ipotesi fondamentali su cui si regge la linguistica acquisizionale delle lingue straniere moderna, si contano le 6 ipotesi di Krashen, che hanno un valore predittivo.
Ipotesi della distinzione tra apprendimento e acquisizione
[modifica | modifica wikitesto]L'apprendimento e l'acquisizione di una lingua straniera sono due processi diversi tra loro. L'apprendimento è un processo cosciente, mentre l'acquisizione (sia di L1 che di una L2) è un processo genericamente definito "inconscio". In realtà, Kees de Bot et al. riportano che per imparare qualcosa serve sempre una soglia minima di attenzione, per cui il processo non può essere mai totalmente "incoscio" o "subliminale".[4] "Inconscio" dunque significa che discente è solo cosciente di usare la lingua per riuscire a comunicare: la comunicazione infatti avviene senza sapere in modo esatto le regole grammaticali (e.g., "Si dice così, ma non so esattamente come mai", "Si dice così perché mi suona bene"), per cui il discente usa le forme grammaticali corrette senza sapere però le regole astratte retrostanti. Di contro, nell'apprendimento sono studiate in modo verticale e esplicito le regole grammaticali, per cui il processo diventa artificiale e le regole retrostanti alle forme diventano consapevoli. Infine, l'apprendimento avviene in contesto formale (in classe, anche se non necessariamente durante la scuola dell'obbligo), mentre l'acquisizione vera e propria avviene in contesto informale, naturale e non scolastico, al di fuori di un'aula e senza libri di testo. Nella letteratura scientifica internazionale, la dicotomia è indicata con "learning VS acquisition". Ad ogni modo, sia l'apprendimento che l'acquisizione sono processi consci nel senso psicologico del termine.[4]
Sia i bambini che gli adulti possono acquisire una lingua non nativa e il processo è perlopiù identico;[3][5] non ci sono comunque elementi sufficienti a definire i due processi come assolutamente identici (L1=L2), cioè a dimostrare l'ipotesi dell'identità (Identity Hypothesis).[1]
Ipotesi del monitor
[modifica | modifica wikitesto]Secondo la definizione dello stesso Krashen di quest'ipotesi, di base il fine dell'apprendimento conscio e attraverso le regole grammaticali di una lingua non culmina nell'acquisizione, ma nella comparsa del "monitor" nella mente del discente. Il monitor, ovvero "ciò che monitora", è una funzione nella mente che controlla la correttezza delle frasi prodotte in output (in forma scritta o orale) a monte o a valle attraverso l'autocorrezione. Il monitor è più o meno attivo con diverse gradazioni in presenza di 3 condizioni: quando il parlante ha tempo di pensare, quando dà più peso alla forma rispetto al contenuto e quando conosce già la regola grammaticale; laddove il messaggio è comprensibile, la correttezza grammaticale secondo Krashen e Terrell si limita ad aggiungere un look più educato alla propria produzione di output.[5] Se il monitor è troppo attivo/pesante ("heavy monitor use"), rallenta la produzione di output siccome il discente pensa prima di parlare; in alternativa, ostacola la comprensione dell'input dell'interlocutore siccome il discente è distratto a pensare alle regole. Il tempo sufficiente per pensare è disponibile durante la produzione di output scritto ma, anche se ha il tempo, il discente potrebbe parlare senza curarsi del rispetto delle regole se è completamente assorbito dal dialogo (il contenuto/la sostanza dunque prende il sopravvento sulla forma). Il monitor si attiva ad alti livelli se, contestualmente allo studio delle regole grammaticali, si consegna specificatamente un test grammaticale ai discenti; in tutti gli altri casi, inclusi test scritti di diversa natura, il monitor è attivo in modo più leggero, per cui parte degli errori nella produzione di output e perfino di correzione non viene corretta e rispecchia più fedelmente l'ordine naturale di acquisizione. La fluenza è scorrelata dalla comparsa e attivazione del monitor, dunque è scorrelata dal risultato dell'apprendimento.[3][5]
I discenti hanno tre tipi di utilizzo del monitor: pesante, leggero e ottimale. Nel primo caso, parlano con molta esitazione, senza fluenza e si autocorreggono spesso a causa di un'esposizione scarsa a input comprensibile e alta alle regole grammaticali astratte oppure a causa di una personalità insicura. Nel secondo caso, i parlanti parlano e si autocorreggono solo se la frase gli suona scorretta e tipicamente sono discenti che non hanno appreso L2 ma hanno acquisito L2; anche se a parole spiegano che la grammatica è importante per parlare bene, nei fatti non la usano. Infine, nel terzo caso, il monitor è usato solo laddove necessario per i discenti e non interferisce con la comunicazione: la conoscenza appresa è solo un supporto alla competenza acquisita.[3] I discenti che utilizzano eccessivamente il monitor tendenzialmente hanno una scarsa autostima o un desiderio eccessivo di correttezza. Lo studio della grammatica per creare il monitor, negli studenti con scarsa autostima[5] e/o ansiosi e/o proni allo studio della grammatica, potrebbe avere un'utilità più psicologica che linguistica.[5]
Ipotesi dell'input comprensibile
[modifica | modifica wikitesto]L'ipotesi (detta anche Input Hypothesis, IH) spiega che i bambini piccoli e gli adulti acquisiscono una lingua (sia L1 che L2) attraverso l'esposizione a input linguistico; l'input linguistico è il contenuto di un messaggio orale da parte di un interlocutore o di un testo scritto. L'input in più deve essere reso comprensibile in qualunque modo (e.g., attraverso gesti, immagini, disegni, l'oggetto/referente mimato, espressioni facciali, onomatopee), per cui l'input comprensibile è anche definibile come una serie di messaggi in lingua straniera che vengono capiti da chi ascolta attraverso un'inferenza contestuale (contextual inferencing).[5] L'input reso comprensibile viene anche detto "input migliorato" (enhanced input). Siccome tutti gli umani acquisiscono una lingua attraverso l'esposizione a grandi dosi di input comprensibile, il processo di acquisizione di una lingua è uguale per tutti, alla pari della digestione e della visione. Questa ipotesi non vale nel contesto dell'apprendimento formale, siccome la lingua viene appresa e non acquisita. L'input comprensibile può ispirarsi alla parlata infantile dei genitori ai bambini molto piccoli (child talk, caretaker speech), che è lenta, resa comprensibile ed è semplificata siccome si adatta al livello linguistico del bambino.[3] L'input precede necessariamente la produzione di output, per cui si impara da quello che si legge/ascolta e non da quello che si dice; pertanto, parlare e ripetere serve solo a rinforzare quanto già imparato, ma non a imparare in primo luogo.
