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La traduttologia e gli studi traduttivi (più comunemente noti con il termine inglese Translation studies) abbracciano competenze di più settori scientifici che riguardano lo studio sistematico delle teorie e metodi, la descrizione e applicazione pratiche di tali teorie sulla traduzione, l’interpretazione e la localizzazione. Essendo interdisciplinari, gli studi traduttivi si basano molto sulle varie discipline che si occupano di traduzione, tra cui la filologia, la filosofia, la letteratura comparata, la linguistica, la semiotica, la storia e la terminologia.

Il termine inglese Translation studies è stato coniato da James S. Holmes [1], uno studioso americano che lavorava ad Amsterdam, che lo ha utilizzato per la prima volta nel suo articolo “The name and nature of translation studies”, considerato il testo sacro della disciplina.

Dal punto di vista storico, i Translation studies sono stati per lungo tempo definiti come prescrittivi (ovvero dicevano al traduttore come tradurre), a tal punto che molte traduzioni che venivano considerate non prescrittive non venivano proprio considerate traduzioni. Quando, occupandosi delle teorie e metodi della traduzione, gli storici ricercavano indizi sulle idee occidentali riguardo la traduzione – ad esempio erano soliti farli coincidere con le osservazioni di Cicerone riguardo come egli usò la traduzione dal greco al latino per migliorare le sue doti di oratorie – nacque proprio in quel periodo una prima descrizione di ciò che San Geronimo chiamava sense-for-sense translation. Parecchi secoli prima, Erodoto narrò la storia degli interpreti in Egitto, ma questa non venne mai considerata parte dei Translation studies – molto probabilmente perché non diceva ai traduttori come tradurre. In Cina, le indagini sulla traduzione risalgono invece ai tempi della Dinastia Han.

La nascita di una nuova disciplina accademica

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Nel 1958, il dibattito tra un approccio linguistico o letterario alla traduzione arrivò ad un punto tale da dover decidere di creare una disciplina a sé stante che studiasse i vari tipi di traduzione, una disciplina che non doveva far parte né della linguistica né della letteratura. Nell’ambito della letteratura comparata, negli anni sessanta vennero promossi in alcune università americane dei workshop sulla traduzione. Tra gli anni cinquanta e sessanta del ‘900, gli studiosi cominciarono ad occuparsi di traduzione dal punto di vista linguistico. Nel 1964, Eugene Nida pubblicò Toward a Science of Translating, un libro per tradurre la Bibbia che per certi versi prende spunto dalla grammatica trasformazionale. Questi primi passi verso la ricerca sulla traduzione letteraria vennero presentati nel 1972 a Copenaghen da James S. Holmes in "The Name and the Nature of Translation Studies" durante il terzo Convegno internazionale di linguistica applicata tenutosi a Copenaghen nel 1972. In "The Name and the Nature of Translation Studies", Holmes chiede che la disciplina venga considerata una materia separata dalle altre e ne propone il settore di appartenenza. Una mappa concettuale della proposta di Holmes verrà successivamente presentata da Gideon Toury nel 1995 in Descriptive Translation Studies and beyond. Prima degli anni ’90, gli esperti di traduzione cercavano di creare delle scuole di pensiero, in particolare nell’ambito dei modelli prescrittivo, descrittivo e Skopos. Fu nel periodo della svolta culturale (anni ’90) che la disciplina si divise in più settori di indagine, e i progetti di ricerca iniziarono a seguire strade parallele, prendendo spunto dai metodi dell'uno e dell'altro e di altre discipline accademiche.

Scuole di pensiero

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Le principali scuole di pensiero dal punto di vista della ricerca, ruotano intorno a concetti teorici chiave, la maggior parte dei quali sono diventati oggetto di discussione.

