Utente:Pampuco/Sandbox

Da Teknopedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Come leggere il tassoboxProgetto:Forme di vita/Come leggere il tassobox
Come leggere il tassobox
Myxogastria
Fuligo septica
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoProtista
PhylumAmoebozoa
SubphylumConosa
ClasseMyxogastria
T. Macbr., 1899
Sinonimi
  • Myxomycota sensu Alexopoulos et al. (1996)
  • Myxomycetes Link (1833), sensu Webster & Weber (2007)
Ordini

Myxogastria[1] o Myxogastrea, Myxogastrids (secondo ICZN) o ancora Myxomycetes (secondo ICN)[2] sono una classe di funghi mucillaginosi. Sono conosciuti con i termini colloquiali di funghi mucillaginosi plasmodiali o acellulari.

Tutte le specie passano nel corso del loro ciclo vitale attraverso a diverse fasi morfologiche, come singole cellule di dimensioni microscopiche, organismi viscidi visibili ad occhio nudo e corpi fruttiferi cospicui e ben formati. Nonostante siano primariamente organismi unicellulari, possono raggiungere in alcune fasi dimensioni e pesi notevolissimi, arrivando in casi estremi ad un metro di diametro e 20 kg di peso.[3]

La classe Myxogastria è diffusa in tutto il mondo, ma è più comune nelle zone dal clima temperato, dove presenta una maggiore biodiversità rispetto a quella che ha nelle regioni polari, the subtropicali o tropicali. Principalmente possono essere osservati in aree forestali, ma anche in situazioni più estreme come i deserti, o al di sotto di coltri nevose o anche sott'acqua. Possono colonizzare la corteccia degli alberi, spesso anche in posizioni molto elevate rispetto alle chiome arboree. In questo caso sono noti come mixomiceti corticicoli[4]. La maggior parte delle specie sono di dimensioni molto piccole.

Myxomycota, oggi considerato un sinonimo di Myxogastria, deriva dai termini in greco antico μύξα myxa, che significa "muco", e μύκης mykes, che vuole dire "fungo". Il nome Myxogastria fu introdotto nel 1970 dal micologo Lindsay Shepherd Olive per descrivere la famiglia Myxogastridae, che era stata a sua volta originariamente introdotta nel 1899 da Thomas Huston Macbride.[5] Il micologo svedese Elias Magnus Fries nel 1829 aveva già descritto numerosi funghi mucillaginosi come Myxogasteres.[6] Le specie della classe Myxogastria sono informalmente conosciute come funghi mucillaginosi plasmodiali o acellulari. Alcuni studiosi considerano i Myxogastria un regno e sè stante, la cui filogenesi rimane però indefinita a causa dei dati molecolari e di sviluppo contrastanti. Le relazioni tra i vari ordini che appartengono ai Myxogastria rimangono anch'esse tutt'ora poco chiare.[7]

Classificazione

[modifica | modifica wikitesto]

La seguente suddivisione dei Myxogastria in ordini e famiglie si basa sul lavoro di Schnittler et al. del 2012:[8]

Nel 2008 il Dictionary of the Fungi assegnava alla classe un totale di 62 generi e 888 specie.[9]

Caratteristiche e ciclo vitale

[modifica | modifica wikitesto]

Fase monocellulare e mononucleare

[modifica | modifica wikitesto]
Ciclo vitale di Stemonitis sp.

La spore dei Myxogastria sono aploidi e grossomodo rotonde; misurano in genere tra i 5 μm e i 20 μm di diametro, e raramente più di 24 μm. La loro superficie è di solito reticolare, a volte appuntita, molto più raramente liscia. Il colore tipico della massa di spore è visibile attraverso la struttura di rivestimento, anche se le spore stesse non sono pigmentate. In alcune specie, in particolare del genere Badhamia, le spore producono grumi. Colore, forma e diametri delle spore sono caratteristiche importanti per l'identificazione della specie.[10]

L'umidità e la temperatura sono fattori importanti per la germinazione. Di solito le spore conservano la possibilità di germinare per vari anni; sono anche state segnalate spore contenute in campioni di erbario che sono germinate 75 anni dopo la raccolta del campione. Dopo lo sviluppo delle spore, avviene la meiosi al loro interno. Con la germinazione gli involucri della spora si aprono in corrispondenza di appositi pori o crepe, o si lacerano in modo irregolare e rilasciano da uno a quattro protoplasti aploidi.[10]

Myxoamebe e myxoflagellati

[modifica | modifica wikitesto]
Myxoflagellati e spore di Symphytocarpus flaccidus

Nelle specie che si riproducono sessualmente, le cellule aploidi germinano dalle spore; a seconda delle condizioni ambientali possono formarsi mixoamebe o mixoflagellati.[11] I flagelli sono usati sia per la locomozione che per avvicinare alla cellula le particelle di cibo. Se il grado di umidità cambia le cellule possono passare dall'uno all'altro dei propri due possibili stati. Nessuna di queste forme possiede una parete cellulare.[10] Il fungo mucillaginoso in questo stadio del proprio sviluppo, come pure in quello successivo, è principalmente impegnato a nutrirsi, e quindi la fase viene detta "prima fase trofica". Nella loro fase monocellulare i Myxogastria si nutrono di batteri e di spore fungine, oltre che probabilmente anche di sostanze in soluzione nell'acqua, e possono riprodursi tramite una semplice divisione cellulare.[10] Se le condizioni ambientali diventano avverse nel corso di questa fase, per esempio nel caso di temperature estreme, forte siccità o carenza di cibo, i Myxogastria possono passare ad una fase di resistenza durante la quale possono sopravvivere a lungo, con un sottile involucro[11], in uno stato di quiescenza che è detto di microciste. In questo caso le myxoamebe assumono una forma tondeggiante e secernono una parete cellulare.[12] In questo stato possono agevolmente sopravvivere un anno o anche più a lungo. Se le condizioni di vita migliorano possono poi ritornate in attività.[13]

Se due cellule dello stesso tipo si incontrano in questa fase, possono unirsi in uno zigote diploide con la fusione dei protoplasmi e dei nuclei. I fattori che possono scatenare questo processo non sono ancora noti. Se le cellule oggetto di fusione sono del tipo myxoflagellato peritrico, queste cambiano forma prima di unirsi e diventano myxoamebe. La produzione di uno zigote richiede l'eterotallismo, e cioè due cellule di diversi mating type (tipi d'accoppiamento, l'equivalente dei sessi in funghi e altri organismi).[10][13]

