Tango della morte

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Articolo della Pravda sui risultati dell'inchiesta della Commissione straordinaria sovietica sui crimini nazisti nell'oblast' di Leopoli, 23 dicembre 1944

Secondo la tradizione memoriale del lager nazista di Janowska, il Tango della morte (in tedesco Todestango; in russo Танго смерти?, Tango smerti) fu uno specifico brano musicale che l'orchestra dei prigionieri intonava durante lo sterminio di altri internati. Commissionato dalle SS a un musicista ebreo detenuto nel lager, il tango sarebbe stato poi interpretato dai membri dell'orchestra per loro stessi, uccisi uno alla volta poco prima dello smantellamento del campo (1943).

La vicenda riflette una realtà storica, ma sembra essersi ricomposta in una trama leggendaria, suggestiva ed emblematica delle atrocità del nazismo. Le testimonianze dei sopravvissuti nell'immediato (1944) confermano che durante gli atti di sterminio suonava l'orchestra, ma non menzionano mai un tango. Le modalità drammatiche dell'uccisione degli orchestrali, a loro volta, sono attestate da poche testimonianze oculari, tardive o filtrate da resoconti di propaganda sovietici.

Di un brano intitolato Todestango non esistono partiture, ma solo rare reminiscenze, emerse a distanza di anni in tre diverse versioni. Una non è mai stata riconosciuta; le altre due sono state ricondotte ai tanghi Plegaria di Eduardo Bianco (1927) e To ostatnia niedziela di Jerzy Petersburski (1935).

Alcuni, con tutti i limiti imposti dall'assenza di prove documentali, sostengono che il brano fosse un arrangiamento di To ostatnia niedziela; secondo altri, esso invece non esisteva come melodia speciale, ma solo come concetto astratto in grado di riflettere la percezione, da parte degli internati, di qualunque brano eseguito durante impiccagioni e fucilazioni.

La narrazione tradizionale sul Tango della morte è tuttavia un'importante testimonianza sul vissuto dei prigionieri e sull'abuso nazista della musica, che nei campi di concentramento e sterminio non fu solo uno strumento di resistenza dei deportati, ma contribuì, in mano ai loro persecutori, anche ad annichilire l'umanità delle loro persone.

Orchestra dei prigionieri di Janowska

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Sebbene l'impiego della musica per vari fini sia documentato nella maggior parte dei campi di concentramento e in quasi tutti i campi di sterminio nazisti,[1][2] gli organici potevano variare di molto dall'uno all'altro lager: da un semplice trio a Treblinka a un'orchestra stabile di ottanta-centoventi elementi nel campo principale di Auschwitz,[2][3] passando per ensemble di medie dimensioni di archi e fiati, che rappresentavano la maggioranza dei casi.[1] Bełżec e Sobibór ebbero piccoli ensemble, simili a quello di Treblinka che crebbe fino a dieci componenti. È quasi indocumentata l'attività musicale di Chełmno e Majdanek.[2]

Il lager di Janowska a Leopoli è rimasto poco indagato fino agli anni Novanta: solo la perestrojka prima, e l'indipendenza dell'Ucraina poi, hanno reso disponibile un maggior numero di documenti storici sullo sterminio degli ebrei in Galizia.[4] Janowska fu un campo misto: creato nel 1941 come campo di lavoro,[5][6] divenne campo di transito verso Bełżec nel 1942,[7][8] e attuò omicidi di massa in modo continuo, in genere per fucilazione[6] e anche indipendentemente da deportazioni o da selezioni di inabili al lavoro.[9] Pur in assenza di camere a gas, il numero delle vittime fu molto alto (almeno 80000 in base alle stime più accurate).[6][9][10]

Secondo la narrazione tradizionale, fu per iniziativa del comandante del lager Gustav Willhaus[11] e del vicecomandante Richard Rokita[3][12] che Janowska dispose di un'orchestra di circa quaranta elementi, musicisti di Leopoli, in genere professionisti.[11] Si sono tramandati i nomi di: Jakub Mund, compositore e direttore d'orchestra del Teatro dell'Opera; Leonid Striks, violinista e docente del Conservatorio; Alfred Stadler, direttore d'orchestra; Marceli Horowitz, violinista; Leon Eber, violoncellista; Zygmunt Schatz (Szac), violinista folk. Józef Herman, Leon Zak; Vogel, oboista; Breier e Hildebrand.[3][12][13] Vari altri nomi appaiono saltuariamente nelle testimonianze, completi (Henryk Apter, Aron Dobszik, Józef Frenkel, Adolf Gimpel, Józef Hand, Willem Kristel, Maks Striks) o incompleti (Pollak, Priwes, Skolka). Alcuni nomi elencati da fonti primarie e secondarie vanno palesemente esclusi, e non è chiaro se i musicisti così individuati siano morti nel lager o nel ghetto di Leopoli.[14]

Nessun musicista internato a Janowska sopravvisse all'Olocausto. Tre persone, tra quelle indicate per nome e cognome, sono incluse nel database delle vittime della Shoah di Yad Vashem e risultano musicisti di professione: Leonid (Leon) Striks,[15], Marceli Horowitz[16] e Adolf Gimpel.[17] Ci sono poi uno Józef Frenkel che risulta contabile[18] e alcuni Jakub (Jakob, Yakiv, Yakub) Mund,[19] due dei quali risultano morti nel 1942, prima dello smantellamento del campo.

