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Inseguimento della Goeben e della Breslau
Inseguimento della Goeben e della Breslau parte della battaglia del Mediterraneo della prima guerra mondiale | |||
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Una nave della Marina britannica mentre insegue le due navi tedesche | |||
Data | 4 - 10 agosto 1914 | ||
Luogo | Mar Mediterraneo | ||
Esito | Fuga della Mittelmeerdivision a Costantinopoli | ||
Schieramenti | |||
Comandanti | |||
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Voci di battaglie presenti su Teknopedia | |||
L'inseguimento della Goeben e della Breslau fu un episodio di guerra navale avvenuto nel mar Mediterraneo poco dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, quando la Mediterranean Fleet della Royal Navy comandata da Berkeley Milne, tentò di intercettare la Mittelmeerdivision della Kaiserliche Marine, al comando di Wilhelm Souchon, comprendente l'incrociatore da battaglia Goeben e l'incrociatore leggero Breslau.
Il 4 agosto 1914, dopo aver compiuto un'azione di bombardamento contro le coste dell'Algeria francese, Souchon diresse verso il porto di Messina per rifornirsi di carbone, venendo avvistato dalle forze navali britanniche. Nel porto italiano apprese che non avrebbe potuto ricevere alcun tipo di aiuto né dall'Italia, dichiaratasi neutrale, né dalla k.u.k. Kriegsmarine impossibilitata a raggiungerlo in tempi utili. Il 5 agosto la Gran Bretagna dichiarò guerra alla Germania, e il 6 agosto l'ammiraglio tedesco decise quindi di rischiare e raggiungere in autonomia Costantinopoli, la capitale dell'Impero ottomano, in quel momento ancora neutrale ma che il 1º agosto aveva firmato un accordo di alleanza con la Germania. Per una commistione di fortuna e audacia, Souchon riuscì a sfuggire agli inseguitori britannici, e il 10 agosto entrò nei Dardanelli e a riparare nel mar Nero con il consenso del ministro della Guerra turco Ismail Enver. Per evitare problemi diplomatici con le potenze dell'Intesa, le due navi tedesche pochi giorni dopo entrarono a far parte della Marina ottomana con il nome di Yavuz Sultan Selim e Midilli, mentre Souchon divenne viceammiraglio della flotta turca e rimase al comando delle sue unità.
Questa azione fu uno dei fattori che contribuirono all'entrata in guerra dell'Impero ottomano contro la Triplice intesa e permise alla flotta turca di poter intraprendere azioni offensive efficaci contro la flotta russa nel mar Nero durante la prima parte del conflitto.
Contesto politico
[modifica | modifica wikitesto]L'inizio della crisi politico-militare del luglio 1914 spinse il Kaiser Guglielmo II a valutare l'offerta di alleanza giunta da Ismail Enver quella stessa estate. Il governo dei Giovani Turchi era d'accordo sulla necessità di trovare al più presto un potente alleato europeo che garantisse la protezione dell'Impero ottomano nei confronti delle potenze rivali che avrebbero potuto attaccare l'Impero. Tranne la Russia, le nazioni che minacciavano l'integrità dell'Impero ottomano - l'Italia, l'Austria-Ungheria, la Grecia e la Bulgaria, non erano in grado di tener testa economicamente e militarmente a Regno Unito, Francia e Germania, per cui i Giovani Turchi nella primavera-estate 1914 tentarono di intavolare trattative con tutte e tre le grandi potenze in cerca di un alleato[1]. Gli ambasciatori turchi vennero respinti da tutte le nazioni a cui avevano chiesto aiuto, e solo con l'ultimatum dell'Austria alla Serbia del 23 luglio 1914 la situazione cambiò. A Costantinopoli iniziarono subito colloqui segreti con la Germania; per la parte ottomana i negoziatori erano il ministro degli Esteri Said Halim, il ministro degli Interni Mehmed Talat e il ministro della Guerra Ismail Enver e da parte tedesca l'ambasciatore Hans von Wangenheim che comunicava a Berlino direttamente con il cancelliere Theobald von Bethmann-Hollweg[2].
