Utente:Cesare87/Sandbox/Sandbox9

Da Teknopedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

L'espressione corsa al riarmo indica, nella sua accezione originale, la competizione tra due o più fazioni per imporre, l'una sulle altre, la propria supremazia militare, effettiva o apparente. Le due parti si affrettano a produrre e sviluppare il maggior numero di armi e tecnologie militari, o a preparare l'esercito più grande. Oggi, il termine è comunemente usato per descrivere una competizione dove non c'è un obiettivo ben preciso, ma solo l'intenzione di imporsi sulle altre parti.

Esempi di corsa al riarmo

[modifica | modifica wikitesto]

Nel periodo di guerra fredda precedente alla prima guerra mondiale, Germania, Russia, Regno Unito, Francia, e Impero Austroungarico entrarono in competizione per potenziare le proprie forze arma. Il processo fu visto come uno sforzo verso la pace, in quanto molti comandanti militari pensavano che se una nazione fosse stata invasa, l'esercito doveva essere grande abbastanza da respingere l'invasione. È stato invece provato che questo comportamento ottenne il risultato opposto di far crescere la tensione e porre le alleanze dell'epoca, la triplice alleanza e la triplice intesa, su posizioni sempre più difensive e sospettose. La prova della degenerazione del processo si ebbe con lo scoppio effettivo della prima guerra mondiale. I britannici, per esempio, procedettero allo sviluppo di una marina militare estremamente potente e introdussero un nuovo tipo di navi da battaglia dal nome Dreadnoughts. Il Kaiser Guglielmo II di Germania, presto reagì e chiese che anche il suo paese si dotasse di navi da battaglia equivalenti.

L'analista storico Lewis Fry Richardson ha messo a punto un modello di simulazione per definire le condizioni geopolitiche che avrebbero evitato o causato la prima guerra mondiale. Tra i postulati di partenza, ha introdotto il concetto secondo il quale due paesi finiscono per dichiararsi guerra se le spese per la corsa al riarmo sono superiori all'interscambio commerciale. [senza fonte]

Nel ventesimo secolo, Stati Uniti e Unione Sovietica intrapresero una corsa al riarmo basata sulla produzione e sullo sviluppo di sempre più potenti armi nucleari. Nell'immediato dopoguerra al termine della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti erano inferiori ai sovietici nel campo della missilistica a medio raggio, ma recuperarono il divario tecnologico con il lavoro di scienziati tedeschi sopravvissuti al collasso della Germania nazista. Di contro, l'URSS indirizzo le forze della sua economia pianificata nella direzione della corsa al riarmo e con lo sviluppo del missile SS-18 alla fine degli settanta, raggiunse la supposta capacità di sferrare un "primo attacco" agli occidentali con possibilità di successo.

Al culmine della corsa agli armamenti, a cavallo tra il 1960 e il 1970, Stati Uniti e Unione Sovietica arrivarono a spendere ciascuna 80 miliardi in armamenti. Gli Stati Uniti, non avendo subito la distruzione della guerra, ebbero meno difficoltà a sostenere tali gravose spese, mentre l'Unione Sovietica, cui gravava il fardello dei danni di guerra, fu costretta a privare i propri cittadini di beni di consumo di base, pur non riuscendo comunque a colmare il gap. Le tantissime spese che la corsa agli armamenti furono tra le cause del crollo dell'Unione Sovietica, in seguito alla forte destabilizzazione economica che provocarono. Neanche i tentativi di conversione del modello economico da pianificato a misto tentati da Mikhail Gorbachev riuscirono a risolvere i problemi interni dell'Unione che l'esponenziale crescita delle spese in armamenti finirono per catalizzare.

Poiché le due potenze tendevano ad aumentare le proprie capacità militari senza un reale limite, entrambe acquisirono un potere decisamente superiore a quello necessario allo scopo.


