Discussione:Sociologia dell'educazione

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Gli sviluppi della sociologia dell’educazione possono essere distinti secondo Besozzi[1] in tre fasi principali:

  • Fase 1: “scoperta sociale dell’educazione” (corrisponde al periodo compreso tra metà Ottocento fino agli anni cinquanta del Novecento). Le problematiche principali affrontate dalla disciplina sono legate: al bisogno di ritrovare le basi della solidarietà nella società moderna; al formare il lavoratore e il cittadino; al formare una nuova classe dirigente, politica ed economica.
  • Fase 2: “riscoperta dell’educazione” (corrisponde al periodo compreso tra il 1950 e il 1960). Le problematiche principali affrontate sono legate: al legame tra educazione e sviluppo economico e sociale e nazionale; all’istruzione come investimento; al legame tra istruzione e occupazione.
  • Fase 3: “sviluppo delle riflessioni teoriche e delle ricerche” (corrisponde al periodo compreso tra il 1970 e il 1980). Le principali problematiche affrontate sono legate : alla crisi del sistema di istruzione (es: inflazione dei titoli di studio), all’uguaglianza delle opportunità di fronte all’istruzione; all’istruzione come bene espressivo; al policentrismo formativo; al legame tra educazione e nuove forme del cambiamento sociale e culturale.
  • Fase 4: “consolidamento dello statuto epistemologico e metodologico” (corrisponde al periodo compreso tra il 1990 ad oggi). Le principali problematiche affrontate sono legate : al tema della diversità, delle differenze (sociali, culturali, di genere, etniche) e delle disuguaglianze (con particolare attenzione alla chiarificazione sulla conciliabilità tra l’istanza di uguaglianza e di differenza); al valore dell’istruzione come rischio e come chance di mobilità sociale

Analisi del rapporto tra educazione e società

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Secondo la sociologia dell’educazione[2], il rapporto tra educazione e società può essere letto sostanzialmente secondo tre modalità : 1) lineare: l’educazione viene definita in funzione dei bisogni e delle aspettative della società secondo un rapporto lineare e dipendente. 2) discontinuità: prevale la discontinuità della realtà educativa nei confronti della società di riferimento. L’educazione è una variabile autonoma rispetto alla società (attenzione agli studi sulla ridotta corrispondenza tra istruzione o occupazione). 3) circolarità: descrive i processi educativi in un rapporto di reciproca strutturazione con le strutture sociali,all’interno di una relazione di interdipendenza. Propone una teoria multidimensionale tra azione dell’individuo e funzionamento delle istituzioni (uno dei riferimenti principali è il pensiero di Margaret Archer).

Il punto di vista della sociologia classica sull’educazione

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All’interno della sociologia dell’educazione è possibile rintracciare tre principali prospettive teoriche che esprimono differenti visioni del mondo. Di seguito ne viene presentata una breve sintesi focalizzando l’attenzione solo su alcuni dei principali autori di riferimento che hanno partecipato allo sviluppo della disciplina:

  • modello integrazionista;
  • modello conflittualista;
  • modello comunicativo.

Il modello integrazionista trae la sua visione dallo strutturalfunzionalismo e affonda le sue radici in Émile Durkheim, considerato il padre fondatore della disciplina. Il nodo teorico centrale della riflessione durkhemiana ruota attorno alla questione dell’integrazione sociale. Egli si chiede come sia possibile il mantenimento dell’ordine sociale nel passaggio da una società premoderna (da lui definita a solidarietà meccanica), ad una società moderna (definita a solidarietà organica). La società infatti non può esistere in assenza di un sentimento di solidarietà reciproca che consenta di stabilire relazioni di fiducia, e se in una società relativamente semplice questo traguardo è agevolmente realizzato grazie alla religione, in una società complessa mutano le basi di questa solidarietà e un ruolo fondamentale viene ad assumerlo la scuola con la sua funzione socializzatrice. Nella stessa prospettiva teorica si pone anche Parsons (1902-1979) che sviluppa l’analisi del rapporto tra educazione e società attraverso il concetto di azione sociale. Egli, come Durkheim, è convinto che l’interiorizzazione delle norme sociali rappresenti la condizione essenziale della stabilità sociale.

