In the Flat Field

Da Teknopedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
In the Flat Field
album in studio
ArtistaBauhaus
Pubblicazione3 novembre 1980
Durata38:44
Dischi1
Tracce9
GenereRock gotico[1]
Post-punk[1]
Etichetta4AD
ProduttoreBauhaus
Registrazionedicembre 1979 - luglio 1980
FormatiLP, MC, CD
Bauhaus - cronologia
Album precedente
Album successivo
(1981)

In The Flat Field è il primo album in studio del gruppo musicale britannico Bauhaus, pubblicato il 3 novembre 1980.[2]

Registrazione

[modifica | modifica wikitesto]

Registrato tra il dicembre del 1979 e il luglio del 1980,[3] il disco viene considerato uno dei primi album del genere gothic rock.[1] Dopo un tour di 30 date, il gruppo si recò ai Southern Studios di Londra per registrare il loro primo album; poiché avevano già bene in mente il tipo di sound che volevano, i membri decisero di prodursi da soli. Mentre la maggior parte dell'album venne completata entro i tempi stabiliti (settembre 1980), il gruppo trovò difficoltà nell'incidere una versione di Double Dare buona quanto quella registrata durante un'esibizione nel programma radiofonico del disc jockey John Peel. Quindi chiesero alla BBC il permesso di utilizzare i nastri di Peel, ma a causa delle difficoltà burocratiche e dell'ostruzionismo del sindacato dei musicisti, il processo richiese più di un mese.[4]

Pubblicazione

[modifica | modifica wikitesto]

Venne pubblicato il 3 novembre del 1980, come prima uscita della nascente etichetta discografica 4AD.

L'album uscì in formato CD nell'aprile 1988, con l'aggiunta di otto tracce bonus inclusi i singoli Dark Entries, Terror Couple Kill Colonel e una cover di Telegram Sam dei T. Rex.[5] Cinque di queste bonus track erano già state pubblicate in precedenza sull'EP 4AD nel 1983.[6]

Il 19 ottobre 2009, la 4AD/Beggars Banquet ristampò l'album in edizione speciale "Omnibus", con le nove tracce dell'album originale rimasterizzate in digitale a 24-bit, più un bonus disc di 16 brani relativo a singoli, outtakes, versioni alternative, ecc. Venne allegato un libretto di foto, commenti da parte dei membri del gruppo, testi, e un racconto di Kevin Brooksbank sulla nascita dei Bauhaus, dei singoli e dell'album.

Recensioni professionali
RecensioneGiudizio
AllMusic[7]
Classic Rock8/10[8]
Drowned in Sound9/10[9]
Pitchfork9.2/10[10]
Record Collector[11]
Piero Scaruffi6.5/10[12]

L'album non venne ben accolto dalla critica, ma conquistò la vetta delle classifiche indipendenti[13] ed entrò nella UK Albums Chart, raggiungendo la posizione numero 72 durante la sua unica settimana di permanenza.[13][14]

Sebbene ricevesse recensioni positive in pubblicazioni fanzine amatoriali, l'album fu "assolutamente massacrato" dalla stampa musicale britannica alla sua pubblicazione, secondo il biografo dei Bauhaus Ian Shirley.[15] NME lo descrisse "nove lamenti senza senso e flagelli privi anche del più superficiale contorno di interesse, un disco che merita tutti gli aggettivi schiaccianti solitamente rivolti ai cupi modernisti". In conclusione, il recensore Andy Gill liquidò la band come una sorta di "Black Sabbath hipster dei poveri".[16] Dave McCullough di Sounds fu parimenti negativo: "Niente canzoni. Solo tracce (ugh). Troppo pretestuoso e presuntuoso. Indulgenza pigra invece di ispirata goticità. Freddamente catatonico."[17]

Lo statunitense Trouser Press, tuttavia, definì l'album "un denso, sconnesso patchwork di suoni e sentimenti incerti, sorretti da un battito pressato e incessante. Scavando nel profondo del lato oscuro della psiche umana, i Bauhaus evocano immagini inquietanti di un mondo votato alla morte e al decadimento."[18]

Nella sua recensione retrospettiva su AllMusic, Ned Raggett elogiò il disco, scrivendo "pochi album di debutto sono mai arrivati così quasi perfettamente formati".[7] mentre Jeff Terich di Treble descrisse lo stile delle canzoni presenti nell'album "post-punk contorto e di ispirazione glam".[19] Jonathan Selzer della rivista Classic Rock ha definito l'album "straordinariamente padrone di sé, un distillato di influenze che svelano un potente universo disegnato dai Bauhaus."[8]

L'album contiene un'ampia gamma di ispirazioni e di idee[1], declinati attraverso diversi generi musicali e un sound del tutto innovativo. La prima canzone è Double Dare che diverrà una delle più famose; poi segue la traccia che dà il nome all'album, più cupa. God In an Alcove si inoltra nel glam, mentre Dive nel punk. In Stigmata Martyr Peter Murphy declama versi in latino. Nella versione "espansa" del 1988 troviamo anche le cover di Telegram Sam (T. Rex) e di Rosegarden Funeral of Sores (John Cale), e a completare l'album abbiamo Scopes e Untitled, e infine Crowds, suonata interamente al pianoforte, accompagnato dalla voce di Murphy. L'album contiene anche un rifacimento di God In an Alcove e di Spy in The Cab.