Con la grande depressione degli anni trenta, in Europa vennero alimentati accesi particolarismi, specialmente tra gli Stati che si illudevano di poter risolvere la "crisi" con un dominio imperiale ormai vacillante e riponevano nella politica di potenza o di forza l'unica soluzione ai propri problemi interni. Tra questi Stati vanno annoverati in primo luogo l'impero britannico, la Francia, la Germania in Europa e il Giappone fuori dall'Europa.
Va anche ricordato che la prima guerra mondiale era passata da un tempo relativamente breve e molti Stati, anche ex-alleati, nutrivano una certa diffidenza per le altre potenze. In tale quadro, la salita alla ribalta di Hitler e del partito nazista nella fragile Germania di Weimar diede una ulteriore spinta ai destini dell'Europa verso uno scenario di conflittualità.
Il fenomeno del riarmo pre-seconda guerra mondiale, da considerarsi quindi non solo in chiave meramente militar-organizzativa, ma proprio in chiave politico-strategica; è quindi ritenuto coincidente con il 1933, anno di svolta della politica europea con la salita al potere di Hitler. Già nel 1933 gli stessi francesi, anche a causa della politica di appeasement britannica verso la polveriera tedesca e la disillusione sulla possibile risoluzione della politica di sicurezza in sede collettiva, vararono una politica cautelativa impregnata su di un doppio binario sia difensivo, mirabilmente indicata dalla realizzazione della linea Maginot, cioè sistema di forti e sistemi difensivi lungo il confine tedesco, sia diplomatica, cioè basata sulla creazione di un "cordone sanitario" fatto di alleanze diplomatiche e collaborazioni militari (spesso con fornitura di armamenti) in modo da arginare eventuali spinte naziste. Tra i principali possibili alleati francesi in chiave tedesca figuravano per ragioni diverse, Italia e Polonia, entrambe strettamente legate alle vicende storiche franco-tedesche. Una eventuale alleanza tra questi Paesi però, risultava assai difficile, a causa dei forti particolarismi e delle pretese di questi ultimi che li portava ad essere nella posizione potenziale di un rovesciamento di allenza, mossa tattica per la Polonia e strategica per l'Italia.
L'arma principale dei particolarismi tedeschi in europa e giapponese in asia era la capacità di catalizzare gli interessi e le spinte di Stati minori e subalterni o di intere classi sociali di grandi potenze verso la lotta armata, arruolando spesso tra le loro fila numerose milizie provenienti proprio da questi Paesi, o comunque ambendo ad ottenere un ruolo di leadership tra i Paesi meno potenti dell'area.
Lo stesso impero giapponese, si propose come potenza egemone dell'area asiatica e del pacifico da una parte in sede diplomatica, trattando la concessione di numerosi mandati dalla Società delle Nazioni dei maggiori arcipelaghi situati tra l'asia sud-orientale e la costa americana, dall'altra dotandosi di una grande flotta navale per imporre il proprio predominio.[1]

Riarmo giapponese

[modifica | modifica wikitesto]

Il Giappone assunse un ruolo primario in Asia anche grazie allo sviluppo intrapreso nelle aree lasciate vacanti falle potenze europee e la nota amicizia britannica in funzione anti-russa. Lo Stato nipponico assunse un ruolo più liberatorio che neo-imperialista nell'area del pacifico, visti anche i fallimenti inanellati con la prima guerra mondiale, diventando leader di un movimento anticoloniale verso gli occidentali.
Nonostante fosse caduto il precedente tipo di governo oligarchico composto da militari, nel Giappone degli anni 30 non vigeva la democrazia e il mondo militare continuava ad avere una pesantissima influenza nella politica nazionale. Nel quadro della già citata crisi economica, acquisirono sempre maggior potere i movimenti integralisti, tradizionalisti e nazionalisti inevitabilmente fortemente connessi al mondo militare. I principali antagonisti giapponesi furono la Russia e la Cina. Della prima, era in vigore una importante alleanza con la Gran Bretagna, mentre con la seconda, il Giappone assunse una posizione sempre più antagonistica e basata sull'utilizzo delle armi.
Con un trattato stipulato nel 1915 con la Cina, il Giappone si arrogò tutti privilegi, diritti e proprietà connessi con la ferrovia transmanciuriana, costruita con ingenti capitali giapponesi, fin dal 1905. Sulla base di questo accordo, applicato nel modo più estensivo possibile e a tutto svantaggio della giurisdizione cinese, vennero prima intensificate e potenziate le già presenti istallazioni militari sul territorio cinese, ma venne addirittura iniziata su iniziativa delle élite militari e senza consultare le autorità civili, una massiccia campagna di penetrazione militare nel territorio cinese, con la scusa della difesa dei circa 1.000 chilometri di ferrovia costruita con capitale giapponese. Ciò portò alla creazione dello stato fantoccio di Manciukuo. Nel 1933 con la condanna da parte di Lord Lytton del gesto giapponese, definendolo arbitrario e artificioso, il Giappone uscì dalla già fragile Società delle Nazioni.
A causa dell'immobilità occidentale, da Manciukuo i giapponesi penetrarono lentamente in tutta la Cina alimentando un movimento separatista e affidando a Wang Jingwei il governo antagonistico della Repubblica di Nanchino, ovviamente "armato" con produzioni belliche giapponesi.
Saziate le mire espansionistiche in Cina, i principali antagonisti giapponesi restavano l'Unione sovietica e gli Stati Uniti d'America. Inizialmente orientati contro il gigante russo, i giapponesi dovettero desistere a causa del complicato intreccio diplomatico che vide il Giappone aderire al Patto tripartito con la conseguente spartizione delle sfere di egemonia europea a Germania e marginalmente all'Italia e di quella asiatica al Giappone, e il patto Molotov-Ribbentrop che impose, alla Cina una politica di neutralità verso la potenza nord-occidentale. In tale quadro, tutto la pianificazione strategico-politica si orientò, anche alla luce del citato patto tripartito e della riconosciuta preponderanza asiatica, verso gli arcipelaghi del pacifico, quindi in antagonismo con gli Stati Uniti. Fu in questo spirito quindi, che quello che oggi potremmo definire complesso militar-industriale giapponese di quel periodo fu molto attivo, soprattutto nella componente aeronavale, proprio in preparazione alla guerra contro il "gigante addormentato".[2]