Studi sul problema dell'equivalenza

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Intorno agli anni cinquanta e sessanta del '900, i dibattiti sui Translation studies si concentravano sul come ottenere l'“equivalenza”. Il termine “equivalenza” ha due diversi significati, che corrispondono alle diverse scuole di pensiero. Per la scuola russa, la parola “equivalenza” indica la relazione univoca tra le forme della lingua, o tra una coppia di termini tecnici, di modo che “equivalenza” fosse l'opposto di una serie di “sostituti”. In Francia, Vinay e Darbelnet, prendendo spunto dal linguista svizzero Charles Bally, sostengono che il termine “equivalenza” indica la realizzazione della stessa funzione, che solitamente necessita un cambio dal punto di vista della forma. Nel corso degli anni settanta, i teorici russi adottarono un'idea più ampia di “equivalenza” e la definirono come un qualcosa che nasce dai cambiamenti linguistici. Negli stessi anni, la Teoria Interpretativa della Traduzione introdurrà la nozione di “senso deverbalizzato” nei Translation studies. In questo modo si distinguono le corrispondenze tra parole dalle equivalenze del senso, e ciò mostra qual è la differenza tra le definizioni che troviamo nel dizionario di parole e frasi (corrispondenza tra parole) e il senso di un testo in un determinato contesto (equivalenze del senso). Il dibattito sull'equivalenza ha accompagnato le diverse soluzioni al problema della traduzione (chiamate anche “procedure”, “tecniche” o “strategie”), come con Federov (1953), Vinay e Darbelnet (1958). Nel corso degli anni, le varie ipotesi sul modo in cui raggiungere l'equivalenza nella traduzione sono principalmente state catalogate come prescrittive, e riguardavano prevalentemente la formazione del traduttore.

Studi sulla traduzione descrittiva

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Il termine inglese Descriptive translation studies (Studi sulla traduzione descrittiva) è stato coniato da Toury nel 1995 nel libro Descriptive Translation Studies and Beyond. L’obiettivo era di creare una disciplina empirica e descrittiva, e di riempire la relativa sezione (descriptive) della mappa della proposta di Holmes. L’idea per cui il metodo scientifico potesse essere applicato ad elementi culturali era stata portata avanti dai Formalisti Russi nei primi anni del XX secolo, ed era stata poi ripresa da numerosi ricercatori nell’ambito della letteratura comparata. Attualmente, quest'idea viene utilizzata nella traduzione letteraria. Parte di questa applicazione è stata la teoria del “polisistema” (Even-Zohar 1990), in cui la letteratura tradotta è vista come un sotto-sistema del sistema letterario della lingua di arrivo. Toury basa la sua teoria sulla necessità di considerare la traduzione come qualcosa che appartiene alla cultura di arrivo per gli scopi della ricerca. I concetti di “manipolazione” e “patronato” (che implica che chiunque può diffondere o distruggere un'opera letteraria) sono stati sviluppati in relazione alla traduzione letteraria.

Teoria dello Skopos

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Un cambio di paradigma risale al 1984 e si è verificato in Europa. In quell’anno è stato pubblicato il libro Foundation for a General Theory of Translation di Katharina Reiss e Hans Vermeer, che hanno formulato la teoria dello Skopos (in inglese Skopos theory), che dà priorità all’obiettivo del testo di partenza invece che alla ricerca dell’equivalente.

Traduzione culturale

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Il periodo della svolta culturale rappresenta un altro passo in avanti nello sviluppo della disciplina. Questo, è iniziato con Susan Bassnett e André Lefevere nell’opera Translation - History - Culture, e dopo un breve periodo è stato parte dello scambio tra Translation Studies e altre discipline e concetti, tra i quali si trovano studi di genere, periodo post coloniale o studi culturali, e cannibalismo. Il concetto di traduzione culturale (in inglese Cultural translation) è stato introdotto da Homi Bhabha nel libro I luoghi della cultura, (in versione originale "The Location of Culture"). Questo è utilizzato nell’ambito dei Cultural studies per indicare il processo di trasformazione, linguistica e non, in una data cultura. Più specificatamente, consiste nell’utilizzo della traduzione linguistica come strumento o metafora nell’analisi della natura delle trasformazioni e scambi culturali.