Ipotesi dell'ordine naturale di acquisizione
[modifica | modifica wikitesto]Il percorso di acquisizione di una lingua (L1 o L2) procede per stadi e ognuno di questi stadi vede la comparsa nella produzione di output linguistico (e.g., frasi e testi) delle varie strutture grammaticali, della sintassi corretta e della morfologia della lingua (se lingua non è isolante come ad esempio il cinese). Attraverso l'osservazione del percorso di vari parlanti di una L2 (i primi studi sulla L2 storicamente si sono concentrati sulla lingua inglese a causa della sua diffusione enorme), è stato individuato un pattern ricorrente, per cui tendenzialmente alcuni argomenti grammaticali (strutture, sintassi, morfologia) sono apprese prima e alcuni argomenti sono appresi dopo. Per esempio, in inglese, il suffisso verbale -ing del Present Continuous/Progressive viene appreso prima della -s alla 3° persona singolare del Simple Present.[3] Questo pattern ricorrente, nelle varie lingue, ha una spiegazione (e.g., il suono -ng ha un peso fonico maggiore di -s, che invece è esile e tende a non essere notato).
Questo pattern, se il discente è esposto alla grammatica e svolge una produzione di output scritto in cui il monitor è pesantemente usato, cambia siccome elementi non troppo complessi che vengono acquisiti tendenzialmente per ultimi vengono usati subito; tuttavia, se il monitor viene usato in modo leggero ("light monitor use"), questo effetto tende a sparire, mentre se il monitor si disattiva completamente l'ordine usato torna a essere quello naturale di acquisizione. Per esempio, durante un test scritto, in inglese L2 si può produrre con un buon grado di accuratezza la -s alla 3° persona singolare, che peraltro è un semplice suffisso morfologico non troppo intricato di per sé, ma se si alleggerisce l'uso del monitor il grado di accuratezza torna a calare. A volte, un elemento grammaticale in apparenza semplice, come una -s alla 3° persona singolare in inglese e la preposizione articolata "du" (de+le) in francese vengono acquisiti tra gli ultimi argomenti.[3][5] Oppure, un'acquisizione più tarda che non deriva dalla fonetica e dalla complessità cognitiva deriva dall'interferenza con L1, per cui si innesca un transfer negativo (e.g., l'ordine dei costituenti fondamentali soggetto-verbo-oggetto è più difficile da acquisire per un parlante di coreano, giapponese, birmano e tibetano siccome in queste lingue asiatiche il verbo viene messo in fondo). Il transfer comunque non avviene con tutte le regole di L1, ma solo con alcune.