Il modello conflittualista della società emerge con forza attorno alla metà del XIX secolo e affonda le sue radici in autori del calibro di Karl Marx e Max Weber. Gli approcci di derivazione marxiana condividono l’idea secondo cui “le relazioni dominanti all’interno della società sono quelle economiche, che generano e condizionano ogni altro tipo di relazione; l’ordine sociale è basato sulla costrizione, sul dominio dei gruppi che detengono il potere […] e il mutamento avviene attraverso il conflitto”[3]. Tra gli autori più importanti di questa linea di pensiero si ricordano Pierre Bourdieu, Passeron, Bernstein e Althusser. Gli approcci di ispirazione neoweberiana, al contrario, cercano di recuperare all’attenzione la capacità di agire esercitato da ciascun individuo, a qualsiasi livello della struttura sociale. Tra i contributi più rilevanti in tal senso si ricorda Collins[4] il quale asserisce che i comportamenti degli individui possono essere compresi solo se si guarda la struttura delle relazioni a livello di gruppo.

Il modello comunicazionista muove i suoi primi passi sul finire degli anni ‘70 e viene consolidandosi nel decennio successivo facendo emergere in maniera sempre più evidente la distinzione tra approcci macro e approcci micro nell'analisi dei fenomeni sociali ed educativi. I primi focalizzano la loro attenzione sul sistema, le strutture sociali e le istituzioni; mentre i secondi concentrano la loro analisi sull'azione e l’interazione tra gli individui. Per questo motivo, questo secondo filone si riconosce anche nell’etichetta di sociologie interpretative, le quali rappresentano uno fiorire di contributi differenti che condividono l'interpretazione della realtà sociale in una prospettiva costruttivistica. Alcuni dei più importanti contributi che si possono annoverare all'interno della sociologia interpretativa sono: l’interazionismo simbolico, la fenomenologia, l’etnometodologia e il costruzionismo.

Sul finire degli anni Novanta, in corrispondenza con la straordinaria innovazione tecnologica resa possibile dall’avvento di Internet, ha cominciato a diffondersi una nuova visione interpretativa identificabile con il concetto di informazionalismo. Secondo questa prospettiva, si può asserire che siamo dentro un nuovo paradigma scientifico interpretabile proprio dal ruolo centrale assunto oggi dall'informazione come propulsore della ricchezza e della conoscenza. Castells (2001) sostiene che l'informazione oggi si presenta come il volano della produzione al pari dell'elettricità per la società industriale. Castells spiega questo nuovo assetto sociale attraverso tre assunti: valore dell'informazione, reticolarità e globalità. Il valore dell'informazione non è dato semplicemente dal fatto che essa si costituisce oggi come il volano dello sviluppo economico e della conoscenza, qualificandosi come materia prima essenziale. L'elemento distintivo della paradigma dell'informazionalismo sta nel fatto che mai prima d'ora l'uomo è stato nelle condizioni di processare una tale mole di informazioni. E ciò è reso possibile dall’affermazione, su scala planetaria, di un complesso di tecnologie dell'informazione capaci di governare questo processo. Il fattore di rilievo quindi è nella moltiplicazione e nell’estensione delle informazioni e delle possibilità di calcolo offerte oggi da tali tecnologie, ponendosi come il presupposto per gli altri due elementi, quello della reticolarità e quello della globalità. Reticolarità significa che ciascuno è un punto interconnesso ad una molteplicità di altri punti sparsi nel mondo; ciò introduce il terzo elemento che consiste in una mappa globale di relazioni che si ripercuote in ogni dimensione del nostro agire (economia, produzione, lavoro, socialità, ecc.).

