Utente:Vincenzo80/Processi alle streghe in Italia

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Lo studio dei processi alle streghe in Italia nell'arco temporale classico della Caccia alle streghe europea (1450–1750), il momento cioè in cui, tra l'Europa e le colonie britanniche d'America, furono processate per stregoneria circa 100.000 persone[1] e ne furono condannate a morte più della metà,[2] è per taluni versi ben più complesso rispetto a quelli verificatisi in altri paesi europei nel medesimo periodo. In Italia come altrove il processo per stregoneria poteva essere gestito non solo dalle autorità religiose ma anche dai locali poteri temporali cosa che, in una regione geografica divisa tra numerose differenti compagni statali, i c.d. Antichi stati italiani, ha portato alla stratificazione di materiale processuale variegato, in svariate sedi e solo parzialmente e malamente pervenuto alla storiografia moderna. Le stime dell'intensità dei processi ed il numero delle esecuzioni da essi comminate sono pertanto, ancora oggi, estremamente volatili, variando da centinaia a migliaia di vittime.[3] Uno dei pochi dati certi, apparentemente paradossale, è che l'Inquisizione romana, potentissima nell'Italia dell'Ancien Régime, non condannò mai al rogo una strega o uno stregone entro le mura della città di Roma.[4]

L'Italia settentrionale ha sperimentato la sua prima ondata di processi alle streghe prima della maggior parte dell'Europa ed il fenomeno ha raggiunto il suo apice durante il Rinascimento italiano. Dopo un caso di grande rilevanza avvenuto nello Stato di Milano nel 1384, nel corso del XV secolo in Italia si verificarono numerosi processi alle streghe. Processi di massa per stregoneria con numerose esecuzioni si verificarono a Cuneo (1477), Pavia (1479), in Valtellina (1460, 1483 e 1485), nel Canavese (1472 e 1475-76), a Peveragno (1485 e 1489) e a Carignano (1493-94). I processi alle streghe in Italia raggiunsero il loro apice durante le guerre d'Italia.[3] Dopo il 1530, le esecuzioni per stregoneria in Italia diminuirono e, per diversi decenni, punizioni minori della pena di morte divennero comuni nei processi alle streghe della Penisola.[3] Gli Stati italiani sperimentarono una seconda ondata di esecuzioni per stregoneria durante la Controriforma che raggiunsero il loro apice tra il 1580 e il 1660 circa, diminuendo poi sino a scomparire.

Esegesi delle fonti e conteggio delle vittime

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Il numero delle vittime della caccia alle streghe europea è stato largamente dibattuto. Il raggiungimento d'una certezza sul tema è ostacolato da molti elementi, come la perdita nel tempo di documenti affidabili relativi a gran parte dei processi. Il motivo principale fu che, per paura che gli immensi archivi inquisitoriali cadessero nelle mani degli avversari della Chiesa, molti di questi vennero dati alle fiamme, come a Milano, Mantova, Benevento e quelli della Sicilia con le carte di migliaia di processi,[5] o come quelli rubati dai francesi durante l'Occupazione napoleonica di Roma (1798–1799). Esemplare in questo senso il destino storiografico degli atti dei processi contro le Streghe di Valle Camonica, la più grande caccia alle streghe consumatasi sul suolo italiano: già custoditi negli archivi delle relative parrocchie, a fine Ottocento figuravano nella raccolta privata di don Luigi Brescianelli di Capo di Ponte ma un ordine tassativo del vescovo di Brescia, Giacinto Gaggia, ne impose la distruzione al fine di «non fomentare una campagna anticlericale».[6]

Il 15 giugno 2004, il Vaticano pubblicò il volume L'Inquisizione, frutto del lavoro della Commissione teologico-storica del Comitato Centrale del Grande Giubileo dell'Anno 2000, i cui risultati archivistici, basati sui documenti ufficiali della Chiesa su 100.000 processi celebrati da tribunali civili ed ecclesiastici secondo la procedura inquisitoriale, «le condanne al rogo comminate da tribunali ecclesiastici sono state 4 in Portogallo, 59 in Spagna, 36 in Italia: in tutto, quindi, meno di 100 casi».[7] Altre stime parlano di circa 110.000 processi dei quali circa 5.000 in Italia. Lo storico statunitense Brian P. Levack ha valutato le esecuzioni capitali come esito del 55% dei processi, giungendo pertanto a un totale di giustiziati pari a circa 60.000 persone in tre secoli in tutta Europa.[2] In questi processi, l'80% degli accusati era di sesso femminile, mentre in taluni paesi nordici (es. Islanda) vi fu una predominanza maschile.[2] Taluni studi recenti pervengono a conclusioni di poco superiori. La situazione muta, ma non di molto, se si passa a esaminare cifre parziali riferite a particolari aree geografiche che sono state oggetto di studi più particolareggiati e approfonditi, sulla base del ritrovamento di documenti processuali, non essendo stato possibile recuperare la documentazione per ogni processo celebrato. Pertanto le cifre che si ipotizzano in ordine alle vittime della persecuzione vanno considerate come ordini di grandezza e spesso sono oggettivamente influenzate dalle opinioni e dalle collocazioni culturali e ideologiche degli autori che le hanno determinate.