In generale, nel processo di acquisizione di una lingua, la capacità comunicativa è acquisita velocemente, ma l'accuratezza grammaticale è un percorso più lento; lo studio della grammatica con l'obiettivo di velocizzare l'accuratezza grammaticale, secondo Newark, è una soluzione non necessaria e comunque sempre insufficiente.[5] L'ordine di acquisizione di una stessa lingua acquisita come L1 e L2 mostra delle somiglianze enormi e tali somiglianze si notano sia nei bambini che negli adulti, anche se però non sono sufficienti a dimostrare l'ipotesi di identità (L1=L2). Nell'ordine di acquisizione, gli errori a volte seguono un pattern particolare e ricorrente per cui gli errori, oltre a essere delle fonti di informazione su quanto si è acquisito e a che punto si trova il discente nell'ordine di acquisizione, sono considerabili delle forme intermedie che fanno da ponte (e.g., "I no want ball > I don't want the ball").[5]
Ipotesi dell'input più uno (i+1)
[modifica | modifica wikitesto]Il percorso di acquisizione di una lingua avanza nel momento in cui all'input che il discente ha già compreso e assimilato (intaken) si aggiunge un elemento nuovo ("+1"), che può essere un vocabolo, una struttura grammaticale, un nuovo elemento morfologico ecc. Soltanto il nuovo ("+1") è l'elemento non noto all'interno dell'input che viene compreso dal discente perché reso comprensibile in qualche modo o attraverso il contesto e dunque elementi extra-linguistici; ma in partenza, tutto ciò che non rappresenta "+1" è comprensibile. In tal modo, qualcosa che non è ancora capito e acquisito viene in primis compreso. L'acquisizione completa avviene solo dopo la comprensione. Siccome l'ordine naturale di acquisizione non è perfettamente identico per ogni gruppo di parlanti che desiderano acquisire una L2 e siccome in un gruppo non tutti i discenti sono allo stesso identico livello linguistico, il "+1" non è uguale per ogni gruppo di parlanti; pertanto, il "+1" è sempre reperibile se la grammatica e il vocabolario nell'input non sono sequenziati, per cui non è introdotta volta per volta. Il sequenziamento consiste nello scegliere volta per volta gli argomenti grammaticali o vocaboli da introdurre;[3] in contesto di apprendimento, equivale all'argomento di una singola lezione di lingua in classe o alla lista ordinata e rigida di argomenti grammaticali nell'indice di un libro di grammatica ("structure of the day"). Infine, come corollario dell'ipotesi i+1, la fluenza nella L1 e L2 viene acquisita con esposizione continua e frequente a input linguistico. La fluenza dunque emerge nel tempo spontaneamente, per cui non si insegna direttamente e non si può forzare.[3]
Ipotesi del filtro affettivo
[modifica | modifica wikitesto]Ci sono delle variabili interamente psicologiche e attitudinali che influenzano il processo di acquisizione linguistica in modo positivo o negativo. Il concetto originario di "filtro affettivo" è stato teorizzato da Dulay e Burt (1977) ed è stato riutilizzato da Krashen nella linguistica acquisizionale delle L2. Le variabili psicologiche che incidono positivamente sono: la motivazione (endogena e esogena, i.e., "Voglio imparare una lingua perché mi piace" VS "Voglio imparare una lingua per fare carriera"), la calma e l'autostima. Le variabili psicologiche che incidono negativamente sono: la demotivazione (derivante da tanti motivi possibili), l'ansia verso le lingue straniere (FLA) oltre i livelli gestibili e la noia verso le lingue straniere (FLB) oltre i livelli gestibili.[5] La presenza di queste variabili spiega come mai, se più discenti sono esposti a input comprensibile, alcuni acquisiscono e altri no. Infatti, in presenza di demotivazione, ansia e noia oltre i livelli gestibili, a prescindere da quale sia la loro causa, l'input compreso non si fissa nella memoria a lungo termine. Di contro, si fissa nella memoria a breve termine, per cui la lingua viene memorizzata a breve termine per poi essere dimenticata in tempi rapidi. L'input dunque non culmina in acquisizione, ma in apprendimento.
Il filtro affettivo è basso nei bambini e tende naturalmente a rafforzarsi intorno alla pubertà (11 anni circa), periodo in cui i ragazzini maturano una più forte autocoscienza e egocentrismo. In particolare, si preoccupano della reazione altrui (e.g., di un nativo che non capisce una frase in lingua straniera) e della propria immagine, per cui nasce infine un sentimento di riluttanza e vulnerabilità di fondo. Inoltre, la maturazione cognitiva che avviene intorno alla pubertà (anche se non raggiunge ancora i massimi livelli) permette lo sviluppo del pensiero astratto per cui i ragazzini si preoccupano ancora di più della reazione altrui, anche raggiungendo un livello di preoccupazione irreale.[5] Inoltre, i bambini nativi acquisiscono facilmente l'accento/cadenza nativa a differenza degli adulti.
Altre considerazioni
[modifica | modifica wikitesto]Sono stati svolti degli studi che studiano la correlazione tra la lunghezza del tempo di residenza in un Paese in cui si parla una L2 e le competenze sviluppate da un discente tramite acquisizione; questi studi sono stati criticati da Krashen siccome la lunghezza della residenza (Lenght of Residence, LOR) è scorrelata dalla frequenza di esposizione a input comprensibile[3] per esempio se il discente, anche nell'arco di un periodo di tempo molto lungo, interagisce poco con i parlanti nativi o se il discente riceve troppo spesso input incomprensibile. Il LOR e lo sviluppo di competenze acquisite mostrano una correlazione positiva, ma è necessario tenere in conto il tempo di esposizione a input specificatamente comprensibile.[3] Inoltre, il LOR e l'acquisizione di L2 mostra un ritorno diminuito man mano che il LOR aumenta: il tasso di acquisizione è alto nei primi anni, per poi rallentare sensibilmente negli anni successivi, per cui nell'arco degli ultimi anni i guadagni in termini di nuove competenze acquisite sono scarsi.[3]