Funzione e repertorio

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Nei lager nazisti la musica accompagnava gli appelli e segnava i ritmi delle marce da e verso il lavoro forzato, ma era usata anche in altri frangenti, tra cui le esecuzioni dei prigionieri.[3][20][21][22] Questo sadico impiego, non avulso da feroci tratti disciplinari,[n 1][23] affiancava nei campi di concentramento e di sterminio numerosi altri scopi: d'ordine,[n 2] rappresentativo,[n 3] celebrativo,[n 4] d'inganno,[n 5] di puro diletto degli ufficiali.[20][21][24]

Le orchestre dei campi di sterminio erano a volte costrette a suonare anche durante l'arrivo dei prigionieri e le selezioni, al termine delle quali gli internati giudicati inabili al lavoro erano messi a morte,[21] e si sostiene che singoli orchestrali siano stati obbligati a suonare anche nei pressi dei forni crematori.[3] Sebbene queste pratiche fossero occasionali, esse lasciavano ai musicisti sopravvissuti depressione e senso di colpa per il resto della vita.[25]

A quanto si legge nelle testimonianze dei superstiti di Janowska, in questo campo la musica fu usata, come altrove, per accompagnare la marcia dei detenuti verso il lavoro forzato o di ritorno da esso, e durante la messa a morte dei prigionieri.[22] Si sa poi che Willhaus amava ascoltare l'orchestra e alcune testimonianze sostengono che si tenessero serate di musica classica nella sua villa adiacente al lager, con brani di Bach, Grieg e Wagner. Dell'impiego dell'ensemble durante la marcia dei prigionieri esiste testimonianza in uno schizzo del superstite Zeev Porath.[26]

Il tango, ballo popolarissimo nell'anteguerra,[27] fu spesso parte del repertorio vocale degli internati: molti tanghi cantati nei lager nazisti sono stati raccolti nelle collezioni Kaczerginski e Kulisiewicz custodite all'USHMM di Washington.[28] Gli ebrei avevano una particolare predilezione per il tango per via del carattere malinconico e nostalgico dei suoi testi e delle sue sonorità,[29] alla cui definizione peraltro contribuirono nell'ondata migratoria in Argentina (fine XIX secolo) sulla spinta dei pogrom russi.[30] Delle duecento partiture conservate al museo di Auschwitz-Birkenau, dodici sono tanghi.[29]

La musica strumentale dei lager includeva marce militari, canzoni popolari, inni, musica leggera e da ballo, melodie d'operetta, temi cinematografici, brani classici, arie d'opera.[20][31] In questo repertorio il tango doveva essere incluso, almeno stando alle testimonianze di alcuni sopravvissuti,[32] ma la sua importanza nell'insieme fu probabilmente minore.[33] La marcia, per sua natura, era invece di routine per accompagnare la dislocazione dei prigionieri.[34]

Origine del mito

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La vicenda del Tango della morte fu formalizzata in un'accusa mossa dal procuratore aggiunto sovietico Lev Smirnov al processo di Norimberga,[35] come risulta dai verbali del 14 febbraio 1946.[36]

(EN)

«The Germans executed their tortures, ill-treatments, and shooting to the accompaniment of music. For this purpose they created a special orchestra selected from among the prisoners. They forced Professor Stricks and the famous conductor Mund to conduct this orchestra. They requested the composers to write a special tune, to be called the 'Tango of Death.' Shortly before dissolving the camp the Germans shot every member of the orchestra.»

(IT)

«I tedeschi eseguivano torture, abusi e fucilazioni con l'accompagnamento della musica. A questo scopo crearono una speciale orchestra selezionata tra i prigionieri. Costrinsero il professor Striks e il noto direttore d'orchestra Mund a dirigere il complesso, e chiesero ai compositori di scrivere un'apposita melodia, da intitolare Tango della morte. Poco prima di smantellare il campo, i tedeschi spararono a tutti i membri dell'orchestra.»

Il procuratore precisò l'accusa[35] il 18 febbraio 1946.[37]

(EN)

«In Yanov Camp the executions are carried out to the strains of the "Death Tango" played by an orchestra conducted by Professor Striks, an internee in the camp, together with his bandmaster, Mundt.»

(IT)

«Nel lager di Janowska le esecuzioni erano attuate sulle note del Tango della morte suonato da un'orchestra diretta dal professor Striks, internato nel campo, insieme al suo capobanda Mund.»

Smirnov introdusse al processo molti dossier della Črezvyčajnaja Gosudarstvennaja Komissija (ČGK), la commissione straordinaria sovietica per le indagini sui crimini di guerra nazisti. Il rapporto sulla regione di Leopoli includeva una fotografia acquisita dall'Armata Rossa nel quartier generale della Gestapo e registrata come segue:[38]

(EN)

«A photograph of the orchestra of musicians from prisoners in the Janowska camp playing the Death Tango during the shooting of Soviet citizens.»

(IT)

«Immagine fotografica dell'orchestra dei prigionieri del lager di Janowska che suonano il Tango della morte durante l'esecuzione di cittadini sovietici.»

A sua volta, il dossier della ČGK trae origine dalle indagini di Sergej Kuz'min, che riferisce di aver appreso della vicenda nell'estate 1944, ma senza aver potuto ricostruire le note del tango: ciò a causa del dolore dei testimoni, ex prigionieri, incapaci di richiamare alla memoria un simile atroce ricordo.[c 1][39][40] Questa spiegazione sembra di comodo, o almeno in contrasto con i successi generalmente vantati da Kuz'min nella ricostruzione dei fatti dalla voce dei sopravvissuti.[41]

Le testimonianze rese nel settembre 1944 alla ČGK sull'orchestra di Janowska furono molto contraddittorie, ed ebbero un punto particolarmente critico: nessuna menzionava uno speciale brano destinato alle esecuzioni, né un tango,[22] che appare per la prima volta nel rapporto della Commissione (novembre 1944).[42]

La ČGK aveva riferito l'uccisione dei musicisti «uno alla volta sotto gli occhi degli altri»,[43] ma il 23 dicembre 1944 la Pravda uscì con un reportage sugli esiti dell'inchiesta, che in un'offensiva propagandistica esacerbava ferocemente i crimini tedeschi a Janowska, attenuando invece le vicende relative all'orchestra.[44] Fu questa versione che entrò nel processo di Norimberga, storicizzata da un formale atto d'accusa, senza dettagli sulla dinamica delle uccisioni.[45][46]

L'epilogo leggendario degli orchestrali uccisi uno per volta a colpi di pistola mentre eseguono il tango «nello spirito della mistica wagneriana e a imitazione della haydniana Sinfonia degli addii»[c 2][47][48] si basa sulla testimonianza della superstite Anna Korolëvna Pojcer,[49][50] che avrebbe assistito alla scena dalla finestra della cucina militare. Ne riferì in interrogatorio il 12 settembre 1944, e avrebbe poi ripetuto la deposizione davanti al tribunale militare di Krasnodar nel 1965.[c 3][39][51][52] Due report su questo processo furono pubblicati più tardi dal generalmaggiore Michail Tokarev (1979)[53] e dallo stesso Sergej Kuz'min (1985)[39] in uno stile inusuale, quasi letterario, come se gli autori fossero stati presenti ai fatti.[54]

