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Bandiera del Sudetenland
Le regioni germanofone durante il periodo interbellico in relazione agli attuali confini della repubblica Ceca. Il colore indica la concentrazione della popolazione.

Sudetenland, in ceco e slovacco Sudety, in polacco Kraj Sudetów, è il termine tedesco con cui si indicano i territori germanofoni ai bordi settentrionali meridionali e orientali dell'attuale repubblica Ceca. In particolare essi includevano i margini della Boemia, della Moravia e di parte della Slesia all'interno della Cechia. In italiano si usa genericamente il termine Sudeti che però indica geograficamente la regione dei monti Sudeti.

Spiegazione del toponimo

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La regione prende il nome dalla catena montuosa dei Sudeti, che nel XIX secolo delimitava a settentrione le regioni austriache della Boemia, della Moravia e della Slesia Austriaca, separandole dalla Germania. Il medesimo toponimo può essere ritrovato nella provincia dei Sudeti, fondata il 29 ottobre 1918 dai rappresentanti politici della popolazione di lingua tedesca, sulla base del principio di autodeterminazione dei popoli e dei Quattordici punti (la proclamazione della provincia austriaca dei Sudeti avvenne il giorno successivo), con lo scopo di annettersi alla Repubblica dell'Austria tedesca e quindi al Regno di Germania, sottraendosi alla dominazione cecoslovacca. Il trattato di Saint-Germain tuttavia stabilì che la regione rimanesse sotto il controllo del neonato Stato Cecoslovacco. La denominazione Sudetenland continuò comunque ad indicare le zone della Boemia e della Moravia abitate da popolazioni di lingua tedesca e gli abitanti di queste terre vennero frequentemente definiti tedeschi dei Sudeti, anziché boemi e moravi tedeschi, come era stato più comune nel XIX secolo.[1]

Delimitazioni

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Il Reichsgau Sudetenland, costituito nel 1939 in seguito all'occupazione tedesca

Il Sudetenland non coincide con i territori ove sorge la catena montuosa dei Sudeti, né con i Sudetenländer (in ceco Sudetské země, letteralmente: regioni dei Sudeti, al plurale), termine usato per identificare l'unione delle regioni prima austro-ungariche e poi cecoslovacche della Boemia, della Moravia e della Slesia. La regione è piuttosto definita a partire dal 1918 come l'insieme dei territori della Boemia, della Moravia e della Slesia abitati prevalentemente da popolazioni di nazionalità tedesca.

Dopo l'annessione alla Germania di vasti territori della Cecoslovacchia avvenuta in seguito alla conferenza di Monaco il 1 e 2 ottobre 1938, con una legge del 14 aprile 1939 fu istituito il Reichsgau del Sudetenland con capitale Liberec. Esso era costituito dalle province del Sudetenland e della Boemia Tedesca e fu soppresso alla fine della seconda guerra mondiale, l'8 maggio 1945.

Fino al 1939 il Sudetenland non aveva mai costituito un'unità da un punto di vista amministrativo. Tuttavia tra novembre e dicembre 1918 per alcune settimane si era costituita un'omonima provincia, comprendente la Moravia Settentrionale e la Slesia Sudeta. Lo stesso termine Sudetenland, inteso come denominazione per una regione abitata da popolazioni di lingua tedesca, cominciò ad essere usato soltanto tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo. A partire dalla metà del XIX secolo il termine "Sudetenländer" era stato usato limitatamente alle regioni boeme.

Storia fino al 1918

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Regioni abitate prevalentemente da popolazioni di lingua tedesca (in rosso) nell'Impero Austroungarico (Distribution of Races in Austria-Hungary, in: The Historical Atlas, di William R. Shepherd, 1911)
Ritaglio della mappa dei popoli dell'Austria-Ungheria (Völkerkarte von Oesterreich-Ungarn, Andrées Weltatlas del 1880): i germani in rosso e gli slavi in verde

In base alle più antiche fonti storiografiche disponibili, la regione, in cui si erano insediate popolazioni celtiche, fu colonizzata e dominata nel I secolo d.C. dalla popolazione germanica dei Marcomanni. Essi commerciarono con i Romani, ma si scontrarono anche ripetutamente con le loro mire espansionistiche, a cui si opposero efficacemente sotto la guida di Maroboduo. Le migrazioni dei secoli successivi, che portarono le popolazioni germaniche dell'Europa centrale ad acquisire sempre più terre e potere ai danni dell'impero romano, interessarono in modo significativo anche la Boemia. Nel VI secolo la regione fu colonizzata da popolazioni slave. Secondo una leggenda, il primo nucleo del popolo ceco si stabilì su monte Říp, condotti da Praotec Čech (Progenitore Ceco). Probabilmente essi giunsero da est, dopo aver superato i Monti Tatra; non è tuttavia esclusa una provenienza dall'odierna Croazia. I ritrovamenti archeologici confermano che fino all'arrivo dei primi slavi, la regione era ancora abitata da germani e che le due popolazioni continuarono a convivere pacificamente per parecchi secoli.