L'età è scorrelata dalla capacità di acquisire una L2: gli adulti e i bambini e adolescenti sono capaci di acquisire una L2 e il loro successo o meno deriva sia dalla possibilità o meno di esporsi a massicce quantità di input comprensibile, sia dalle variabili nel filtro affettivo. L'età in sé dunque non è un fattore negativo.[3] Inoltre, un bambino che acquisisce una L1 (da monolingue o bilingue) ha maggiori possibilità di raggiungere una padronanza alta (C2) nel lungo termine. Tuttavia, gli adulti che decidono di imparare una L2 possono essere più rapidi nel breve termine, escono prima dal periodo di silenzio e hanno capacità migliori di gestire una conversazione, per esempio quando chiedono aiuto all'interlocutore per ricevere un input più comprensibile.[5] Inoltre, gli adulti hanno una maturità cognitiva più alta e possono usare più facilmente i concetti astratti della grammatica; grazie a una taratura della grammatica, possono sfruttare subito un monitor ottimale per parlare prima e interloquire di più. Inoltre, la conoscenza pregressa del mondo li aiuta a rendere l'input più comprensibile. I bambini tuttavia sono più immuni dal filtro affettivo fino al periodo della pubertà, in cui si sviluppa una maggiore autocoscienza.[5]
In generale, l'ipotesi per cui esiste un periodo critico a seguito del quale acquisire una lingua è un processo più difficoltoso è detta "ipotesi del periodo critico" (Critical Period Hypothesis) e alcuni studi hanno tentato di interpretare i motivi dietro a questo mutamento. Tuttavia, il periodo critico non riguarda ogni aspetto del sistema "lingua", ma ogni aspetto ha un proprio periodo critico. Per esempio, fino alla pubertà (11 anni circa) è più facile acquisire la grammatica, ma l'accento/cadenza nativa in una L2 è molto più difficile da acquisire già dopo i 6 anni.[1]
L'apprendimento come curva a "U" e l'end state
[modifica | modifica wikitesto]L'ordine di acquisizione, che è collegato agli studi sui morfemi (morpheme studies), è stato parzialmente messo in dubbio da studi successivi siccome non rappresenta tutto il percorso di acquisizione: in particolare, anche nel momento in cui un suffisso morfologico (e.g., -ing, -s) viene acquisito, il discente commette errori che derivano dalla generalizzazione di quel suffisso in contesti in cui non è contenuto. Pertanto, il percorso di acquisizione è meglio rappresentato non come una scansione di fasi in un ordine naturale, ma come una curva a "U": nella prima fase il discente viene a contatto con un morfema, dopodiché lo acquisisce ma contestualmente lo generalizza e infine, a seguito della correzione di errori e/o all'esposizione di input comprensibile, lo corregge gradualmente. Per l'acquisizione completa, dunque, non basta che una desinenza compaia nel punto corretto, ma serve anche che non sia generalizzata laddove non deve comparire. Dunque, il modello dello sviluppo della competenza linguistica come percorso incrementale diviso in sequenze è stato riformulato come un percorso in cui la conoscenza pregressa si ristruttura e revisiona a seguito di un'innovazione (cioè dell'introduzione di un nuovo elemento). In altri casi, come l'acquisizione della sintassi in tedesco, questo percorso segue invece un ordine naturale di acquisizione che non è possibile alterare pesantemente nemmeno a seguito di una spiegazione teorica sulla sintassi avanzata. La lingua parlata dal discente ("varietà di apprendimento" o "interlingua") dunque continua a crescere con l'introduzione di innovazioni ripescate dall'input comprensibile e cresce potenzialmente per tutta la vita.
In linea con la Teoria dei sistemi dinamici (Dynamic Systems Theory, DST), la conoscenza di una lingua (L1 e/o L2) da parte di una persona non è mai stabile siccome cambia nel tempo in base a quanto si usa e a quanto è usata. I cambiamenti sono più o meno grandi e più o meno rapidi. Laddove il discente decide di non ricevere più input comprensibile per svariati motivi/fattori (spostamento, calo di motivazione, età, soddisfazione del livello raggiunto...), la lingua cessa di essere un sistema dinamico e instabile e diventa un sistema stabile, per cui la competenza linguistica acquisita fino a quel momento si fossilizza insieme agli errori. A causa di questo processo di fossilizzazione, il livello di competenza smette di crescere, per cui in rari casi raggiunge il livello di competenza quasi-nativo (C2). In alternativa, subisce la regressione.[2]
La regressione è l'esito contrario rispetto all'acquisizione ed è caratterizzata dalla dimenticanza e perdita di tratti grammaticali e vocaboli; in questo processo di erosione, possono anche riemergere vecchi errori, solitamente vecchie forme fossilizzate (fenomeno che R. Ellis chiama "back sliding"). I fattori che portano alla fossilizzazione interagiscono tra loro, per cui osservarli e trattarli in isolamento è nei fatti impossibile. Anche solo specifiche componenti dell'intero sistema "lingua" (dunque dei suoi sotto-sistemi) possono diventare stabili: per esempio, la morfologia può continuare ad arricchirsi ma la pronuncia si fossilizza insieme a tutte le sue imperfezioni. Siccome l'acquisizione di una lingua è un percorso in parte a "U", non è un percorso lineare rappresentabile come una freccia che parte da un livello zero (A0) e raggiunge un livello di competenza quasi-nativo (C2).[6][4] Inoltre, il raggiungimento pieno di uno stato di fine del sistema (end state), come ad esempio il pieno raggiungimento del target prefissato (e.g., il raggiungimento di un livello linguistico come il C2 o B2) è impossibile perché, anche quando una forma viene imparata in modo saldo, il non-utilizzo (e dunque la mancanza di attivazione e ripescaggio costante) porta alla dimenticanza progressiva in un primo momento lenta e in un secondo momento rapida. La dimenticanza porta alla difficoltà a parlare e a capire l'input.[4] L'end state è impossibile anche perché le lingue del mondo sono dinamiche e in evoluzione costante, siccome la spinta centripeta data dall'esistenza della grammatica e da enti che la promuovono (e.g., l'Accademia della Crusca in Italia) è contrapposta a una spinta centrifuga data ad esempio dal contatto con altre lingue e da innovazioni interne/endogene. Tre esempi sono i neologismi dello slang giovanile, i neologismi coniati durante il progresso continuo delle scienze e i prestiti stranieri, per cui il vocabolario, l'ortografia e la pronuncia di una lingua si modificano in continuazione.