Riarmo tedesco

[modifica | modifica wikitesto]

La salita al potere in Germania di Adolf Hitler fa risorgere nel popolo tedesco sentimenti di rivalsa dopo le profonde umiliazioni subite dalla sconfitta della precedente guerra e segnò la rinascita di antichi, radicati e mai sopiti desideri di dominazione. Il regime tedesco, si proponeva non solo di purificare l'umanità dal duplice nemico ebraico-capitalista da un lato, e da quello comunista dall'altro, ma si prefiggeva anche di riportare in trionfo l'egemonia europea nel mondo, nella quale risplendesse la pura razza ariana, sogno folle che tuttavia da almeno un decennio affiorava non solo nella cultura tedesca, ma anche in quella francese e britannica. Proprio in questo spirito e in modo di consolidare il proprio potere interno e ridurre la drammatica disoccupazione, nel 1938 il governo hitleriano, che nel frattempo aveva unificato le cariche di presidente e cancelliere nella figura del "Führer und Reichkanzler" avviò un vasto programma di investimenti pubblici, di vaga ispirazione keynesiana concernente non solo strade, ponti, industrie, ma soprattutto un piano imponente piano di riarmo quadriennale. Nel 1938 gli investimenti in armamenti erano stimati ad almeno un terzo di quelli complessivi e ciò permise alla Germania di trovarsi nell'imminenza dello scoppio della guerra con la macchina bellica meglio equipaggiata e assai meglio organizzata di qualsiasi potenziale rivale.
La strategia tedesca sul piano internazionale aveva degli obiettivi precisi, ma una tattica elastica e tra i primi obiettivi c'era proprio la massiccia campagna di riarmo. Questo processo fu però abilmente celato agli occhi esterni, infatti il programma tedesco prevedeva prima l'annessione di tutti i popoli di origine germanica nella Großdeutschland e quindi la costruzione di una rete di alleanze militari per il successivo attacco ai popoli "non ariani" e per sottrarre i territori dell'Ucraina all'Unione Sovietica. Proprio per garantire il disfacimento dell'Unione Sovietica, la Germania avrebbe alimentato le divisioni interne al nemico sovietico, anche fornendo assistenza militare alle varie fazioni secessioniste, per portarne il crollo. A quel punto dopo aver riunificato l'Europa continentale sotto la bandiera del Terzo Reich il Regno Unito non avrebbe potuto far altro che soggiacere alla potenza tedesca. Ultimo obiettivo della politica espansionistica tedesca sarebbero stati gli Stati Uniti d'America anche grazie alla spinta antiamericana tradizionale dell'america latina.
Le idee fantapolitiche di Hitler furono comunque particolarmente influenti nelle sue scelte future, così come tali posizioni giustificavano la politica sleale che avrebbe comportato continui voltafaccia, ma soprattutto tali convinzioni, pure nei momenti più tragici e difficili non furono mai veramente abbandonate.
Nei due anni successivi la politica estera fu meramente preparatoria, anche per non allarmare troppo le altre potenze europee, cosa che al contrario già serpeggiava tra i principali governi continentali.
La politica degli armamenti tedesca fu non solo improntata ad un sempre più massiccio incremento degli arsenali, violando sistematicamente tutti gli accordi delle Conferenze di Ginevra del 1927 e del 1932 sulle limitazioni degli armamenti navali e generali, ma insistette attraverso la mite figura del moderato[3] Ministro degli Esteri Constantin von Neurath, proprio durantre i lavori ginevrini del dicembre 1932 e in un clima di reciproche accuse e recriminazioni, di applicare un principio di eguaglianza tra le potenze europee in merito al disarmo. L'obiettivo del dittatore