A partire del XII secolo la Boemia e la Moravia erano politicamente unite sotto la corona di Boemia, parte del Sacro Romano Impero, ma con una maggiore autonomia rispetto agli Stati Imperiali (la Boemia era l'unico regno nell'impero).

Nel XII e XIII queste terre furono meta di ondate migratorie tedesche. I nuovi arrivati si stanziarono prevalentemente nelle zone confinarie o in alcune città fondate recentemente da o con un significativo apporto degli immigrati. Ciò contribuì a diffondere alcuni elementi caratteristici della civiltà comunale tedesca, come le corporazioni e soprattutto l'organizzazione politica comunale nelle sue varie forme. Vari territori che sarebbero diventati in seguito di lingua tedesca erano fino alla guerra dei trent'anni prevalentemente abitati da cechi. In seguito allo spopolamento dovuto alle vicende militari ed alle successive epidemie e carestie, venne incoraggiato il ripopolamento da parte di coloni tedeschi. Le iscrizioni funerarie medievali e della prima età moderna in queste regioni erano pertanto prevalentemente in lingua ceca o latina, così come i documenti conservati negli archivi comunali. Un caso a parte è invece la regione attorno alla città di Cheb, che fu data in pegno alla Boemia nel 1322 e non fu mai riscattata, passando così definitivamente al Regno di Boemia nel 1806.

Fino al 1806 la Boemia, la Moravia e la Slesia appartennero al Sacro Romano Impero, a partire dal 1804 all'Impero austriaco. Quando dopo l'Ausgleich (compromesso) del 1867 l'impero divenne austro-ungarico, la Boemia, la Moravia e la Slesia austriaca passarono alla metà occidentale dell'impero, la Cisleitania. Tra il 1848 e la prima guerra mondiale ci furono delle trattative per un accordo con la popolazione ceca (un Ausgleich austro-ceco), che però non andarono a buon fine.

La minoranza tedesca di queste regioni sperava di mantenere il tedesco come lingua dominante di tutta la Cisleitania, mentre i cechi contestavano l'autorità stessa del Reichsrat sulle terre boeme e fecero frequentemente ostruzionismo al parlamento multinazionale di Vienna. Il tentativo del primo ministro Kazimierz Badeni di introdurre il bilinguismo nelle regioni boeme si scontrò contro la dura resistenza della popolazione tedesca (non solo i funzionari pubblici, che avrebbero dovuto imparare il ceco), che sfociò in disordini a Vienna. Già durante la prima guerra mondiale fu pertanto chiaro, che i cechi avrebbero fondato un loro Stato nel dopoguerra; nel 1917 ciò fu formulato esplicitamente al Reichsrat.

Gli anni 1918/1919

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In seguito alla dissoluzione dell'impero Austro-Ungarico, il 21 ottobre si formò un'assemblea nazionale austro-tedesca con la partecipazione dei parlamentari di lingua tedesca del Reichsrat provenienti dalla Boemia, dalla Moravia e dalla Slesia austriaca. Il 30 ottobre essa promulgò una costituzione provvisoria per la neo-nata Repubblica dell'Austria tedesca, formalmente proclamata il 12 novembre 1918. I territori della Boemia, della Moravia e della Slesia austriaca furono reclamati dalla Cecoslovacchia, la cui indipendenza era stata proclamata il 28 ottobre, e furono occupati dalle truppe cecoslovacche a partire dalla fine di novembre.

Gli abitanti tedeschi della Boemia, della Moravia e della Slesia austriaca, per i quali in seguito si è usata la denominazione di tedeschi dei Sudeti, avevano caldeggiato la creazione di quattro province sotto il controllo dell'Austria tedesca:

  1. la Boemia tedesca
  2. il Böhmerwaldgau (che avrebbe dovuto far parte dell'Alta Austria)
  3. la Moravia meridionale tedesca (che avrebbe dovuto far parte della Bassa Austria)
  4. la provincia del Sudetenland

In un'intervista al quotidiano francese Le Matin del 10 gennaio 1919 il primo presidente cecoslovacco Masaryk dichiarò:

«I nostri confini storici sono abbastanza sovrapponibili ai confini etnografici. Solo i bordi settentrionale ed orientale del quadrilatero boemo hanno una popolazione in maggioranza tedesca in seguito alla massiccia immigrazione del secolo scorso. Per questi stranieri potrebbe essere trovato un opportuno modus vivendi e se questi si dovessero dimostrare cittadini leali, è perfino possibile che il nostro parlamento […] conceda loro una qualche autonomia. Sono comunque convinto che ci sarà una rapida detedeschizzazione di questi territori.»