Inoltre, la visione del percorso di acquisizione come curva a U permette una nuova visione dell'errore non più prescrittiva e negativamente connotata, ma descrittiva: siccome svariati errori derivano da generalizzazioni di morfologia acquisita per sovraestensioni o ipercorrettismi, l'errore mostra ciò che si è già acquisito e dove si trova il discente all'interno del percorso a U. Per esempio, nella frase "I goes to the park", la generalizzazione della -s mostra in partenza l'acquisizione di questa desinenza verbale. La visione dell'errore come utile metodo di indagine per il campo dell'acquisizione linguistica deriva dalla tecnica dell'Analisi dell'Errore (Error Analysis) di Corder.[2]
Il ruolo dell'output
[modifica | modifica wikitesto]L'output linguistico, cioè la produzione scritta e orale del discente, in contesto di acquisizione linguistica di L2 emerge spontaneamente e senza forzature dopo il periodo del silenzio; la fluenza, cioè la parlata senza esitazioni dovute al lento richiamo dei vocaboli o a pensare le regole, non è il risultato della formazione del monitor siccome induce a pensare alle regole grammaticali. Inoltre, la fluenza non è il risultato della produzione continua di output in lunghe sessioni di ripetizione ad alta voce.[3] Per analogia, non è nemmeno il risultato dell'uso pesante delle flashcard, siccome si limita a velocizzare il richiamo dei vocaboli ma non la fluenza complessiva. La fluenza, secondo l'ipotesi dell'input comprensibile, si acquisisce esponendosi a massicce quantità di input comprensibile; dunque, l'input dato in una situazione di basso livello di ansia (low-anxiety environment) non solo culmina nell'acquisizione, ma anche nella fluenza complessiva. Pertanto, la fluenza è il risultato di molte sessioni costanti di ascolto e lettura di input sempre nuovo, che espone il discente a nuovi vocaboli, morfologia e a ripetizione di quanto appena compreso. L'output linguistico ha solo un ruolo indiretto nell'acquisizione linguistica siccome parlare ai nativi significa stimolarli a dare al discente del nuovo input sotto forma di conversazione; l'input può anche contenere delle correzioni degli errori grammaticali del discente. Più il discente ha un basso livello di conversazione (bassa fluenza e molti errori), più la parlata degli interlocutori sarà tendenzialmente lenta e semplificata per accomodarsi al livello basso del discente; inoltre, il discente in una conversazione attiva ha un minimo di controllo del topic e può chiedere attivamente aiuto all'interlocutore (e.g., "Rallenta, puoi ripetere, spiegami cosa significa con un giro di parole, mima l'oggetto"); dunque l'output apre alla possibilità di correggere i propri errori, ma un metodo glottodidattico non può fondarsi interamente sulla produzione continua di output da parte del discente siccome il metodo è estenuante e poco pratico, oltre al rischio di forzare il parlante a parlare quando non si sente pronto e di fargli fare troppo perno sui transfer da L1.[3]
Il ruolo della grammatica
[modifica | modifica wikitesto]La grammatica, dunque le regole astratte studiate durante l'apprendimento conscio, in primis secondo Krashen serve a creare il monitor, dunque un sistema di sorveglianza nella mente del discente che, quando è attivato, cura la forma/correttezza grammaticale dell'output; il monitor si attiva non sempre ma solo nei casi in cui il discente crede che serva. Nel caso in cui si attivi durante la produzione orale, quest'ultima diventa rallentata laddove il discente riesce a percepire un errore. Dunque, l'apprendimento cosciente porta alla conoscenza esplicita e mnemonica delle regole astratte ripescate dalla memoria dichiarativa e porta alla formazione del monitor; non porta alla fluenza siccome la grammatica non è input comprensibile. Inoltre, l'apprendimento non si trasforma in acquisizione, nemmeno attraverso la ripetizione costante delle regole e gli esercizi strutturali, contrariamente a quanto asseriva il modello "cognitive-code" teorizzato da John Bissell Carroll: infatti, avere il pieno controllo cognitivo di una regola grammaticale non si traduce automaticamente in acquisizione, cioè in uso corrente nella produzione di output. Un monitor pesantemente attivo durante la conversazione inoltre attiva il filtro affettivo, per cui un discente sente ansia di fare errori o è frustrato dalla propria parlata troppo lenta, che potrebbe anche causare difficoltà a comprendere nell'interlocutore; un monitor molto attivo può anche essere creato dalla paura di essere corretto dal docente o dalla troppa rigidità del docente nella correttezza immediata. L'acquisizione può avvenire anche senza che sia mai avvenuto l'apprendimento conscio della lingua e delle sue regole e, nel momento in cui un apprendente che non ha mai studiato le regole grammaticali produce output, non attiva il monitor o scrive in base a una sensazione generica di correttezza ("Questa frase mi suona bene").[3]