Eco-translatologia

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L' Eco-translatologia è stata sviluppata da Hu Gengshen, dell'Istituto Politecnico di Macao. Gengshen considera la traduzione coinvolta in una processo di adattamento e selezione tra culture, focalizzandosi sull'integrità degli ecosistemi della traduzione e del ruolo centrale del traduttore.

Campi di indagine

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Storia della traduzione

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La storia della traduzione riguarda la storia dei traduttori in quanto gruppo di esperti del mestiere, così come la storia delle traduzioni in quanto testimonianze del modo in cui una cultura si sviluppa, interagisce, o può soccombere. Alcuni principi della storia della traduzione sono stati proposti da Lieven D'hulst e Pym. I progetti maggiori nella storia della traduzione sono l' Oxford History of Literary Translation in English e l' Histoire des traductions en langue française. Le antologie storiche sulle teorie della traduzione sono state redatte da: Robinson (2002), che si è occupato delle teorie occidentali fino a Nietzsche, D'hulst (1990) che si è occupato delle teorie francesi del periodo compreso tra il 1748 e il 1847 e da Santoyo (1987) che ha trattato la tradizione spagnola.

Sociologia della traduzione

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La sociologia della traduzione include lo studio della professione dei traduttori, dei modi in cui lavorano, e l'analisi di dati sulle traduzioni in modo da indagare lo sviluppo delle idee tra le lingue.

Studi della traduzione post coloniale

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Questo ambito riguarda la traduzione influenzata dalle differenze di potere, in particolare durante il periodo del colonialismo europeo. Un esempio sono le traduzioni tra la madrepatria e le ex colonie, o tra un complesso di ex colonie. Questi studi mettono radicalmente in discussione l'ipotesi per cui la traduzione potesse avvenire tra culture e lingue profondamente diverse.

Studi di genere

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Gli studi di genere guardano alla sessualità dei traduttori, alle caratteristiche di genere del traduttore e il testo che traduce, ai possibili processi utilizzati legati al genere, e alle metafore usate per descrivere la traduzione. I primi ad occuparsi di questi studi sono stati Luise von Fotow, Sherry Simon e Keith Harvey. L’incapacità di gestire l’argomento dell’omosessualità o la scelta di eliminarlo completamente è un tema affrontato quando, ad esempio, antichi autori furono tradotti dai pensatori del Rinascimento in un contesto cristiano.

Nel dominio dell'etica, delle pubblicazioni molto discusse sono state i saggi di Antoine Berman e di Lawrence Venuti, che differiscono per alcuni aspetti ma concordano sul'idea di enfatizzare le differenze tra lingua e cultura di partenza e di arrivo nel processo traduttivo. Entrambi sono interessati al modo in cui la diversità culturale possa essere preservata. In merito a questo problema, gli studiosi hanno recentemente applicato la filosofia dell'etica e della soggettività di Emmanuel Lévinas. Dal momento che le sue pubblicazioni sono state interpretate in modi differenti, anche le conclusioni relative alla sua concezione di responsabilità etica sono state varie. Alcuni studiosi sono giunti alla conclusione per cui l'idea della traduzione in sé sia dubbia dal punto di vista etico, mentre altri la considerano un modo di focalizzarsi sulla relazione tra autore o testo e traduttore, considerandola come qualcosa di interpersonale, rendendo così il processo equo e reciproco. Parallelamente a questi studi, il riconoscimento generale dell'importanza della presenza del traduttore è aumentato. Sempre di più traduttori e interpreti vengono considerati partecipanti attivi ai conflitti geopolitici, e questo ha generato la questione di come essi possano distaccarsi da un punto di vista etico dalla loro identità e dal loro giudizio. Questo porta alla conclusione per cui la traduzione e l'interpretazione non possono essere considerate unicamente come un processo di trasposizione linguistica, ma anche di attività sociali e politiche. La necessità di un codice etico che disponga di principi guida per ridurre le incertezze e migliorare il livello di professionalità ha riscontrato un consenso generale. Questo codice esiste già per altre discipline (ad esempio, il codice deontologico del traduttore). Tuttavia, dal momento che non è ancora chiaro il concetto di etica in questo campo, le opinione riguardo le caratteristiche di questo tipo di codice variano considerevolmente.