Secondo alcuni studiosi si noterebbe che, paradossalmente, se è in Italia che nasce la base religiosa e filosofica nonché teologica sulla caccia alle streghe attraverso bolle e manuali, per contro nella Penisola non si scatenarono più violentemente queste persecuzioni (eccetto nel nord del Piemonte, ovvero vicino alla linea di contatto fra protestantesimo e cattolicesimo), né si mieterono le vittime più numerose. Secondo questi studiosi, fu proprio la presenza potentissimo Sant'Uffizio romano, generalmente avverso ai processi sommari laici/popolari che avrebbero potuto minare l'autorità ecclesiale, a impedire un eccesso di questo genere di persecuzioni (ben più numerose in Francia, Gran Bretagna e Germania)[8] nel Bel Paese. Secondo altri studiosi, come Giovanni Romeo, la caccia alle streghe in Italia si spense per la crisi che i tribunali del Sant'Uffizio, attore propulsivo e necessario per la caccia alle streghe e le relative condanne, ebbero tra il Seicento e il Settecento e non per decisioni degli inquisitori generali.[9] Queste osservazioni, tuttavia, sono puramente legate alla possibilità di compiere ricerche statistiche, in quanto nei paesi sopra citati esistono ancora archivi intatti della caccia alle streghe, mentre in Italia, come anticipato, detti archivi sono stati distrutti nel corso dei secoli.[N 1]

Premessa: processi ecclesiastici e processi laici

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Processi alle streghe dell'Inquisizione

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Lo stesso argomento in dettaglio: Inquisizione romana.
Palazzo del Sant'Uffizio a Roma, sede del Sant'Uffizio dal 1566/1567.

Normalmente, l'Inquisizione conduceva processi alle streghe solo su richiesta delle autorità locali e del pubblico.[10] Fu in questa veste che la Chiesa intervenne in alcuni dei più grandi processi alle streghe in Italia, vale a dire i summenzionati processi della Valle Camonica (1518–1521) e di Sondrino (1523), ma queste furono eccezioni a una regola generale.[10] Normalmente, l'Inquisizione rispettava le normali pratiche legali e i diritti legali degli accusati più delle corti secolari quando conduceva processi alle streghe, ed è noto che il Sant'Uffizio ha revocato sentenze emesse da una corte secolare su casi di stregoneria quando i diritti degli accusati erano stati violati agli occhi della legge contemporanea.[11]

L'Inquisizione romana, istituito nell'anno 1542 da papa Paolo III (r. 1534–1549) con la costituzione apostolica Licet ab initio[12] e lo scopo di «mantenere e difendere l'integrità della fede, esaminare e proscrivere gli errori e le false dottrine», fu un dicastero figlio della Controriforma e concentrato sulla lotta all'eresia protestante che non considerò mai la lotta alla stregoneria una priorità. Ufficialmente, quindi, il Sant'Uffizio mantenne, da un punto di vista teologico, la visione secondo cui il sabba delle streghe era un'illusione causata da Satana e non un reale baccanale demoniaco, mentre, da un punto di vista giurisprudenziale, negò l'attendibilità di un'accusa di stregoneria basata esclusivamente sulla testimonianza d'una persona già accusata. Come nel caso dell'eresia, le persone condannate per stregoneria dall'Inquisizione non venivano giustiziate alla prima condanna ma solo se ricadevano nell'errore e ripetevano il crimine, in netto contrasto con quanto invece avveniva nei tribunali secolari:[11] tale fu il caso, appunto, delle streghe milanesi Sibilla e Pierina arse nel 1390 perché eretiche relapse ("recidive").[13][14]

