Utente:Claudio Gioseffi/Sandbox 26

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Voce principale: Centro storico di Vicenza.
Borgo Porta Nova
StatoItalia (bandiera) Italia
Regione  Veneto
Provincia  Vicenza
CittàFile:Vicenza-Stemma.png Vicenza
Circoscrizione1 Centro
Codice postale36100

Borgo Porta Nova (chiamato nella sua parte originaria Borgo Santa Croce) è il quartiere del centro storico di Vicenza sviluppatosi in piccola parte durante il Medioevo ma soprattutto in età moderna nell'area a ovest del Bacchiglione compresa tra il fiume e la cinta fortificata scaligera costruita nel XIV secolo.

Origine dei nomi

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  • Borgo indica l'espansione della città al di fuori della cerchia delle mura[1]; questo significato è stato appropriato per Porta Nova e Santa Croce fino al 1370, quando fu costruita dagli Scaligeri la terza cerchia di mura per rinchiudere e proteggere la parte a nord ovest della città; al di là della cinta muraria rimase il Borgo di San Felice .
  • Porta Nova.
  • Santa Croce.

Intorno al IX-X secolo fu costruita intorno alla ristretta area urbana la cinta di mura altomedievali, con la porta di San Pietro[2] che consentiva il transito alle parti della città al di là del fiume e che dava loro il nome di Porsampiero, secondo la vecchia dizione e le descrizioni del Castellini[3]; in quel periodo è certa la formazione del borgo articolato in contrade, che vengono citate nel Decreto edilizio vicentino del 1208[4].

Il borghetto di Santa Croce

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La cinta muraria scaligera

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Mura scaligere occidentali in viale Mazzini
Porta Santa Croce
La Torre di Porta Santa Croce

Dagli Statuti comunali del 1264 si ricava che a quell'epoca, a protezione dell'abitato che si stava sviluppando fuori della cinta altomedievale verso nord e verso ovest, era stata scavata una fossa, che dal Bacchiglione portava l'acqua fin nei pressi di Porta Feliciana. Lo sviluppo urbano riguardava i due borghi di Porta Nova - che da detta porta andava fino all'ospitale e alla chiesa di Santa Croce - e di San Felice - che andava da Porta Feliciana all'abbazia e dove già esistevano alcuni ospitali con relative chiese[5].

Un secolo più tardi gli Scaligeri, nell'estremo tentativo di consolidare il territorio rimasto ancora sotto il proprio dominio, maturarono l'idea di fortificare la zona di nuova espansione ma, data l'estensione complessiva della zona e la necessità di restringere l'area da difendere, decisero l'abbandono di borgo San Felice che, a parte le chiese e gli ospitali, fu raso al suolo[6].

Non è chiaro quando iniziarono i lavori di costruzione del fortilizio della Rocchetta, che precedettero quelli di edificazione di Porta Santa Croce - il cui nome fu mutuato dalla vicina chiesa dei Crociferi - e del nuovo tratto di mura che raccordava le due rocche, che molto probabilmente fu costruito lungo la fossa già esistente. Per racchiudere il nuovo borgo, infine, furono costruiti gli ultimi due tratti che raccordavano la nuova cortina alla cinta medioevale. A nord le mura da Porta Santa Croce seguivano per un tratto la riva destra del Bacchiglione (fino al punto in cui in seguito fu costruito il Ponte Novo) per proseguire quindi lungo l'attuale contrà Mure Carmini e agganciarsi alle mura altomedievali presso la primitiva Porta Nova. A sud, dalla Rocchetta le mura puntavano verso il Castello e si collegavano a quelle più antiche, più o meno dove oggi si trova la salita di contrà Ponte dele Bele.

La lunghezza complessiva della nuova cinta era di 1680 m.

Il nuovo tratto racchiudeva così un'area non ancora abitata che, per volontà di Antonio della Scala, fu dotata di un tracciato viario ad assi ortogonali, con isolati regolari di notevoli dimensioni, che lasciava ampie fasce inedificate a protezione del perimetro difensivo. Nel tempo, dentro al recinto si sviluppò un'edilizia privata non molto intensiva, allineata lungo le strade e che lasciava larghi vuoti interni di orti e giardini, in una dignitosa uniformità piuttosto aliena da esiti monumentali e intervallata da frequenti e imponenti complessi di Ordini religiosi[7].