L'uso del monitor può allontanare alcuni errori, per cui l'ordine naturale di acquisizione non corrisponde tra produzione orale e produzione scritta (l'ordine alterato è detto "ordine innaturale"). Il monitor ottimale permette il raggiungimento di una maggiore accuratezza senza sacrificare una conversazione, ma non è chiaro se le auto-correzioni sono effettivamente il segno che il monitor è attivo (a priori che lo sia in modo ottimale o pesante) siccome potrebbero derivare dalla sensazione a palmo che la frase sia scorretta (per cui il discente non usa le vere e proprie regole grammaticali astratte apprese coscientemente). Alcuni studi citati da Krashen illustrano come le auto-correzioni non solo non siano sempre perfette e sempre presenti a ogni errore, ma riguardano solo in minoranza la correttezza della forma: gran parte delle auto-correzioni durante la produzione orale e scritta sono orientate a migliorare l'efficacia del messaggio e l'intelligibilità generica a prescindere dalla forma, per cui le auto-correzioni riguardavano la scelta del vocabolario, l'aggiunta di dettagli minori e la pronuncia e non la grammatica. Infine, la grammatica è utile per raggiungere un livello di padronanza linguistica simile a quella dei nativi (livello C1-C2 secondo il CEFR) nel momento in cui il discente vuole superare lo scarto tra la buona competenza raggiunta e la competenza dei nativi.[3]
Infine, spiega che il monitor non può controllare/utilizzare tutte le regole grammaticali di una lingua. Infatti, la linguistica teorica ha descritto solo una parte delle regole di ogni lingua straniera, siccome tutte le lingue sono sistemi vasti, complessi e dinamici nel tempo; pertanto, una parte delle regole resta ancora non descritta perché non è stata osservata. Dopodiché, in contesto di apprendimento formale per esempio universitario, un futuro docente viene a contatto tramite libri, articoli e spiegazioni dei docenti solo con parte di queste regole siccome non è un linguista di professione o ricercatore in linguistica; a sua volta, il docente formato insegna solo una parte di queste regole (e.g., per motivi di tempo, perché più importanti, perché alcune non sono state capite fino in fondo, perché alcune non sono ricordate bene ecc.). Il discente entra in contatto solo con le regole note che il docente e/o gli autori dei testi scolastici decidono di insegnare e riportare e a sua volta, dopo il contatto con questa parte di regole, non necessariamente le comprende e padroneggia tutte quante cognitivamente. Pertanto, anche con un monitor pesantemente attivo il discente non riuscirà mai a controllare tutte le regole grammaticali astratte di una lingua: riuscirà a controllare solo quelle che padroneggia cognitivamente, che a loro volta sono il frutto di una enorme selezione a monte. Quelle più semplici da padroneggiare cognitivamente sono quelle intrinsecamente meno complesse e tali regole possono non corrispondere con l'ordine naturale di acquisizione. Un esempio di regola astratta intrinsecamente semplice in inglese è "Dove c'è he, she, it al presente, si aggiunge la -s"; di contro, le inversioni nelle domande in inglese sono intrinsecamente più complesse cognitivamente, anche se spiegate in modo semplice, siccome assommano molte operazioni insieme. Infine, siccome per usare pesantemente il monitor serve uno sviluppo cerebrale che probabilmente non si ottiene prima della pubertà,[3] che nei maschi è in media intorno agli 11/12 anni e poco prima nelle femmine.
Selinger ha sostenuto che lo studio conscio delle regole astratte funge da facilitatore per l'acquisizione, tuttavia la sua ipotesi, a detta di Krashen, non è stata suffragata da dati empirici a supporto; inoltre, questa asserzione viola il dato di fatto che taluni discenti riescono a acquisire una lingua senza averne mai studiato la grammatica in modo conscio: semplicemente, l'acquisizione e l'apprendimento sono due processi diversi che non necessariamente sono interrelati. Inoltre, Selinger non tiene conto del fatto che talvolta le regole astratte non vengono capite interamente dal discente o vengono fraintese.[3]
L'unico caso paradossale in cui lo studio della grammatica culmina in acquisizione è la spiegazione e studio della grammatica direttamente in lingua straniera. Il contenuto di tale insegnamento viene generalmente ritenuto rilevante e di interesse dai discenti. Il progresso nell'acquisizione e nella fluenza deriva non dal contenuto dell'insegnamento (la grammatica), ma dal medium, cioè dal fatto che il docente sta usando direttamente la lingua di cui spiega la grammatica.[3]
L'unico caso in cui invece lo studio della grammatica è fondamentale e porta il discente al successo è il superamento di un test di grammatica pura.[5]
L'ipotesi del noticing, l'intake
[modifica | modifica wikitesto]Il concetto di noticing è collegato a quello di intake. L'intake (o uptake) è la parte di input comprensibile che viene contestualmente notata, cioè su cui il discente presta attenzione,[4] e a cui dà importanza. L'intake dunque diventa conoscenza stabile in quanto viene memorizzato nella memoria a lungo termine. Un esempio di input che non diventa intake è per esempio "Tom's bike": i discenti potrebbero capire che significa "la bicicletta di Tom", ma potrebbero non sentire la /s/ per il suo scarso peso fonico o potrebbero sentirla, collegarla al complemento di specificazione ma non darle troppa importanza per qualunque motivo. Oppure, un dialogo pieno di parti considerate non motivanti e noiose da un discente diventa solo in parte intake. Dunque, secondo l'ipotesi del noticing di Richard Schmidt, l'input solo se viene coscientemente notato diventa intake, per cui il discente impara la lingua (attraverso l'acquisizione). Da questo assunto base è nato un gruppo di tecniche che serve a fare notare le caratteristiche salienti dell'input per massimizzare l'intake. Oltre a proporre contenuti motivanti, un docente può adattare strategie verbali e non verbali per fare notare qualcosa (e.g., usare un font diverso, i colori, il grassetto, il corsivo, la sottolineatura, l'evidenziatore, grandezza del font, può sottolineare o cerchiare la morfologia, può fare pause con la voce o rallentare, aumentare il volume della voce, indicare con il dito, fare gesti di richiamo dell'attenzione...).