Il 28 agosto i leader ottomani inviarono a Berlino una bozza di proposta di trattato, il quale venne firmato la sera del 1º agosto, e affermava che: «La Germania si impegnava a difendere il territorio ottomano, se necessario anche con le armi, qualora esso dovesse essere minacciato». L'Impero ottomano si impegnava da parte sua a mantenere una stretta neutralità nel conflitto tra Austria-Ungheria e Serbia, ed entrare in guerra soltanto se anche la Germania fosse stata costretta a farlo. Il giorno dopo la firma del trattato, il governo dei Giovani Turchi ordinò l'inizio della mobilitazione generale proclamando al contempo la propria neutralità nel conflitto ormai esploso in Europa. Il patto di alleanza con la Germania rimase segreto, ed Enver con gli altri politici turchi affermarono che la mobilitazione non era rivolta contro le nazioni dell'Intesa e anzi, continuarono a tessere relazioni amichevoli con le potenze alleate[3]. Poiché tutti erano convinti che la guerra sarebbe durata solo qualche mese, von Wangenheim concesse ai Giovani Turchi l'alleanza tanto agognata, pensando che il conflitto si sarebbe concluso prima che Costantinopoli avesse terminato la mobilitazione[4].
Nel frattempo la Gran Bretagna aveva dato un motivo in più al governo turco di legarsi alla Germania, impadronendosi di due unità da guerra turche che erano in costruzione nei cantieri britannici a cui la Turchia le aveva ordinate. Il 28 luglio Winston Churchill, il Primo Lord dell'ammiragliato ordinò che le due corazzate fossero "requisite", così la Sultan Osman e la Reşadiye furono prima trattenute in Inghilterra, poi definitivamente sequestrate[5]. Fu un duro colpo per il governo e il popolo turco, dato che le due unità costarono alla Turchia una cifra enorme per quei tempi, circa 30 milioni di dollari, raccolti con una sottoscrizione nazionale, dopo che le sconfitte nei Balcani avevano reso consapevoli i turchi della necessità di rafforzare le forze armate[6]. Il ministro degli Esteri britannico Edward Grey il 3 agosto telegrafò al governo turco che la requisizione fu un atto dovuto a causa delle «necessità nella crisi attuale», e che il danno economico sarebbe stato oggetto della «dovuta attenzione». Era ormai da quasi un secolo che l'Impero ottomano era considerato il "malato d'Europa" prossimo a cadere sotto le spinte nazionaliste e di ammodernamento dei Giovani Turchi, tanto che secondo la giornalista e storica Barbara Tuchman, il governo britannico era arrivato al punto di «tenere in molto minor conto l'Impero ottomano che la possibilità di avere due unità navali in più». Quello stesso giorno la Turchia firmò in segreto un trattato di alleanza con la Germania, ma nonostante la dichiarazione di guerra della Germania alla Russia, il governo di Costantinopoli inizialmente assunse un atteggiamento di stretta neutralità senza dichiarare guerra anch'esso alla Russia, né chiudendo lo stretto dei Dardanelli, né prese qualsiasi iniziativa che potesse portarla al di fuori della neutralità[6].
Durante i colloqui segreti a Costantinopoli, Enver con von Wangenheim e col capo della missione militare tedesca in Turchia Otto Liman von Sanders convennero che la flotta tedesca nel Mediterraneo (Mittelmeerdivision), che comprendeva il potente incrociatore da battaglia Goeben e l'incrociatore leggero Breslau, avrebbero dovuto unirsi alla Marina ottomana per un rafforzamento della potenza bellica turca nel mar Nero, e garantire la dovuta protezione agli eserciti turco e bulgaro dalla flotta russa. Poco dopo il colloquio i due rappresentanti tedeschi chiesero a Berlino che le due navi tedesche fossero inviate in Turchia. Sempre il 3 agosto il ministero della Marina tedesco impartì ordini in tal senso al contrammiraglio Wilhelm Souchon, comandante della squadra del Mediterraneo[7].
Forze in campo
[modifica | modifica wikitesto]La Mittelmeerdivision
[modifica | modifica wikitesto]Nel novembre 1912, dopo l'inizio delle guerre balcaniche, Gugliemo II istituì un nuovo comando navale «per difendere gli interessi tedeschi nel Mediterraneo». Il Goeben e il Breslau furono le uniche unità assegnate a questa Mittelmeerdivision ("divisione del Mediterraneo"), e, come nuove unità (completate rispettivamente nell'agosto e nel maggio 1912) non avevano mai prestato servizio altrove. Con le sue 22 600 tonnellate di dislocamento e la velocità di 28 nodi, il Goeben era il più grande e veloce incrociatore corazzato presente nel Mediterraneo[N 1], mentre il Breslau, con il suo dislocamento di 4 570 tonnellate, se paragonato agli altri incrociatori leggeri era una macchina da guerra notevole[8].