La costruzione delle mura comportò alcune modifiche al percorso del Bacchiglione e della roggia Seriola - che divennero i fossati di completamento - e rispettò l'integrità della vecchia cinta. Questo fatto mantenne l'identità del nucleo storico cittadino, al punto che le nuove inclusioni furono ancora chiamate, dagli storici locali come nel linguaggio corrente, i borghi della città.

La Porta Nova

La nuova cinta del borgo, però, rendeva difficile l'ingresso e l'uscita dalla città, dato che aveva solo due porte: Santa Croce e Porta Castello. Intorno al 1392, accogliendo una supplica dei vicentini, Gian Galeazzo Visconti concesse loro di aprire una terza porta vicino alla Rocchetta, chiamata anch'essa Porta Nova come la prima - vicina alla chiesa di San Lorenzo, porta dalla quale aveva ricevuto questo nome il borgo - e che in seguito venne chiamata il portone di Porta Nova[8].

Dalla relazione che, agli inizi del Novecento quando ormai si parlava di demolirla, ne fece l'ingegnere Vittorio Saccardo, appare che: la sua struttura murale era veramente ammirabile, tanto per la qualità e la lavorazione dei materiali, quanto per l'accuratissima esecuzione. Era anche fortissima. L'alta mole merlata era protetta, all'esterno, dalla fossa larga e profonda, nella quale si immetteva l'acqua della Seriola; ponti levatoi e solide imposte di quercia erano all'entrata principale esterna e alla postierla; imposte di quercia e saracinesca, con sovrastanti piombatoi, proteggevano l'entrata interna; infine, a completare la difesa, ergevasi, di fianco alla porta, un'altra, formidabile torre[9]

Percorso (con riferimento alla toponomastica attuale)

Questa parte della cinta rappresenta ancora, nonostante le passate manomissioni, il più consistente e integro resto delle fortificazioni cittadine e, a buona ragione, viene valorizzata nel tratto esterno di viale Mazzini, dove il marciapiedi ricopre la fossa della Seriola ormai colmata e delimita il largo prato che costituiva in antico la Piarda delle Rason Vecchie[10]. Caratteristica è la struttura del muro di pietre listato con mattoni - tipica tradizione scaligera -ogni 75–80 cm.: in questa cortina fu introdotta l'innovazione della torre pentagonale a puntone - frutto dell'architettura militare trecentesca nel Veneto - che offriva una miglior difesa contro il fuoco della nascente artiglieria.

La Porta di Santa Croce, in particolare, fiancheggiata a est da una torre e quasi intatta nell'interna “corte d'arme”, resta ormai unico esempio della tipologia fortificatoria scaligera, data anche la totale scomparsa delle porte coeve di Verona[11].

Partendo da contrà Ponte delle Bele, la cinta muraria resta sempre a sinistra di contrà Mure Porta Nova, dove il muro è stato demolito negli anni cinquanta del secolo scorso, per far posto ai padiglioni di esposizione della fiera campionaria. Qui, all'incrocio con l'omonima contrà, c'era la Porta Nova che, ridotta in cattivo stato, nel luglio 1926 venne fatta saltare in aria mediante una carica di esplosivo[12].

Il muro prosegue per contrà Mure della Rocchetta, fino ad arrivare al fortilizio. Di lì, piegando ad angolo retto verso nord, continua per contrà Mure San Rocco e Mure Corpus Domini fino a Porta Santa Croce. Da questa porta le mura - ora sostituite dalle case di contrà del Borghetto - seguivano il corso del Bacchiglione fino a Ponte Novo, per puntare poi verso il centro lungo contrà Mure Carmini e contrà Beccariette, fino ad innestarsi presso la Porta Nova, che si trovava dove oggi si incrociano corso Fogazzaro e contrà Pedemuro San Biagio.

La Seriola e il Bacchiglione a protezione delle mura occidentali

Nel punto in cui le nuove mura intercettavano la roggia Seriola, poco a sud di Santa Croce, fu creata una derivazione[13] per far scorrere l'acqua a fianco della cinta, aggirare la Rocchetta - dove un'ulteriore derivazione consentiva di isolare completamente il fortilizio - e continuare, sempre seguendo le mura, fino al Castello[14].