Il 16 febbraio 1919 nell'Austria tedesca si tennero le elezioni per l'assemblea costituente nazionale. Ai tedeschi della Boemia, della Moravia e della Slesia austriaca fu impedito dalle autorità cecoslovacche di partecipare a tale elezione. Il 4 marzo 1919 la neo-eletta assemblea costituente si riunì per la prima seduta a Vienna. In tale occasione i tedeschi della Cecoslovacchia scesero in piazza per manifestare per il diritto di autodeterminazione e l'annessione all'Austria tedesca. Durante la repressione delle forze dell'ordine cecoslovacche persero la vita 54 tedeschi[2] e due cechi. Il 5 marzo 1919 Karl Renner argomentò davanti all'assemblea nazionale che 3,5 milioni di tedeschi sarebbero stati privati del diritto di autodeterminazione.[3]

Il trattato di Saint-Germain del settembre 1919 confermo infine la sovranità cecoslovacca sui territori contesi. Le potenze vincitrici avevano deciso di non frammentare i territori storici della corona boema. Le catene montuose che delimitavano il quadrilatero boemo costituirono così una difesa naturale contro possibili attacchi militari da parte della Germania o dell'Austria, considerate responsabili dello scoppio della prima guerra mondiale. In contrasto con i Quattordici punti del presidente americano Wilson non fu previsto alcun referendum, come invece si era tenuto nell'Alta Slesia.

All'epoca nel Sudetenland abitarono soltanto circa 82.000 cechi. Tra il 1920 ed il 1935 si insediarono ulteriori 237.000 cechi, provenienti dalle zone di confine con la Slovacchia, dalla Polonia e dall'Ungheria[4].

Dal 1919 fino alla conferenza di Monaco

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Soldati dell'esercito cecoslovacco davanti al "Gasthof Wiesner“ a Krásná Lípa, settembre 1938.

Tutte le componenti etniche del neonato Stato plurinazionale cecoslovacco disponevano di una propria rappresentanza politica in parlamento e di un proprio sistema scolastico, i deputati potevano esprimersi ciascuno della propria lingua madre. Numericamente i tedeschi costituivano il secondo gruppo linguistico dello Stato, dopo i cechi, ma prima degli slovacchi. Tuttavia, al fine di rafforzare il proprio influsso, cechi e slovacchi venivano considerati come un unico popolo, che pertanto era largamente maggioritario. I diritti delle minoranze tedesca, ungherese, polacca e rutena furono sempre garantiti, ma i territori da esse abitati non ebbero alcuna forma di autonomia.

Le tensioni sembrarono attenuarsi negli anni 1920, quando in due successive elezioni i cittadini di lingua tedesca votarono in maggioranza per partiti favorevoli ad un'integrazione. Nonostante ciò molti tedeschi dei Sudeti continuarono a rifiutare la propria appartenenza alla Cecoslovacchia.

Il 1 ottobre 1933 Konrad Henlein fondò il partito Sudetendeutsche Partei (SdP), che inizialmente puntava al riconoscimento di una maggiore autonomia per il Sudetenland da parte della Cecoslovacchia. In seguito il partito si avvicinò sempre di più alle posizioni di Adolf Hitler e del suo Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori che nel frattempo aveva preso il potere in Germania. I successi elettorali del partito di Henlein negli anni 1935 e 1936 sono segno di un diffuso malcontento tra la popolazione delle regioni di confine della Cecoslovacchia, dovuto principalmente alla scarsità di investimenti pubblici in tali aree ed alla difficoltà della popolazione di lingua tedesca di ottenere impieghi pubblici, ad esempio nelle ferrovie o nelle poste. [5]

Nel novembre del 1937 Hitler rese partecipi i comandanti della Wehrmacht dei suoi piani di annessione dell'Austria e sottomissione della Cecoslovacchia, come primo passo della creazione di un Lebensraum a est. Nel aprile 1938 egli confermò i suoi piani in un discorso all'esercito. La Sudentendeutsche Partei di Henlein appoggiò apertamente la linea di Hitler e preparò il terreno per l'invasione sottoponendo al governo di Praga una lunga lista di richieste tedesche, con l'effetto di accentuare le tensioni politiche.

Sempre più sotto pressione, nel maggio 1938 la Cecoslovacchia annunciò la mobilitazione dell'esercito, facendo riferimento a informazioni su un imminente attacco tedesco. Gli alleati francesi e inglesi non poterono fare altro che annunciare il proprio appoggio. La Germania da parte sua puntava ad un'escalation della crisi ed a sua volta mise l'esercito in stato di allerta.