Fase plasmodiale =

[modifica | modifica wikitesto]
Myxogastria in transizione tra plasmodio e corpo fruttifero

La seconda fase trofica inizia con lo sviluppo di un plasmodio. Si tratta di un organismo multinucleato che assorbe tramite fagocitosi la maggior quantità possibile di sostanze nutritizie. Queste possono essere costituite da batteri, protisti, sostanze in soluzione, muffe, funghi superiori e altre piccole particelle di materia organica.[10] Questo processo permette alla cellula di svilupparsi enormemente. Il nucleo si divide moltissime volte, e presto la cellula diventa visibile anche ad occhio nudo raggiungendo una superficie che - a seconda della specie - può arrivare fino ad un metro quadrato. Nel 1987 una cellula di Physarum polycephalum coltivata artificialmente raggiunse una superficie di 5.5 metri quadrati.[14] Le specie di Myxogastria hanno numerosi nuclei nella loro fase plasmodiale trofica; i piccoli proto-plasmodi, non venati, hanno tra gli 8 e i 100 nuclei, mentre i massicci e venati reticoli plasmodiali arrivano ad avere tra i 100 e i 10 milioni di nuclei.[11] Tutti questi nuclei rimangono però parte di una singola cellula, che ha una consistenza viscosa, mucillaginosa, e che può essere trasparente, bianca o anche vivacemente colorata di arancione, giallo o rosa.[13]

In questa fase le cellule hanno capacità di chemiotassi e di fototassi negativa, e sono cioè in grado di muoversi verso zone ricche di nutrimento e di allontanarsi dalla luce e da zone con sostanze pericolose. Il movimento si origina nel citoplasma granuloso, che fluisce con un moto pulsante in una certa direzione all'interno della cellula. In questo modo la cellula può raggiungere una velocità di 1000 μm al secondo (la velocità delle cellule vegetali è di 2–78 μm al secondo).[10] Uno stato di riposo, chiamato sclerozio, può instaurarsi a volte durante questa fase. Lo sclerozio è una forma indurita e resistente ed è composto da numerose "macrocisti", che danno ai Myxogastria la capacità di sopravvivere in questa fase[13] anche in condizioni avverse, per esempio durante l'inverno o in periodi di siccità,[11]

Fruttificazione

[modifica | modifica wikitesto]

I plasmodi maturi quando si trovano nelle condizioni opportune possono produrre corpi fruttiferi. La causa scatenante di tale processo non è tutt'ora nota con precisione. Secondo le ricerche in laboratorio in alcune specie l'innesco può essere causato da variazioni dell'umidità, della temperature, del ph o anche da periodi di scarsità di cibo. Il plasmodio smette di nutrirsi e striscia, attratto dalla luce - fototropismo positivo - verso un'area asciutta e illuminata, in modo da assicurarsi le condizioni ambientali ottimali per la diffusione delle spore. Una volta che il processo di fruttificazione è incominciato non può più interrompersi. Se intervengono fattori di disturbo i corpi fruttiferi che portano le spore potranno risultare malformati.[10][13]

Onisco con spore di Myxogastria

Il plasmodio o gli elementi del corpo fruttifero possono risultare più piccoli di un millimetro, mentre all'estremo opposto possono in alcuni casi arrivare a coprire una superficie di un metro quadrato e a pesare fino a 20 chilogrammi (44 lb) (ad es. nel caso di Brefeldia maxima).[3] La loro forma è spesso pedicolata o può presentare sporangi con steli non differenziati in cellule, ma possono anche formarsi plasmodiocarpi venati o reticolati, aethalia dalla forma di puntaspilli o pseudo-aethalia. Quasi sempre i corpi fruttiferi si trovano al margine di uno strato di ipotallo (hypothallus) che li connette con il substrato. Le spore vengono prodotte in grandi quantità e sono immagazzinate in un reticolo o in una struttura filamentosa - il cosiddetto capillitium – e si possono osservare in quasi tutte le specie eccetto che nel caso dei Liceida e di altre specie del genere Echinostelium.[11] Quando i corpi fruttiferi aperti si asciugano, le spore vengono disperse dal vento o da piccoli animali come onischi, acari o coleotteri, i quali possono caricarsi di spore o per contatto oppure nutrendosi dei corpi fruttiferi e poi espellendole con le feci. E' anche possibile la dispersione delle spore dovuta all'acqua corrente, ma questa modalità gioca un ruolo minore.[10]

Forme asessuate

[modifica | modifica wikitesto]

Alcune specie di Myxogastria possono riprodursi in modo asessuale. Si tratta di organismi permanentemente diploidi, nei quali non avviene la meiosi prima della germinazione delle spore, e la produzione del plasmodio ha luogo senza la germinazione di due cellule.[13]

Distribuzione ed ecologia

[modifica | modifica wikitesto]

Distribuzione

[modifica | modifica wikitesto]

I Myxogastria sono distribuiti in tutto il mondo, e anche i primi ricercatori trovarono specie in tutti i continenti esaminati. L'Europa e il Nord America sono spesso considerati l'habitat base di questo tipo di organismi. Stando a ricerche recenti, la maggio parte delle specie ha una distribuzione piuttosto localizzata.[10] I Myxogastria vengono osservati più comunemente nelle aree a clima temperato, e la loro presenza nelle regioni polari risulta piuttosto rara, come pure nelle aree tropicali e subtropicali.[15] Le caratteristiche fisiche del substrato di crescita e le condizioni climatiche sono i maggiori fattori ecologici che ne influenzano la distribuzione. Gli endemismi sono poco frequenti.[16]