Sul lato orientale, invece, la cinta era protetta da una piarda triangolare, che si era creata tra la vecchia e la nuova cinta e il Bacchiglione.

Vicenza amplissima disegnata nel 1588, particolare con Borgo Porta Nova[15]

Dai registri e dagli elenchi del Cinquecento si ricava che lo spazio all'interno della cinta muraria già allora si presentava caratterizzato da un maggior addensamento demografico e da un tasso di popolarità superiore a quello di altre parti della città. Dal XVI al XVIII secolo le famiglie del borgo (l'insieme delle parrocchie di Santa Lucia e di San Pietro, comprese alcune frazioni presenti nelle colture da esse dipendenti) rappresentavano quasi un quarto della popolazione cittadina[16].

Durante tutto il periodo veneziano il borgo conservò anche un seppur modesto numero di nobili - come i Thiene e i Monza - di mercanti e di borghesi padroni di case e di discrete fortune[17]; fin dal XV secolo alcune famiglie abbienti vi fecero costruire residenze signorili, come il gotico palazzo Regaù, il rinascimentale palazzo Angaran, le case Thiene nel Cinquecento, il palazzetto Belisario a fine Settecento.

Il borgo era, però, soprattutto e sostanzialmente popolare; a dare un tono particolare alle contrade erano le botteghe artigianali, i mulini e i mestieri, alcuni dei quali destinati a durare sin quasi alle soglie della modernizzazione: merzari, callegari, murari, pellattieri, sartori, tessari, a testimoniare l'operosità della popolazione qui insediata.

In contrà Sant'Andrea erano numerosi i pellettieri, anche benestanti come Gaspare Manente titolare di un fillatorio et torzatorio menato da l'acqua con una roda … uno follo da pelli, sega da legname, rode tre de molini. Ancora poche invece, fino al Settecento, le case con arnesi da lavorar seda, anche se in tutte le contrade vi erano tintori, lanari, tessari …. Numerose le abitazioni con orto e cortile.

Nel Settecento i rioni popolari di Santa Lucia e di San Pietro furono le zone della città tra più esposte al degrado e all'impoverimento, anche per l'aumento del numero di persone allontanate dai quartieri più benestanti e relegate nella periferia urbana; l'élite cittadina cercava di ridurre i contatti sociali con loro (questo era soprattutto evidente nel caso di lavoratori impiegati in mestieri maleodoranti, come i conciatori, i macellai, ecc.), così come con i contadini inurbati e i questuanti; in borgo Padova erano acquartierati anche gli sbiri, le guardie della Repubblica di Venezia più invisi al popolo[18].

Progressivamente, in epoca preindustriale verso la fine del Settecento, il crescente affollamento e congestionamento contribuì a degradare la vivibilità e l'abitabilità delle contrade: nelle strade il selciato era sempre più sconnesso, soggetto a deterioramento da fango, piogge e frequenti alluvioni; le case erano sempre meno confortevoli mancando, tra l'altro, di impianti igienici. Sempre più, allora, la gente usciva dalle case, si riversava nelle strade, aumentando in senso positivo e negativo - cioè sia con le amicizie che con i litigi - la socializzazione di base. Goethe attribuiva la sua simpatia per i vicentini al fatto che essi "hanno modi spigliati e affabili e ciò deriva dalla loro continua vita all'aperto"[19].

Negli ultimi decenni del Settecento in queste contrade, dalle quali si raggiungeva facilmente borgo Pusterla, zona di opifici, erano vivi il mestiere e l'arte di fabbricare le sete; i numerosi telai erano costantemente in funzione e i samitari (i lavoranti del samit, il drappo di seta intessuto con oro o argento) con le loro famiglie dimoravano in maggior numero qui rispetto ad altre zone della città; peraltro vi era una sola filanda con 24 fornelli alle Fontanelle e un unico opificio collegato della Ditta Felice Savi[20].