Due settimane prima che Hitler, Mussolini, Chamberlain e Daladier si incontrassero a Monaco, Henlein voltò definitivamente le spalle all'ordinamento democratico del suo Stato. Il 14 settembre 1938 sospese le trattative col governo di Praga e trasferì la dirigenza del suo partito oltre confine, in Baviera. A nome della popolazione tedesca dei Sudeti dichiarò: "Vogliamo tornare a casa nel Reich!" e formò un'unità paramilitare chiamata Sudetendeutsches Freikorps. Nelle due settimane che precedettero l'accordo di Monaco tali gruppi paramilitari effettuarono oltre 300 "azioni" in territorio cecoslovacco che costarono la vita a 110 persone. [6]

Nel settembre 1938 il tentativo di colpo di Stato organizzato da Hitler nel Sudetenland fallì, grazie alla resistenza della popolazione e dell'esercito ceco, ma anche di una parte della popolazione tedesca che si opponeva al regime nazista. Il fatto che il tentato colpo di Stato non fosse stato appoggiato massicciamente dalla popolazione tedesca fu decisivo. [7]

Wenzel Jaksch, presidente del partito socialdemocratico dei lavoratori tedeschi nella Repubblica Cecoslovacca nel settembre 1938 formulò il seguente appello ai suoi concittadini:

«Concittadini! Siamo in un momento decisivo! […] Il resto del mondo entrerà nuovamente in guerra contro il popolo tedesco. I tedeschi del Sudetenland saranno la prima vittima sacrificale. In uno scontrò tra potenze militari la loro patria sarebbe distrutta, il loro futuro cancellato. […] Pensateci bene in questo momento così delicato. […]»

Il 21 settembre 1938 la Cecoslovacchia acconsentì alla cessione dei territori sudeti alla Germania.[9]

L'accordo di Monaco e l'occupazione tedesca della Cecoslovacchia

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Adolf Hitler durante una parata militare il 4 ottobre 1938 a Kraslice in occasione dell'Anschluss del Sudetenland

Tramite l'accordo di Monaco, siglato grazie alla mediazione di Benito Mussolini, il governo britannico di Neville Chamberlain e quello francese di Édouard Daladier riuscirono a scongiurare un intervento militare da parte di Hitler, senza però impedire a quest'ultimo il raggiungimento dei propri obiettivi. Il governo cecoslovacco guidato dal presidente Beneš fu escluso dalle trattative. Dopo che l'accordo fu siglato il 30 settembre 1938, tra l'1 ed il 2 ottobre fu completata l'annessione del Sudetenland da parte della Germania.[10] I territori annessi erano abitati da 3,63 milioni di persone, di cui 2,9 milioni di tedeschi e 700.000 cechi. [11] Questi ultimi dovettero trasferirsi nei territori rimasti cecoslovacchi. Anche molti tedeschi oppositori politici del regime nazista fuggirono verso le regioni più interne della Boemia e della Moravia, per continuare da lì la loro lotta. La maggior parte di essi però fu rimpatriata dalle autorità, lasciandoli alla mercé del regime nazista. [12]

Il 14 aprile 1939 la maggior parte del Sudetenland entrò a far parte della regione amministrativa del Reichsgau Sudetenland, composta da 3167 Comuni, abitati da un totale di 2,94 milioni di persone. Altri 543 Comuni nella zona meridionale del Sudentenald entrarono a far parte del Gau Bayerische Ostmark in Baviera e dei Reichsgau Oberdonau (Alta Austria) e Niederdonau (Bassa Austria); entrarono a far parte del Reichsgau Niederdonau anche i Comuni di Devín e Petržalka vicino a Bratislava. I 38 Comuni della regione di Hlučín a est, con i loro 52967 abitanti, entrarono invece a far parte del Landkreis Ratibor nella provincia prussiana Oberschlesien.

Già un mese prima della costituzione del Reichsgau Sudetenland, il 15 marzo 1939, fu occupata anche la restante Cecoslovacchia, e fu creato il Protettorato di Boemia e Moravia. Il confine tra il protettorato ed il Sudetenland poteva essere attraversato solo con dei permessi speciali; le barriere doganali furono tuttavia soppresse il 18 settembre 1940.

Concessione collettiva della cittadinanza tedesca

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In occasione del censimento del 1910, 3.489.711 abitanti della Boemia, della Moravia e della Slesia Austriaca indicarono il tedesco come lingua madre.

