Palazzo Pollicarini

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Dettaglio ingresso principale Palazzo Pollicarini

Palazzo Pollicarini si trova in via Roma ad Enna, antistante la piazza Colajanni.

Dimora gentilizia e fortificata risalente al XVI secolo, in stile gotico-catalano. L'imponente portale di ingresso, sormontato da un'elegante cornice, introduce nel cortile, in cui si apre un portico a sesto acuto, coronato a raggiera. L'edificio si sviluppa su due piani. Una grande scalinata monumentale collega il cortile al piano nobile e alle sale di rappresentanza (tra cui la sala Magna); il piano è illuminato da tre finestre rettangolari a cui si sovrappone una cornice traforata con arabeschi; mentre al piano sottotetto si trovavano ubicati gli alloggi della servitù. A coronamento si trova un cornicione composto da archetti e cornici sagomate aragonesi. Fu dimora di famiglie illustri e nobili, tra cui Falanga e Petroso, che contribuirono nei secoli a mantenere il decoro e lo splendore di questo edificio, ma ad oggi ingiustamente trascurato. Dal secolo XIX il Palazzo è di proprietà della famiglia Patelmo, avvocati e latifondisti ennesi, che hanno proceduto al restauro della facciata del piano nobile.

Famiglie legate al Palazzo Pollicarini

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Ritratto Don Michelangelo Falanga, manoscritto Archivio Storico Enna

Nobile famiglia originaria di Messina che godette nobiltà nell'antica Castrogiovanni (attuale Enna). La prima comparsa di questa famiglia in testi ufficiali risale al 1184 con Maimono Falanga, nobile giurato della città di Messina (archivio di Stato di Messina, fondo pergamentale, sec. XII, unità doc. S.Maria la Pietà). Lo storico Antonio Capece Minutoli da per ceppo documentabile un Melchiorre nobiluomo di Castrogiovanni (1400), avo di Antonio nobiluomo di Messina, armatore e comandante della nave “Santa Maria delle Scale” (1416 – archivio di Stato di Messina, fondo notarile del 27/04/1416) e di Diana Falanga moglie dell'infante don Juan de Austri (Giovanni d'Austria). Nel 1600 altro Melchiorre, figlio del domino Signorello e Agata La Coppera, contrae matrimoni con donna Jacopella; figli di questi furono Antonina baronessa di Casal di Pietra, Giovan Tommaso barone di Scarpello[1] e Pollicarini[2] e Giovan Petrus nobile dei baroni di Scarpello, signore di Castrogiovanni e Noto, cavaliere del Sacro Ordine di Gerusalemme (doc. Memorie Gran Priorato di Messina). Degni di nota: Antonina Falanga figlia di Melchiorre, moglie del nobile Giovan Matteo Notarbartolo barone di Casal di Petre; Don Michelangelo Falanga, Reverendo Sacerdote della Chiesa di S.Tommaso di Enna, teologo e scrittore; Michele Falanga (1865 - 1937) figlio di Giuseppe e Polimeni Vincenza, scrittore e poeta (ramo Messinese).

Famiglia di antica nobiltà in Enna. Lo storico Pirri fa risalire all'epoca del conte Ruggiero ed il Mugnos ne riporta per primo ceppo un Manfredo Petroso onorato di varie cariche da re Federico II. Da questo acquistò il feudo e casale di Bubunetto (jure francorum) nel 1229. Massimiliano figlio ultrogenito di Giacomo, acquisì il feudo di Pollicarini[2] a seguito matrimonio con la nobile Maria Falanga figlia di Melchiorre. Da tale unione nasce Giovanni Tommaso e Francesco Petroso; Giovanni s'investì quale figlio primogenito degli spettanti titoli, il 26 gennaio 1622 per la morte della madre Maria Falanga in Petroso e per il passaggio della corona a Filippo IV. Altri personaggi di nota furono fra' Carlo 1578 e fra' Giuseppe 1595 cavalieri gerosolimitani e don Giovanni 1671, colonnello della Veneta Repubblica. Di particolare nota un Antonio barone di Bubunetto e un Pompilio barone di Ragalmursuri[3].