Il noticing potrebbe essere la causa per cui l'apprendimento della grammatica (in modo esplicito o induttivo) migliora in parte la produzione scritta e orale soprattutto laddove le regole non sono cognitivamente troppo complesse. Infatti il miglioramento deriva da due possibili cause: la prima è la comprensione della regola e dunque la sua applicazione attraverso il monitor, mentre la seconda è semplicemente un aumento della salienza delle forme (e.g., morfologia) per cui vengono notate più facilmente nell'input.[4]
La varietà di apprendimento e le sue fasi
[modifica | modifica wikitesto]La lingua L1 o L2 parlata da un discente (anche di livello molto avanzato) secondo la nomenclatura di Selinker è una varietà di apprendimento o "interlingua" (interlanguage, IL), cioè un sistema instabile e in costante evoluzione di regole che è intermedio tra la propria L1 e la competenza nativa della L2. Dunque, la lingua parlata dal discente anche in presenza di errori è un sistema dotato di regole, ragion per cui gli errori possono presentarsi con la stessa sistematicità e rigore di una regola vera e propria. Gli errori tipici sono di interferenza con L1, generalizzazioni (e.g., un verbo irregolare diventa regolare) e semplificazioni. La varietà di apprendimento si può considerare una vera e propria terza lingua in aggiunta a L1 e alla L2 target.[2]
Quando incomincia il processo di esposizione, il discente si limita a ricevere input comprensibile per le prime volte. Il primo periodo di acquisizione è la fase del silenzio siccome le conoscenze linguistiche del discente sono pari a zero (secondo il CEFR, il livello è A0), per cui si limita ad ascoltare in silenzio e a tentare di comprendere il significato dell'input usando l'intuito in base al contesto immediato e ai segni che rendono l'input comprensibile.[3][5]
Dopodiché, emerge la varietà di interlingua prebasica. Questa varietà è caratterizzata da espressioni formulaiche (e.g., "buongiorno, ciao, arrivederci") e/o da chunk lessicali inanalizzati, cioè da pezzi di frasi che vengono recitate e comprese come se fossero un'unità fusa. Di esse, viene compreso solo il significato, ma non la grammatica (dunque morfologia e sintassi). Per esempio, "buongiorno" è usato in quanto saluto, ma non viene compreso come "un giorn-o il quale è buon-o". Secondo Krashen, questi chunk lessicali inanalizzati e/o pattern e routine non costituiscono né apprendimento né acquisizione, ma nel tempo si possono trasformare in acquisizione ma non in modo diretto.[5] Contestualmente, emergono frasi senza lessico formulaico ma estremamente semplici e scarni dal punto di vista grammaticale, frasi che possono anche ridursi a una o due parole siccome la grammatica non è ancora pienamente acquisita (e.g., "ball no", cioè "palla-no")[3] e non a causa di ansia verso le lingue straniere o scarsa voglia di parlare del discente. La varietà pre-basica emerge spontaneamente[5] (alla pari della prima parola pronunciata dai bambini come "mamma, papà" o simili) e, qualora la produzione di output sia forzata in classe, il discente riesce a parlare ma commettendo molti errori che derivano da un'interferenza con quanto già noto dal punto di vista linguistico, dunque con la propria L1. Avviene infatti un trasferimento di conoscenza che porta a errori (transfer negativo); il trasferimento negativo "trasferisce" la competenza acquisita in L1 alla L2 in modo anche inconscio pur di parlare o per testare se un modo di dire è grammaticale nella L2. L'interferenza con L1 permette di riuscire a soddisfare un particolare bisogno comunicativo o a intavolare una discussione laddove la competenza necessaria in L1 non è stata ancora raggiunta/acquisita; tuttavia, l'interferenza continua provoca errori continui che vengono corretti con l'esposizione a input comprensibile (che può includere anche le correzioni dell'interlocutore). Se la forma espressiva in L1 è identica in L2 (e.g., per motivi di parentela linguistica o per caso), la distanza tra i e i+1 è zero; se sono simili, è bassa.[3]
La varietà basica prevede la comparsa della morfologia e dunque una maggiore complessità grammaticale delle frasi, che tuttavia risultano molto brevi e telegrafiche, con uno scarso uso di connettivi. Solo nella varietà post-basica si nota una maggiore complessità dell'intero costrutto testuale. La varietà di apprendimento comunque non mostra solo fenomeni di crescita e aumento della complessità, ma anche di fossilizzazione e regressione.
Storia della linguistica acquisizionale delle L2
[modifica | modifica wikitesto]La ricerca sull'acquisizione delle lingue seconde (e in casi più rari delle lingue terze e quarte, L3 e L4 in parlanti iperpoliglotti) storicamente si colloca successivamente alla ricerca sulla linguistica acquisizionale delle lingue prime (L1).