La popolazione di nazionalità tedesca che nel 1945-1946 in seguito ai decreti Beneš fu espropriata ed espulsa dal Sudetenland, aveva ottenuto la cittadinanza tedesca in seguito ad un accordo tra il governo tedesco e quello cecoslovacco siglato il 20 novembre 1938, con validità a partire dal 10 ottobre 1938. La popolazione di nazionalità tedesca nei territori del Protettorato della Boemia e Moravia ottennero invece la cittadinanza a seguito di una legge del 20 aprile 1939, integrata da una legge del 6 giugno 1941, con valenza dal 16 marzo 1939.

La legittimità di tali concessioni collettive delle cittadinanza tedesca fu messa in discussione nella Germania del dopoguerra e fu definitivamente stabilita da una sentenza della corte costituzionale del 28 maggio 1952, che fu alla base dalla legge per la regolamentazione delle questioni relative alla cittadinanza tedesca, approvata il 22 febbraio 1955. Essa confermò la validità della cittadinanza tedesca concessa ai tedeschi del Sudetenland e del Protettorato di Boemia e Moravia, esclusi i casi di esplicita rinuncia da parte dei diretti interessati.[13]

Interpretazioni e reazioni

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Saluto nazista da parte di alcuni abitanti di Cheb

Tramite l'accordo di Monaco (definito da parte ceca "Diktat di Monaco", in ceco "Mnichovský diktát", o anche "tradimento di Monaco", in ceco "Mnichovská zrada") del 29 settembre 1938 la popolazione tedesca del Sudetenland vide finalmente riconosciuto il proprio diritto all'autodeterminazione, a cui aspirava fin dalla caduta dell'Austria-Ungheria nel 1918, ma che le era stato negato dal trattato di St. Germain. (Si può evincere tale punto di vista dal discorso dell'ex cancelliere austriaco Karl Renner, che era originario della Moravia meridionale, in occasione dell'Anschluss nel marzo 1938.) D'altra parte tale diritto all'autodeterminazione nello specifico contesto dell'epoca ebbe come conseguenza la sottomissione del Sudetenland al regime nazista. Nonostante ciò la stragrande maggioranza della popolazione appoggiò l'annessione alla Germania. Nel 2002 destò scandalo una dichiarazione dell'ex premier ceco Miloš Zeman, che arrivò a definire i tedeschi dei Sudeti la quinta colonna del terzo Reich.

Pochi mesi dopo l'accordo di Monaco, l'ex presidente cecoslovacco Edvard Beneš, che nel frattempo si era dimesso e rifugiato a Londra, iniziò a sviluppare dei piani per riprendersi i territori persi e togliere la cittadinanza alla popolazione tedesca residente.

Seconda guerra mondiale

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Immediatamente dopo l'inizio della seconda guerra mondiale l'ex presidente cecoslovacco Edvard Beneš fondò il comitato nazionale cecoslovacco, riconosciuto dal governo britannico e da quello francese. In seguito all'occupazione della Francia nel giugno 1940 i britannici riconobbero il gruppo attorno a Beneš come governo cecoslovacco in esilio, sotto la presidenza di Beneš. Ciò rafforzò Beneš nei suoi progetti di ristabilire lo Stato Cecoslovacco, incluso il Sudetenland, e di togliere la cittadinanza alle minoranze tedesca, ungherese e polacca.

Ben prima della fine della guerra il progetto di Beneš ottenne il supporto degli alleati. I decreti Beneš approvati dopo la fine della guerra, furono di fatto già formulati nel 1943.

Espulsione dei tedeschi dei Sudeti

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Dopo la fine della seconda guerra mondiale il programma elaborato dal governo cecoslovacco in esilio fu messo in pratica. Beneš proclamò i decreti Beneš, che prevedevano l'esproprio e l'espulsione dei tedeschi dei Sudeti e degli ungheresi residenti in territorio cecoslovacco (le misure riguardanti gli ungheresi furono annullate nel 1948). I tedeschi che non poterono univocamente dimostrare le proprie convinzioni antifasciste furono contrassegnati con una "N" (per "Němec" = tedesco) ed espulsi. Altri furono temporaneamente internati in campi di lavoro ed impiegati ad esempio nelle miniere di carbone o per lavori agricoli. Nel caso degli ungheresi si procedette solo ad un parziale scambio con popolazioni slovacche residenti in Ungheria. Anche tedeschi che avevano potuto dimostrare la loro opposizione al regime nazista furono in molti casi invitati a lasciare "volontariamente" il Paese.

Complessivamente furono espulsi circa 3 dei 3,2 milioni di tedeschi del Sudetenland. Vi sono stime discordanti su quanti tedeschi dei Sudeti persero la vita in questo periodo (si va dai 30.000 ai 240.000); i dati riportati negli archivi federali tedeschi riportano stime di 60.000-70.000 morti.[14] Dal maggio 1945 ai censimenti tenuti nella Repubblica Federale Tedesca e nella Repubblica Democratica Tedesca nel 1950 il numero dei tedeschi originari dei Sudeti risulta diminuito di circa 200.000 unità.