Età contemporanea

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La chiusura dei conventi. L'impoverimento e il degrado del quartiere

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Dopo la caduta della Serenissima nel 1797 e le campagne napoleoniche che ebbero ripercussioni negative sulla città e sul territorio,

Le istituzioni sanitarie

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  • Centro antitubercolare
  • Servizio psichiatrico

La nascita di Istituti assistenziali e religiosi

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  • San Rocco
  • Checozzi
  • Istituto Novello
  • Fondazione Cordellina (profughi giuliani)

Un mutamento di conformazione del quartiere fu dato anche dal concentrarsi in esso di istituzioni cittadine di assistenza che, sommate a quelle religiose, lo rendevano non più la residenza di classi laboriose seppur poco abbienti, quanto piuttosto un luogo deputato alla raccolta e al controllo di quote instabili ed emarginate di popolazione povera[21].

La demolizione delle mura e l'apertura della città

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I primi decenni del Novecento furono caratterizzati dallo sviluppo della città e dal notevole aumento del traffico, il che rese necessario lo smantellamento di una parte delle mura e portò all'allargamento del centro urbano.

La cinta restò conservata, nel suo complesso, per tutto il Settecento, ma la sua demolizione sistematica cominciò agli albori del secolo XIX.

Significativo è quanto accadde alla Porta Nova (la seconda, quella tra la Rocchetta e il Castello). Agli inizi del Novecento, per mancanza di manutenzione, era ridotta in uno stato pietoso, tanto da scoraggiarne il restauro. Nel 1909, allora, fu aperto un varco alla sua sinistra nel cortile delle mura, avviando attraverso esso il movimento dei veicoli. Ma questo fece sì che, divenuta ormai la Porta un passaggio secondario e meno frequentato, cadesse ancora più in abbandono - un pubblico letamaio e indecente latrina, la definiva l'Ufficiale Sanitario - e ne venisse proposto l'abbattimento, anche se la proposta incontrò l'opposizione della Regia Soprintendenza e della Commissione Provinciale dei Monumenti.

Finita la prima guerra mondiale, la questione fu ripresa, finché nel 1924 il Consiglio Comunale, ormai dominato dai fascisti, decretò all'unanimità l'abbattimento dell'antica porta, decisione che però fu rigettata dalle autorità superiori. Durante la notte del 22 luglio 1926 la porta saltò in aria. Nonostante i sospetti sulla natura e sui mandanti dell'evento fossero abbastanza chiari, dato che ormai nulla si poteva più fare, ogni indagine fu abbandonata. Due anni più tardi, nelle mura scaligere occidentali, fu aperto il semplice arcone a tutto sesto che, interrompendo le mura, permette la comunicazione con l'interno attraverso via Bonollo[22].

Il quartiere attuale

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Corso Fogazzaro

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Il Borghetto e contrà Porta Santa Croce

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Le contrade interne lungo le mura scaligere

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  • Contrà Mure Corpus Domini
  • Contrà Mure San Rocco
  • Contrà Mure della Rocchetta
  • Contrà Mure Porta Nova

Le contrade interne in direzione ovest-est

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  • Contrà San Rocco e stradella Soccorso Soccorsetto
  • Contrà Santa Maria Nova e contrà Lodi
  • Via Giampaolo Bonollo e contrà del Quartiere

Le contrade interne in direzione nord-sud

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  • Contrà Giovanni Busato, contrà Sant'Ambrogio e conterà Porta Nova
  • Contrà Cantarane e piazzale del Mutilato

Luoghi significativi

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Chiese ed edifici religiosi

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Chiesa parrocchiale di Santa Croce in San Giacomo Maggiore detta dei Carmini

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Lo stesso argomento in dettaglio: Chiesa di Santa Croce in San Giacomo Maggiore.

45.55121°N 11.53901°E, in corso Fogazzaro.

Fu fatta costruire nel 1373 per il nuovo Borgo di Porta Nova e affidata ai Carmelitani; completamente ricostruita nel 1425 e in epoca contemporanea in stile neogotico, raccoglie varie opere d'arte provenienti dalla demolita Chiesa di San Bartolomeo.

Chiesa di Santa Croce

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in contrà Porta Santa Croce 57.

Era annessa a uno dei più antichi ospitali di Vicenza, fondato dai Crociferi; la chiesa nel 2007 è stata data in gestione alla comunità ortodossa moldava di San Nicola; i resti del convento sono inglobati nelle strutture della scuola della fondazione Levis Plona[23].