La traduzione audiovisiva

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La teoria della traduzione audiovisiva (in inglese Audiovisual translation studies, AVT) è una disciplina che si occupa della traduzione in cui le componenti acustiche e visive hanno un ruolo centrale, come nel cinema, nella televisione, nei video giochi e anche in alcuni eventi live come per esempio l’opera. Il comune denominatore degli studi in questo campo è che la traduzione include sistemi semiotici diversi in quanto i testi tradotti trasportano messaggi attraverso una pluralità di canali, non solo attraverso le parole, ma anche attraverso suoni e/o immagini. Le principali tipologie di traduzione audiovisiva oggetto di studio sono il sottotitolaggio, il doppiaggio, il fuori campo, ma anche il sopratitolaggio per l’opera e il teatro. Media accessibility studies è una disciplina che spesso è considerata una parte di questo campo di studi, e insieme all’audio descrizione per persone con completa o parziale disabilità visiva e alla sottotitolazione per non udenti sono i principali oggetti di interesse di questa branca della traduzione. Nella teoria della traduzione audiovisiva, la traduzione deve tenere in considerazione i limiti intrinseci dei media utilizzati, e questo spesso è il centro degli studi della traduzione audiovisiva. Molti studiosi di questo settore sono membri del “European Association for Studies in Screen Translation” poiché sono i principali esperti nel settore.

La traduzione amatoriale

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Quando si parla di traduzione amatoriale, ci si riferisce a tutte le traduzioni svolte da traduttori non professionisti, spesso tramite l'utilizzo di internet. Queste tipologie di traduzione si sono diffuse recentemente grazie alla democratizzazione della tecnologia e alla maggiore accessibilità ad internet. Iniziative avviate da traduttori volontari sono frequenti in tutto il mondo, e si occupano di tradurre vari tipi di testi scritti e prodotti multimediali. Generalmente, ai traduttori volontari non è richiesta nessun tipo di esperienza, ma anche i traduttori professionali possono partecipare, come nel caso di Translators without Borders. Alcune delle iniziative più conosciute di traduzione non professionale gestita da utenti sono: Fansubbing, Fandubbing, ROM hacking, Fan translation of video games e Scanlation. Queste iniziative sono supportate in gran parte dagli utenti stessi, ma altre invece, che utilizzano modelli di crowdsourcing (che consiste nello sviluppo collettivo di un progetto, in genere su base volontaria), sono gestite da aziende o organizzazioni. Dal 2008, Facebook utilizza questi modelli per far in modo che i suoi contenuti siano tradotti dagli utenti, e anche TED ha avviato un progetto che prevede che i traduttori volontari possano creare i sottotitoli per le conferenze disponibili online.

La localizzazione

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Gli studi sulla localizzazione riguardano il modo in cui l’industria linguistica contemporanea traduce ed adatta ("localizza") i testi tecnici in lingue diverse, adattandoli in base al "locale" (cioè in base ad una zona di riferimento definita tenendo in considerazione la varietà linguistica ed altri parametri culturali). La localizzazione spesso riguarda ambiti dove la componente tecnologica è essenziale, come software, istruzioni, siti web e video giochi. Un concetto chiave della localizzazione è l'internazionalizzazione, questo significa che dal prodotto di partenza vengono eliminate le caratteristiche riconducibili ad una particolare cultura in modo tale da poter localizzare il prodotto in molte lingue diverse.