Il comunista austriaco Leopold Grünwald, originario del Sudetenland, commentò:

«L'espulsione dei tedeschi dalla Cecoslovacchia è stata giustificata da una presunta colpa collettiva. All'opinione pubblica mondiale sono stati taciuti i numerosi fatti che smentiscono questa leggenda, come la resistenza antifascista durante la guerra (1942-1945) nei territori occupati del Sudetenland, così come nelle zone abitate da tedeschi nella Slovacchia. A ciò si aggiunse che i capi dei raggruppamenti politici che avevano collaborato col nazismo, fedeli alla loro ideologia, non mostrarono alcun interesse a salvare l'onore dei tedeschi tramite le gesta ed il sacrificio dei "compagni senza patria", dei socialdemocratici tedeschi e dei comunisti.»

«L'ingiustizia dell'espulsione dei tedeschi del Sudetenland dalla loro patria è particolarmente evidente alla luce del bilancio della lotta antifascista nel Sudetenland. Il numero delle vittime della resistenza al regime nazista in rapporto alla popolazione totale è infatti nel Sudetenland molto maggiore che in Germania o in Austria. In base a questa relazione il raggio d'azione dei movimenti della resistenza nel Sudetenland era maggiore che negli altri paesi di lingua tedesca.»

Dopo l'espulsione dei circa tre milioni di tedeschi, la popolazione ceca residente iniziò a chiamare tutta la regione "terra di confine", comprese alcune ex isole linguistiche tedesche dell'interno. Da un punto di vista demografico, la popolazione tedesca esiliata fu sostituita da una massiccia immigrazione di circa un milione di cechi provenienti dalle zone più interne della Boemia e della Moravia, che si affiancarono ai circa 600.000 cittadini cechi già presenti prima della guerra, a 200.000 cosiddetti rimpatriati, cioè cittadini cechi provenienti dall'Ucraina, dall'Austria o dall'Europa occidentale, a 200.000 slovacchi, a 200.000 tedeschi rimasti (buona parte dei quali negli anni successi avrebbe lasciato il paese), oltre a svariate migliaia di persone di differenti nazionalità, tra cui Rom (secondo alcune fonti si tratterebbe di centinaia di migliaia di persone), ungheresi e romeni. Complessivamente gli abitanti della regione nel dopoguerra erano circa 2,5 milioni, concentrati nelle aree economicamente più sviluppate, mentre le zone più povere subirono un massiccio spopolamento.

La maggior parte dei nuovi abitanti si insediarono in luoghi che per loro fino a quel momento erano totalmente estranei. Gli immobili espropriati a tedeschi e ungheresi furono assegnati gratuitamente a cittadini cechi e slovacchi che soddisfacessero determinati criteri prefissati. Alcuni si appropriarono con la forza della casa, prima che i precedenti proprietari la abbandonassero. Circa 44.000 ungheresi furono inoltre deportati nelle zone abbandonate dai tedeschi per svolgere determinati lavori; dopo circa due anni fu loro consentito di ritornare nella Slovacchia meridionale, cosa che effettivamente fecero circa in 24.000. Numerosi nuovi abitanti della regione erano considerati "poco affidabili" o "di difficile socializzazione" dal governo, altri furono attratti da possibilità di carriera o ascesa sociale. Uno degli scopi del governo comunista era quello di insediare cittadini non condizionati dalle precedenti tradizioni borghesi e portati a conformarsi all'ideologia di partito.

Tramite la redistribuzione degli immobili espropriati, considerata da molti un conguaglio per i torti subiti durante l'occupazione nazista, la popolazione ceca vide rapidamente incrementarsi il proprio benessere. Fino a qualche anno fa la politica di espropri dell'immediato dopoguerra ha portato con sé tensioni tra i governi tedesco, austriaco ed ungherese da una parte e quello ceco dall'altra. Il 27 febbraio 1992 la Germania e la Cecoslovacchia firmarono un accordo di amichevole collaborazione, anche per superate questo storico conflitto.