Chiesa di San Rocco

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Lo stesso argomento in dettaglio: Chiesa di San Rocco (Vicenza).

, in contrà Mure San Rocco

Costruita nel 1485 quasi a ridosso delle mura, in uno stile che rimanda a Lorenzo da Bologna, benché completata da altri. Vi è annesso il convento di San Rocco, dei Canonici regolari di San Giorgio in Alga, demanializzato dal 1810 e ora sede di servizi sociali.

Chiesa dei santi Ambrogio e Bellino

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Lo stesso argomento in dettaglio: Ospedale dei Santi Ambrogio e Bellino.

, in contrà Sant'Ambrogio 23 (Borgo Porta Nova), non più adibita al culto.

Di proprietà del Comune di Vicenza, è adibita a mostre estemporanee.

nell'omonima contrà, 45.548314°N 11.537505°E, sconsacrata, non è visitabile ed è utilizzata dal Comune come deposito di libri.

La chiesa della fine del Cinquecento rappresenta l'unica chiesa interamente progettata da Andrea Palladio e costruita a Vicenza, benché realizzata postuma; dal 1994 fa parte dei monumenti patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. Era annessa a un monastero fondato nel 1538 da monache agostiniane appartenenti a famiglie nobili, funzionante fino al 1810, quando per le soppressioni napoleoniche tutti gli edifici furono demanializzati.

Edifici religiosi non più esistenti

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Annessa all'Ospizio del Soccorso Soccorsetto[24].
  • Chiesa e monastero del Corpus Domini, nell'omonima contrà, non più esistenti.
Furono fondati nel 1539 da monache canonichesse lateranensi della regola di Sant'Agostino, appartenenti a famiglie nobili. Nel 1810 il monastero fu soppresso e tutti gli edifici ridotti a private abitazioni.
Del 1799, opera di Carlo Barrera[25].
Edificio ottocentesco in parte restaurato dall'architetto Carlo Scarpa, che nell'ultimo piano del palazzo realizzò Casa Gallo. Sede della Biblioteca internazionale La Vigna - Centro di Cultura e Civiltà Contadina.
Costruito nel 1582 e attribuito a Vincenzo Scamozzi[26].
  • Casa Dal Giglio
Su disegno di Ottavio Bertotti Scamozzi[27].
  • Casa Dolfi, in corso Fogazzaro
Rinnovamento a fine Cinquecento, di un preesistente edificio quattrocentesco[28].
  • Casa Donà, in contrà Mure San Rocco
Su progetto di Bartolomeo Malacarne[29].
Sistemato nel 1692 e con interventi del 1877-78[30].
  • Casa Fontanella, in contrà Lodi
Edificio del 1799 su progetto di Ottone Calderari[31].
  • Palazzo Lanzi Vecchia, tra Motton San Lorenzo e contrà Cantarane → Palazzo Vecchia Romanelli.
Edificio del 1861, progettato da Marco Bonelli, ristrutturazione di precedenti[32].
Costruito nella seconda metà del Seicento su precedente edificio quattrocentesco, di cui resta il portone[33].
Edificio costruito a metà del Settecento su progetto di Giorgio Massari, ha la facciata principale sul quartiere di Porta Nova, che a quel tempo si iniziava a valorizzare, e quella secondaria rivolta alla città sul tracciato delle mura altomedievali[34].
Opera del 1706 di Francesco Muttoni[35].
Ponte Novo sul Bacchiglione

Risalgono al Trecento, dopo che gli Scaligeri ebbero rinchiuso entro nuove mura il Borgo di Porta Nova, il Ponte di Santa Croce e il Ponte Novo. Quest'ultimo – anch'esso anticamente in legno e rifatto in pietra negli anni 1645-55, in età della Serenissima era chiamato Ponte di Santa Maria Maddalena o delle Convertite, perché conduceva alla chiesa e al convento costruiti nel 1534 per accogliere giovani traviate che intendevano cambiar vita. Fu chiamato Ponte Novo dopo la sua ricostruzione nel 1793[36]. Dopo essere rimasto per molti anni pericolante, è stato completamente ricostruito agli inizi degli anni duemila.