Nelle regioni settentrionali le specie di Myxogastria possono essere osservate in Alaska, Islanda, Scandinavia, Groenlandia e Russia. nella regione artica e subartica secondo studi recenti sarebbero presenti più di 150 diverse specie, in genere con presenza piuttosto localizzata ed in grado di vivere al di là della linea degli alberi. In Groenlandia il loro habitat può arrivare fino alla latitudine del 77° parallelo.[17] Le specie di Myxogastria raggiungono la loro massima biodiversità e la loro frequenza più alta nelle foreste delle regioni temperate, che sono per loro habitat ideali per la grande ricchezza di materiale organico, per l'umidità adeguata (non troppo elevata) e per la copertura nevosa che dura a lungo, almeno nel caso delle specie adattate a vivere sotto la neve. Nelle zone tropicali o subtropicali sono state invece trovate poche specie di Myxogastria, anche perché la forte umidità rende impossibile la disidratazione necessaria per la produzione dei corpi fruttiferi e la conseguente diffusione delle spore, e favorisce inoltre l'infestazione degli stessi da parte delle muffe. Altri fattori limitanti sono la scarsità di luce sotto la chioma delle foreste presenti nei climi caldi e la conseguente riduzione del fototropismo preliminare alla fruttificazione. Vanno inoltre considerate la debolezza del vento, la poca fertilità dei suoli, la presenza di nemici naturali e la pioggia abbondante che può dilavare e disperdere le cellule nelle fasi unicellulari del ciclo vitale.[15] L'abbondanza di specie che vivono al suolo o sul legno putrescente diminuisce quindi con l'aumento dell'umidità. In uno studio effettuato in Costa Rica, il 73% delle osservazioni totali di questo tipo di organismi era stato effettuato in zone relativamente aride della foresta tropicale, mentre il 18% era relativo a foreste pedemontane e solo il 9% a foreste pluviali di bassa quota.[16]

Nell'area antartica sono state osservate specie di Myxogastria nelle Shetland Australi,[18] Orcadi Australi, Georgia del sud e nella Penisola antartica.[19] La specie delle regioni antartiche o sub-antartiche sono più rare che quelle delle zone artiche, anche se questa percezione potrebbe essere legata alle maggiori difficoltà di accesso. Fino al 1983, erano state effettuare solo 5 osservazioni,[19] con ritrovamenti esclusivamente individuali.[18] Due studi più recenti sulla flora di mixomiceti rilevano la scoperta di nuove specie di mixomiceti nelle zone forestali sub-antartiche, per esempio 67 specie nella Patagonia argentina e nella Terra del Fuoco,[20] e 22 su terreni a quota elevata nelle Isola Macquarie.[21]

Trichia decipiens (ben riconoscibili gli sporangi arancioni), con muschi, funghi e piante su legno morto

La maggior parte delle specie di Myxogastria vive sulla terraferma in zone forestali aperte. Il microhabitat più importante è il legno morto, ma possono anche colonizzare anche la corteccia di alberi viventi [22], materiale vegetale in decomposizione, il suolo ed escrementi animali.[15] I funghi mucillaginosi possono anche essere ritrovati in alcuni ambienti inusuali. Il gruppo dei Myxogastria nivicoli vive su coltri nevose, sulle quali riescono a fruttificare rapidamente e a rilasciare le loro spore - ad esempio - quando la neve si scioglie.[15] Altre specie vivono nel deserto: 33 specie diverse sono state per esempio osservate nel Deserto di Sonora.[15] Ai tropici inoltre alcune specie vivono sulla superficie fogliare delle piante locali.[23][24] Alcune altre specie vivono in ambienti acquatici, come quelle dei generi Didymium, Physarum, Perichaena, Fuligo, Comatricha e Licea, che sono stati rilevati sott'acqua sia nella fase di myxoflagellati che in quella plasmodiale. Tutte queste specie meno una, Didymium difforme, fruttificano però solo quando quando escono dall'acqua o quando l'acqua diminuisce.[25]

Relazioni con altre specie

[modifica | modifica wikitesto]
Agathidium mandibulare, un nemico naturale dei Myxogastria

Le relazioni tra i Myxogastria e gli altri organismi viventi al 2012 non erano ancora sono state esaminate molto in profondità. I loro predatori naturali comprendono vari artropodi, tra i quali acari e collemboli oltre a coleotteri delle famiglie Staphylinidae,[26] Rhysodinae,[26], Eucinetidae,[26] Eucinetidae,[26] Clambidae,[26] Eucnemidae,[27], Sphindidae,[27] Cerylonidae,[27] e Latridiidae.[27] Vari nematodi sono anche stati osservati come predatori dei Myxogastria; queste specie si attaccano con la parte posteriore del corpo al citosol dei plasmodi o addirittura iniziano a vivere al loro interno.[10][28] Certe specie di ditteri si sono evolute specializzandosi in questo modo: si tratta in particolare di rappresentanti delle famiglie Mycetophilidae, Sciaridae e Drosophilidae. La specie Epicypta testata è stata in particolare rilevata molte volte, specialmente su Enteridium lycoperdon, Enteridium splendens, Lycogala epidendrum e Tubifera ferruginosa.[15]

Alcuni funghi, quasi tutti ascomiceti, si sono specializzati nella colonizzazione dei funghi mucillaginosi. La specie più comune tra questi è Verticillium rexianum, oltre a specie dei Comatricha o degli Stemonitis. Gliocladium album e Sesquicillium microsporum sono stati spesso trovati sui Physaridae, mentre Polycephalomyces tomentosus è spesso osservato su alcune specie di Trichiidae. Nectriopsis violacea si è specializzata per Fuligo septica.[15] Sono inoltre state scoperte specie di batteri associate ai plasmodi, in particolare della famiglia Enterobacteriaceae. L'associazione tra plasmodi e batteri potrebbe portare alla fissazione dell'azoto atmosferico o alla produzione di enzimi che rendono possibile la decomposizione di materiali come la lignina, la carbossimetilcellulosa o gli xilani. In rari casi i plasmodi acquisiscono la tolleranza alla salinità o ai metalli pesanti, sempre grazie all'associazione con ceppi batterici.[29]

Alcuni mixomiceti (Physarum) causano malattie delle piante, danneggiando ad esempio i tappeti erbosi, ma in generale non si tratta di danni tali da richiedere particolari forme di lotta o di controllo.[30]

Testimonianze fossili

[modifica | modifica wikitesto]

I fossili di Myxogastria sono estremamente rari. Dato il loro breve ciclo vitale e la struttura corporea fragile sia dei plasmodi che dei corpi fruttiferi, la fossilizzazione era in generale impossibile. Solo alcune delle loro spore sono state in grado di mineralizzarsi e di giungere fino a noi. Tra i pochi esempi di individui in vita fossilizzatisi possono essere citati alcuni casi di intrappolamento e conservazione nell'ambra.[31]