La formazione del traduttore

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Studi sull'interpretazione

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Gli studi sull’interpretazione (più conosciuti con il nome inglese Interpreting studies) sono spesso associati ai Translation Studies perché entrambe le discipline condividono delle caratteristiche in quanto hanno come obiettivo principale quello di trasferire un'idea da una lingua ad un'altra. Infatti, l'interpretazione è stata considerata per molto tempo una sotto-categoria della traduzione, fino a quando gli studi sull'interpretazione si sono separati su basi scientifiche dai Translation studies nella seconda metà del 20° secolo. Anche se dal punto di vista teorico gli studi sull’interpretazione sono fortemente legati ai Translation studies, essi si sono sempre concentrati sugli aspetti pratici e pedagogici dell'attività. Questo ha condotto alla progressiva emancipazione della disciplina ed ad un successivo sviluppo di un quadro teorico indipendente che attinge da discipline diverse. All'interno degli studi sull’interpretazione si sono sviluppati approcci diversi e cambi di paradigma, fino ad arrivare ai più recenti sviluppi che focalizzano l'attenzione sullo studio sociologico degli interpreti e del loro lavoro.

Studi sui processi cognitivi

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Tecnologie per la traduzione

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Prospettive future

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I Translation studies si sono sviluppati contemporaneamente alla crescita di corsi e scuole di traduzione a livello universitario. Nel 1995, uno studio condotto in 60 paesi rivelò che esistevano 250 enti a livello universitario che offrivano corsi di traduzione e interpretariato, mentre nel 2013, lo stesso studio ha individuato 501 istituti in totale. Conseguentemente, si è assistito ad una crescita di conferenze, riviste e pubblicazioni sulla traduzione. La visibilità acquisita dalla traduzione ha anche condotto alla creazione di associazioni nazionali e internazionali di traduttori. Dieci di queste associazioni si sono riunite nel settembre 2016 per creare una associazione internazionale con il nome International Network of Translation and Intrepreting Studies Associations (INTISA). Il crescente numero di paradigmi è una delle possibili cause di conflitto all'interno della disciplina. Già nel 1999, il divario concettuale tra l'approccio non-essenzialista e quello empirico è stato discusso al "Vic Forum on Training Translators and Interpreters: New Directions for the Millennium". Rosemary Arrojo e Andrew Chesterman, che parteciparono alla conferenza, hanno cercato in modo esplicito di trovare degli elementi comuni tra i due approcci. La natura interdisciplinare della materia ha reso possibile la creazione di nuovi paradigmi, in quanto la maggior parte delle nuove teorie sono state sviluppate grazie a contatti con altre discipline come linguistica, letteratura comparata, studi culturali, filosofia, sociologia o storiografia. Allo stesso tempo, queste interferenze potrebbero anche aver frammentato i Translation studies come una disciplina autonoma. Un'altra causa di conflitto è la dicotomia tra teoria e pratica. Infatti, la corrente prescrittiva dei primi anni che aveva lasciato ampio spazio alla descrizione e alla teoria cozza con la visione dei professionisti, che ritengono questi approcci poco utili nella pratica. Allo stesso tempo, anche i corsi universitari hanno dato poca o nulla importanza alla traduzione pratica. I confini dei Translation studies si sono estesi fino a comprendere altri settori di studio, e questa tendenza potrebbe continuare. Questo riguarda in particolar modo l'adattamento cinematografico, la traduzione intralinguistica, la traduzione tra sistemi semiotici diversi (da immagini a testo o da testo a musica, per esempio), e la traduzione intesa come forma di interpretazione e comprensione in senso lato, come suggerito da Roman Jakobson.

  1. ^ Holmes, James S. (1972/1988). The Name and Nature of Translation Studies. In Holmes, Translated! Papers on Literary Translation and Translation Studies, Amsterdam: Rodopi, pp. 67–80.