In conseguenza degli eventi migratori descritti, nel dopoguerra la popolazione delle zone di confine della Cecoslovacchia era composta per circa due terzi da persone non autoctone, portando ad una radicale modificazione della struttura etnica, culturale ed economica. Fino ad oggi si continuano ad osservare notevoli fluttuazioni demografiche. Nei primi anni si diffuse l'opinione, tuttora strumentalizzata politicamente, che l'insediamento nelle zone di confine fosse di natura provvisoria e che fosse ragionevole aspettarsi un ritorno dei tedeschi che avevano abbandonato il Sudetenland. Molte abitazioni, specialmente quelle più prossime al confine tedesco, rimasero disabitate o furono demolite oppure abbandonate al degrado. In seguito all'apertura dei confini, molti tedeschi iniziarono a fare acquisti oltre confine attratti dai prezzi più bassi, senza tuttavia dare un vero impulso all'economia, caratterizzata da una forte disoccupazione, da un fiorente mercato della prostituzione e da un elevato tasso di criminalità.[15]

Politica di distensione

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La distensione dei rapporti tra Germania e Repubblica Ceca è stata uno degli obiettivi principali di una dichiarazione congiunta del gennaio 1997. Tale dichiarazione non accolse le richieste delle associazioni dei tedeschi dei Sudeti, definiti nel 2002 dal primo ministro ceco Milos Zeman la "quinta colonna di Hitler" e distruttori della democrazia cecoslovacca.[16]

Le associazioni dei tedeschi del Sudetenland organizzano degli incontri annuali. Inizialmente tali incontri erano focalizzati sulle ingiustizie subite, mentre oggi prevalgono toni europeisti e concilianti.

Il presidente ceco Václav Klaus nell'ottobre 2009 dichiarò che il suo paese avrebbe firmato il trattato di Lisbona solo a condizione che la carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea non venisse applicata in Repubblica Ceca. La ragione erano i timori che i tedeschi espropriati dei loro beni potessero fare causa di fronte ad un tribunale internazionale per ottenere dei risarcimenti.[17]

Negli ultimi anni è stata portata avanti una politica di distensione tra istituzioni e associazioni ceche da una parte, il Land della Baviera e le associazioni dei tedeschi del Sudetenland dall'altra. In questo contesto ci sono stati numerosi gesti di riconciliazione da entrambe le parti. Numerose associazioni culturali ceche si sono poste come obiettivo una rielaborazione delle vicende storiche di questi territori. A ciò va aggiunto un crescente numero di gemellaggi tra comuni e associazioni dalle due parti del confine.

Siccome oggi non esistono più comunità linguistiche chiuse di tedeschi del Sudetenland, i dialetti di queste popolazioni sono ad altissimo rischio di estinzione. Essi si suddividono in cinque famiglie:

  • bavarese centrale (Moravia meridionale, media e bassa Selva Boema, Hřebečsko, le isole linguistiche di České Budějovice, Vyškov, Brno e Olomouc)
  • bavarese settentrionale (Boemia occidentale, inclusa la regione di Cheb, e l'isola linguistica di Jihlava)
  • dialetti della Franconia orientale (dalla Boemia nord-occidentale fino alla regione di Bamberga, presente anche nella regione Hřebečsko e nella Moravia centro-settentrionale)
  • alto sassone (Boemia Settentrionale a ovest di Děčín e con contaminazioni di bavarese settentrionale nell'isola linguistica di Jihlava)
  • dialetti della Lusazia e della Slesia (Boemia settentrionale a est di Děčín, Boemia orientale, Moravia settentrionale, Slesia Sudeta).

Principali comuni e città

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Ecco un elenco dei principali centri abitati del Sudetenland, tra parentesi il toponimo tedesco.