A causa di problemi progettuali dei tubi delle caldaie, per tutto il suo periodo nel Mediterraneo la Goeben non riuscì mai ad eguagliare il suo record di velocità, anzi, quando Souchon prese il comando nell'ottobre 1913 in sostituzione di Konrad Trummler, la nave toccava appena i 20 nodi. Era previsto che la Goeben fosse sostituita dalla gemella Moltke verso la fine del 1914, ma dopo l'assassinio di Sarajevo del 28 giugno 1914 Souchon temette che lo scambio di consegne non potesse avere luogo e decise di dirigersi a Pola per le riparazioni, mentre il Moltke venne mantenuto nella Hochseeflotte[9]. Nonostante tutto i britannici e i francesi non sospettarono mai di tali problemi, e la nave giunse all'arsenale di Pola il 10 luglio per le riparazioni alle caldaie. Le riparazioni terminarono tredici giorni dopo, proprio quando l'Impero austro-ungarico presentò il suo ultimatum alla Serbia, ma il Goeben si trattenne nel mare Adriatico ancora una settimana per svolgere prove in mare e per apprestare la nave per le operazioni belliche. Il 29 luglio, il giorno dopo la dichiarazione di guerra, Souchon rifornì di carbone la nave a Trieste mentre la sera del 30 levò l'ancora e fece rotta verso sud. Due giorni dopo, a largo di Brindisi, incontrò il Breslau, e il 2 agosto le due navi diressero verso Messina, il porto di concentramento delle marine della Triplice alleanza designato. Lì Souchon apprese che la Germania dal 1º agosto era in guerra con la Russia e entro pochi giorni avrebbe aperto le ostilità con la Francia, e che l'Italia aveva dichiarato la neutralità[10].
I piani di guerra stabiliti negli anni precedenti erano chiari: in caso di conflitto la flotta austro-tedesco-italiana riunitasi a Messina avrebbe dovuto dirigere verso ovest per fermare i trasporti di truppe dell'esercito francese provenienti dall'Algeria. Nel caso questi piani non si potessero mettere in atto, Souchon avrebbe dovuto tentare con le sue forze di ostacolare il traffico di truppe francesi e quando non avrebbe potuto più ottenere nulla di positivo da tale azione, avrebbe dovuto forzare lo stretto di Gibilterra e tornare in Germania. Souchon si attenne agli ordini e il 3 agosto, mentre la Germania dichiarava guerra alla Francia, diresse verso l'Algeria francese[11].
Le forze dell'Intesa nel Mediterraneo
[modifica | modifica wikitesto]I primi giorni di agosto furono tesi e caotici a causa dell'evolversi della situazione diplomatica europea, tanto da influenzare continuamente le decisioni sia Souchon che degli altri comandanti delle marine presenti nel Mediterraneo: il viceammiraglio Augustin Boué de Lapeyrère per la Francia, l'ammiraglio della Mediterranean Fleet britannica sir Archibald Berkeley Milne e il collega comandante degli incrociatori corazzati di quest'ultimo, il contrammiraglio Ernest Troubridge. La successione delle reciproche dichiarazioni di guerra e i momenti in cui esse furono comunicate, delineò sempre più il quadro generale della situazione, ma il caos generato da un clima in continua evoluzione portò in alcuni casi a comunicazioni e ordini fraintesi, poco chiari o superati dal corso degli avvenimenti[11].
Gli ordini di Lapeyrère puntavano al conseguimento del dominio marittimo nel Mediterraneo occidentale per mezzo di una vittoriosa battaglia contro la flotta nemica. I trasporti dall'Algeria non dovevano essere scortati per liberare la marina in vista del previsto scontro, con solo alcune vecchie navi da battaglia e incrociatori schierati a ovest della Sardegna destinati alla protezione a distanza dei convogli di truppe. Salpando da Tolone all'alba del 3 agosto, Lapeyrère era già a conoscenza che l'Italia sarebbe rimasta neutrale e che nessuna squadra della Triplice alleanza sarebbe comparsa nel Mediterraneo occidentale. Contravvenendo agli ordini che vietavano esplicitamente di scortare il traffico dei trasporti, Lapeyrère fece rotta verso i porti algerini temendo i danni che la Goeben avrebbe potuto infliggere ai bastimenti carichi di truppe[12].
Nel frattempo Churchill il 30 luglio aveva ordinato a Milne di prepararsi ad impiegare la Mediterranean Fleet[N 2] a protezione dei convogli francesi in partenza dall'Algeria, ma soprattutto per un eventuale scontro contro la temuta Goeben. In questo caso però, avrebbe dovuto impegnare la Mittelmeerdivision solo se avesse potuto operare congiuntamente alle forze francesi, Milne infatti non doveva impegnare con la sua squadra «forze superiori». In seguito Churchill asserì che per "forze superiori" si riferiva alle navi tedesche affiancate dalla flotta austro-ungarica dell'ammiraglio Anton Haus con le sue tre dreadnought in caso di una loro sortita verso Malta, ma ciò nei suoi ordino non lo affermò esplicitamente[12].
