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La Stele di Rosetta è una lastra in basalto di 114 x 72 cm, che pesa circa 760 kg e riporta un'iscrizione con tre differenti grafie: geroglifico, demotico e greco (dall'alto in basso). Demotico e Geroglifico non sono due lignue diverse ma semplicemente sono due differenti grafie dell'egizio: il geroglifico era usato per testi monumentali o di particolare importanza mentre il demotico, che derivava da una semplificazione della grafia ieratica, era usato per documenti ordinari; in epoca tarda l'uso di redigere anche i testi ufficali in demotico derivava dall'essersi ristretta quasi solamente alla classe sacerdotale la conoscenza della grafia geroglifica. Poiché il greco era conosciuto, la stele offrì una chiave decisiva per poter procedere alla comprensione dei geroglifici, e ciò avvenne nel 1822 ad opera di Jean-François Champollion. Lo stesso decreto tolemaico è riportato in due lingue (ma tre grafie poiché l'egizio è presente sia in geroglifico che demotico) nella stele. Si tratta di un decreto emesso nel 196 a.C. in onore del faraone Tolomeo V Epifane (al tempo 13enne) in occasione del primo anniversario della sua incoronazione. Il testo riporta tutti i benefici resi al paese dal re, le tasse da lui abrogate, e la conseguente decisione del clero di erigere in tutti i templi del paese una statua in suo onore, e statue d'oro da collocare accanto a quelle degli dèi, e di indire festeggiamenti in onore del re. Stabilisce inoltre che il decreto sia pubblicato nella scrittura delle parole degli dèi (geroglifici), nella scrittura del popolo (demotico) e in greco. La parte greca inizia così: Βασιλεύοντος τοῦ νέου καὶ παραλαβόντος τὴν βασιλείαν παρὰ τοῦ πατρòς... Basilèuontos tu nèu kài paralabòntos tèn basilèian parà tu patròs... (Il nuovo re, avendo ricevuto il regno dal padre...). Il fisico inglese Thomas Young intuì che il cartiglio (parte di testo circondata ed evidenziata da una linea) nel testo geroglifico conteneva il nome del sovrano, ed era riportato allo stesso modo nel testo greco sottostante, anche se il contributo più importante alla comprensione dell'egiziano e allo studio della stele di Rosetta fu quello del francese Jean-François Champollion (grazie alla sua conoscenza della scrittura copta, che era praticamente egiziano translitterato foneticamente usando l'alfabeto greco). Champollion non aveva però identificato i segni multiconsonantici, cosa che fece successivamente Karl Richard Lepsius.
Il ritrovamento
[modifica | modifica wikitesto]La storia della stele è legata a Napoleone Bonaparte e alla campagna d'Egitto progettata per colpire il predominio britannico nel Mar Mediterraneo e aprirsi la strada verso le Indie.
La spedizione partì da Tolone il 19 maggio del 1798, composta da una flotta di 328 navi e 38 000 uomini alla volta dell'Egitto dove arrivò il 2 luglio. Riuscì nel suo intento all'inizio, finché non riportò una cocente sconfitta navale ad Abukir da parte dell'ammiraglio britannico Horatio Nelson, che distrusse la flotta francese e segnò il declino della spedizione.
Facevano parte della spedizione anche 175 scienziati, che avevano l'obiettivo di aprire alla Francia la conoscenza della storia mediorientale, e casse contenenti strumenti di misurazione e tutti i libri disponibili a quel tempo sulla storia dell'antico Egitto. Il ritrovamento della stele è attribuito al capitano francese Pierre-François Bouchard che la trovò nella città portuale di Rosetta (l'odierna Rashid) nel delta del Nilo il 15 luglio del 1799. Bouchard trovò la lastra mentre seguiva i lavori di costruzione di Fort de Rachid, detto già allora Fort Julien, vicino alla città. In realtà Bouchard, che era l'ufficiale che dirigeva le opere di fortificazione, non trovò personalmente la stele, né il ritrovamento fu merito di Dhautpoul, capo delle truppe del genio a lui sottoposto: fu un soldato, di cui non sappiamo il nome, a rinvenirla durante i lavori. Bouchard capì l'importanza della pietra e la mostrò al generale Jacques François Menou, che decise di portarla ad Alessandria, dove giunse nell'agosto dello stesso anno. Quando nel 1801 i francesi dovettero arrendersi, nacque una disputa sui reperti rinvenuti dai francesi: questi volevano tenerli, mentre gli inglesi li considerarono il loro bottino, in nome del re Giorgio III.
I francesi cercarono di occultare la stele in una nave nonostante gli accordi, ma furono scoperti e dovettero consegnarla ai vincitori. Fu concesso loro di tenere le riproduzioni che avevano fatto prima di imbarcarsi ad Alessandria.
Al ritorno in Inghilterra, la stele fu esposta al British Museum, dove viene custodita dal 1802. Alcune iscrizioni dipinte in bianco mostrano la registrazione dell'acquisizione sul lato sinistro e su quello destro. La Stele è stata sottoposta a operazioni di pulitura nel 1988, ma queste testimonianze storiche non furono rimosse. Una piccola area dell'angolo in basso a sinistra è stata lasciata com'era per eventuali intenti comparativi. Nel luglio del 2003 gli egiziani hanno chiesto la restituzione della stele. Attualmente al Museo Egizio del Cairo è presente una copia.
Una sua riproduzione ingrandita (14 metri per 7,9 metri), scolpita nel granito nero dello Zimbabwe da Joseph Kosuth, si trova a Figeac, città natale di Champollion, sulla Place des Écritures (Piazza delle scritture).
Uso figurato del termine
[modifica | modifica wikitesto]Attualmente il termine stele di Rosetta può essere usato anche come metafora per indicare qualsiasi cosa rappresenti la chiave per un processo di decriptazione o traduzione, o per la soluzione di un problema particolarmente difficile.
Libri
[modifica | modifica wikitesto]Don Cameron Allen. The Predecessors of Champollion, Proceedings of the American Philosophical Society, Vol. 144, No. 5. (1960), pp. 527–547.
Vedi anche Tomkyns Hilgrove Turner e il Progetto Rosetta