Argyrokopeion

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L'argyrokopeion (in greco antico: ἀργυροκοπεῖον?, argyrokopêion) era la zecca dell'antica Atene; con lo stesso nome veniva designata la zecca delle altre città dell'antica Grecia.

Il termine ἀργυροκοπεῖον, oltre ad indicare una zecca monetale, è spesso attestato nel significato di bottega di argentiere, cioè luogo dove si fondevano e purificavano i metalli: oltre alle monete si fabbricavano vasi, tripodi, lebeti e armi.[1] Allo stesso modo il termine ἀργυροκόπος, oltre ad indicare colui che lavorava in una zecca, è spesso attestato (soprattutto in testi cristiani) col significato di argentiere.[1]

L'argyrokopeion di Atene fu costruito probabilmente alla fine del V secolo a.C., durante la guerra del Peloponneso,[2] e rimase in uso fino alla fine del I secolo a.C.[3] o, forse, fino alla sua distruzione da parte degli Eruli nel 267.[4] Gli scavi del 1950 e del 1978 hanno permesso di stabilire che nell'edificio di sei stanze,[4] di 27 m x 29 m, si trovavano delle fornaci per la fusione del bronzo (non dell'argento, il metallo usato più di frequente dagli Ateniesi per coniare le loro monete[2]); sono stati infatti rinvenuti tondelli di bronzo non coniato.[2] Le prime monete ateniesi di bronzo, però, risalgono alla seconda metà del III secolo a.C.[2]

Nel 1986, per spiegare la discrepanza tra la data di costruzione della zecca e quella delle prime monete in bronzo, John Cump propose che l'edificio fosse una fonderia destinata alla produzione di oggetti in bronzo di varia natura utili allo Stato.[2] Il significato più frequente di ἀργυροκοπεῖον, "bottega di argentiere" (non solo una zecca), conferma questa teoria.[5]

Nell'Ottocento si collocava l'argyrokopeion nei pressi di un heroon in onore dell'eroe Stefaneforo dove erano tenuti i pesi standard di ogni moneta, come presso il tempio di Giunone Moneta a Roma.[6]

Attualmente gli studiosi sono concordi nel collocare l'argyrokopeion nell'angolo sud-est dell'agorà di Atene (un'area con "funzione commerciale a carattere ufficiale"), fra la stoà meridionale a ovest e la via panatenaica a est.[2][3]

  1. ^ a b Caccamo Caltabiano, pp. 22-24.
  2. ^ a b c d e f Caccamo Caltabiano, p. 20.
  3. ^ a b Freely, p. 139.
  4. ^ a b Thompson, p. 48.
  5. ^ Caccamo Caltabiano, p. 24.
  6. ^ Smith.

Collegamenti esterni

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