  1. ^ Il feudo di Scarpello è situato in Val di Noto, territorio di Lentini. Apparteneva per antico possesso a Blasco d'Alagona. I sovrani Martino e Maria lo concessero ad Arnaldo Segni dopo averlo confiscato a detto Alagona, dichiarato ribelle, morì senza discendenti. Il feudo tornò alla Corona. Fu concesso dalla Regina Maria e dai Martino, figlio e padre, a Giacomo la Rocca e suoi eredi legittimamente discendenti, con la clausola dei Franchi e con riserve in favore della Regia Corte (priv. dato a Catania il 25 maggio 1396 foglio 159; Canc. libro dell'anno 1394 fino al 1396, foglio 159). Nel ruolo dei Feudatari del 1408 risulta possessore del feudo Angerio de Larta. Il 13 giugno 1459 s'investi di esso Giovanni Bonajuto da Siracusa e ciò per fede ed omaggio alla Regina Giovanna (R. Camera Regionale vol.2 foglio 4 retro). Da quest'epoca fino al 1601 nella R.Cancelleria nell'Officio Protonotaro della Camera Regginale nella Conservatoria di Registro non si rinviene registrata l'investitura. Maria Sfalanga s'investì del feudo di Scarpello il 26 giugno 1601 nel territorio di Lentini, quale erede universale del fu Melchiorre Sfalanga, di lei avo paterno, in vigore di testamento agli atti di Not. Giovanni Domenico Varisano il 23 luglio 1587; detto feudo fu al detto Melchiorre donato da Agata la Cappera per donazione agli atti del Not.Mariano la Perna di Castrogiovanni il 4 agosto 1578. In essa investitura si accenna che Giovanni La Cappera quale marito di detta Agata prese possesso del feudo agli atti del Not. Giovanni Meli di Lentini il 29 maggio 1552; prestò il giuramento a Messina il 7 agosto 1958 (Cons. libro in v.re del 1600 al 1620 foglio 74). Melchiorre Falanga di cui sopra è parola, fu figlio di Signorello, dottore in legge da Castrogiovanni. Fu esso Melchiorre Castellano, Segreto e Capitano di giustizia di detta città (1552). Figlio di lui fu Giovan Tommaso; fu barone di Scarpello e Pullicarini. Sposò Angela Milano (1581). Da questo matrimonio nacque la suddetta Maria Falanga, baronessa di Scarpello e Pullicarini. Questa sposò Massimiano Petruso, figlio ultrogenito di Giacomo, barone di Bombetta da Castrogiovanni (Minutolo, Memorie del Gran Priorato di Messina, p. 312). Francesco de Petrusio s'investì il 26 gennaio 1622 quale figlio primogenito di Maria Sfalanga Petrusio, sua madre, e per la morte del Re Filippo III e nuova successione del Regno del Re Filippo IV (Cons. libro inv. del 1621-22, foglio 82 retro). Vincenzo Sessa prese investitura del feudo di Scarpello il 14 maggio 1637 vendita fattagli da Giovanni Tommaso Petrusio, barone di Pullicarini, per contratto agli atti del notaio Giuseppe Riera da Catania il 26 maggio 1636 (Cons. libro inv.re 1636 1648 foglio 8 retro). Morì in Lentini il 9 ottobre 1657. È da notarsi che nelle predette investitura si dice che è detto Giovan Tommaso Petruso si era investito il 22 giugno 1629; ma tale investitura non si riscontra registrata in nessun libro ufficiale. Questo Giovanni Tomaso Petruso fu figlio secondogenito di Massimiliano e quindi fratello maggiore di Francesco Petruso, morto senza figli. Sposò ,Giovan Tommaso, Mariastella Bocca di Foco e Varisano, da Piazza, figlia di Giovanni e Anna Varisano (Minutolo, loco citato). (1) Cedolario, Vol. 2467, foglio 17, Val di Noto, capibreve, p. 319. vedi protonotaro della Camera Reginale, nota allegata al processo n.664 del feudo Galermo del 1807.
  2. ^ a b Feudo di Pollicarini è in Val di Noto, territorio di Castrogiovanni. Ai tempi del Re Martino apparteneva ai coniugi Berengario Payami e Baronessa Bertirami. Costoro come ribelli ebbero il feudo confiscato. Re Martino e la regina Maria, con provvisione data a Catania li 4 Novembre 1392, ordinarono di mantenere nel possesso del feudo un certo Filippo Castrogiovanni che lo aveva acquistato da Margherita Pandolfo e Michele Papayioni da Castrogiovanni, i quali, a loro volta, asserivano di averlo avuto in concessione dal Sovrano. Il Castrogiovanni si sbarazzo presto del feudo, con atto stipulato