tedesco era di accrescere segretamente e a dismisura le proprie dotazioni militari, in modo di cogliere di sorpresa qualsiasi eventuale nemico violando tutti i patti stipulati che avrebbero invece costretto tutti gli altri attori europei a ridurre drasticamente le loro forze militari. Tali richieste, con l'intento immediato di disarmare il vicino francese se inizialmente furono mossi su un terreno giuridico, successivamente assunsero il tono della minaccia, come l'abbandono dei lavori della conferenza e il contestuale avvio di un riarmo in ottica difensiva dal "pericolo francese".[4] Il 14 ottobre 1939 in seguito al mancato raggiungimento di un accordo, Hitler ritirò la propria missione diplomatica dalla Conferenza per il disarmo di Ginevra e soprattutto ritirò la Germania dalla fallimentare Società delle Nazioni. Con queste due importanti decisioni Hitler poté intensificare ulteriormente il programma di ricostruzione della potenza militare tedesca.
Con il delitto di Engelbert Dollfuß del 25 luglio 1934 ad opera di militanti del partito nazista, che occuparono la cancelleria, Mussolini, considerato maestro sia di Dolfuss che di Hitler, minacciò di inviare due corpi d'armata sul confine austriaco, ma la successiva reazione di Hitler[5] e la creazione di un governo cristiano-sociale sotto la guida di Kurt Alois von Schuschnigg fece desistere il dittatore italiano dai suoi intenti. Tale episodio sarà considerato come emblematico della doppiezza di Hitler e della scarsa sicurezza di Mussolini e del graduale rovesciamento di importanza tra i due, tale questione assunse un peso determinante nei destini europei a causa del ruolo determiannte dell'Italia nel quadro geopolitico europeo, a partire dalla questione austriaca.
In tale scenario, soprattutto negli nel biennio compreso tra il gennaio 1933 e l'aprile 1935 i Paesi europei iniziarono a discutere eventuali contromosse per arginare il pericolo tedesco, ma proprio la politica britannica sempre più defilata e sospettosa di Italia e Polonia portò qualsiasi possibile fronte comune a finire prima del nascere.
Nel 1933 Benito Mussolini, che nel frattempo aveva accentrato sotto il suo controllo il dicastero degli esteri, propose un patto quadripartito tra Regno d'Italia, Regno Unito, Terzo Reich e Francia in modo da creare un direttorio europeo, analogo a quello implicitamente paventato a Locarno e improntato al revisionismo e al conservatorismo, oltre ad attuare la politica di pace, quindi anche attraverso il controllo degli armamenti, nel Trattato di rinuncia alla guerra del 1928 ed imporre a Paesi terzi, anche con l'uso della forza, tutte le politiche e le decisioni del direttorio, in modo da garantire una pace duratura. Evidente appare l'idea mussoliniana di politica di forza e di egemonia sull'intero continente europeo, e anche oltre, che questo assetto avrebbe garantito alle allora quattro superpotenze. A tale coalizione venne posta come contropartita la richiesta di revisione dei precedenti trattati, specie quelli riguardanti le riduzioni sugli armamenti, nell'ottica di fornire le adeguate forze militari, a ciascuna potenza del direttorio, in modo da adempiere i propri doveri di guardiano d'Europa. La proposta fu inizialmente accolta con favore, soprattutto grazie alle implicite garanzie contenute che permettevano di controllare il riarmo tedesco e garantire adeguati contrappesi nei rapporti di forza e il 15 luglio dello stesso anno venne siglato un accordo tra le quattro potenze che però non fu mai ratificato, a causa di diverse perplessità e diffidenze soprattutto francesi in merito alla reale portata della minaccia tedesca.[6]