Al 2010 per questa classe erano noti solo tre fossili di corpi fruttiferi, due di spore e uno di plasmodio. Due vecchi taxaMyxomycetes mangini e Bretonia hardingheni di Charles Eugène Bertrand, 1892 – sono oggi considerati dubbi e spesso non vengono più ritenuti validi.[31][32][33] Friedrich Walter Domke descrisse nel 1952 la specie Stemonitis splendens, tutt'ora ritenuta valida, a partire da ritrovamenti di campioni vecchi di 35-40 milioni di anni trovati nell'ambra baltica. Lo stato di conservazioni e la completezza dei loro corpi fruttiferi è notevole, e questo ne ha permesso una determinazione accurata. Dello stesso periodo, e anche nello stesso materiale e più o meno della stessa zona, è un fossile di Arcyria sulcata, descritto per la prima volta nel 2003 da Heinrich Dörfelt e Alexander Schmidt; si tratta di una specie molto simile all'attuale 'Arcyria denudata. Entrambe le scoperte implicano che i corpi fruttiferi di Myxogastria abbiano avuto solo mutamenti marginali negli ultimi 35–40 milioni di anni.[31]

Va però rilevato che l'esemplare di Protophysarum balticum dell'ambra baltica, descritto per la prima volta nel 2006 da Dörfelt e Schmidt, è stato messo in discussione. Il fossile appariva non coerente con le caratteristiche tipiche del genere e la pubblicazione non era valida perché non era stato identificato con nessun nessun nome latino. Inoltre dettagli importanti dei suoi corpi fruttiferi non erano visibili, o erano in contraddizione con l'identificazione proposta. Oggi si pensa che il fossile sia da riferirsi a un lichene simile a quelli del genere Chaenotheca.

L'unico esemplare di plasmodio fossilizzato fu scoperto nell'ambra dominicana, e fu inizialmente attribuito ai Physarida. Tuttavia questa attribuzione è anch'essa considerata dubbia, e la pubblicazione originaria fu più tardi giudicata inaffidabile per l'insufficienza delle prove portate a supporto di tale attribuzione.[31]

Nel 2019 venero descritti sporocarpi rinvenuti all'interno di ambra birmana, attribuiti al genere Stemonitis e considerati risalenti la medio Cretaceo e pressappoco vecchi di 99 milioni di anni. Questi sporocarpi sono indistinguibili da quelli dei taxa attualmente viventi, il che suggerisce una lunga stasi nell'evoluzione morfologica.[34]

La scoperta degli unici due fossili mineralizzati di spore conosciuti data 1971; uno di questi, Trichia favoginea, si pensa che risalga al periodo post-glaciale.[32]

Storia della ricerca scientifica sui Myxogastria

[modifica | modifica wikitesto]

Data la loro natura poco attraente, i Mixogastria furono per lungo tempo poco studiati dai ricercatori. Thomas Panckow per primo qualificò la specie Lycogala epidendrum come "Fungus cito crescentes" (fungo dalla crescita rapida) nel suo libro del 1654 Herbarium Portatile, oder behendes Kräuter- und Gewächsbuch. Pier Antonio Micheli nel 1729 sosteneva che i funghi mucillaginosi fossero diversi dai funghi in senso stretto, e Heinrich Friedrich Link si dichiarò a favore di questa ipotesi nel 1833. Elias Magnus Fries documentò lo stadio plasmodiale nel 1829, e 35 anni dopo Anton de Bary osservò la germinazione delle spore. Lo stesso De Bary scoprì inoltre la ciclosi nelle cellule di Myxogastria in movimento, e considerò questo tipo di organismi simili agli animali riclassificandoli come Mycetozoa, termine che tradotto letteralmente significa "Funghi animali". Questa interpretazione prevalse fino alla seconda metà del XX secolo.[10]

Tra il 1874 e il 1876, Józef Rostafiński, uno studente di Anton de Bary, pubblicò la prima consistente monografia sul gruppo. Seguirono tre monografie di Arthur Lister e Gulielma Lister, che furono pubblicate nel 1894, 1911, e 1925. Si trattava di opere pionieristiche in materia di Myxogastria, come anche fu nel 1934 il libro The Myxomycetes di Thomas H. Macbride e George Willard Martin. Importanti lavori nel tardo XX secolo sono stati una monografia del 1969 si George Willard Martin e Constantine John Alexopoulos, e una del 1975 di Lindsay Shepherd Olive. Il primo è probabilmente il più rilevante, e con esso comincia "l'era moderna della tassonomia dei Myxograstria".[35] Altri importanti ricercatori sono stati Persoon, Rostafinski, Lister, Macbridge, Martin e Alexopoulos, ai quali si deve la scoperta e la classificazione di numerose specie.[10][35] [24]

Oltre alle monografie che trattano i Myxogastria a livello mondiale, sono stati importanti anche alcuni studi di carattere locale dato anche che, rispetto ad altri, questo gruppo di organismi presenta variazioni regionali minori a causa dell'irregolarità del suo meccanismo di dispersione. Per esempio, R. Hagelstein pubblicò nel 1944 The Mycetozoa of North America, e M. Farr's nel 1973 un volume ad-hoc nell'ambito dell'opera Flora Neotropica. Altri e più recenti studi di carattere locale sono The Myxomycetes of Britain and Ireland di Bruce Ing,[3], Flora Mycologica Iberica di L. Band & P. Band (1997), e The Myxomycete Biota of Japan di Yamamoto (1998). L'opera in tre volumi Die Myxomyceten Deutschlands und des angrenzenden Alpenraumes unter besonderer Berücksichtigung Österreichs[6] (The Myxomyceta of Germany and bordering Alpine regions, with special consideration of Austria) fu scritta tra il 1993 e il 2000 da H. Neubert, W. Nowotny e K. Baumann, che Baumann pubblicò personalmente. Nonostante si tratti di un'opera amatoriale, il loro lavoro ha avuto vari riconoscimenti da parte di accademici ed è stato citato piuttosto di frequente in pubblicazioni standard.