Roggia Seriola

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Sorgenti della Roggia Seriola a Maddalene, Vicenza

Nel corso del Basso Medioevo e durante tutta l'Età moderna vengono documentati l'esistenza, le numerose modificazioni, le funzioni e gli utilizzi di un altro corso d'acqua, estremamente importante per la città di Vicenza: la Roggia Seriola[37].

Ceriola - o Civiola, Ciriola, poi Seriola - è il nome che fin dal XIII, nel vicentino e in Lombardia, designa un canale appositamente scavato per condurre l'acqua ai luoghi dove può essere utilizzata a scopi abitativi o commerciali. L'acqua della Seriola di Vicenza nasce da alcune polle sorgive in una zona poco a nord del Monte Crocetta che, all'inizio del secondo millennio, era incolta e paludosa. Molto probabilmente furono i monaci che si insediarono nel convento di Santa Maria Maddalena a costruire il canale per far defluire le acque, nell'ambito delle loro lavoro di bonifica del territorio. In un primo tempo il canale, dopo essersi diretto a sud ricevendo anche l'acqua della sorgente Boja, virava verso est e confluiva nel Bacchiglione (probabilmente per questo ricevette anche il nome di Bacchiglioncello). In un secondo momento - probabilmente verso la fine del secolo XII - questa confluenza fu bloccata e la costruzione del canale proseguita fino alla città per cingere il lato occidentale delle mura altomedievali, riempendo il fossato che da Porta Nova, vicino alla chiesa di San Lorenzo, continuava per l'attuale contrà Cantarane, passava davanti a Porta Castello, costeggiava il campo Marzo e giungeva a ponte Furo, per gettarsi infine nel Retrone. Prima di giungere alla città l'acqua della roggia veniva utilizzata dai conventi di San Pietro Vivarolo, di Santa Croce e di San Biagio Vecchio, situati lungo il suo percorso e tutti con comunità numerose.

È documentato che nel 1223 i frati del convento di San Tommaso ottennero dal Comune che le acque della Seriola fossero ulteriormente incanalate, scavalcando il Retrone presso il ponte Furo, per riempire la fossa (l'attuale contrà della Fossetta, dietro al Porton del Luzo) che costeggiava la parte orientale delle mura, giungere fino al loro convento in Borgo Berga e scaricarsi infine nel Retrone presso il Ponte delle Barche. L'acqua serviva - e sarebbe servita nei secoli successivi - per le necessità abitative dei numerosi conventi concentrati lungo contrà Santa Caterina e per le piccole manifatture tessili che i conventi gestivano.

Nel 1381, quando furono costruite le mura scaligere a protezione del quartiere di Porta Nuova, fu creato un nuovo ramo della Seriola, che da Porta Santa Croce riempiva il fossato addossato alle mura, aggirava il forte della Rocchetta e infine si dirigeva fino a congiungersi con il vecchio ramo, rimasto attivo, presso Porta Castello.

Durante il periodo veneziano, quando la città vide l'aumento della popolazione - nel quartiere di Porta Nuova sorsero i conventi del Corpus Domini, di Santa Maria Nova e di San Rocco, in Borgo Berga il convento di Santa Chiara - e il moltiplicarsi delle attività artigianali, la Seriola costituì un'importante risorsa per la città, perché forniva un flusso costante e abbondante di acqua limpida, che serviva sia all'uso domestico che alle attività produttive. L'acqua veniva usata per bere, per lavare i panni e talora per scaricare i rifiuti in eccesso; faceva girare le ruote di diversi mulini, di cui si ha memoria presso Santa Croce, Campo Marzo e San Tommaso; vi si pescavano pesci e ottimi gamberi. Dai documenti rimasti si viene a sapere anche che la storia della roggia in questo periodo fu una storia di continui contrasti tra i diversi utilizzatori dell'acqua, così come di richieste e di concessioni comunali, di ulteriori piccole derivazioni concesse o abusive e di mancati interventi di manutenzione.