Diffusione e sviluppo

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La denunzia di Smirnov non trovò eco nei quotidiani tedeschi.[55] Ne riferirono soltanto The Jewish Telegraph Agency[56] e il settimanale ebraico Aufbau, quest'ultimo in un trafiletto di 24 righe a pagina 7 dell'edizione del 22 febbraio 1946. Intitolato Der Todestango, l'articolo ricamava sul resoconto di Smirnov, evocando i «toni cupi [düstere Klänge][n 6] del Tango della morte» e collocando i fatti in due lager, Janowska e il campo di sterminio di Bełżec.[55][57] Secondo il giornalista Dirk E. Dietz questo trafiletto avrebbe offerto la base per lo sviluppo e la diffusione del mito da una vicenda che, mai più trattata a Norimberga, sarebbe stata altrimenti dimenticata.[55]

Alla diffusione contribuirono due organizzazioni nell'immediato dopoguerra: il Jewish Black Book Committee, attraverso la pubblicazione del Libro nero di Grossmann ed Ėrenburg (edizione newyorkese), e la Commissione storica centrale ebraica di Łódź, che diede alle stampe Die Todesbrigade di Leon Wells, Die Vernichtung der Lemberger Juden dello storico Philip Friedman e Die Universität der Mörder di Michał Borwicz. Wells e Borwicz erano reduci di Janowska.[58] Anche Wiesenthal contribuì a dare risonanza alla vicenda, descrivendone l'origine nell'autobiografia Gli assassini sono tra noi.[59]

Dietz ritiene che le tre pubblicazioni della Commissione si influenzarono: gli autori furono in contatto, poterono completarsi e correggersi a vicenda,[60] e la Commissione stessa incaricò Friedman di apportare le «necessarie correzioni redazionali» al testo di Wells,[61] mentre Borwicz sembra aver usato proprio il testo di Friedman per le memorie sul Tango della morte.[62] Lo studio di Friedman e le memorie di Wells presentano entrambe un'anomalia o un'autocontraddizione nell'indicazione del fondatore dell'orchestra.[n 7] Il Libro nero menziona la vicenda in una narrazione mutuata parola per parola dall'accusa di Smirnov.[63][64]

La storiografia ha consolidato la narrazione canonica sul Todestango. In controtendenza si sono posti, oltre a Dietz (2022), la studiosa di letteratura Ola Hnatiuk (2020), che ha rilevato puntuali incongruenze nei fatti narrati,[65][66] e il criminologo Willem de Haan (2021 e 2023), che ha sottoposto i fatti a critica e concluso per l'esistenza di una narrazione mitologica su una base di verità.[66][67] Tutti tranne de Haan sostengono che il Tango della morte non fosse una composizione specifica.[65][68][69]

Aspetti critici

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Documentazione fotografica

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L'immagine iconica del Tango della morte mostra forse l'orchestra del ghetto di Leopoli
Una diversa presunta immagine dell'orchestra del lager di Janowska

La documentazione fotografica sull'orchestra di Janowska è dubbia, ma ha avvalorato suggestivamente la narrazione sul Tango della morte. L'immagine più celebre e iconica[70][71] mostra un ensemble disposto in cerchio: i musicisti sono una trentina,[70] ma solo la metà inquadrati per intero;[72] la foto è incompleta e lascia presumere che manchi circa un quarto dell'orchestra.[70] Gli orchestrali sono in uniforme e non in abiti da campo; a destra in basso si scorgono un gruppo di militari e un bassotto.[73] La pavimentazione, ben visibile nelle copie a risoluzione migliore, non corrisponde alle descrizioni che di Janowska offrono il superstite rabbino David Kahane,[74] la ČGK e il Libro nero.[73]

Il colonnello Smirnov illustrò un'immagine ma, anche se non è dato sapere quale, non doveva trattarsi della celebre foto, poiché egli mancò di sottolinearne le caratteristiche più vistose, come la disposizione dell'orchestra, la posizione del direttore e l'abbigliamento dei musicisti. Identificò invece l'Obergruppenführer Fritz Gebauer in un uomo a destra in divisa chiara, e dietro di lui il suo cane Rex. L'animale – asserì – era addestrato per attaccare le persone e «farle a pezzi», il che è palesemente poco credibile se riferito a un bassotto.[75][76] Quest'ultimo sarebbe piuttosto il cane Fritz di Willhaus, che il proprietario chiamò così in spregio a Gebauer, con il quale non andava d'accordo.[75]

L'USHMM identifica l'uomo in uniforme chiara in Gebauer e l'uomo alto sulla destra nell'Obersturmführer Willhaus, confermando che il bassotto apparteneva a quest'ultimo.[77] Ciò sembra contraddire un'altra foto della stessa collezione,[78] che mostra Willhaus a cavallo accompagnato da un pastore tedesco.[76]

La più verosimile – anche se non del tutto incontroversa – immagine dell'orchestra di Janowska schierata in riga mostra diverse differenze nell'organico e fu prodotta al processo in un'altra versione che inquadra due ufficiali (Willhaus e Friedrich Warzok) con un pastore tedesco.[79] Nota de Haan che neanche questa può essere l'immagine mostrata da Smirnov, perché in ogni caso non raffigura Gebauer.[80]

L'orchestra disposta in cerchio della più celebre foto potrebbe essere in realtà l'orchestra del ghetto di Leopoli,[81] e la sua identificazione con l'orchestra del lager potrebbe derivare dalla ricezione acritica dell'interpretazione degli inquirenti.[n 8][81]