  1. ^ (EN) David Trinci, Geoffrey D. e Anthony P. J., Appendix 1 - Outline classification of fungi, in 21st Century Guidebook to Fungi, Cambridge University Press, 2020, p. 561, ISBN 9781108807845. URL consultato il 30 agosto 2024.
  2. ^ (EN) S.L. Baldauf e W.F. Doolittle, Origin and evolution of the slime molds (Mycetozoa), in Proceedings of the National Academy of Sciences, USA, vol. 94, n. 22, ottobre 1997, pp. 12007–12012, Bibcode:1997PNAS...9412007B, DOI:10.1073/pnas.94.22.12007, PMC 23686, PMID 9342353.
  3. ^ a b c (EN) Bruce Ing, The Myxomycetes of Britain and Ireland: An identification handbook, Slough, England, Richmond Pub. Co., 1999, p. 4, ISBN 978-0855462512.
  4. ^ Enric Gracia, I mixomiceti corticicoli e il loro studio (PDF), Franco Bersan (traduzione). URL consultato il 23 agosto 2024.
  5. ^ (EN) Lindsay S. Olive, The Mycetozoa: A revised classification", in Botanical Review, 36 (1), 1970, pp. 59–89.
  6. ^ a b (DE) Hermann Neubert, Wolfgang Nowotny, Karlheinz Baumann e Heidi Marx, "Die Myxomyceten Deutschlands und des angrenzenden Alpenraumes unter besonderer Berücksichtigung Österreichs", collana Myxomyceten, K. Baumann Verlag, ca. 1993ca. 2000, p. 11, ISBN 3929822008, OCLC 688645505.
  7. ^ (EN) Anne-Marie FD, Cedric B, Jan P e Baldauf Sandra L, Higher-order phylogeny of plasmodial slime molds (myxogastria) based on elongation factor 1-A and small subunit rRNA gene sequences, in The Journal of Eukaryotic Microbiology, vol. 52, n. 3, 2005, pp. 201–210, DOI:10.1111/j.1550-7408.2005.00032.x, PMID 15926995.
  8. ^ (EN) Schnittler, M., Novozhilov, Y. K., Romeralo, M., Brown, M. e Spiegel, F. W., Fruit body-forming protists: Myxomycetes and myxomycete-like organisms Englers Syllabus of Plant Families, 1, 1., 2012.
  9. ^ (EN) Kirk PM, Cannon PF, Minter DW e Stalpers JA, Dictionary of the Fungi, Wallingford, CABI, 2008, p. 765, ISBN 978-0-85199-826-8.
  10. ^ a b c d e f g h i j k l m (DE) Wolfgang = Nowotny, Myxomyceten (Schleimpilze) und Mycetozoa (Pilztiere), in Wolfsblut und Lohblüte, 2000.
  11. ^ a b c d e (EN) Sina M. Adl, Alastair G.B. Simpson, Mark A. Farmer, Robert A. Andersen, O. Roger Anderson, John A. Barta, Samuel S. Bowser, Guy Brugerolle, Robert A. Fensome, Suzanne Fredericq, Timothy Y. James, Sergei Karpov, Paul Kugrens, John Krug, Christopher E. Lane, Louise A. Lewis, Jean Lodge, Denis H. Lynn, David G. Mann, Richard M. McCourt, Leonel Mendoza, Øjvind Moestrup, Sharon E. Mozley-Standridge, Thomas A. Nerad, Carol A. Shearer, Alexey V. Smirnov, Frederick W. Spiegel e Max F.J.R. Taylor, The new higher level classification of eukaryotes with emphasis on the taxonomy of protists, in The Journal of Eukaryotic Microbiology, vol. 52, 2005, pp. 399–451.
  12. ^ (DE) H. Raven, Ray F. Evert e Helena Curtis, Biologie der Pflanzen, Walter de Gruyter GmbH, 1988, pp. 267–269, ISBN 978-3-11-011476-8.
  13. ^ a b c d e f (EN) Steven L Stephenson e Henry Stempen, Myxomycetes: A handbook of slime molds, Timberland Press, 1994, pp. 15–18, ISBN 9780585342498, OCLC 47008442.
  14. ^ (DE) Wolfgang Richter, Alter Schleimer, in Die Zeit, gennaio 2007. URL consultato il 1º ottobre 2020.
  15. ^ a b c d e f g (EN) Steven L. Stephenson e Henry Stempen, Myxomycetes: A handbook of slime molds, Timberland Press, 1994, pp. 49–58, ISBN 9780585342498, OCLC 47008442.
  16. ^ a b (EN) Steven L. Stephenson, Martin Schnittler e Carlos Lado, Ecological characterization of a tropical myxomycete assemblage – Maquipucuna Cloud Forest Reserve, Ecuador, in Mycologia, n. 96, 2004, pp. 488–497.
  17. ^ (EN) Steven L. Stephenson, Yuri K. Novozhilov e Martin Schnittler, Distribution and Ecology of Myxomycetes in High-Latitude Regions of the Northern Hemisphere, in Journal of Biogeography, 27 (3), 2000, pp. 741–754.
  18. ^ a b (ES) J. Putzke, J.A.B. Pereira e M.T.L. Putzke, Actas del V Simposio Argentino y I Latinoamericano de Investigaciones Antarticas (PDF), su dna.gov.ar, vol. 1, Buenos Aires, 2004, pp. 1–4.
  19. ^ a b (EN) B. Ing e R.I.L. Smith, Further myxomycete records from South Georgia and the Antarctic peninsula, in British Antarctic Survey Bulletin, 1983, pp. 80–81.
  20. ^ (EN) D.W. de Basanta, C. Lado, A. Estrada-Torres e S.L. Stephenson, Biodiversity of myxomycetes in subantarctic forests of Patagonia and Tierra del Fuego, Argentina, in Nova Hedwigia, vol. 90, 1–2, 2010, pp. 45–79, DOI:10.1127/0029-5035/2010/0090-0045.
  21. ^ (EN) S.L. Stephenson, G.A. Laursen e R.D. Seppelt, Myxomycetes of subantarctic Macquarie Island, in Australian Journal of Botany, n. 55, pp. 439–449.
  22. ^ (EN) Sydney E. Everhart 1, Harold W. Keller, Joseph S. Ely, Influence of bark pH on the occurrence and distribution of tree canopy myxomycete species, in Mycologia, 2008, DOI:10.3852/mycologia.100.2.191, PMID 18592896. URL consultato il 26 agosto 2024.
  23. ^ (DE) Uno H. Eliasson, Myxomyceten auf lebenden Blättern im tropischen Regenwald Ecuadors; eine Untersuchung basierend auf dem Herbarmaterial höherer Pflanzen, in Wolfsblut und Lohblüte, 2000.
  24. ^ a b (DE) Wolfsblut und Lohblüte – Lebensformen zwischen Tier und Pflanze, collana Ausstellung im Biologiezentrum des OÖ. Landesmuseums, a cura di Wolfgang Nowotny e Erna Aescht, vol. 73, OÖ Landes-Kultur GmbH, 2001, ISBN 3854740565.
  25. ^ (EN) L.A. Lindley, S.L. Stephenson e F.W. Spiegel, Protostelids and myxomycetes isolated from aquatic habitats, in Mycologia, vol. 99, n. 4, 2007, pp. 504–509, DOI:10.3852/mycologia.99.4.504, PMID 18065001.
  26. ^ a b c d e (DE) Handbuch der Zoologie: eine Naturgeschichte der Stämme des Tierreiches, a cura di Niels P. Kristensen, G. Beutel, Band IV, Arthropoda: Insecta, Walter de Gruyter, 19 settembre 2005, ISBN 978-3110171303.
  27. ^ a b c d (DE) Handbuch der Zoologie: eine Naturgeschichte der Stämme des Tierreiches, a cura di Rolf G. Beutel, Richard A.B. Leschen, John F. Lawrence, Band II, Coleoptera: Beetles, Walter de Gruyter, 29 gennaio 2010, ISBN 978-3110190755.
  28. ^ (EN) Harold W. Keller, Interactions between Myxomycete Plasmodia and Nematodes, in Inoculum, 59 (1), 2008, pp. 1–3.
  29. ^ (EN) Indira Kalyanasundaram, A Positive Ecological Role for Tropical Myxomycetes in Association with Bacteria, collana Systematics and Geography of Plants, 74 (2), 2004, pp. 239–242.
  30. ^ (EN) George N. Agrios, Plant Pathology, Academic Press, 2005. URL consultato il 30 agosto 2024.
  31. ^ a b c d (EN) Harold W. Keller e Sydney E. Everhart, Myxomycete species concepts, monotypic genera, the fossil record, and additional examples of good taxonomic practice, in Revista Mexicana de Micología, n. 27, 2008, pp. 9–19.
  32. ^ a b (EN) Alan Graham, The role of myxomyceta spores in palynology (with a brief note on the morphology of certain algal zygospores), in Review of Palaeobotany and Palynology, 11 (2), 1971, pp. 89–99.
  33. ^ (EN) B.M. Waggoner e G.O. Poinar, A fossil Myxomycete plasmodium from Eocene-Oligocene amber of the Dominican Republic, in Journal of Eukaryotic Microbiology, n. 39, 1992, pp. 639–642.
  34. ^ (EN) Jouko Rikkinen, David A. Grimaldi e Alexander R. Schmidt, Morphological stasis in the first myxomycete from the Mesozoic, and the likely role of cryptobiosis, in Scientific Reports, vol. 9, n. 1, dicembre 2019, p. 19730, Bibcode:2019NatSR...919730R, DOI:10.1038/s41598-019-55622-9, ISSN 2045-2322 (WC · ACNP), PMC 6930221, PMID 31874965.
  35. ^ a b (EN) M. Schnittler e D.W. Mitchell, Species Diversity in Myxomycetes based on the morphological species concept – a critical examination, in Wolfsblut und Lohblüte, 2000.