dal Not. Lorenzo Noto di Catania, il 1º aprile 1416, lo vendette a Guglielmo Giuliana per onze 60. Lodovico Giuliana ebbe conferma e investitura, il 14 settembre 1453, foglio 758, per sé e suoi eredi, con obbligo del consueto servizio militare a tutto ciò stante la morte di Guglielmo, suo padre. Dopo di lui il feudo passo a Bernardino Giuliana di cui si sconosce la parentela. Questi ebbe una figlia chiamata Flora, che andò sposa a Nicolò Milana e portò in dote il feudo (Cons. di Reg. Inv. Reg 1197, f.200 e reg.1129, f. 324. Vedi pure Mango, Famiglie nobili siciliane, vol. II, p. 333, nota 4). Giovanbattista Milana conseguì l’investitura il 2 settembre 1506, come figlio dei suddetto. Si reinvestì il 27 marzo 1558, per il passaggio della Corona da Callo V a Filippo II. Nicolò Milana s’investì il 23 gennaio 1567, foglio 282, per la morte di Giovanni battista, suo padre. Angela Milana in Falanga s’investì il 7 febbraio 1583, foglio 113 per donazione fattagli dalla magnifico Nicolò suo fratello. Sposò Giovan Tommaso Falanga, figlio di Melchiorre da Castrogiovanni (Minutolo, Memorie del Gran Priorato di Messina, p. 312). Mariuccia o Maurizia Falanga s’investì del feudo di Pollicarini e suoi marcati il 18 marzo 1586, per donazione fattale da Angela, sua madre. Si reinvestì il 24 marzo 1601. Foglio 25, per la morte di Filippo II e successione di Filippo III. Sposò Massimiano Petruso figlio di Giacomo B.ne di Bombetta, da Castrogiovanni (1591) – vedi Minutolo, loco citato. Francesco Petruso s’investì il 26 gennaio 1622, foglio 78, per la morte di Maria Petruso e Falanga, sua madre, e per il passaggio della Corona da Filippo III a Filippo IV.
  3. ^ Feudo di Ragalmursuri: Vasto feudo dei Suriano situato tra Piazza Armerina e Barrafranca annesso ad altri grandi feudi della medesima casata quali Gasba, Terre di Mirabella e Colletorto alias Mendola. I Suriano furono Fueros d'Aragona, ma originari del Léon, erroneamente citati come catalani, a cagione dei proprie milizie con cui giunsero in Sicilia a seguito della richiesta di Pietro III d'Aragona nel 1282, successivamente ai famosi Vespri siciliani. Il feudo in questione che allora aveva caratteristiche di una grande contea, fu dato in dote alla figlia di Giuseppe Suriano di Piazza, Caramanna sposata con Cesare Petroso o Petruso barone di Bubunetto, con l'obbligo che la stirpe sua portasse il doppio cognome, cosa che avvenne con Pompilio Petruso Suriano, ma che non si mantenne con gli obblighi richiesti di investitura, sicché fu motivo di aspre contese fra i successori dei Petruso e quelli dei Suriano che mantennero il titolo, sino ai giorni nostri, di baronia di Ramursura o Rahal Mussuri (nome arabo originale) o Ragalmursuri.
  • Francesco S. Martino De Spucches, La Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari di Sicilia dalla loro origine ai nostri giorni . Editore Boccone del Povero, Palermo 1923
  • E. Igor Mineo, Nobiltà di Stato – Famiglie e identità aristocratiche nel tardo Medioevo in Sicilia . Editore Donzelli, Roma 2001
  • G.B. di Crollalanza, Dizionario storico blasonico delle famiglie nobili e notabili Italiane estinte e fiorenti . Editore Direzione del Giornale Araldico, Pisa 1886
  • Miscellanea notarile, Archivio di Stato di Enna (vol.45 c.852 del 23/05/1595, vol.2 bastardelli c.48 del 06/07/1947, vol.1612 c.385 anno 1741 agli atti del notaio Salamone Mariano, vol.1665 c.8 10/05/1665 agli atti del notaio Gioacchino Volturo)
  • Volume storico "D. Michel'Angelus Sfalanga Martir in patienzia e socius in Perfectione et directiones spiritus in Monasteriis", di Don Giovanni Cappuccino
  • Archivio di Stato, Ministero per i beni e Attività Culturali, città di Messina, prot.nr.1896/IX.4.2(18)
  • Archivio di Stato, Palermo investiture della Casata dei Suriano o Suriana
  • Minutolo "Memorie del Gran Priorato di Messina" p. 312
  • Archivio di Stato di Messina, fondo pergamentale, sec. XII, unità doc. S. Maria la Pietà

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