Processi alle streghe secolari

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Tradizionalmente, la ricerca sui processi alle streghe in Italia si è concentrata sui processi alle streghe condotti dall'Inquisizione, il che dà un'impressione errata della portata italica della Caccia alle streghe, poiché la maggior parte dei processi per stregoneria furono ivi condotti da tribunali secolari, spesso di semplice portata locale, e non dal Sant'Uffizio. Ciò si verificò soprattutto durante la sopracitata "Seconda stagione della caccia alle streghe italiana" del 1580–1660. Durante la seconda ondata, i più grandi processi di massa alle streghe furono quelli della Val di Fassa nel 1573, 1627–1631 e 1643–1644; della Val di Non nel 1611–1615, di Torino nel 1619, di Nogaredo nel 1640–1647 e della Valtellina degli anni 1670. I tribunali secolari continuarono a condurre processi alle streghe fino al XVIII secolo, anche se l'intensità diminuì a partire dalla seconda metà del XVII secolo e le esecuzioni come risultato dei processi alle streghe divennero febbrili. Le ultime esecuzioni capitali da parte di corti secolari nell'Italia settentrionale ebbero luogo in Piemonte nel 1723 e a Venezia nel 1724.[3][15]

La maggior parte dei roghi in Italia si verificarono nella prima metà del Cinquecento, soprattutto nell'Italia settentrionale e in Toscana (anche se ad esempio nella Repubblica di Lucca il caso di Polissena di San Macario si ebbe nel 1571), con un solo caso a Benevento. Come anticipato, a Roma, sede del papato e del Sant'Uffizio, non ci fu mai una caccia alle streghe e nessuno venne mai mandato al rogo con l'accusa di stregoneria.[4]

Prima fase (1384–1530)

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Il primo accertato rogo di streghe nell'Italia pre-rinascimentale avvenne nella Milano dei Visconti l'anno 1390, quando il podestà condannò al rogo come eretiche/streghe recidive (erano già state giudicate una prima volta nel 1384 ma considerate in preda al delirio e blandamente ammonite) Sibilla Zanini e Pierina Bugatis, adepte d'una strana setta neo-pagana chiamata "il Gioco".[13][14]

Lo stesso argomento in dettaglio: Tradizioni alpine pre-cristiane.
Rogo di una strega a Willisau (Svizzera), 1447.

Ben più importanti e consistenti furono i processi per stregoneria che, a partire dal Quattrocento, brulicarono lungo l'arco alpino e non solo sul versante italiano. Il caso studio dei celebri roghi di streghe nella Val Camonica (1518–1521), pur posteriori, aiutano a meglio approfondire il fenomeno. Il cristianesimo, giunto nelle Alpi già in età romana, vi si diffuse in modo superficiale e non prettamente ortodosso, tanto che, stando alle tesi euristiche di alcuni studiosi (es. Gabriele Rosa),[16] le popolazioni valligiane avrebbero seguitato a celebrare culti pagani fino al IX secolo. In età comunale erano state pertanto ivi promulgate leggi per punire tale comportamento sacrilego: es. gli Statuti di Valle Camonica del 1498 punivano la sodomia e l'eresia diabolica con il rogo, sebbene i giudici fossero inclini a mitigare le pene.[17] Nel clima teologicamente e demonologicamente frizzante del XV secolo, la figura della strega e la realtà del sabba iniziarono a imporsi come delle minacce concrete da combattere senza indugi e gran parte della religione tradizionale legata al paganesimo confluì nel repertorio magico-diabolico degli inquisitori.[18] Furono soprattutto le popolazioni alpine ad attirare l'attenzione degli inquisitori e dei demonologi: il loro isolamento, la loro condizione sociale e le abitudini che ne derivavano, unitamente alle infermità e alle deformazioni fisiche dovute a malattie e denutrizione, generavano nei visitatori un sentimento di sospetto e paura impregnato di pesanti pregiudizi. In una lettera datata 1º agosto 1518, Giuseppe da Orzinuovi, funzionario veneto di Terraferma, descrive così la Valle Camonica a Ludovico Querini: «luogo però più montano che pianura, luogo più sterile che fructuoso, et abitato da gente per la mazor parte più ignorante che altramente, gente gozuta, quasi tutta deforme al possibile senza alcuna regola del vivere civile.»[19]

Così, se fu con buona probabilità in Svizzera che, sin dagli anni 1430, le tradizioni alpine pre-cristiane furono bollate di satanismo ed empietà[20][21] e nel 1465 Perrissona Gappit fu accusata da due testimoni di aver tentato di rapire un neonato, di averne causato la morte tramite magia maligna e di aver preparato cibo che aveva fatto ammalare altre persone e per questo torturata ed arsa,[22] processi di massa per stregoneria con numerose esecuzioni si verificarono a Cuneo (1477), in Valtellina (1460, 1483 e 1485), nel Canavese (1472 e 1475-76), a Peveragno (1485 e 1489), a Carignano (1493-94) e a Rifreddo (1495).[N 2] Un processo si verificò anche a Pavia (1479) ... ma è chiaro che, in quel periodo, la caccia alle streghe in Italia era affare prettamente piemontese. Assistiamo così ai grandi processi d'inizio XVI secolo:

Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della Riforma protestante in Italia.