L’approccio qualitativo ed etnografico

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Esiste inoltre una prospettiva particolarmente attenta agli attori che rientra per lo più nel cosiddetto approccio etnografico. Sviluppatosi in Gran Bretagna (si vedano tra le altre le ricerche pionieristiche inglesi di Hargreaves, 1984, Delamont, 1984, Woods, 1983, Hammersley, 1976) e negli Stati Uniti (utile è la sintesi storica che fa Ogbu sugli apporti dell’antropologia statunitense allo studio delle interazioni in classe; 1996) già a partire dagli anni Sessanta. Si tratta di un approccio di tipo interazionista e fenomenologico che si avvale di un metodo di ricerca fondato prevalentemente sull’osservazione partecipante per esempio delle interazioni in classe per un consistente periodo di tempo (si pensi al caso eccezionale di Pollard la cui indagine longitudinale si è protratta per 12 anni dalla scuola per l’infanzia fino al termine dell’obbligo scolastico per uno stesso campione di studenti; 2007). Tra i temi maggiormente affrontati nello studio delle interazioni in classe ci sono le modalità con cui viene esercitata l’autorità dell’insegnante, come vengono ad esempio negoziati lo spazio ed il tempo in classe nella relazione tra studenti e insegnante, come vengono reciprocamente costruire le reputazioni (dell’insegnante “smidollato” piuttosto che dello studente “attaccabrighe”). Vanno nella stessa direzione anche le ricerche di quella parte della sociologia dell’infanzia che privilegia gli attori. Si pensi per esempio alle indagini comparate nelle scuole per l’infanzia statunitensi e italiane di William Corsaro (2005), a quelle sulla presa di parola in una classe elementare di Régine Sirota (1988), che collocano il metiér d’élève nel più ampio metiér d’enfant (Sirota 1993). Tra le ricerche italiane, degne di nota sono quelle di impronta etnometodologica condotte da Fele e Paoletti (2003) sulle interazioni verbali in aula tra insegnanti e studenti, e le indagini sui climi di classe svolte da Giorgio Chiari (1994) per mettere in luce le relazioni esistenti tra clima cooperativo e apprendimento scolastico.

Vecchio incipit

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Si sottolinea in particolar modo il ruolo che l’educazione ha svolto nelle diverse società, oggi e lungo la storia. I sociologi dell’educazione tentano di spiegare gli effetti della società sull’educazione e gli effetti della educazione sulla società, nonché il loro rapporto dialettico e di interdipendenza.

Esiste una pluralità di approcci alla sociologia dell’educazione, che possono essere semplificati in due diversi filoni: uno che pone maggiormente l’attenzione sulle strutture e che tende a privilegiare la logica della spiegazione dei fenomeni individuando la relazione tra variabili indipendenti e dipendenti (ad esempio tra istruzione e sviluppo economico, tra istruzione e disuguaglianze sociali). L’altro filone, invece, si concentra sugli attori e sulla comprensione delle loro rappresentazioni, sulle relazioni di tipo formativo (qui il termine formazione viene preferito a quello di educazione), ad esempio tra insegnante e allievi, tra genitori e figli.

La sociologia dell’educazione si caratterizza come disciplina descrittiva-interpretativa che proporre un’analisi dell’educazione come attività sociale, a differenza della pedagogia che invece ha finalità principalmente prescrittive (cioè che tende a individuare ciò che dovrebbe essere la realtà educativa). La sociologia dell’educazione, come osserva Cesareo[5] è «una teoria in grado di spiegare situazioni fenomeni presenti e passati, nonché di individuare tendenze e probabili alternative».

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Bibliografia

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Qui era presente una vasta bibliografia che riportava in apertura "Tra alcuni dei volumi di introduzione alla disciplina segnaliamo:". Dato che il paragrafo dovrebbe indicare i volumi usati per scrivere la voce e non dare consigli sull'acquisto di libri, cancello questo elenco che cmq rimane presente nella cronologia per eventuali ripristini.Idraulico (msg) 12:08, 24 giu 2019 (CEST)[rispondi]

  1. ^ Besozzi E., Educazione e società, Carocci, Roma, 2006a
  2. ^ Cfr. Besozzi E., Società, cultura, educazione. Teorie, contesti e processi, Carocci, Roma, 2006
  3. ^ L. Ribolzi, Sociologia e processi formativi, La Scuola, Brescia, 1993, p. 135.
  4. ^ R. Collins, Sociologia, Zanichelli, Bologna, 1980, p. 7.
  5. ^ Cesareo 1976: 7.