I primi studi pionieristici risalgono agli Anni Cinquanta e Sessanta e si limitavano a paragonare il percorso di acquisizione di L1 con quello di L2. Una delle prime grandi opere pionieristiche è stata "Il comportamento verbale" ("Verbal Behaviour"), pubblicata da B. F. Skinner nel 1957. Quest'opera spiegava lo sviluppo del linguaggio umano secondo una prospettiva comportamentista ed era influenzata dal pensiero di Ivan Pavlov, John Watson e Edward Lee Thorndike. Secondo questo modello basato sulla psicologia e non sulle osservazioni della linguistica, la lingua era il prodotto di un rinforzo ripetitivo in un modello stimolo-risposta. Il rinforzo ripetitivo realizzato attraverso i drill era dunque responsabile dell'acquisizione linguistica[2] (oggi l'importanza dei drill è ridimensionata siccome contribuiscono a formare il monitor o possono avere un effetto deleterio sul filtro affettivo dei discenti).
Dopodiché, secondo la filosofia strutturalista e in parte quella comportamentista, gli ultimi studi pionieristici di Fries (1945) e Robert Lado (1957) hanno fondato il pensiero dell'acquisizione delle lingue seconde secondo l'analisi contrastiva (Contrastive Analysis, CA). Secondo questo paradigma, che si fonda anch'esso sulla psicologia e non sulle osservazioni dei linguisti, la L2 si acquisiva senza sforzi attraverso l'uso positivo delle interferenze linguistiche nella L1: se delle strutture erano identiche o simili nella L1, allora si innescava un transfer positivo. Da questo paradigma, nasceva il metodo glottodidattico che sfrutta i transfer positivi da L1 a L2 attraverso la linguistica comparativa. Secondo questa credenza, tutti gli errori sistematici (e non semplici sviste) nell'acquisizione linguistica derivavano da interferenze negative con la morfologia, sintassi e fonologia di L1, dunque solo nei casi in cui le strutture differivano.[2] Questa visione è oggi considerata scorretta siccome gli errori dovuti a interferenza linguistica tra L1 e L2 sono solo una parte: altri, per esempio, derivano da scarso input comprensibile fornito in classe, dalla difficoltà cognitiva o da generalizzazioni all'interno di un percorso di acquisizione a U.
Un concetto alla base della SLA sia dal punto di vista scientifico che storico è quello di Language Acquisition Device (LAD) di Noam Chomsky all'interno della sua Grammatica Universale (Universal Grammar, UG) facente parte del paradigma generativista in linguistica del 1957, oggi messo parzialmente in discussione. Il LAD è una funzione innata della mente umana che permette in tutti gli esseri umani l'acquisizione di una lingua sia L1 che L2[2] (secondo Krashen, attraverso l'input comprensibile e in un contesto che non spinge a una forte attivazione del filtro affettivo). Inoltre, la Grammatica Universale è l'idea per cui tutte le lingue del mondo hanno caratteristiche comuni (e.g., tutte le lingue hanno i verbi), per cui sono comparabili e per cui esistono regole universali che permettono ai discenti di capire, sapere usare e dunque acquisire nuove lingue straniere. Nonostante l'osservazione di Chomsky non fosse diretta all'acquisizione linguistica e glottodidattica, è stata usata da entrambe.[2]
L'Analisi dell'Errore, che è una tecnica di indagine oltre che una nuova visione dell'errore descrittiva e non prescrittiva, è stata elaborata da Pit Corder nel 1967.[2] Successivamente, l'ultimo grande concetto pionieristico è stato quello di interlingua (interlanguage) o varietà di apprendimento, creato da Selinker nel 1972 e analogo a quello di "dialetto idiosincratico" di Corder (1971). Il concetto di varietà di apprendimento è stato influenzato proprio dall'Analisi dell'Errore di Corder.[2]
Infine, la ricerca moderna sull'acquisizione linguistica è iniziata intorno agli Anni Settanta e uno dei suoi fondamenti è l'insieme delle ipotesi di Krashen, sviluppate a partire da questo periodo. In questo periodo sono stati formalizzati anche i primi metodi glottodidattici moderni basati sull'acquisizione linguistica (e.g., il Natural Approach di Krashen e Terrell).
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c (EN) Muriel Saville-Troike, Introducing Second Language Acquisition (PDF), 2ª ed., Cambridge University Press, 2012.
- ^ a b c d e f g h i j (EN) Fahad Hamad Aljumah, Second Language Acquisition: A Framework and Historical Background on Its Research, in English Language Teaching, vol. 13, n. 8, 31 luglio 2020, pp. 200, DOI:10.5539/elt.v13n8p200. URL consultato il 4 gennaio 2025.
- ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z (EN) Stephen Krashen, Principles and Practice in Second Language Acquisition (PDF), Pergamon Press Inc., 2009, ISBN 0-08-028628-3.
- ^ a b c d e f (EN) Kees de Bot, Wander Lowie e Marioljin Verspoor, Second Language Acquisition: an Advanced Resourcebook (PDF), Routledge, 2005.
- ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q (EN) Stephen Krashen e Tracy Terrell, The Natural Approach: Language Acquisition in the Classroom (PDF), Prentice Hall ELT, 1998, ISBN 0-13-609934-3.
- ^ (EN) Rod Ellis, Second Language Learning and Second Language Learners: Growth and Diversity (PDF), in TESL Canada Journal / Revue TESL du Canada, vol. 7, n. 1, 1989.