Milne ricevette anche l'ordine di non impegnare a fondo le navi austro-ungariche fino a che non fosse stata chiarita la posizione dell'Italia, la quale si dichiarò neutrale il 2 agosto. Ciò non fece altro che complicare la posizione di Milne, perché il 4 agosto l'Ammiragliato gli impose di rispettare rigorosamente la neutralità dell'Italia e di tenere quindi le sue navi a più sei miglia dalla costa italiana, impedendogli di fatto di attraversare lo stretto di Messina, largo appena due miglia[13].
Svolgimento degli eventi
[modifica | modifica wikitesto]Primo contatto
[modifica | modifica wikitesto]Nella notte fra il 3 e 4 agosto, mentre puntava le sue navi verso la costa africana, Souchon ricevette da Berlino l'ordine di dirigersi «immediatamente a Costantinopoli». L'ammiraglio interpretò l'«immediatamente» con una certa libertà, decidendo di proseguire verso gli obiettivi prescelti. Alle 05:30 il Breslau bombardò Bona e poco dopo le 06:00 anche la Goeben aprì il fuoco contro Philippeville, nell'Algeria francese, ma, poiché i trasporti non si stavano concentrando in quei due porti, bensì a Orano e Algeri, il bombardamento tedesco provocò più allarme che danni. Souchon quindi ordinò alle sue navi di invertire la rotta e dirigersi verso Costantinopoli, facendo scalo a Messina per il rifornirsi di carbone[12].
Lapeyrère, informato via radio del bombardamento, credette che la Goeben avrebbe continuato verso ovest per tentare di forzare Gibilterra, attaccando forse Algeri che era un obiettivo lungo il percorso. L'ammiraglio francese diresse quindi verso Algeri, e non distaccò alcuna unità per cercare la Goeben, perché il suo obiettivo era la protezione dei convogli, e non pensò che la navigazione di Souchon fosse in realtà determinata da obiettivi politici e non militari[14].
Lungo la rotta di Souchon incrociò gli incrociatori da battaglia di Milne, l'Indefatigable e l'Indomitable che pattugliavano la zona a ovest della Sicilia. Le unità presero contatto alle 9:30 del 4 agosto, ma in quel momento Germania e Gran Bretagna non erano in stato di guerra. Le due navi britanniche invertirono la rotta per seguire le navi tedesche, ma non riuscirono a tenerne il passo. Seppur non in grado di raggiungere i 28 nodi delle prove, la Goeben riuscì a mantenere i 24 nodi per un buon tratto, uscendo dalla vista delle navi di Milne e salvaguardando la sua fama di nave veloce. Una tattica vincente secondo lo storico Paul Halpern, difatti i britannici e i francesi continuarono a sopravvalutare la reale forza della Goeben[15]. Troubridge nel frattempo, con quattro incrociatori corazzati e otto cacciatorpediniere, fu inviato a sorvegliare lo sbocco del mare Adriatico in caso di sortita da parte delle forze austro-ungariche[12].
Ritornando a Messina nelle prime ore del 5 agosto, Souchon apprese che le autorità portuali gli imposero un limite di permanenza di 24 ore, non sufficienti per fare il pieno di carbone. I tedeschi organizzarono quindi una nave carboniera che lo avrebbe raggiunto nell'mar Egeo. Ma le notizie negative per Souchon non finirono lì; Berlino lo informò dalla sera del 4 agosto la Germania era in guerra con la Gran Bretagna, e che a causa della situazione politica ancora incerta, non era ancora possibile entrare con le sue navi a Costantinopoli[15][N 3].
