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Sama'khana Mevlevi al Cairo
[modifica | modifica wikitesto]La sama'hana (sama'-hana / samâhâne) Mevlevi del Cairo è tra le ultime realizzate nel corso dell’espansione ottomana e l'unica a essere stata costruita in Egitto. Essa rappresenta l'evoluzione finale della specifica tipologia architettonica ideata dai dervisci Mevlevi per il loro rito mistico[1].
La sama'khana è l'edificio in cui si svolge il sama', ovvero l'ascolto[2], da cui il nome, sama'khana[3], “aula dell'ascolto”.
La confraternita dei dervisci Mevlevi ebbe origine dal pensiero e dagli insegnamenti di Gialal ad Din Rumi (1207-1273), ritenuto il più grande poeta mistico di tutti i tempi[4]. Rumi è spesso assimilato al coevo Francesco d'Assisi[5] e Jacopone da Todi[6].
I Mevlevi in Egitto
La sama'khana è l'elemento essenziale della takiyya (monastero) che i Mevlevi hanno costruito ai piedi della Cittadella del Cairo, nell'area intermedia tra il complesso monumentale di Sunqur Sa'di[7] e il Palazzo Qusun Yasbak Aqbardi[8] utilizzando in parte le strutture preesistenti[9] .
I Mevlevi ricevettero come donazione tutta l’area dall’emiro yemenita Yusuf Sinan Pasha nel 1607 (1016), quando loro risiedevano già in una parte dell’area, allora nota come Zawiya Sa'diyya[10].
Il testo della fondazione pia (waqf) ne descrive i confini e la localizzazione urbana, il personale di gestione e le relative spese di mantenimento e di amministrazione della Mawlawiyya (takiyya ed annessi). La fondazione ricevette, in seguito, anche altre proprietà e beni tra cui la i lasciti del comandante Yusuf Bey, che elenca una lunga lista di molte altre donazioni ed è datata al 23 di ramadan del 1082 h / 1672 d.C.[11]
Non si ha una data precisa dell’arrivo dei Mevlevi in Egitto, tuttavia, da fonti turche, risulta la loro presenza al Cairo associata alla confraternita Gholshani,[12] già prima della conquista Ottomana. Una loro produzione letteraria ne documenta le attività al 1589-90[13], presso la Zawiyat Halaviyyea presieduta dallo sheykh Ni'meti Dede. In seguito, la confraternita, divenuta più numerosa, ebbe come sede la Zawiya dello sheykh Sadaqa, denominata anche Sa'diyya, come in seguito è indicata nel waqf Sinan.
In questo primo insediamento, il rito del sama' aveva luogo nell’area a cielo aperto della abbandonata madrasa di Sunqur Sa'di, probabilmente nel suo rimasto iwan ovest a fianco al mausoleo che, nel tempo, fu poi utilizzato anche dai mevlevi.
La sama'khana
La costruzione della sama'khana, secondo quanto riportato da testi storici[14], è posteriore all'insediamento Mevlevi e fu costruita nel 1225 h. /1809 d.C. La Mawlawiyya, completata infine nel suo insieme, pur riutilizzando gran parte delle precedenti strutture presenti nell’area avuta in donazione, è risultata, nella disposizione planimetrica e funzionale, simile alla casa madre di Konya e alle numerose altre takiyye realizzate nell’espansione culturale Mevlevi[15]. Il complesso architettonico fu caratterizzato da una logica disposizione dei vari componenti funzionali distinti in quattro settori: -l'area cultuale con la sama'khana e il mausoleo; -l'area della vita monastica costituita dalle celle che circoscrivono il giardino con la fontana al centro, come in Konya; -l'area delle attività giornaliere, con gli ambienti per le riunioni, per le preghiere, il refettorio, e le cucine; -l'area pubblica con gli ambienti di ricevimento che delimitano il complesso sulla strada in cui è anche l’ingresso alla takiyya e l'accesso al grande giardino Aqbardi dove venivano accolti i pellegrini e i poveri richiedenti assistenza. Al centro di questo impianto architettonico, uno dei pochi al mondo ancora integro nei suoi vari settori, è disposta la sama'khana l'elemento dell'area cultuale che risulta centrale nella planimetria e nella sua posizione altimetrica, essendo costruita al di sopra dei resti della madrasa di sunqur Sa'di il cui iwan ovest ne preclude la vista dalla strada. Mentre all'interno, la sama'khana e la sovrastante cupola, nel fronte del cortile con la fontana centrale, costituisce l'elemento visivo sacrale e di contemplazione dalle celle dei dervisci della takiyya.[16] Fonti storiche riferiscono di opere di costruzione e restauro volute da Said Pascia (al potere nel 1854- 1863)[17]. Esse trovano riscontro con le date scritte nelle decorazioni interne della sama'khana. In particolare, la data riportata nella decorazione centrale della cupola, 1274 h (1857-1858) con il nome "al-Sayyid Ibrahim al-Rusdi al-Mawlawi", e la data che è scritta in uno dei dodici pilastri, 1282 h 1865 d. C. con il nome del calligrafo "Muhammad Qasim Tabrizi". Sono date in accordo anche con le analisi stratigrafiche delle colorazioni interne della sama'khana da cui risulta che originariamente la cupola non aveva pitture ed era illuminata da 8 finestre, secondo la simbologia Mevlevi. Solo in seguito, evidentemente a causa di dissesti strutturali, le finestre furono chiuse e la cupola fu arricchita di decorazioni e paesaggi[18].