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

  Portale Biologia: accedi alle voci di Teknopedia che trattano di biologia

[[Categoria:Amoebozoa]] [[Categoria:Taxa descritti nel 1899]]


María Silva Cruz nacque a Casas Viejas (oggi Benalup-Casas Viejas) nell'aprile del 1915. Va però rilevato che si incontrano tutt'ora alcune difficoltà nel determinare la sua esatta data di nascita, visto che l'archivio della parrocchiadi Nuestra Señora del Socorro e il Registro Civil riportano date diverse. Figlia di María Cruz Jiménez e di Juan Silva González, fu la maggiore dei loro otto figli, e nacque in una famiglia umile e lavoratrice.[1]

Primi anni e formazione

[modifica | modifica wikitesto]

Trascorse infanzia e adolescenza vivendo con la propria famiglia in un ambiente rurale e agrario nella tenuta «Zapatero»[2]. Lì si dedicò principalmente a lavorare la terra e alla produzione di carbone, la principale fonte di sostentamento della sua famiglia. In più, per integrare queste modeste entrate, lavorava come donna di servizio presso una famiglia della zona. No obstante, a los pocos años se trasladó con su familia a vivir a una choza a Casas Viejas, lo que supuso un gran cambio en su vida. Su familia era bien conocida en el pueblo por sus ideas revolucionarias. María Silva Cruz era nieta De Francisco Cruz Gutiérrez "Seisdedos", un conocido anarquista del pueblo perteneciente a la CNT, aunque este no era el único seguidor de este movimiento en la familia. Su abuela materna se encargó de introducirle en estas ideas. Otros miembros de la familia como su padre Juan Silva o sus tíos maternos Francisco y Pedro Cruz también pertenecían al sindicato[1]

Durante los primeros años de su vida viviendo en la sierra, sería su abuela Catalina Jiménez Esquivel la principal encargada de su educación. Sería gracias a las novelas que ella le leía y a su entorno por lo que acabaría empapada de ideas revolucionarias y libertarias. De entre estas novelas destacan los escritos y libros de Federica Montseny, como sus obras La victoria, El hijo de Clara o La indomable dedicados a la figura de la mujer de ideas modernas y a la igualdad de género[3]. A su llegada a Casas Viejas sus únicos conocimientos habían sido aportados por su abuela y por algún que otro profesor que recorría la sierra impartiendo clases. En la escuela no mejoraría en gran medida su educación,[4] ya que esta se centraba en inculcarle a las niñas los valores cristianos y en cómo realizar las tareas domésticas. Fu quindi principalmente all'interno del suo nucleo familiare che avvenne il suo sviluppo educativo.

Amor y armonía

[modifica | modifica wikitesto]

La associazione «Amor y armonía»[5] fu un gruppo di carattere libertario e femminista formato a Casas Viejas attorno al 1932. Era formato da donne e proponeva l'uguaglianza di opportunità culturali tra uomini e donne.[6] María Silva Cruz formaba parte de este grupo, junto a su hermana Catalina Silva Cruz[7] y otras casaviejeñas, como su amiga Manuela Lago, Ana Cabezas o Francisca Ortega.