LP 1980
  1. Double Dare – 4:54
  2. In the Flat Field – 5:00
  3. God in an Alcove – 4:08
  4. Dive – 2:13
  5. Spy in the Cab – 4:31
  6. Small Talk Stinks – 3:35
  7. St. Vitus Dance – 3:31
  8. Stigmata Martyr – 3:46
  9. Nerves – 7:06

Durata totale: 38:44

CD 1988
  1. Dark Entries – 3:52
  2. Double Dare – 4:54
  3. In the Flat Field – 5:00
  4. God in an Alcove – 4:08
  5. Dive – 2:13
  6. Spy in the Cab – 4:31
  7. Small Talk Stinks – 3:35
  8. St. Vitus Dance – 3:31
  9. Stigmata Martyr – 3:46
  10. Nerves – 7:06
  11. Telegram Sam – 2:11
  12. Rosegarden Funeral of Sores – 5:34
  13. Terror Couple Kill Colonel – 4:21
  14. Scopes – 1:34
  15. Untitled – 1:27
  16. God in an Alcove – 4:09
  17. Crowds – 3:15
  18. Terror Couple Kill Colonel (Remix) – 4:32

Durata totale: 69:39

Personale tecnico
  • Paul Cook – ingegnere del suono
  • Glen Campling – scaletta brani
  1. ^ a b c d (EN) In the Flat Field, su AllMusic, All Media Network. URL consultato il 2 novembre 2019. Modifica su Wikidata
  2. ^ Eddy Cilia e Federico Guglielmi, New wave: 100 album fondamentali, in Mucchio Extra, #30, Stemax Coop, autunno 2008.
  3. ^ (EN) The official website for independent record label 4AD., su 4AD. URL consultato il 22 aprile 2017.
  4. ^ Ian Shirley, 1994, p. 43.
  5. ^ Andrew Wj. Brooksbank, 1997, p. 150.
  6. ^ Andrew Wj. Brooksbank, 1997, p. 164.
  7. ^ a b Ned Raggett, In the Flat Field – Bauhaus, su allmusic.com, AllMusic. URL consultato il 22 febbraio 2013.
  8. ^ a b Jonathan Selzer, Bauhaus: In the Flat Field / Mask, in Classic Rock, n. 138, novembre 2009, p. 97.
  9. ^ Dom Gourlay, Bauhaus re-issues: In The Flat Field and Mask Omnibus Editions Reviewed, su drownedinsound.com, 27 ottobre 2009. URL consultato il 22 febbraio 2013 (archiviato dall'url originale il 12 novembre 2012).
  10. ^ Skaht Hansen, Bauhaus: In The Flat Field, su Pitchfork. URL consultato il 29 maggio 2017 (archiviato dall'url originale il 16 agosto 2000).
  11. ^ Bauhaus: In the Flat Field, in Record Collector, 2009, p. 91.
    «Musically, this is a timeless statement of dark, magnificent metal prowess and clarity.»
  12. ^ Piero Scaruffi, The Histroy of Rock. Bauhaus, su scaruffi.com. URL consultato il 9 settembre 2022.
  13. ^ a b Ian Shirley, 1994, p. 46.
  14. ^ (EN) Bauhaus | Official Charts Company, su Official Charts. URL consultato il 28 marzo 2015.
  15. ^ Shirley, 1994, p. 44
  16. ^ Andy Gill, Gothic as a Brick, in NME, 8 novembre 1980, p. 32.
  17. ^ Dave McCullough, All Angst and No Play Or: The Yawning Pitfalls Confronting Young Modernists, in Sounds, 8 novembre 1980.
  18. ^ Steven Grant, Ira Robbins e Greg Fasolino, Bauhaus, su Trouser Press. URL consultato il 28 marzo 2015.
  19. ^ Jeff Terich, Bauhaus: In the Flat Field, su Treble, 5 settembre 2006. URL consultato l'8 maggio 2017 (archiviato dall'url originale il 9 luglio 2015).

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]
  Portale Rock: accedi alle voci di Teknopedia che trattano di rock