Identificazione del brano e dell'autore

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La narrazione sul Tango della morte non ha mai consentito la chiara identificazione di un brano. Alla versione tradizionale, in cui esso viene composto dagli stessi prigionieri per ordine delle SS,[3][13][c 4][82] si contrappongono due varianti nelle quali il tango è un pezzo già celebre riarrangiato. Tutte e tre le versioni fanno i conti con il mancato rinvenimento di qualsiasi spartito, tanto più sorprendente se si considera che non si sarebbe trattato semplicemente di comporre, bensì di un enorme lavoro di arrangiamento e trascrizione delle varie parti per tutti i gli strumenti del nutrito organico; ciò senza contare la possibilità che l'organico cambiasse nel tempo, come avveniva ad Auschwitz, con la morte di alcuni componenti e l'ingresso di altri che suonassero strumenti diversi.[83]

Sono state proposte tre ricostruzioni delle note del Tango della morte. La prima fu trasmessa dalla superstite Anna Muziczka (1964); la seconda pare essere stata reperita in archivio dal giornalista ucraino Igor Mališevskij (1982); la terza fu trascritta dal reduce del lager Bohdan Koch nel memoriale Sens žyttja (2003).[84] Quest'ultima, una cui incisione si conserva al museo memoriale Terytorija Teroru di Leopoli,[85] pur essendo stata eseguita da appassionati di tango al pianoforte e al bandoneon e processata dall'app Shazam, non è mai stata ricollegata ad alcun brano.[40] Le altre due sono state ricondotte ad altrettanti tanghi famosi, Plegaria e To ostatnia niedziela.

Le prime battute del brano trascritto da Bogdan Koch:


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Brano originale

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La versione che vuole il brano scritto appositamente non dà un'indicazione univoca dell'autore, identificato di volta in volta in Jacub Mund, Leonid Striks, Zygmunt Schatz,[86] Eduard Steinberger[c 5][87][88] o Zygmunt Schlechter. Quest'ultimo nome è riferito da Wiesenthal, che avrebbe appreso della vicenda proprio da Schlechter; non è però chiaro di chi si tratti.[86][89] Secondo Friedman il committente della composizione fu Richard Rokita.[90] Nel report di Tokarev è invece il comandante Willhaus a informare Striks di aver incaricato un altro docente, anche lui internato, della composizione del pezzo.[c 4][82] Tokarev non conferma la tesi sostenuta da Smirnov che il titolo Tango della morte fosse prestabilito, e sostiene invece che si trattò del soprannome attribuito al brano dai prigionieri.[c 6][82][88] Tra i circa cinquecento brani della raccolta di musica concentrazionaria curata da Francesco Lotoro in ventiquattro CD nel 2011, sei sono identificati dal titolo come tanghi, ma nessuno come Todestango.[33][91]

Aleksander Kulisiewicz, sopravvissuto a Sachsenhausen e curatore della collezione che porta il suo nome, raccolse la testimonianza resa nel 1964 dalla superstite Anna Muzyczka a Jan Tacina, che trascrisse il testo in tedesco di una canzone e i nomi tedeschi delle note cantate dalla donna.[92][93] Su questa base identificò il tango con Plegaria, del compositore argentino Eduardo Bianco.[93][94] Al testo dattiloscritto fu aggiunto a matita il titolo grammaticalmente errato Das Todestango.[95][96] Il brano fu incluso nell'album Songs from the Depths of Hell (1979) e cantato sulle note di Plegaria.[97][98][99]

Le note intonate da Anna Muzyczka:


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     \autoBeamOff g8 fis e dis e fis g e g fis e dis fis e dis e b c b a b c d e c e g b g g fis a
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L'incipit del canto di Plegaria:


  \new Staff \with { midiInstrument = "violin" \magnifyStaff #5/7 }
  \relative c'' { 
    \set Score.tempoHideNote = ##t
    \key c \minor
    \time 2/4
    \tempo 8 = 108
     \autoBeamOff \partial 16 c16 es8. d16 c b8 c32 d \autoBeamOn es16 (\autoBeamOff c) es8 ~ es r16 b d8. c16 b d c b c8 g r g as8. g16 f g as b c g c8 r16 es8 g32 es es16 d f8 ~ f16
  }
  \layout {
    \context {
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      \override SpacingSpanner.base-shortest-duration = #(ly:make-moment 1/32)
    }
  }

Il testo fu annotato in originale tedesco e traduzione polacca. In tedesco recita:[100]

«Hoerst du, wie die Geige schluchzend spielt?
Blutig klingen ihre Toene
Hoerst du, wie dein Herz sein Ende fuehlt?
Das Todestango spielt
Hab' kein' Angst, mein Lieb'
Sand wird deine Leiche decken
Sternenkerzen dient als Brennen
Und als Polster dient dir nur ein Stein.
Doch gluecklich wirst du sein so ganz allein
Schuesse fallen, Kugeln knallen,
Segregieren! Gift! Nur spielen
Und der Tod packt dich in die Hand
D'rum sei fertig und bereit.»

Questo testo è rimasto anonimo. Willem de Haan lo attribuisce a quello Schlechter menzionato da Wiesenthal come compositore del Tango della morte: si tratterebbe in realtà del paroliere Emanuel Szlechter, il cui vero nome era Edmund (non Zygmunt) e che nel periodo interbellico fu sceneggiatore cinematografico e scrisse il testo di molti brani di successo, tra i quali almeno venti tanghi.[86]

La ricostruzione di Tacina e Kulisiewicz presenta diversi punti deboli. Anna Muzyczka era polacca di Leopoli, eppure avrebbe conservato in memoria per più di vent'anni, oltre a una melodia non orecchiabilissima, un testo in tedesco udito un'unica volta al momento della liquidazione del campo.[101] Il testo in polacco, che parla solo di un «tango» imprecisato e non del Tango della morte, è poi redatto in distici di ottonari metricamente esatti e in rima baciata, mentre quello tedesco presenta una maggior libertà di metro e di rima, come se fosse la traduzione e non l'originale.[102] Il tedesco era quasi certamente incomprensibile ai tre quarti dei prigionieri ebrei di Janowska.[103]