Tra le diverse attività situate lungo il canale, si ricordano luoghi per la pettinatura e la tessitura della lana, delle tintorie, una segheria e una cartiera, derivazioni per irrigare orti e giardini. Nella seconda metà del Quattrocento fu praticata un'apertura nella cinta muraria presso la chiesa di San Lorenzo, così che le balie del vicino Ospizio dei Santi Maria e Cristoforo si recavano al lavatoio, costruito sotto il ponte (delle Balie o Bele) per lavare i panni degli infanti esposti. Altre derivazioni servirono a costruire peschiere, come quella di villa Bertolini o quella dei monaci di San Felice.

La Loggia Valmarana si affaccia sul canale che fu la Roggia Seriola fino a cinquant'anni fa, ai Giardini Salvi

Nella seconda metà del XVI secolo i Valmarana ottennero il terreno fuori Porta Castello per costruirvi un giardino (oggi Giardini Salvi), che in seguito aprirono al pubblico e che arricchirono di due splendide logge, sovrastanti rispettivamente il ramo più antico e quello trecentesco della Seriola, che confluivano tra loro all'interno dei giardini stessi.

Negli anni trenta del Novecento fu interrato il ramo antico della Seriola, quello che attraversava il quartiere di Porta Nova; nel 1935, in previsione dei lavori che avrebbero ristrutturato tutta la Piarda, fu interrata la Fossetta oltre ponte Furo, tolto il ponte canale e ripristinato lo scarico nel Retrone. Fino agli anni sessanta, il ramo della Seriola che scorreva a cielo aperto lungo viale Trento e viale Mazzini assicurava ancora acque pulite e fresche ai Giardini Salvi. Nel 1973, però, anche questo tratto fu coperto e il tombinamento ridusse la portata della roggia fino al punto da non garantire più il ricambio d'acqua ai Giardini. Così, alla fine del decennio, il percorso della Seriola fu nuovamente deviato e riportato a confluire nel Bacchiglione a nord della città.

Istituzioni di carattere formativo e culturale

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Scuola primaria "Giacomo Zanella" a Porta Padova

Essendosi di molto ridotta, negli ultimi decenni, la popolazione infantile del Centro storico, poche sono ormai le istituzioni educative presenti nel quartiere.

Asilo nido aziendale (Comune - Ipab)
Presso l'Istituto Salvi, in corso Padova
Scuola dell'infanzia comunale Antonio Fogazzaro
in via Nazario Sauro
Scuola primaria "Giacomo Zanella" - Comunale
In contrà Porta Padova
Istituto Onnicomprensivo G.A. Farina - Paritario
Comprende una Scuola dell'infanzia, una Scuola primaria, una Scuola secondaria di I grado e una Scuola secondaria di II grado, tutte in via IV Novembre

Istituzioni di carattere sanitario e sociale

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Istituzioni di carattere assistenziale