La finalidad de esta asociación era reunirse para intercambiar ideas y debatir sobre diversos temas sociales. También funcionaba como un club de lectura, donde las asistentes se intercambiaban libros y conversaban sobre ellos. Esta asociación sobrepasaba lo estrictamente formal, pues la relación entre las componentes iba más allá, puesto que también eran amigas. Se les solía ver paseando juntas portando insignias anarcosindicalistas. De ahí proviene el sobrenombre de María Silva Cruz, «la Libertaria» ya que, un día, mientras paseaba por el centro portando al cuello un pañuelo rojinegro, tuvo un incidente con un guardia civil. Este agente, Manuel García Rodríguez, tomó esto como una provocación y se desencadenaron una serie de hechos que acabaron con María Silva Cruz propinándole una bofetada al agente, a lo que este respondió: «¡Me las pagarás, Libertaria!». Será a partir de este momento cuando se le conozca por este nombre[1].

Partecipazione ai fatti di Casas Viejas

[modifica | modifica wikitesto]

María Silva Cruz è passata alla storia in particolare per la sua partecipazione ai los denominados Sucesos de Casas Viejas en enero de 1933, de los cuales logró escapar con vida de las Fuerzas de Orden Público. Era bien conocido su afiliación a diversos grupos anarquistas de Casas Viejas, ya que los apoyaba públicamente. Por otro lado, debido a que su familia pertenecía al mundo agrario, vivió en primera persona la ineficacia y lentitud con la que se estaba llevando a cabo la reforma agraria del gobierno de Manuel Azaña, ley que prometía acabar con los latifundios y la desigualdad del campo andaluz. María Silva Cruz se paseó por las principales calles de Casas Viejas el 11 de enero de 1933 con la bandera anarcocomunista al estallar la insurrección anarquista, mostrando su apoyo a la causa y participando de ello.

Al llegar la represión por parte de la autoridad civil, se refugió en la choza de su abuelo junto a ocho personas más.[1]Esta se convertiría en el escenario principal de los sucesos, ya que fue rodeada por los agentes al ser el principal foco de resistencia de los insurrectos. En el devenir de los hechos, la choza caería pasto de las llamas, muriendo todas las personas que había en su interior a excepción de María Silva Cruz y su primo pequeño. Consiguieron escapar de las llamas al huir de la choza protegidos tras una burra, que fue abatida a tiros.[8] Tras estos hechos, se decantó por esconderse en la choza de su abuela paterna. El día siguiente de la matanza, el 13 de enero, María Silva Cruz se vio obligada a huir junto a su familia a la Torre de Benalup,[9] conjunto en ruinas que se encuentra las afueras de la aldea, ya que las fuerzas de seguridad comenzaron a arrestar varones indiscriminadamente para fusilarlos a modo de reprimenda. No obstante, su padre fue apresado y fusilado antes de la huida. Allí estuvo refugiada durante un par de días antes de volver al pueblo a la choza, esperando que la situación se hubiese calmado. Sin embargo, solo bastaron un par de horas para que la guardia civil se presentase ante la choza de la abuela paterna para detenerla.

María Silva Cruz fue encarcelada en Medina Sidonia, donde fue duramente interrogada por su participación y actuación en los sucesos de Casas Viejas.[1]Sin embargo, ella lo negó todo aludiendo a que todo eran injurias y que los días de los hechos había permanecido junto a su familia. No obstante, el juez contaba con testimonios que la relacionaban directamente con los hechos, por lo que pudo retenerla. Estando presa conoció a quien sería su futura pareja sentimental, Juan Miguel Pérez Cordón, sindicalista y primer periodista que se hizo eco de los Sucesos.[10] Al ser puesto en libertad, se dedicó a limpiar la imagen y en buscar argumentos que la ayudasen a salir de prisión. Durante todo ese tiempo, María Silva Cruz sufrió un auténtico calvario, siendo maltratada y acosada sexualmente por las autoridades penitenciarias. Gracias a la denuncia de estos hechos y al respaldo popular que estaba recibiendo por los artículos que se estaban escribiendo sobre ella, consiguió salir en libertad.[1]

Ultimi anni e morte

[modifica | modifica wikitesto]

María Silva Cruz fue detenida horas después de su liberación y trasladada a la Prisión Provincial de Cádiz debido al poco peso que tenían los argumentos que la pusieron en libertad. No obstante, ya por febrero de 1933 no era una presa común, ya que tenía a la mayor parte de la opinión pública del país de su parte.[9]El gobierno, debido a las fuertes críticas que estaba recibiendo por lo acontecido en Casas Viejas, tenía que rebajar la tensión que había en la opinión pública. Mantener a una joven que había perdido a su familia en los hechos y cuya figura se estaba mitificando entre rejas no le ayudaba en absoluto. Así, estuvo presa en Cádiz durante tres semanas y fue puesta en libertad ya que ella lo negaba todo, a pesar de que existiesen pruebas firmes en su contra. No sería hasta después de su puesta en libertad cuando confirmaría su presencia en la choza y su versión de los hechos. Ya por entonces, María Silva Cruz era conocida en toda España, y su figura era usada por todo tipo de literatos y periodistas como Eduardo de Guzmán, Julio Romano[9], Ramón J. Sender o Daniel Plá y Beltrán[11]

María Silva Cruz se trasladó a vivir entonces a Paterna de Rivera junto a Juan Miguel Pérez Cordón, aunque no por mucho tiempo, ya que él comenzaría a trabajar para la redacción de la CNT y se mudaron en agosto a Madrid. Sería en la capital donde vivirían unos meses dentro de un ambiente puramente anarquista y revolucionario, aunque no se conocen muchos detalles de esta etapa de su vida. Estuvo participando activamente para la CNT[12],llegando a dar un discurso en un mitin celebrado en noviembre de 1933 tras las elecciones generales. Dentro de la Confederación General de Trabajadores, contaba con numerosos apoyos y era tomada como un modelo a seguir. Parte de su discurso fue el siguiente:

«Compañeros y compañeras, pueblo de Madrid que en estos momentos escucha la voz emocionada de una superviviente de la tragedia que conmovió a España y al mundo entero; pueblo que muestra su rebeldía, su ansia de superación y de terminar con todos los traidores, con todos los vagos profesionales que le han esclavizado…»[1]

María Silva Cruz permaneció en Madrid hasta el verano de 1934, momento en el que se trasladaría junto a su pareja de vuelta a Paterna de Rivera para dar a luz a su primer y único hijo en 1935.[11]En esta localidad se encontraba ya toda su familia viviendo, ya que se vieron obligados a huir de Casas Viejas. Sería en Paterna donde retomaría su vida rural junto a su familia y a su pareja.