La Mawlawiyya
Nel corso delle varie vicende storiche e politiche, nazionali e internazionali dell'Egitto, i Mevlevi hanno vissuto momenti di ampio interesse sociale. Sono testimoniate in Germania, da Die Gartenlaube, (2871), che illustra la sama'khana del Cairo, con spettatori stranieri; Dalla Francia, fra gli altri, il De Vaujany, come viaggiatore in Egitto ne descrive il sama' nel 1883.[19] La morte di Ahmed Mevlevi, sheykh della takiyya, viene riportata come evento storico di rilievo da El-Gabardi[20], citando Ali Mubarak 1888. Nel 1903 il diritto di nomina dello sheykh fu acquisito per giurisdizione diretta dal Diwan al-Awqaf. Eppure, 'Abd al-Rahman Fahmi annota la chiusura della takiyya al 1334 h./1916 d.C., evidenziando quindi problemi con le autorità locali[21]. Tuttavia, il tabellone della sama'khana, sul post, posizione dello sheykh nel rito del sama', riporta la data del 1341/1922 ed è firmato da Abd al-Aziz al-Rifai che aveva una scuola di calligrafia in Egitto. Nel 1925 Ataturk ordinò la chiusura di ogni confraternita in Turchia, ponendo in crisi, anche per l’Egitto il coordinamento con la casa madre di Konya. Ma, in Egitto, il 13 giugno 1928, Maji Ziyada ha pubblicato su Al-Ahram, la foto del gruppo Mevlevi allora presente nella takiyya e la descrizione del loro sama', al quale aveva assistito. Nel 1932 i mevlevi partcipano al congresso di musica araba al Cairo con otto brani di musica. Infine, è del 1945 la targa all’ingresso della takiyya con la scritta "Gam’iyya Khayiriyya" che ne indica la sua funzione di ospizio e ambulatorio per anziani. Da tale data la sama'khana fu protetta con la chiusura da ogni accesso al pubblico. Nel 1975, la prof. C. M. Burri, direttore dell’Istituto Italiano di Cultura del Cairo, visitando il Mausoleo di Sunqur Sa'di ne individuò la presenza nella vista interna della sama'khana, dal basso dell'iwan della madrasa.
Il restauro
La sama'khana, realizzata a tre metri dal livello della madrasa di Sunqur Sa'di, in corrispondenza del cortile centrale della madrasa, ha una pianta quadrata di ca m 15 x15 ed è in parte costituita nei lati sud e ovest dai muri della madrasa di Sunqur Sa'di, integrati per i lati nord e est da altre varie strutture. L'interno della sama'khana è tutto in legno, compresa la sovrastante cupola di diametro m 10, 65, costituita da centine di elementi in coppia da cm 10x5, rivestite da listarelle lignee di supporto alle malte di rifinitura interne ed esterne. Perciò, dallo studio tecnico di rilievo, la sama'khana è risultata già originariamente molto fragile e strutturalmente non omogenea, da cui gli avvenuti i precedenti dissesti e i vari interventi di riparazione. Peraltro, nell'insieme, risulta edificata su una area di stratificazioni archeologiche, afferenti al complesso monumentale di Sunqur Sa'di e ad esso precedenti.
