Publio Licinio Calvo Esquilino (tribuno consolare 396 a.C.)
Publio Licinio Calvo Esquilino | |
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Tribuno consolare della Repubblica romana | |
Padre | Publio Licinio Calvo Esquilino |
Tribunato consolare | 396 a.C. |
Publio Licinio Calvo Esquilino (fl. IV secolo a.C.) è stato un politico e militare romano.
Tribunato consolare
[modifica | modifica wikitesto]Nel 396 a.C. fu eletto tribuno consolare con Lucio Titinio Pansa Sacco, Publio Melio Capitolino, Gneo Genucio Augurino, Lucio Atilio Prisco e Quinto Manlio Vulsone Capitolino.[1]
Livio racconta che fu eletto al posto del padre che rinunciò alla massima magistratura in suo favore.
«Poi, stringendo a sé il figlio, aggiunse: «Eccovi un giovane che è il perfetto ritratto dell'uomo che tempo fa voi avete voluto fosse il primo plebeo a ricoprire la carica di tribuno militare. Questo giovane che io ho cresciuto secondo i miei princìpi di vita lo offro e lo consacro al paese come mio legittimo sostituto e supplico voi, o Quiriti, affinché affidiate a lui che la richiede e per il quale io aggiungo le mie raccomandazioni questa carica che mi è stata offerta senza che io la sollecitassi».»
Mentre continuava l'assedio di Veio, Lucio Titinio e Gneo Genucio marciarono contro i Falisci ed i Capenati, ma furono da questi sorpresi in un'imboscata. Gneo Genucio morì combattendo, mentre Titino riuscì a riparare con i superstiti.
La notizia della rovina dell'esercito romano fece cadere Roma, ed i soldati che assediavano Veio, nel panico, tanto che alcuni di questi tornarono in città.
«A Roma erano arrivate notizie ancora più allarmanti: l'accampamento di fronte a Veio era già in stato d'assedio e colonne di nemici pronte a battersi stavano ormai marciando alla volta di Roma. Ci fu un accorrere scomposto di gente sulle mura. Le matrone, richiamate fuori dalle case dalla paura generale, si riversarono nei templi a rivolgere preghiere e suppliche agli dèi.»
Solo la nomina di Marco Furio Camillo a dittatore riuscì a riportare la calma in città e nell'esercito, che rinfrancato, fu artefice della caduta di Veio, dopo un decennale assedio.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 2, 18, anche se Tito Livio cita 5 tribuni, non menzionando Manlio Vulsone.