Le conoscenze di Kulisiewicz sul lager di Leopoli sembrano derivare da Borwicz.[104] La sua incisione del Todestango funse però da ulteriore suggestione in grado di avvalorare la vicenda, al punto di indurre John Felstiner a non escludere la possibilità che Paul Celan si sia ispirato a Plegaria nel comporre la sua Todesfuge, intitolata inizialmente Todestango, per avere udito il brano forse da Bianco a Parigi[105] o forse in campo di concentramento, magari proprio a Janowska dove potrebbe essere stato di passaggio.[106] Julio Nudler si spinge ad attribuire proprio a Celan la coniazione del nomignolo Todestango per Plegaria.[107][108] Si tratta in entrambi i casi di pure speculazioni.[105] Nudler, in contrasto con Felstiner, nega che il titolo originale fosse Todestango e lo attribuisce al traduttore romeno (Tangoul morții).[109] Sembra probabile, come nota lo stesso Felstiner, che Celan si sia imbattuto nel resoconto del giornalista russo Konstantin Simonov, che riferiva dell'uso del tango e del foxtrot negli altoparlanti di Majdanek durante una marcia degli ebrei verso il forno crematorio, e che abbia letto gli articoli dell'Izvestija sulle indagini della ČGK.[110]

Eduardo Bianco è stato lungamente tacciato di filonazismo, ma la tesi delle sue simpatie per il regime sembra provenire dallo scrittore e paroliere Enrique Cadícamo, che parla di lui per sentito dire[111] e indica l'anno – ma non la data esatta – del suo debutto alla Scala di Berlino: il compositore argentino avrebbe suonato qui, davanti a Hitler e Goebbels, nel 1939.[112] Si ha notizia certa di tre apparizioni della sua orchestra di tango alla Scala: nel marzo 1939 (quando in effetti eseguì Plegaria), nell'ottobre-novembre 1940 e nel marzo 1942. Dai diari di Goebbels per il primo evento e dalle foto scattate da Josef Donderer per gli altri due appare chiaro che né Hitler né Goebbels furono mai presenti.[113] È possibile che il compositore, come del resto molti suoi colleghi, fosse solo compiacente e non critico verso il regime nazista per opportunità di carriera, tanto più che l'Argentina fu paese amico della Germania nazista.[114]

La tesi che identifica nel brano di Bianco il Tango della morte sostiene che esso sia stato riarrangiato da Jakub Mund.[77][115] o da Zygmunt Schatz.[99][116] Storici argentini del tango come Nudler e José Judkovski sono persuasi dall'ipotesi di Plegaria. Judkovski, tanto nel saggio El tango, una historia con judíos (1998) quanto nel documentario omonimo girato con Gabriel Pomieranec, si spinge ad accogliere una versione estrema della narrazione: Plegaria sarebbe stato eseguito nell'accompagnare gli ebrei alle camere a gas dei campi di sterminio.[35][108][117] L'autore contamina in tal modo la leggenda del Todestango con un'altra nota leggenda, che vede gli ebrei condotti a morte sulle note di Wagner.[118]

Attesta Dietz che ancora nel 2022 Plegaria era tabù nei circoli del tango, per effetto della nomea che lo identifica con il Tango della morte.[119]

To ostatnia niedziela

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Jerzy Petersburski

Altra versione, sorta dalla sceneggiatura di Mališevskij per il documentario Vosem' taktov zabytoj muzyki di Arnaldo Fernández (1982), sostiene invece che il brano era il malinconico tango To ostatnia niedziela dell'ebreo polacco Jerzy Petersburski. Il superstite Zygmund Leiner fu l'unico tra i musicisti intervistati a ricordarsi di un tango udito nel lager di Janowska, e l'identificazione avvenne mostrando un frammento di otto battute al docente Stepan Charina.[120][121][122]

La tesi è avallata dal documentario The Last Klezmer: Leopold Kozlowski, His Life and Music di Yale Strom (1994). Il protagonista, musicista sopravvissuto all'Olocausto, a sua volta identifica in To ostatnia niedziela il brano che i nazisti lo obbligavano a suonare nei campi di Kurowice e Jaktorów, satelliti del lager di Janowska, durante le esecuzioni.[123] Anche in tal caso il tango sarebbe stato riarrangiato, dallo stesso Kozlowski.[121]

Mališevskij sostiene di aver reperito il frammento musicale all'archivio di Stato dell'oblast' di Leopoli, tra i documenti della ČGK. Sorprende però che Sergej Kuz'min, il quale ebbe uno speciale interesse per il Tango della morte e si affannò alla ricerca della sua melodia, non ne abbia mai fatto menzione. Un sostenitore della tesi di To ostatnia niedziela è il superstite dell'Olocausto Moshe Hoch, musicista e storico, che tuttavia non fu internato a Janowska ma riuscì a nascondersi durante l'occupazione nazista.[123]

Identificazione del direttore

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Nella sua accusa, il colonnello Smirnov sostiene che il ruolo di direttore d'orchestra fu ricoperto dagli eminenti Mund e Striks, lasciando il dubbio su quale dei due sia identificabile nella fotografia allegata agli atti,[124] che peraltro potrebbe non ritrarre neppure l'orchestra di Janowska. Le varie fonti si alternano nel ritenere l'orchestra diretta dall'uno o dall'altro, o da entrambi.[13][124][125]

Non è escluso che l'orchestra fosse diretta da un uomo delle SS, come riportato nella didascalia di un disegno tracciato da un sopravvissuto di Janowska. In tal caso, potrebbe trattarsi del sottotenente Rokita, che sarebbe stato un musicista – si parla alternativamente di un violinista[2][126] o di un direttore d'orchestra jazz[2][12] – e che secondo Wiesenthal era solito dirigere concerti classici per le SS.[75][127]

Rokita fu in effetti un musicista, ruolo che rivestì anche nell'esercito durante la prima guerra mondiale e in seguito nelle SS, ma non è noto quale strumento suonasse. Gli indizi che emergono dalla sua biografia non depongono per il violino.[128] Nessuna delle testimonianze raccolte nel 1944, d'altronde, riferisce di averlo mai sentito suonare, né di aver appreso da altri che fosse violinista, mentre un solo superstite lo associa alla tromba.[22] Fu arrestato il 21 settembre 1960[129] e in interrogatorio confermò di aver fondato l'orchestra dei prigionieri, sebbene sia impossibile stabilire se ciò rispondesse al vero o fosse solo una tattica per ingentilire la propria immagine.[130]

