Biglietti della follia
«Chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro. E se tu guarderai a lungo in un abisso, anche l'abisso vorrà guardare dentro di te.[1]»
I biglietti della follia (Wahnbriefe in lingua tedesca)[2] sono una serie di lettere inviate da Friedrich Nietzsche a partire dal 3 gennaio 1889 a varie personalità, alcune di grande rilievo, conosciute o meno dal filosofo tedesco, tra monarchi europei ed alcune figure politiche e secolari.
Questi scritti sono stati chiamati "della follia" poiché, anche se lo stile non è dissimile da quello classico delle sue opere precedenti (tanto che non tutti i destinatari, come l'amico Peter Gast, si accorsero prontamente della loro incoerenza[3]), in esse appare evidente il loro contenuto squilibrato. Persino la grafia costituita da enormi lettere è ben diversa dall'abituale modo di scrivere di Nietzsche: egli di solito usava abbreviazioni e salti di lettere, che lo rendevano difficile da leggere, ma nel complesso ne permettevano ancora la comprensione.
I biglietti, spediti dalla Posta centrale di Torino, risultano siglati con una varietà di pseudonimi: Dioniso - Zagreo, Il Crocifisso, L'Anticristo. Si nota ancora l’ego di Nietzsche che prepondera anche nella follia: di fatto, L’Anticristo è sia una provocazione che un plaudere da sé all’omonima opera del filosofo, appunto.
La follia
[modifica | modifica wikitesto]Questi scritti hanno anche un'importanza storico-biografica, poiché sono stati ritenuti il più chiaro sintomo della definitiva compromissione della salute mentale di Nietzsche. Nel 1889 avvenne infatti il famoso crollo mentale di Nietzsche. Il 3 gennaio 1889 occorse la prima crisi di follia in pubblico[4]: mentre si trovava in piazza Carignano, nei pressi della sua casa torinese, vedendo un cavallo adibito al traino di una carrozza fustigato a sangue dal cocchiere[5], abbracciò l'animale e pianse, finendo per baciarlo; in seguito cadde a terra urlando in preda a spasmi.
Per molti questo è un episodio leggendario e Nietzsche si sarebbe piuttosto limitato a fare vistose rimostranze e schiamazzi per i quali venne fermato e ammonito dalla polizia municipale[6].
La follia della filosofia
[modifica | modifica wikitesto]A parte l'allusività degli pseudonimi prescelti, sembra che Nietzsche avesse preconizzato la follia come meta finale della sua vita e del suo pensiero. Nella sua Genealogia della morale, stigmatizzando il Parsifal di Richard Wagner, aveva auspicato che il finale dell'opera avesse un tono parodistico-paradossale più adeguato a un poeta tragico consapevole dell'insensatezza dell'esistenza:
«Si potrebbe esser tentati di supporre il contrario e perfino di augurarci — che il Parsifal wagneriano sia stato inteso in senso giocoso, quasi come epilogo e dramma satiresco, con cui il Wagner tragico avrebbe potuto congedarsi da noi e anche da se stesso, ma soprattutto dalla tragedia, in una maniera dignitosa e appunto conveniente a lui, vale a dire con un eccesso di suprema e maliziosa parodia del tragico, di tutta la spaventosa serietà e desolazione terrena del passato, della finalmente superata più grossolana forma di contronatura dell'ideale ascetico.[7]»
Più volte aveva poi dichiarato che l'unico modo di essere filosofi fino alla fine è quello, ad un certo punto, di rimanere in silenzio, quello stesso silenzio cui lo condannerà, fino alla morte, la sua condizione certificata di "matto":
«A tutte queste domande trovai, osai, in me molte mie diverse risposte, differenziai epoche, popoli, gradi gerarchici d'individui, specificai il mio problema; dalle risposte nacquero nuove domande, indagini, supposizioni, probabilità: arrivai infine ad avere una mia propria regione, un mio proprio terreno, un mio mondo, tutto taciturno che cresce e fiorisce a somiglianza di quei segreti giardini, dei quali a nessuno è concesso avere un qualche presagio… Oh come siamo felici, noi uomini della conoscenza, posto che si sappia almeno tacere abbastanza a lungo…[8]»
Altri autori hanno visto in questo finale drammatico del pensiero di Nietzsche una linea di coerenza speculativa mantenuta sino alla fine dove la follia apre nuovi orizzonti al pensiero moderno:
«Poco importa il giorno esatto dell'autunno 1888 in cui Nietzsche è diventato completamente pazzo e a partire dal quale tutti i suoi testi appartengono non più alla filosofia ma alla psichiatria: tutti, compresa la cartolina postale a Strindberg, appartengono a Nietzsche e sono imparentati con l'Origine della tragedia. Ma non bisogna pensare tale continuità sul piano di un sistema, di una tematicità e neppure di un'esistenza: la follia di Nietzsche, cioè lo sprofondarsi del suo pensiero, permette a questo pensiero di aprirsi sul mondo moderno. Ciò che la rende impossibile ce la rende presente; ciò che la strappava a Nietzsche la offre a noi.[9]»
Cronologia
[modifica | modifica wikitesto]- 1º gennaio, a Catulle Mendès[10] (tre scritti)
- Inizi di gennaio, a August Strindberg
- 3 gennaio, a Meta von Salis-Marschlins[11]
- 3 gennaio, a Cosima Wagner (tre scritti)
- 4 gennaio, a Georg Brandes
- 4 gennaio, a Hans von Bülow
- 4 gennaio, a Jacob Burckhardt
- 4 gennaio, a Paul Deussen[12][13]
- 4 gennaio, a Peter Gast[14]
- circa 4 gennaio, a Umberto I re d'Italia[15]
- circa 4 gennaio, al cardinale Mariano Rampolla del Tindaro, Segretario di Stato
- circa 4 gennaio, a Franz Camille Overbeck
- circa 4 gennaio, all'"Illustre Polacco" (Jan Matejko)
- 4 gennaio, a Erwin Rohde
- 4 gennaio, a Malwida von Meysenbug
- 6 gennaio, a Jacob Burckhardt
- 7 gennaio, a Franz Camille Overbeck[16]
- 14 gennaio, a Carl Fuchs[17]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Friedrich Nietzsche, Al di là del bene e del male, traduzione di Ferruccio Masini, Adelphi, 1977 (146; 2007).
- ^ Fonte principale: Massimo Fini, Nietzsche. L'apolide dell'esistenza, Marsilio editori 2009, p. 335 e sgg.
- ^ In M. Fini, op. cit., p. 323.
- ^ Cronologia della vita di Nietzsche. URL consultato il 24 gennaio 2022.
- ^ Il raccapriccio per un cavallo frustato a sangue dal suo padrone era un tema già trattato da Dostoevskij, autore che Nietzsche stimava, in alcune pagine di Delitto e castigo.
- ^ Anacleto Verrecchia dubita che sia effettivamente avvenuto l'abbraccio: La catastrofe di Nietzsche a Torino (Torino: Einaudi, 1978) alle pag. 208 e 211 ricostruisce la genesi di questo mito, non riportandolo ad altra bibliografia precedente, se non a un anonimo articolista della Nuova Antologia del 16 settembre 1900, undici anni dopo il fatto.
- ^ Nietzsche, Genealogia della morale, pag. 91.
- ^ Nietzsche, Genealogia, cit. — Prefazione, pp. 5-6.
- ^ Michel Foucault, Storia della follia nell'età classica, pag. 454.
- ^ Cenni biografici
- ^ Cenni biografici
- ^ «Primo vero 'conoscitore' della filosofia indiana in Europa, il mio amico Paul Deussen. [n.d.t. Das System des Vedânta, Lipsia, 1883; Die Sūtras des Vedânta, aus dem Sanskrit űbersetzt von P. Deussen, Lipsia, 1887]» (Genealogia, cit., pag. 128).
- ^ Cenni biografici, su ramakrishnavivekananda.info. URL consultato il 10 novembre 2008 (archiviato dall'url originale il 20 ottobre 2019).
- ^ «Mio maestro Pietro! Cantami una nuova canzone. Il mondo è trasfigurato e tutti i cieli gioiscono il Crocefisso».
- ^ «Al mio amato figlio Umberto. La mia pace sia con te! Martedì verrò a Roma e voglio vederti insieme a Sua Santità il Papa. Il Crocefisso»
- ^ «All'amico Overbeck e consorte. Benché voi abbiate finora mostrato poca fiducia nella mia solvibilità, spero di poter dimostrare che io sono un tale che paga i suoi debiti. P. es. verrò da voi. Farò infatti fucilare tutti gli antisemiti... Dioniso».
- ^ A Carl Fuchs, un mediocre musicologo di Danzica appassionato ammiratore del filosofo che lo inondava di lunghe lettere, Nietzsche scrive: «Tra un paio d'anni governerò io il mondo; perché ho deposto il vecchio Dio» (in Epistolario op. cit.).
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Friedrich Nietzsche, Epistolario (1865-1900), a cura di Barbara Allason, collana NUE nuova serie, n. 31, Torino, Einaudi, 1977, SBN IT\ICCU\SBL\0158112.
- (DE) Frank Lindemann, Die Philosophie Friedrich Nietzsches im Werk Miroslav Krležas, Wiesbaden, Otto Harrassowitz, 1991, ISBN 3-447-03100-X, ISBN 978-3-447-031004.
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