Al inicio de la guerra civil, con la caída de Paterna en manos de las fuerzas del bando sublevado, María Silva Cruz se refugió en su casa con su familia a la espera de noticias para saber cómo actuar. A pesar de que Juan Miguel Pérez Cordón decidió huir, ella se quedó allí junto a su familia[1],aunque aquel ya no era un lugar seguro para ellos. Se fue a vivir a la casa de la familia de su pareja hasta que fue detenida el 19 de agosto de 1936 y separada de su hijo. Aunque no hay registros sobre lo que pasó hasta su muerte, se sabe que fue fusilada en la laguna de la Janda el 24 de agosto de 1936.[13][14] Su muerte se difundió rápidamente por todo el país, trayendo de nuevo a la memoria colectiva los hechos acontecidos años antes en Casas Viejas y lo que representaba la figura de «La Libertaria». Al igual que la de miles de civiles españoles, en la actualidad no se conoce el paradero de los restos de María Silva Cruz ni su muerte está inscrita en el Registro Civil.

Lasciti della «Libertaria»

[modifica | modifica wikitesto]

Tra gli storici si è discusso le María Silva Cruz sia realmente stata una giovane libertaria di idee anarchiche e rivoluzionarie, passata poi nel mito, oppure se più semplicemente fosse una adolescente che si trovò coinvolta in una serie di tragici avvenimenti che le le assegnarono questo ruolo di rivoluzionaria[1].No obstante, no se puede negar como ya hemos mencionado que su figura sirvió como fuente de inspiración para los artistas y literatos. Por ejemplo,Federica Montseny escribió sobre ella:

«Tal como es, llena de poesía y tragedia, penetra en la inmortalidad. Es la encarnación y el símbolo del martirio de España. Mariana de Pineda representa un momento de la conciencia y de la vida española. María Silva es la voz, la carne sangrante de un pueblo crucificado».[15]

Otro ejemplo lo encontramos en Rosselló Serra, quien en su obra El nuevo Jesús nombra a uno de sus personajes femeninos como «Libertaria»[16],en honor a María Silva Cruz. Por otro lado, la poetisa Lucía Sánchez Saornil le dedicó todo un romance. Este sería un fragmento:

«Látigos hienden la noche.

-Corazón mío, es el viento…

Y María Silva canta:

«Duerme… nanita… arrapiezo.»

Puños de gigante baten

La puerta del aposento,

Y la noche entra de pronto,

Negra de horror y misterio.

-Ráfagas de fuego arrancan

Desgarrones de silencio-.

¡Ay, María Silva Cruz,

Carne dolida del pueblo!

Rugió brutal el destino.

¡Al fin, María Silva! ¡Fuego! … ¡Ay! María Silva Cruz

(«Libertaria», por tu abuelo)

¡Carne de tu misma carne,

Te vengará el pueblo íbero!»[1]

Aún en la actualidad sigue siendo una referente como defensora de la libertad y como víctima de la Guerra Civil. Se le sigue teniendo en mente, recibiendo numerosos homenajes por la herencia que ha dejado y dando nombre a plazas y calles[17]

  1. ^ a b c d e f g h i j (ES) Silva Cruz, María – “La libertaria”, su Memoria libertaria, 29 marzo 2014. URL consultato il 12 marzo 2022.
  2. ^ (ES) María Silva Cruz apodada María La Libertaria (Vida y obra), su Sobre la anarquía y otros temas, 2 giugno 2018. URL consultato il 20 aprile 2022.
  3. ^ (ES) Susanna Talavera, Federica Montseny Mañé, su Real Academia de la Historia. URL consultato il 13 marzo 2022.
  4. ^ (ES) María Silva Cruz "La Libertaria", su Turismomedinasidonia.es. URL consultato il 14 marzo 2022.
  5. ^ (ES) Carmen Lago, Las mujeres de mi pueblo (Asamblea Feminista Amor y Armonía Benalup Casas Viejas), su lalibertariainformacion.es, 26 de agosto de 2020. URL consultato il 21 marzo 2022.
  6. ^ (ES) Juan Miguel Baquero, Los sucesos de Casas Viejas: memoria de la represión al campo andaluz, su eldiario.es, 26 gennaio 2019. URL consultato il 1 aprile 2022.
  7. ^ (ES) Jose Luis Gutiérrez Molina, Catalina Silva Cruz, su Todos los nombres. URL consultato il 21 marzo 2022.
  8. ^ (ES) Salustiano Gutiérrez Baena, María La Libertaria y Pérez Cordón, según Pepe Pareja y Antonia Márquez, su El blog de Salus, 31 maggio 2015. URL consultato il 15 marzo 2022.
  9. ^ a b c María Silva Cruz «La Libertaria».26, su historiacasasviejas.es.
  10. ^ Un periodista llega a Casas Viejas, su elpais.com.
  11. ^ a b (ES) María Silva Cruz apodada María La Libertaria (Vida y obra), su Sobre la anarquía y otros temas, 2 giugno 2018. URL consultato il 23 marzo 2022.
  12. ^ (ES) Salustiano Gutiérrez Baena, El mitin de la Libertaria en Madrid, su historiacasasviejas.es, 26 novembre 2014. URL consultato il 20 marzo 2022.
  13. ^ Biografía en el Portal Libertario Oaca
  14. ^ Muere a los 76 años el hijo de 'La Libertaria' sin saber dónde fue enterrada su madre
  15. ^ Biografía en la Gran enciclopedia de Andalucía
  16. ^ (ES) El nuevo Jesús, de Rosselló Serra, su laalcarriaobrera.blogspot.com, 30 agosto 2012. URL consultato il 21 marzo 2022.
  17. ^ (ES) Mateo M. e Hidalgo J.A., ¿Quién es quién en cada cambio de calle en Cádiz?, su Diario de Cádiz, 21 novembre 2021. URL consultato il 30 marzo 2022.

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]