Morte degli orchestrali

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Il resoconto dell'interrogatorio di Anna Pojcer sulla fine degli orchestrali era piuttosto scarno,[131] ma nel report di Tokarev sul processo di Krasnodar esso si arricchisce di dettagli sul contegno dei musicisti: questi, spogliati uno alla volta e colpiti a morte dalle SS, non mostravano timore e, allo spegnersi graduale della musica, tentavano di suonare più forte. La vicenda giunge al culmine nel gesto eroico del direttore (Striks) il quale, ultimo a cadere, sollevando l'arco del violino davanti ai carnefici, avrebbe intonato una canzone come atto estremo di resistenza.[c 7][132][133] Un resoconto simile è riportato da Kuz'min, ma con differenze anche vistose – la musica si spegne gradualmente[54] – e aggiunta di dettagli sull'atteggiamento sardonico delle SS.[c 8][39][134]

Nel 1944 Anna Pojcer fu ascoltata meno che ventenne[49] in un interrogatorio che avrebbe potuto intimidirla, davanti ad autorità che sospettavano gli stessi testimoni di collaborazionismo; potrebbe perciò aver adattato inconsciamente il proprio racconto alle aspettative degli inquirenti.[135] Nell'occasione non nominò un tango e non indicò neppure il direttore come l'ultimo musicista a cadere.[56][131]

Una nuova testimonianza sui fatti emerse solo il 30 gennaio 1960, quando il reduce del lager Ignacy Misiewicz sostenne di aver assistito anche lui alla scena dalla cucina del campo. Nel resoconto di Misiewicz, Striks viene ucciso da Richard Rokita, che poi fredda alla pistola altri cinque musicisti per sterminare infine tutti gli altri a colpi di mitragliatrice.[136] Misiewicz ricorda male la data dell'evento, collocandola nel 1942: ciò è coerente con il fatto che a Janowska le esecuzioni all'interno del campo avvennero solo fino al 1º luglio 1943, quando Warzok subentrò a Willhaus come comandante,[56][137] ma non con la coincidenza tra la morte dei musicisti e lo smantellamento del campo, che fu ovviamente attuato dopo quella data.[138]

Vi sono ragioni per dubitare, anche se non si può escludere, che la deposizione di Anna Pojcer sia realmente avvenuta al processo, nella cui documentazione non figura. Qualora sia avvenuta, la lunga distanza temporale tra le due testimonianze rende probabile che il ricordo della superstite si sia arricchito di nuovi dettagli, sia genuinamente ricordati sia frutto di falsa memoria.[139]

Resta poi il sospetto che la testimonianza sia stata inquinata da un intento propagandistico e alterata dagli autori dei due report. Essi d'altronde non avevano assistito al processo, e riferivano solo sulla base delle risultanze dell'interrogatorio e di quelle processuali, assemblate tra loro dal KGB.[140] A sua volta, il processo di Krasnodar fu un processo esemplare, e i resoconti di Tokarev e Kuz'min appartengono a due pubblicazioni intese a dimostrare il diverso approccio ai crimini di guerra da parte dell'Unione sovietica e del mondo capitalista.[141][142] Ne risulterebbe perciò una storia che enfatizza mitologicamente la brutalità «tedesca» e l'eroismo «russo».[141]

Con ogni probabilità gli orchestrali furono uccisi in un ampio fossato esterno al lager.[56]

Fondamento storico

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Il fatto che a Janowska sia esistito un ensemble strumentale è sufficientemente provato, ma non si è conservata alcuna documentazione del suo repertorio,[143] e in particolare non esistono spartiti di un Todestango.[83] Ciò è in linea con la generale mancanza di documentazione originale sul lager.[10][144] Non v'è prova che una composizione sia stata commissionata ai musicisti, né che un brano già noto abbia incarnato il ruolo del Tango della morte. Alcuni sostengono che il nomignolo investisse una o più composizioni, se non proprio qualunque musica eseguita durante le esecuzioni, come si è detto accadesse ad Auschwitz.[67][145]

Nel 2023 de Haan accetta l'ipotesi che l'orchestra di Janowska suonasse un tango durante la messa a morte dei prigionieri: ciò sulla base delle memorie di Zygmunt Leiner, che a distanza di molti anni (1990) lo ricordava eseguito per accompagnare le impiccagioni, mentre nelle fucilazioni si sarebbero usati i valzer di Strauß e nelle torture il foxtrot.[c 9][47][88] L'autore ritiene improbabile che il tango fosse stato appositamente composto e altrettanto improbabile che si trattasse di Plegaria, mentre – pur riconoscendo che si tratta comunque di una speculazione[146] – considera più verosimile l'ipotesi di To ostatnia niedziela,[69] anche per la maggior popolarità di questo tango in Polonia.[146] Scarta invece Plegaria supponendo che il testo cantato sulla sua musica parli del Tango della morte e non sia quindi il testo del tango stesso. Ciò sarebbe deducibile dal verso «Das Todestango spielt» («suona il Tango della morte»).[147]

Dietz suppone invece che anche la memoria di Leiner sia viziata dalla leggenda, che il testimone aveva udito nel frattempo,[148] e privilegia l'ipotesi che l'orchestra – o forse una semplice banda – eseguisse in realtà una o più marce. Illuminanti sarebbero in questo senso le memorie del giovane Stefan Schoenfeld e del rabbino Kahane. Sfuggito al lager, Stefan si arruolò nell'Armata Rossa e cadde in battaglia contro i tedeschi. La sua testimonianza diretta su Janowska, da lui stilata nell'autunno 1943, è riportata nell'Unknown Black Book curato nel 2008 da Al'tman e Rubenstein. Il giovane parla di una «banda di ottoni» che suona sempre la «stessa marcia».[149][150] Tuttavia suo padre Joachim, a sua volta internato a Janowska, pubblicò della memoria una diversa versione, in cui «un'orchestra suonava più e più volte la stessa marcia, il Tango della morte».[151] Kahane riferì invece che nel campo risuonava «brutale e cinica» la melodia della Marcia Radetzky.[152] Nel controsenso di chiamare «tango» una marcia e nel rinunciare ad affidarsi alla propria memoria, Joachim Schoenfeld avrebbe inteso da un lato rendere omaggio al figlio caduto, dall'altro contribuire a tramandare una memoria collettiva il più possibile completa, adeguando il racconto di Stefan alla narrazione comune.[150]