Riarmo francese

[modifica | modifica wikitesto]

Negli anni 30 il Paese europeo più preoccupato, soprattutto con ancora negli occhi la prima guerra mondiale fu la Francia, preoccupate che la sempre più forte macchina militare tedesca potesse agilmente sovvertire l'ordine di Versailles. In tale ottica, proposero più di una volta la creazione di una politica di difesa collettiva, ma resisi conto della inattuabilità del progetto, dell'isolazionismo inglese e dalla politica imperialistica italiana sempre più vicina a quella tedesca.
Alle preoccupazioni francesi in politica estera, specialmente per questioni di difesa, si aggiunsero le gravi difficoltà interne che portarono nel 1932 a succedersi ben 5 diversi governi. Le preoccupazioni in tema di sicurezza della Francia finirono per essere incrementate con la politica di forza operata dal Giappone in Asia che nel 1934 inglobava la Manciuria, così come preoccupavano l'Eliseo i continui temporeggiamenti di Hitler in tema di disarmo.
Dopo un periodo di annebbiamento, il neo ministro degli Esteri francese Louis Barthou, del governo presieduto da Gaston Doumergue, riportò la gestione della sicurezza della Francia in un ambito strategicamente coerente definendo come unico nemico degli interessi nazionali, in ultima analisi, la Germania, interrompe quindi tutti i negoziati già avviati con la stessa.
Dal punto di vista della politica di difesa, la Francia fu molto attiva nella costruzione di strutturate intese nell'Europa orientale in una serie di incontri tenutisi a Varsavia, Praga, Bucarest e Belgrado con l'intento di realizzare un contraltare danubiano al Patto di Locarno organizzando un sistema di mutua difesa militare che teneva conto degli interessi di tutte le parti in causa.
La grande vivacità francese in sede di rapporti esteri portò anche un netto riavvicinamento in chiave anti-tedesca con Mosca, fin dal 1933 che aveva portato ad importanti accodi economici nel 1934, premessa per un vero trattato di mutua assistenza.
Il governo Barthou, lasciato praticamente solo dalla Gran Bretagna che considerava infondata qualunque preoccupazione tedesca, rivalutò la possibilità di accordarsi con l'Italia, visti anche gli sforzi italiani attraverso la proposta del Patto a quattro e la reazione, almeno di facciata, autorevole avuta in occasione del delitto Dolfuss, mentre l'Italia era possibilista su un eventuale accordo con Parigi, nell'ottica di un riconoscimento ufficiale della sua politica coloniale e delle sue ambizioni nel corno d'africa. Quello che poteva essere l'accordo che avrebbe cambiato la storia però non ebbe mai modo di concretizzarsi a causa dell'attentato a Marsiglia di re Alessandro I di Jugoslavia che portò la morte di ambedue gli statisti.


  1. ^ Ennio Di Noldo, La fortezza Europa, Dagli Imperi militari a quelli agli imperi tecnologici - La politica internazionale del XX secolo, Editori Laterza
  2. ^ Ennio Di Noldo, Il protagonismo giapponese in Asia, Dagli Imperi militari a quelli agli imperi tecnologici - La politica internazionale del XX secolo, Editori Laterza
  3. ^ la scelta non fu casuale, ma motivata dal voler celare il brusco cambiamento interno
  4. ^ Va ricordato che questa fu una minaccia solo di facciata in quanto la Germania già si stava riarmando.
  5. ^ che prese le distanze
  6. ^ Ennio Di Nolfo, La Germania di Hitler e l'Europa, Dagli Imperi militari agli Imperi tecnologici, La politica internazionale nel xx secolo, Editori Laterza
  • E. Di Nolfo, Dagli imperi militari agli imperi tecnologici, La politica internazionale nel XX secolo, Editori Laterza
  • M. Baumont, Les origines de la Deuxième Guerre Mondiale, Paris 1969
  • Ch. Bloch, Le troisième Reich et le monde, Paris 1986
  • G. Borsa, l'Estremo Oriente dal 1842 al 1941
  • P. Brundu, L'equilibrio difficile. Gran Bretagna, Italia e Francia nel Mediterraneo (1937 - 1939), Milano 1980

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]