In ragione della complessità dell’intervento, la prof. C.M. Burri, direttore dell’Istituto Italiano di Cultura del Cairo, ritenne opportuno chiedere l’affidamento dell’incarico al prof. Giuseppe Fanfoni che dal 1975 era stato chiamato a svolgere corsi di restauro all'Università di Giza al Cairo) .
Gli interventi di restauro, diretti del prof. Giuseppe Fanfoni, furono da lui affiancati ai corsi di restauro svolti per l'università di Giza e di Helwan e, nella pratica di cantiere, volti alla formazione e alla specializzazione del personale del Ministero delle Antichità Egiziane, a vari livelli operativi, dall'artigiano allo specialista professionale e amministrativo . L’interdisciplinarità di studio storico e di tecniche conservative appropriate da applicare, in un contesto di finalità formative verificabili, è stata assolta da una organizzazione da cantiere-scuola con l’allestimento di laboratori didattici, scientifici, artigianali, e di attrezzature edili. Malgrado i tempi più lunghi rispetto a un lavoro affidato a imprese, il programma ha consentito, attraverso la formulazione e la progressiva verifica del processo operativo, contestualmente al suo riscontro formativo, la definizione conservativa dei monumenti interessati, il loro significato storico e la relativa diffusione culturale .
Evidenze storiche e culturali
Lo scavo archeologico sotto la sama'khana ha riportato alla luce l'impianto della madrasa di Sunqur Sa'di che, ipotizzata storicamente a quattro iwan[22] è invece risultata a due iwan e, a sua volta, costruita su vari precedenti insediamenti, una fisqiya (fontana del periodo Tulunide) e stratigraficamente un più antecedente pozzo[23]. Essi costituisco una esposizione visitabile integrata all'attuale museo mevlevi[24].
Lo studio delle proporzioni geometriche della sama'khana hanno consentito l'individuazione della complessa simbologia del sama' di cui la sama'khana del Cairo è la più completa definizione geometrica e matematica: il disegno plani-volumetrico della sama'khana è la virtuale visualizzazione della stessa simbologia del rito[25], definita da richiami al pensiero di Rumi, variamente elaborati nel tempo[26] e infine analiticamente esposti da Ankaravi, sheykh di Galata nel XVI sec.[27][1]
Il 18 gennaio del 1998, dopo oltre 50 anni di abbandono ha avuto luogo il sama' nella sama'khana del Cairo, celebrato dall'Instambul Sema Group (Turchia). Come è noto, il sama' è stato inserito nel 2005 dall’UNESCO nella lista del patrimonio immateriale da conservare.
Nel 15/05/2002[28] è stato inaugurato il museo mevlevi ove tra l'altro è esposto il Mesnevi donato dal Ministro della Cultura Turco Dr. Mustafa Kalemi, in ristampa anastatica realizzata nel 1995, "anno della tolleranza" indetto dall' ONU.
Il recupero della sama'khana è stato promosso dall'Istituto Italiano di Cultura del Cairo nel 1975, inizialmente, con fondi di ditte italiane operanti in Egitto, per lo studio preliminare. Dal 1977 al 1984, le attività di cantiere sono state rese possibili grazie al contributo di mensilità della Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo, MAE per i corsi di formazione all'università di Giza e Helwan. Il "Programma di Formazione Professionale" con laboratori e attrezzature da cantiere-scuola è stato svolto dal 1984 al 1988, con il prevalente finanziamento del Ministero Affari Esteri Italiano (DGCS e DGCC) e con il contributo del Ministero delle Antichità Egiziane per il personale locale in formazione e specializzazione. La gestione del Centro Italo-Egiziano per il Restauro e l’Archeologia (CIERA) è stata coordinata del Centro Formazione Professionale Restauro (CFPR) di Roma.
Il 28 luglio 1988 è stata inaugurata la sama'khana restaurata dal Centro italo-Egiziano per il Restauro e l’Archeologia (CIERA), attestando il relativo protocollo esecutivo Italia-Egitto, già siglato il 9/2/1988 per la continuità delle attività istituzionali.
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