È un fatto che il Todestango non sia mai menzionato nelle testimonianze rese dai reduci di Janowska nel 1944.[22] La stessa Anna Pojcer, in interrogatorio, non parlò di un tango.[56] Nessuno poi ha mai saputo descrivere a parole il carattere del Tango della morte, com'era possibile e com'è infatti avvenuto per altre melodie,[153] né alcun testimone ha mai collocato l'esecuzione del brano in una situazione concreta, in un certo spazio, in un dato momento.[154] Questa sostanziale «incorporeità» della composizione parrebbe trapelare anche dalle memorie di Wells[155] – che ricorda il Todestango suonare «per molti [...], se non tutti», e che il brano era chiamato così «in quelle occasioni»[c 10][156] – così come dalle memorie di Borwicz, che sembrano ripetere un topos.[157] Si tratterebbe quindi di un concetto astratto, equivalente a quello espresso da Seweryna Szmaglewska, reduce di Auschwitz, che parlò di marce tedesche rimaste impresse nella memoria dei prigionieri come una Todesmarsch (marcia della morte).[n 9][158]

Dietz conclude che nessuna composizione specifica assunse mai il ruolo del Tango della morte,[154] e che il nucleo di verità della leggenda sta nel modo in cui i prigionieri percepivano la musica, come parte del regime di terrore del lager. Si sarebbe trattato semplicemente di marce suonate sull'ingresso del campo, com'è attestato in quasi tutti i lager nazisti,[159][160] tenuto conto anche del fatto che proprio alla «porta della morte» (Todestor) di Janowska le SS, durante gli appelli mattutini e serali, separavano i prigionieri ancora abili al lavoro dagli esausti pronti per l'eliminazione.[161]

Valore del mito

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La ricostruzione tradizionale della vicenda del Tango della morte è stata interpretata come frutto di falsa memoria, anche se si innesta su fatti reali,[162] che furono forse mitizzati in parte dalla propaganda sovietica[n 10] e in parte da una spontanea tensione a rendere gli eventi testimoniati emblematici, densi di significato.[163]

I ricordi dei sopravvissuti all'Olocausto tendono a essere lacunosi e frammentari – com'è in realtà nella natura di qualsiasi testimonianza, su eventi traumatici o no[164] – e non rappresentano una buona fonte di conoscenza dei fatti storici.[165][n 11][166] La psicologia cognitiva spiega l'inaffidabilità delle testimonianze sulla Shoah in termini di memoria fittizia.[164][165] Ciò tuttavia, secondo gli studiosi moderni, non autorizza a bollare frettolosamente i ricordi dei reduci come falsi. Sulla scia di Young,[167] Dietz adotta la prospettiva di considerarli non «deviazioni dalla realtà», ma «ingredienti» di essa:[168] ogni racconto sarebbe una traccia che, in riferimento ad altre tracce e in collegamento con l'insieme delle fonti, concorrerebbe a far luce sui fatti storici.[169]

A sua volta de Haan, citando Friedländer[170] e Lorenz,[171] ricorda come i resoconti storici più moderni non si fondino semplicemente sui fatti, ma anche sulla loro interpretazione e rappresentazione, ponendo così l'accento sul contributo dato alla memoria collettiva dalla fabbricazione di racconti «significativi», senza più tracciare una linea di demarcazione netta tra storia e mito.[165] Una visione più equilibrata della storia coniuga dunque lo spirito critico con l'empatia, senza che il doveroso tributo alle vittime prevalga sul riesame dei fatti.[172]

In questo senso il mito del Tango della morte, al pari di ogni leggenda e in particolare delle molte esistenti sull'Olocausto, non è una falsificazione della realtà, bensì una narrazione plausibile costruita intorno a una storia autentica. Il fiorirsi di particolari ha rafforzato la plausibilità del mito: il suo valore sta proprio in questa plausibilità,[173] che consente a chi ha vissuto un trauma di condividerlo, e a tutti gli altri di meglio comprendere il passato tramite il significato che i fatti assumono per il narrante e l'empatia che genera la narrazione.[174]

Più in dettaglio, la vicenda del Tango della morte pone meglio in luce il ruolo della musica nei campi di concentramento e sterminio. Se, nell'ambito di quella che è stata chiamata «americanizzazione delle narrazioni musicali dell'Olocausto»,[175] la musica dei lager è stata vista solo come sostegno emotivo per i deportati, fonte di speranza e sprone a resistere,[176] in grado di rafforzare autostima e istinto di sopravvivenza,[177] la narrazione tradizionale dei fatti di Janowska smonta questa comune opinione, mostrando la musica nella sua dimensione di tortura e terrore,[176] che – insieme ad altre forme di abuso[178] – contribuì a distruggere l'umanità dei prigionieri,[179][180] esacerbandone la disperazione[177][n 12][181] e annullandone la percezione di sé nel mentre rafforzava quella delle SS.[182][183]

Per altro verso il mito eroico, se visto solo nella sua dimensione morale e di speranza, rischia invece di offuscare lo sguardo sul vissuto dei musicisti nei campi di concentramento, costretti a fare musica come «ingranaggio della più grande ruota della macchina della morte»[184] del lager e ad accompagnare umiliazioni, torture, inganni, assassinii, per ricavare poi da tutto ciò – a patto di sopravvivere – depressione e senso di colpa per il resto dei propri giorni.[180]

Fonte di ispirazione

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Tango smerti di Pokrass

Dirk E. Dietz ha tentato di rintracciare la suggestione da cui potrebbe aver avuto origine la leggenda del Tango della morte. Gli inquirenti sovietici potrebbero aver modellato i fatti su ispirazione di un ben noto slogan: l'espressione Tango smerti era già stata usata dai bolscevichi in funzione di propaganda, come testimonia la prima pagina della Pravda del 15 febbraio 1922. L'articolo di spalla, a firma di Nikolaj Meščerjakov, si intitolava proprio Tango smerti e attaccava i rifugiati bianchi, ricchi e nobili, che nell'esilio mantenevano il loro alto tenore di vita mentre il popolo e i soldati dell'Armata Rossa morivano di stenti. Il Tango della morte alluderebbe quindi alla metafora di una «festa in tempo di pestilenza» tenuta dagli emigrati.[185]