  • (EN) Forced Migration in Central and Eastern Europe, 1939–1950
  • Wilhelm Weizsäcker: Quellenbuch zur Geschichte der Sudetenländer. Hrsg. vom Collegium Carolinum im Verlag Robert Lerche, München 1960.
  • Alfred Bohmann: Das Sudetendeutschtum in Zahlen. Hrsg. vom Sudetendeutschen Rat, München 1959.
  • Zdeněk Beneš, Václav Kural (Hrsg.): Geschichte verstehen. Die Entwicklung der deutsch-tschechischen Beziehungen in den böhmischen Ländern 1848–1948. Gallery, Prag 2002, ISBN 80-86010-66-X (PDF).
  • Emil Franzel: Sudetendeutsche Geschichte. Mannheim 1978, ISBN 3-8083-1141-X.
  • Rudolf Hemmerle: Sudetenland-Lexikon. Adam Kraft, Mannheim 1984 (Sonderausg., Würzburg 2001, ISBN 3-88189-395-4).
  • Rudolf Meixner: Geschichte der Sudetendeutschen. Helmut Preußler Verlag, Nürnberg 1988, ISBN 3-921332-97-4.
  • Wilhelm Jun: Die Flüchtlings-Transporte des Jahres 1946. Statistische Darstellung der Transporte aus der heutigen Tschechischen Republik nach den Ländern der amerikanischen Besatzungszone und der Transporte aus Österreich nach Westdeutschland.
  • Zmizelé Sudety: Das verschwundene Sudetenland. Antikomplex, Domažlice 2003 (4. Auflage 2004, ISBN 80-86125-73-4).
  • Jörg Osterloh: Nationalsozialistische Judenverfolgung im Reichsgau Sudetenland 1938–1945. Oldenbourg, München 2006, ISBN 3-486-57980-0.
  • Alena Wagnerovà: Helden der Hoffnung – Die anderen Deutschen aus den Sudeten 1935–1989. Berlin 2008, ISBN 978-3-351-02657-8.
  • Steffen Prauser, Arfon Rees: The Expulsion of the ‘German’ Communities at the End of the Second World War. Department of History and Civilization. European University Institute, Florenz (Dezember 2004), S. 18.
  • Ernst Schremmer: Sudetenland in Farbe: Kein schöner Land in jener Zeit (Bildband). Adam Kraft Verlag, Mannheim 1985, ISBN 3-8083-1082-0.
  • (EN) Forced Migration in Central and Eastern Europe, 1939–1950
  1. ^ Sudetenland. In: Westermann Lexikon der Geographie, Bd. IV, Sp. 450.
  2. ^ Jörg K. Hoensch: Geschichte der Tschechoslowakischen Republik 1918–1978. W. Kohlhammer, Stuttgart 1978, ISBN 3-17-004884-8, S. 30.
  3. ^ Protocolli stenografici dell'assemblea nazionale costituente dell'Austria tedesca, seconda seduta, 5 marzo 1919, pag. 26 (alex.onb.ac.at).
  4. ^ T. G. Masaryk, La nuova Europa. Il punto di vista slavo.
  5. ^ Leopold Grünwald: Der Sudetendeutsche Widerstand gegen Hitler (1938–1945). In: ders. (Hrsg.): Sudetendeutsche – Opfer und Täter. Verletzungen des Selbstbestimmungsrechtes und ihre Folgen 1918–1982. Junius, Wien 1983, pag. 41.
  6. ^ Eva Hahn, Hans Henning Hahn: „Wir wollen heim ins Reich“ – Die Sudetendeutsche Landsmannschaft und ihre ungeklärte Tradition. In: Die Zeit, Nr. 8 vom 14. Februar 2002, S. 90.
  7. ^ Leopold Grünwald: Der Sudetendeutsche Widerstand gegen Hitler (1938–1945). In: ders. (Hrsg.): Sudetendeutsche – Opfer und Täter. Verletzungen des Selbstbestimmungsrechtes und ihre Folgen 1918–1982. Junius, Wien 1983, pag. 42.
  8. ^ Riproduzione in Leopold Grünwald: Der Sudetendeutsche Widerstand gegen Hitler (1938–1945). In: ders. (Hrsg.): Sudetendeutsche – Opfer und Täter. Verletzungen des Selbstbestimmungsrechtes und ihre Folgen 1918–1982. Junius, Wien 1983, pag. 43.
  9. ^ Gregor Schöllgen, Die Außenpolitik der Bundesrepublik Deutschland, 3. Auflage 2004, S. 125 f.; vgl. dazu Daniel-Erasmus Khan, Die deutschen Staatsgrenzen, Mohr Siebeck, Tübingen 2004 (Fn 19), S. 97.
  10. ^ Khan, Die deutschen Staatsgrenzen, S. 90.
  11. ^ Jörg Osterloh: Nationalsozialistische Judenverfolgung im Reichsgau Sudetenland 1938–1945. Oldenbourg, München 2006, ISBN 3-486-57980-0, passim.
  12. ^ Leopold Grünwald: Der Sudetendeutsche Widerstand gegen Hitler (1938–1945). In: ders. (Hrsg.): Sudetendeutsche – Opfer und Täter. Verletzungen des Selbstbestimmungsrechtes und ihre Folgen 1918–1982. Junius, Wien 1983.
  13. ^ Walter Fr. Schleser, Die Staatsangehörigkeit deutscher Volkszugehöriger nach deutschem Recht, in: Die deutsche Staatsangehörigkeit, 4. Auflage, Verlag für Standesamtswesen, Frankfurt am Main 1980, ISBN 3-8019-5603-2, S. 75–106.
  14. ^ Sudetendeutsche und Tschechen, approbiertes Begleitheft zum Video Reg.Nr. 89905, 2001.
  15. ^ Pohraničí českých zemí na pokračování (Dosídlování v padesátých letech 20. století), Lubomír Slezák.
  16. ^ Eva Hahn, Hans Henning Hahn, a.a.O., S. 90.
  17. ^ Tschechien – Euroskeptiker spielt auf Zeit, Focus Online, 12. Oktober 2009.

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