La successiva, massiccia diffusione della Riforma protestante in Svizzera e, a partire dal 1526/1527, nei Grigioni a ridosso dei confini dello Stato di Milano, concorsero a rendere le Alpi una pericolosa terra di frontiera per il Cattolicesimo[24][25] ma, come detto, sicuramente concorse a spostare l'attenzione dell'Inquisizione, ormai prossima a divenire il Sant'Uffizio vero e proprio (1542), e del governo secolare sulla ben più scottante tematica della lotta all'eresia.

Seconda fase (1580–1660)

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Le persecuzioni più note si sono svolte in:

  • Bormio (1632 ca), 34 roghi[26]
  • Triora (1587-1589), decine di donne furono imprigionate e alcune morirono per le torture subite. Fu il più grande processo della fine del XVI secolo, così feroce da far soprannominare il paese la "Salem d'Italia"[27]

In Val di Non i processi venivano celebrati a Coredo, presso il famigerato Palazzo Nero. Nel 1611 otto donne e due uomini furono bruciati vivi davanti al palazzo, mentre altri diciannove furono condannati a pene detentive. Gli atti dei processi sono ancora oggi consultabili negli archivi della Provincia.

  1. ^ L'antropologo Massimo Centini, con Laura Rangoni, in un'intervista durante la trasmissione L'ora delle streghe: l'olocausto dimenticato ha affermato: «Il numero delle streghe arse in Italia non è verificabile in quanto molte volte venivano distrutti i verbali insieme alle streghe perché non rimanesse traccia di quella infamia. Non solo: i parenti delle streghe comperavano i verbali per cancellare ogni prova di cattivo nome della famiglia, e non dobbiamo dimenticare che sono stati distrutti archivi interi.»
  2. ^ Tre donne (Caterina Bonivarda, Caterina Borrella e Giovanna Motossa) vennero imprigionate e torturate. Alcune testimonianze scritte sono ancora presenti e custodite nel municipio del paese - v.si Merlo 2006.
  3. ^ Il manoscritto contenente i verbali dei processi alle streghe tenuti a Cavalese nel 1505 è stato parzialmente pubblicato in Augusto Panizza, Archivio Trentino, VII, 1888, pp. 1-100 e 199-247.; VIII, 1889, pp. 131-146 e 131bis-142bis; IX, 1890, pp. 49-106. Poiché la rivista è di ardua reperibilità e comunque di difficile lettura (parte del testo è in latino), se ne possono leggere ampi estratti in: Muraro 1976, pp. 46-135 e P. Di Gesaro, Streghe. L'ossessione del diavolo, il repertorio dei malefizi, la repressione, Bolzano, 1988, pp. 675-755. Una sintesi monografica storicamente aggiornata si trova in I. Giordani, Processi per stregoneria in Valle di Fiemme: 1501, 1504-1506, Trento, 2005.

Bibliografiche

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  3. ^ a b c d Levack 2013.
  4. ^ a b Tommaso Maria Soldati. Confutazione degli errori e calunnie contro la Chiesa e la sovranità, Tomo II, cap. XIV, p. 473, 1794.
  5. ^ Quattrina 2002.
  6. ^ Massimo Prevideprato, Tu hai renegà la fede - Stregheria ed inquisizione in Valcamonica e nelle Prealpi lombarde dal XV al XVIII secolo, Brescia, Vannini, 1992, p. 5.
  7. ^ Il Vaticano: un centinaio di casi, nell'era moderna oltre 50 mila, su Corriere della Sera, 6 giugno 2004. URL consultato il 9 febbraio 2022.
  8. ^ Golden 2006 stima tra le 30 e le 40 000 vittime in un arco di tempo di circa 350 anni.
  9. ^ Dinora Corsi e Matteo Dini (a cura di), Inquisizione, Chiesa e stregoneria nell'Italia della Controriforma: nuove ipotesi, in Non lasciar vivere la malefica: le streghe nei trattati e nei processi (secoli XIV-XVII), Firenze University Press, 2008, p. 64.
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  21. ^ Golden 2006, p. 1310.
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  26. ^ Lombardia beni culturali, Stregoneria a Bormio - periodi storici, su lombardiabeniculturali.it.
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In Italiano
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