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  1. ^ Voce Borgo nel vocabolario Treccani
  2. ^ I cui ultimi resti andarono perduti quando a fine Ottocento venne rifatto il ponte
  3. ^ Silvestro Castellini, Storia della città di Vicenza... sino all'anno 1630, 1822
  4. ^ Franzina, 2003, pp. 33-34
  5. ^ Erano la chiesetta di Santa Maria Maddalena, con annesso ospedale della Misericordia costruiti probabilmte verso la metà del XIII secolo, la chiesa di San Nicolò, con un ospizio per lebbrosi che poi fu trasferito a San Lazzaro e la chiesa di San Martino, all'angolo tra la strada per Verona e l'attuale Viale Mazzini
  6. ^ Questa drastica operazione spiega il ritardo nello sviluppo del borgo, che giunse molto più tardi in avanzata fase del dominio veneziano, quando ormai cioè non vi erano più ragioni militari a limitarlo. Barbieri, 2011,  pp. 115-16
  7. ^ Barbieri, 2011,  p. 118
  8. ^ Mantese, 1958,  pp. 372-74; Barbieri, 2011,  p. 125
  9. ^ Citato da Giarolli, 1955,  pp. 366-67
  10. ^ Rason Vecchie era il nome del Demanio Veneto
  11. ^ Sono qui ancora visibili, attorno alle aperture d'accesso, gli sfondati nella muratura destinati ad accogliere, quando alzati, i ponti levatoi: e di essi, recenti scavi hanno scoperto le strutture di appoggio, quando abbassati. Sopra, si ritagliano le sedi, lunghe e strette, per i due paralleli bolzoni in legno, leve del passaggio carraio, nonché per la forcola in ferro, leva della passerella pedonale. Barbieri, 2011,  pp. 119-20
  12. ^ Barbieri, 2011,  p. 123
  13. ^ Il fatto venne raccontato dal cronista Conforto da Costozza nei suoi Frammenti di storia vicentina e descritto nelle mappe del Cinquecento
  14. ^ Sottani, 2012,  pp. 237-41
  15. ^ Vicenza amplissima, in [Georgius Braun, Simon Nouellanus, Franciscus Hogenbergius], Liber quartus Ciuitates orbis terrarum, Colonia, 1588. Vicenza, Biblioteca Civica Bertoliana
  16. ^ Franzina, 2003, pp. 39-42 in cui riporta alcune tabelle del tempo
  17. ^ Franzina, 2003, pp. 35-36
  18. ^ Franzina, 2003, pp. 45-46
  19. ^ Citato da Franzina, 2003, p. 44
  20. ^ Franzina, 2003, pp. 51-54
  21. ^ Franzina, 2003, pp. 55, 77-78
  22. ^ La storia viene ben descritta da Giarolli, 1955,  pp. 50, 366-69
  23. ^ Barbieri, 2004, p. 40
  24. ^ Sottani, 2014, pp. 269-70
  25. ^ Barbieri, 2004,  p. 141
  26. ^ Barbieri, 2004,  pp. 324-25
  27. ^ Barbieri, 2004,  p. 133
  28. ^ Barbieri, 2004,  p. 324
  29. ^ Barbieri, 2004,  p. 145
  30. ^ Barbieri, 2004,  p. 323
  31. ^ Barbieri, 2004,  p. 140
  32. ^ Barbieri, 2004,  p. 348
  33. ^ Barbieri, 2004,  p.347-48
  34. ^ Barbieri, 2004,  pp. 128-29
  35. ^ Barbieri, 2004,  pp. 116-17
  36. ^ Giarolli, 1955,  pp. 359-60
  37. ^ Sottani, 2012,  pp. 168-99
Testi utilizzati
  • AA. VV., Vicenza città bellissima. Iconografia vicentina a stampa dal XV al XIX secolo, Vicenza, 1983; ristampa Vicenza, 1984
  • Franco Barbieri, Vicenza: la cinta murata, 'Forma urbis', Vicenza, Ufficio UNESCO del Comune di Vicenza, 2011, ISBN 88-900990-7-0.
  • Franco Barbieri e Renato Cevese, Vicenza, ritratto di una città, Vicenza, Angelo Colla editore, 2004, ISBN 88-900990-7-0.
  • Silvestro Castellini, Storia della città di Vicenza, ove si vedono i fatti e le guerre de' vicentini così esterne come civili, dall'origine di essa città sino all'anno 1630, 1822
  • Giambattista Giarolli, Vicenza nella sua toponomastica stradale, Vicenza, Scuola Tip. San Gaetano, 1955.
  • Giovanni Mantese, Memorie storiche della Chiesa vicentina, II, Dal Mille al Milletrecento, Vicenza, Accademia Olimpica, 1954.
  • Giovanni Mantese, Memorie storiche della Chiesa vicentina, III/1, Il Trecento, Vicenza, Accademia Olimpica, 1954.
  • Giovanni Mantese, Memorie storiche della Chiesa vicentina, III/2, Dal 1404 al 1563, Vicenza, Neri Pozza editore, 1954.
  • Giovanni Mantese), Memorie storiche della Chiesa vicentina, VI, Dal Risorgimento ai nostri giorni, Vicenza, Scuola Tip. San Gaetano, 1954.
  • Ermenegildo Reato (a cura di), La carità a Vicenza: le opere e i giorni, Vicenza, IPAB Proti-Salvi-Trento di Vicenza, 2004.
  • Ugo Soragni, Architettura e città dall'Ottocento al nuovo secolo: palladianisti e ingegneri (1848-1915), in Storia di Vicenza, Vol. IV/2, L'Età contemporanea, Vicenza, Neri Pozza editore, 1988
  • Natalino Sottani, Antica idrografia vicentina. Storia, evidenze, ipotesi, Vicenza, Accademia Olimpica, 2012.

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