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Campo di concentramento di Sparanise
Campo di concentramento di Sparanise campo di concentramento | |
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Nome originale | Auffanglager Sparanise |
Stato | Italia |
Stato attuale | Italia |
Regione | Campania |
Città | Sparanise |
Costruzione | 14 settembre 1943 |
Gestito da | Wehrmacht |
Il campo di concentramento di Sparanise (in tedesco Auffanglager Sparanise) fu un campo di concentramento costruito dall'esercito tedesco il 14 settembre 1943 a Sparanise.[1]
Storia
[modifica | modifica wikitesto]In origine il campo fu allestito in un deposito militare costruito nel 1940 dagli italiani e confiscato dai tedeschi,[2] per internarvi prigionieri di guerra britannici, ma, subito dopo l'armistizio di Cassibile, i militari vi internarono temporaneamente militari e civili italiani (in particolare i rastrellati consegnati dalla Panzer-Division "Hermann Göring" e dal comandante militare di Napoli, colonnello Walter Scholl), del cui prelevamento se ne occupò la 16. Panzer-Division, al comando di Schenker, addetto alla supervisione del campo,[1][3] in attesa di essere impiegati come manodopera nei campi di concentramento in Germania e in altri territori, in larga parte al campo di concentramento di Dachau.[2]
Brunello Riccio Flentjen, uno dei deportati nel campo, scrive nella sua opera 663 giorni 662 notti. Storia di una deportazione che:
«Insediato presso lo scavo ferroviario, era chiamato la "caiola" (gabbia) ed era il Campo di Concentramento di Sparanise dove transitarono ben 20 mila militari sbandati catturati dai tedeschi e migliaia di civili rastrellati nel napoletano, in Terra di Lavoro, destinati ad essere impiegati come manodopera coatta dalla Wehrmacht o essere deportati in Germania.»
La resistenza
[modifica | modifica wikitesto]Il politico e militare Corrado Graziadei riportò che:
«Un ruolo importante ed a volte decisivo venne svolto dalle donne di Sparanise, le quali sono state definite con acume storico da qualcuno “il fronte interno” del popolo italiano. Gli uomini erano al fronte o prigionieri e le donne al lavoro per loro, per salvare la vita dei propri figli, dei mariti, dei fratelli, dei padri… Queste raccoglievano cibo, indumenti e tutto ciò che poteva servire ai prigionieri e si recavano al campo di concentramento. Mentre alcune di loro intrattenevano i Tedeschi, le altre aiutavano i prigionieri a scappare, nascondendoli poi nelle loro case.»
Struttura del campo
[modifica | modifica wikitesto]Il campo era recintato da alti reticolati ed era sorvegliato incessantemente da sentinelle tedesche.[4] Inoltre, nel deposito merci della stazione di Sparanise, un capannone in muratura di tufo, erano conservate centinaia di pareti di legno utilizzate per costruire le baracche in legno di pino, abete, massello di abete e rivestite ai lati da tavole di 13 cm anch'esse di abete.[4]
La vita nel campo
[modifica | modifica wikitesto]Condizioni dei prigionieri
[modifica | modifica wikitesto]Il professore Giovanni Spera riportò che le condizioni dei prigionieri erano proibitive:[5]
«Quando arrivai nel campo di concentramento di Sparanise, era il 23 ottobre 43 e c'erano già 5000 prigionieri. Reticolati e cavalli di frisia recintavano il perimetro del campo, sorvegliato da un nutrito numero di sentinelle che impedivano eventuali tentativi di fuga. Non c'erano cucine da campo, né una fontana per attingervi acqua. Non esistevano servizi igienici, per cui ognuno andava a soddisfare i propri bisogni fisiologici lungo il perimetro del campo. Il fetore era insopportabile, l'aria pestifera. Il senso del pudore era scomparso, essendo costretti a soddisfare i propri bisogni all’aria aperta ed alla vista di tutti. Uno spettacolo veramente degradante e vergognoso. Eravamo ridotti a livello delle bestie, con la biancheria intima sporca e maleodorante, la barba non rasa da giorni ed i pidocchi che infestavano ogni parte del corpo. Ricordo il povero Umberto Robustelli, merciaio, vestito di un leggerissimo pigiama estivo, con ai piedi un paio di pantofole di stoffa. In quelle condizioni era stato catturato.»
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b (DE) BA-MA, RH 24-14/81, pp. 642-643, su Bundesarchiv.
- ^ a b Francesco Mantovani, Sparanise - Il campo di concentramento, in PaeseNews, 25 gennaio 2013. URL consultato il 18 agosto 2019.
- ^ Gribaudi, p. 289.
- ^ a b Paolo Mesolella, Campo di concentramento: una testimonianza, in Pupia.tv, 6 febbraio 2019. URL consultato il 18 agosto 2019.
- ^ Paolo Mesolella, SPARANISE. Nel Giorno della Memoria il ricordo del Campo di Concentramento e dell'eccidio nazista: mercoledì 27 gennaio prossimo., in Matese News, 26 gennaio 2016. URL consultato il 18 agosto 2019.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Gabriella Gribaudi, Terra bruciata: Le stragi naziste sul fronte meridionale, L'ancora del Mediterraneo, 2003.