Saliera con il trionfo di Venere
Saliera con il Trionfo di Venere | |
---|---|
Autore | Georg Petel su disegno di Peter Paul Rubens |
Data | 1627 - 1628 |
Materiale | avorio di elefante e argento dorato con tracce di inserti in corallo e conchiglia |
Dimensioni | 44×12,5 cm |
Ubicazione | Palazzo Reale, Stoccolma |
La Saliera con il trionfo di Venere è una scultura in avorio realizzata dallo scultore bavarese Georg Petel (1601-2 – 1635) su disegno di Peter Paul Rubens.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]La saliera fu commissionata da Rubens che con Petel aveva un consolidato rapporto di amicizia e collaborazione professionale. Fu lo stesso pittore a fornire i disegni per i rilievi che Petel avrebbe poi intagliato nell'avorio. Alla realizzazione del manufatto contribuì anche l’orafo anversese Jan Herck, cui si devono le parti in argento dorato[1].
Tra gli studi rubensiani per la saliera noti si annovera innanzitutto un veloce schizzo conservato nel British Museum. Vi è poi un molto più elaborato foglio, ad olio e matita, del Fitzwilliam Museum e vi è infine un terzo modello preparatorio associato dalla critica all'avorio di Petel: si tratta di un bozzetto ad olio custodito presso la National Gallery londinese presumibilmente finalizzato alla realizzazione di un vassoio d'argento. La stretta affinità tematica e compositiva che si riscontra tra questo ulteriore progetto grafico e la scultura di Stoccolma ha fatto pensare che anch'esso, benché inizialmente pensato per un altro oggetto, sia una delle idee di Rubens utilizzate dall'artista bavarese per la realizzazione della saliera[1].
Il pittore fiammingo commissionò il prezioso articolo per sé stesso, collocandolo nelle raffinate collezioni della sua abitazione di Anversa (il celebre Rubenshuis). Concorde è la datazione della saliera tra il 1627 e il 1628, periodo in cui Georg Petel è presente ad Anversa e riceve da Rubens più commissioni[2].
Alla morte del pittore la saliera (come altre opere d'arte appartenutegli) venne messa in vendita ed acquistata da un emissario della regina Cristina di Svezia, approdando così a Stoccolma e confluendo definitivamente nelle collezioni reali svedesi[1].
-
Rubens, studio del British Museum
-
Rubens, studio del Fitzwilliam Museum
-
Rubens, studio della National Gallery
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]In una composizione circolare è raffigurato un corteo marino con Venere a cavallo di un delfino che incede trionfalmente con il seguito di due nereidi e un tritone. Quest'ultimo usa una conchiglia come buccina. La scena probabilmente allude ai miti sulla nascita della dea della bellezza e dell'amore[3].
In alto tre putti sorreggono un festone all'interno del quale vi erano degli inserti, oggi quasi del tutto caduti, in corallo, vere conchiglie e piccole perle a sottolineare l'ambientazione acquatica dell'evento raffigurato[3].
Il rilievo in avorio circonda la saliera vera e propria in argento dorato che culmina in un'elaborata valva di conchiglia ove riporre il sale e si regge su tre piedi composti, ognuno, da due delfini intrecciati[3].
Petel fu abilissimo nel dare forma tridimensionale ai progetti grafici di Rubens così come è magistrale la resa di tanti dettagli della composizione quali le raffinate pettinature della dea e delle ninfe o la folta capigliatura e la fluente barba del tritone[3]. In effetti nella saliera voluta da Rubens si individua a livello critico il capolavoro di Georg Petel[4] nonché uno dei più bei prodotti d'arte suntuaria dell'età barocca[1].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d Lisa Skogh, The 'Ivory Foot' by Georg Petel, in Jutta Kappel, Georg Laue, e Marjorie Trusted (curatori), Leidenschaft für Elfenbein. A Passion for Ivory. Zu Ehren von Reiner Winkler. Sammler, Connaisseur und Mäzen, Monaco, 2015, pp. 22-23.
- ^ Bart Makken, Adam en Eva van Georg Petel, Rubens in ivoor, in Openbaar kunstbezit in Vlaanderen, 46 (2008), n. 1, p. 11.
- ^ a b c d Christine Göttler, Kunst der Diätetik – Diätetik der Kunst, in In aller Munde, Università di Berna, n. 167/2016, p. 3.
- ^ Tim Knox, Recent acquisitions (2012-16) at the Fitzwilliam Museum, Cambridge, in The Burlington Magazine, CLVIII (dicembre 2016), p. 3.