Cava Salnova
La Cava Salnova è un sito estrattivo privato attivo che si trova nel comune di Saltrio (VA).
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Le prime attività estrattive della famosa pietra di Saltrio risalgono ai tempi degli antichi Romani. Si hanno notizie di attività di questa cava fin dal 1400[1].
In località Monte oro, sul versante sud del Monte Orsa, sorgevano numerose cave in trincea che erano utilizzate per estrarre questa pregiata roccia, utilizzata sia per costruzioni strutturali sia per la produzione di manufatti e opere artistiche. In tempi più recenti l’attività estrattiva si è trasformata e si è passati dall’estrazione di pietra per costruzione all’estrazione per la produzione di pietrischi, stabilizzati e spaccati, utili alla produzione di sottofondi autostradali e di miscele per la realizzazione di asfalti[2].
Ad oggi è l'unica cava in attività dove si estrae la pietra di Saltrio[1].
Geologia
[modifica | modifica wikitesto]Nell'odierna cava affiora principalmente quella che viene chiamata Formazione di Saltrio, ossìa un gruppo di rocce stratificate riferibili al Giurassico Inferiore. La stratigrafia è però assai più complessa, anche se finora nessuno studio si è focalizzato su questa tematica. All’interno della cava affiora un sedimento dolomitico riferibile al Triassico Superiore (Norico); esso è sovrastato dalla Formazione di Saltrio, qui spessa 15-20 metri.
Al di sopra affiora il Calcare di Moltrasio, un calcare bruno-grigiastro composto da biocalcarenite e contenente noduli diffusi di silice spongolitica. Questa roccia è raramente fossilifera se non nelle zone di contatto tra le Formazioni.
A tetto del Calcare di Moltrasio affiora un calcare giallo biancastro, sempre di origine marino-pelagica, dove si ha la presenza di molta silice micro diffusa all’interno del sedimento.
Paleontologia
[modifica | modifica wikitesto]Sin dai primi del ‘900 sono noti rinvenimenti fossili nella Cava Salnova e nei vari saggi di cava presenti nei dintorni di questo sito. Le prime testimonianze scritte, e successive revisioni, sono riportate a partire dagli anni sessanta da Giulia Sacchi Vialli. La studiosa descrive le faune fossili di Saltrio elencando e dettagliando diversi taxa appartenenti a ammonoidi[3][4], nautiloidi[5], gasteropodi, crinoidi, brachiopodi, bivalvi[6].
In quel periodo, in cava,era appena terminata la grande fase di estrazione di pietra ornamentale con metodi manuali-meccanici. I paleontologi potevano recuperare i fossili esclusivamente nella scaglia di scarto nei pressi della cava e quindi la possibilità di scorgere più esemplari era limitata alla lunghezza delle operazioni manuali. In quegli anni però la cava sarebbe stata acquisita dalla Salnova S.P.A. (1969[7]): la finalità del materiale estratto, e quindi il metodo estrattivo e la lavorazione, cambiano. Da un'estrazione classica e manuale si passa all'utilizzo di mezzi meccanici pesanti e all'estrazione con esplosivo: il pietrisco mosso aumenta in maniera considerevole, rendendo più facile l'osservazione di altri esemplari, nuove litologie e soprattutto faune diverse.
Infatti, nel 1996, Angelo Zanella, un paleontofilo del Gruppo Brianteo Ricerche Geologiche di Paina di Giussano, durante un sopralluogo scorge da un grosso masso, risultato dell'esplosione di uno strato, alcune forme allungate che suggerivano essere ossa di un grosso vertebrato. L'esemplare viene descritto e pubblicato nel 2018[8] e formalmente denominato Saltriovenator zanellai, ossia il "predatore di Saltrio".
La fauna presente alla base della Formazione di Saltrio è condensata e comprende ammonoidi di specie attribuite all’intero Sinemuriano superiore[9]. I taxa ascrivibili al Sinemuriano inferiore rinvenuti nelle cave di Saltrio provengono verosimilmente dalla base della formazione o sono rimaneggiati[10]. Secondo Sacchi-Vialli, la Formazione comprende taxa indicativi di tutte le biozone comprese tra la Zona a Bucklandi (Sinemuriano inferiore) e la Zona a Obtusum, ed eventualmente anche della Zona a Oxynotum del Sinemuriano superiore, presente alla base della Formazione[3]. Il contatto tra la Dolomia Principale e la formazione di Saltrio contiene anche denti di selaci[11], glauconite e modelli interni fosfatizzati di ammoniti[9].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b sito della Cava Salnova, su salnova.it. URL consultato il 19 ottobre 2023.
- ^ Chi siamo - sito della Cava Salnova [collegamento interrotto], su salnova.it. URL consultato il 19 ottobre 2023.
- ^ a b Sacchi-Vialli G., Revisione della fauna di Saltrio. II. Le Ammoniti., in Atti dell'Istituto Geologico dell'Università di Pavia, vol. 12, 1961, pp. 3-62.
- ^ Sacchi-Vialli G. & Cantaluppi G.M., Risultati preliminari della revisione della fauna ad Ammoniti di Saltrio (Lombardia), in Bollettino della Scietà Paleontologica Italiana, vol. 1, 1964, pp. 69-71.
- ^ Sacchi-Vialli G. & Cantaluppi G.M., Revisione della fauna di Saltrio. III. I Nautili., in Atti dell'Istituto Geologico dell'Università di Pavia, vol. 13, 1962, pp. 3-22.
- ^ Sacchi-Vialli G. & Cantaluppi G.M., Revisione della fauna di Saltrio. V.I Gastropodi. I Cefalopodi Dibranchiati. I Briozi. I Brachiopodi. Gli Echinodermi. I Vertebrati, in Atti dell'Istituto Geologico dell'Università di Pavia, vol. 15, 1964, pp. 3-23.
- ^ sito della Cava Salnova, su salnova.it. URL consultato il 19 ottobre 2023.
- ^ Dal Sasso, C.; Maganuco, S. & Cau, A., The oldest ceratosaurian (Dinosauria: Theropoda), from the Lower Jurassic of Italy, sheds light on the evolution of the three-fingered hand of birds, in PeerJ, vol. 6, e5976, 2018, DOI:10.7717/peerj.5976.
- ^ a b (DE) Wiedenmayer, F., Obere Trias bis mittlerer Lias zwischen Saltrio und Tremona (Lombardischen Alpen), in Eclogae Geologicae Helvetiae, 56(2), 1963, pp. 529-640.
- ^ (DE) Kalin, O.; Trümpy, D. M., Sedimentation und Paläotektonik in den Westlichen Südalpen; zur triadisch-jurassischen Geschichte des Monte Nudo-Beckens, in Eclogae Geologicae Helvetiae, vol. 70, 1977, pp. 295–350.
- ^ (FR) Beaumont G. de, Contribution à l’étude des genres Orthacodus Woodw. et Notidanus Cuv. (Selachii)., in Mémoires Suisses de Paléontologie, vol. 77, 1960, pp. 1-462.
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