Dietz suggerisce ancora che il titolo Tango smerti potrebbe a sua volta ispirarsi a una vera composizione musicale con questo titolo, scritta da Samuel Pokrass lo stesso anno. Il Tango della morte di Pokrass fu pubblicato in Polonia presso Idzikowski, con testo bilingue russo e polacco. Fu seguito nel 1923 da una Čardaš smerti (Csárdás della morte) e dovette in effetti godere di una certa popolarità proprio tra gli emigranti, se è vero che la loro gazzetta, la Novoe russkoe slovo di New York, lo pubblicizzò almeno otto volte tra il 1929 e il 1935.[186]

  1. ^ Narra il musicista Herman Sachnowitz che ad Auschwitz la tentata evasione di un prigioniero finì in impiccagione, con la vittima fatta marciare tra le file dei compagni e costretta a suonare un tamburo cantando «Hurra, hurra, ich bin wieder da!» («Urrà, urrà, sono tornato!»). Durante la messa a morte l'orchestra suonava musica da parata (Gilbert, p. 176).
  2. ^ Ad esempio per annunciare un'ispezione.
  3. ^ Ad esempio in occasione di visite importanti.
  4. ^ Ad esempio nei compleanni di Hitler.
  5. ^ Inganno verso i prigionieri, con la musica in funzione rassicurante, o verso gli abitanti dei dintorni, per offuscare l'attività criminale in atto nel lager.
  6. ^ Al dativo nel testo.
  7. ^ Friedman lo indica in Rokita, ma se ne ricorda solo nell'edizione del 1956 (Dietz, p. 83). Wells a sua volta identifica Rokita, smentendo però così il proprio interrogatorio del 21 settembre 1944, nel quale aveva invece indicato Warzok (Dietz, p. 91).
  8. ^ È notevole in proposito anche la confusione che emerge dal racconto di due superstiti, Joseph Mendel Gerner e Michael Joseph Wind. I due testimoni fecero menzione di un'orchestra indicandone quattro identici componenti; ma il primo la indicò come l'orchestra di Janowska e il secondo, anche se in contrasto con il racconto di tutti gli altri sopravvissuti, come l'orchestra del ghetto (Dietz, pp. 50-51).
  9. ^ L'espressione Todesmarsch avrebbe poi assunto un preciso significato storico, quello dei trasferimenti forzati di prigionieri dai lager orientali verso altri lager sotto la spinta dell'Armata Rossa (marce della morte). In molte lingue il termine marcia (Marsch) designa tanto la dislocazione militare quanto la composizione musicale destinata ad accompagnarla.
  10. ^ Nella ČGK, del resto, «aggiustare» gli esiti delle inchieste delle commissioni locali alle esigenze di propaganda era prassi comune (Dietz, p. 63).
  11. ^ Scrive in proposito Primo Levi: «La memoria umana è uno strumento meraviglioso ma fallace» (Levi, p. 13).
  12. ^ Dai racconti di molti reduci dei lager emerge più spesso di quanto si pensi l'insofferenza alla musica, l'impossibilità di sfuggirle, di resistere al ritmo, di tapparsi le orecchie.

Citazioni testuali

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  1. ^ (RU) «[К]огда мы попросили бывших узников воспроизвести, пусть даже приблизительно, тему траурного сочинения, у них не хватило душевных сил заставить себя предаться страшным воспоминаниям».
  2. ^ (RU) «[В]се оркестранты [...] были расстреляны в духе вагнеровских мистерий и в подражание "Прощальной симфонии" Гайдна».
  3. ^ (RU) «Свидетельница Анна Пойцер, работавшая судомойкой в солдатской кухне лагерной охраны, рассказала о последних минутах жизни музыкантов-смертников».
  4. ^ a b (RU) «"Что касается музыки, [...] то я заказал ее другому профессору, композитору, который тоже содержится здесь, в лагере"».
  5. ^ (RU) «[П]о одним данным, непосредственным автором этой мелодии был скрипач Зигмунд Шац, по другим - пианист Штайнбергер, еще по другим - музыкант Шлехтером».
  6. ^ (RU) «"Танго смерти" назвали ее узники».
  7. ^ (RU) «Оркестранты подняли инструменты, и "танго смерти" разнеслось над бараками. [... Н]а середину круга по одному выходили музыканты, раздевались, и эсэсовцы их расстреливали. [...] По мере того как под пулями фашистов падало все больше и больше музыкантов, мелодия затихала, глохла, но оставшиеся в живых старались играть громче [...]. Когда подошел его черед, профессор выпрямился [...] , поднял над головой смычок и на немецком языке запел польскую песню [...]».
  8. ^ (RU) «Эсэсовцы весело смеялись, видя, как таяло живое кольцо музыкантов вокруг профессора, и еще громче гоготали, когда он остался один [...]. – Господин профессор, ваша очередь, – ухмыляясь, произнес комендант. – Командование благодарит вас за музицирование, оно доставило нам истинное удовольствие».
    (IT) «Le SS ridevano divertite vedendo il cerchio umano dei musicisti rompersi intorno al professore, e sghignazzarono più forte quando rimase solo [...]. – Signor professore, tocca a lei, – disse sorridendo il comandante. – Il comando la ringrazia per la sonata, è stata una vera delizia».
  9. ^ (RU) «Начальник [...] любил слушать оркестр во время расстрелов. Вальс Штрауса [...]. Для повешенных — танго. Ну а во время истязаний что-то энергичное, например, фокстрот».
  10. ^ (EN) «We know that for many, if not all, of us the music will someday play the "Death Tango", as we call it on such occasions».
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  • Filmato audio (RU) Arnaldo Fernández, Восемь тактов забытой музыки, 1982.
  • Filmato audio (ES) José Judkovski e Gabriel Pomeraniec, Tango, una historia con judíos, 25P films, 1998.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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