Nel frattempo Milne, impossibilitato ad attraversare lo stretto di Messina a causa degli ordini dell'Ammiragliato che gli impedivano di avvicinarsi a meno di sei miglia dalla costa italiana, già dal 4 aveva quindi dato ordine alle sue navi di muovere per sorvegliare entrambe le sponde dello Stretto, in modo da allertare la Mediterranean Fleet quando i tedeschi avrebbero ripreso il mare. La sola Gloucester fu mandata a est dello Stretto, mentre il grosso delle forze di Milne rimase nel Mediterraneo occidentale per difendere i convogli francesi e impedire la fuga di Souchon verso Gibilterra, con la squadra di Troubridge a sorvegliare l'imbocco dell'Adriatico. Temendo di dover affrontare forze ben superiori, Souchon chiese aiuto ad Haus per ingaggiare le forze dell'Intesa, ma questi, non essendo in guerra né con la Francia, né con la Gran Bretagna fu molto restio a intervenire. La flotta austro-ungarica avrebbe potuto affrontare la flotta britannica, ma non le forze dell'Intesa congiunte, le quali avrebbero potuto facilmente sopraffare le sue navi anche con la Goeben e la Breslau dalla sua parte. Sebbene il telegramma di Souchon ad Haus confermava l'assenza delle forze francesi, il ministero degli Esteri a Vienna venne a sapere che la flotta francese aveva lasciato il porto di Tolone, e che perlomeno alcune unità francesi erano già a largo della Corsica «con l'ordine di intercettare le navi austro-ungariche e tedesche»[16]. Secondo Haus comunque, in nessun caso la sua flotta, lontana 580 miglia da Messina, sarebbe arrivata in tempo per aiutare Souchon, dato che le forze francesi erano in ogni caso molto più vicine a Messina rispetto alle sue, e pertanto rispose alla richiesta «se ci portassimo là, non faremo che sacrificare le nostre due più forti divisioni»[17]. Inoltre, anche in assenza della flotta francese, Haus se si fosse mosso avrebbe violato il desiderio di Vienna di evitare le ostilità con la Gran Bretagna, dato che un aiuto a Souchon avrebbe avuto come possibile conseguenza uno scontro con le navi di Milne[18]. Quello stesso 5 agosto la Sezione marina del Ministero degli esteri austro-ungarico aveva telegrafato al comando della flotta: «Per il momento evitare nel modo più assoluto qualunque azione contro navi e merci inglesi, la quale possa essere comunque interpretata come un atto ostile»[19]. Tutto ciò convinse Haus a non intervenire[18].
Poiché non si prospettava alcun aiuto esterno, Souchon decise di rischiare, scommettendo che la situazione turca si sarebbe risolta, e nel tardo pomeriggio del 6 agosto decise di dirigersi verso Costantinopoli[15].
L'inseguimento
[modifica | modifica wikitesto]Souchon prese il mare al mattino del 6 agosto, facendo rotta verso nord come per imboccare l'Adriatico, per poi aspettare la notte per cambiare direzione verso sud-est nel tentativo di eludere gli inseguitori[20][21][22]. Per rendere credibile l'inganno, in accordo con Souchon, l'Admiralstab tedesco chiese ad Haus che la flotta austriaca scendesse fino all'altezza di Brindisi all'imbocco dell'Adriatico con l'obiettivo di offrire protezione alla Goeben nelle acque territoriali austriache. Haus partì al mattino del 7 agosto con la I e II Divisione (in tutto sei navi da battaglia), due incrociatori corazzati, sei cacciatorpediniere e tredici torpediniere nell'intento di offrire protezione alla Goeben[23].
Il comandante della flotta austro-ungarica prese questa decisione perché non si trattava più di liberare da Messina le due navi tedesche, ma di coprirle nel loro atto di entrare nell'Adriatico. In caso di incontro con una flotta nemica, la flotta austro-ungarica avrebbe potuto contare sulla vicinanza delle basi amiche[24]. Agli occhi degli ufficiali austro-ungarici il soccorso all'alleato tedesco era un'occasione importante, giustificato dall'elevata concezione che Haus e i comandi navali avevano nei riguardi dell'alleato tedesco. Haus per giunta si prese un'enorme responsabilità dato che ancora non era stato chiarito dove si trovasse la flotta francese e sapeva che le navi britanniche erano alla caccia di Souchon. Il dispiegamento della flotta fu tuttavia inutile, in quanto puntando verso l'Adriatico, la Goeben e la Breslau stavano compiendo un'azione diversiva. Durante la notte fra il 6 e il 7 infatti le due navi tedesche avevano cambiato rotta in direzione sud-est attraverso il mar Ionio[23][24]. Nel pomeriggio del 7 l'Admiralstab trasmise all'alleato austro-ungarico che le due navi avevano doppiato Capo Matapan all'una dello stesso pomeriggio, ripetendo nuovamente che sarebbe stato politicamente e militarmente conveniente che anche la flotta austriaca si fosse spostata verso i Dardanelli, pronta ad agire contro la flotta russa nel mar Nero. Haus apprese la notizia quando la sua flotta era all'altezza di Capo Planka, inviò un messaggio augurando i migliori auspici a Souchon e fece inversione di rotta tornando a Pola la sera stessa[23].
Appena preso il mare la forza di Souchon venne intercettata dall'incrociatore leggero Gloucester, l'unica nave britannica inviata allo sbocco orientale dello Stretto di Messina, la quale si mise subito all'inseguimento delle navi tedesche. Il capitano Howard Kelly telegrafò a Milne posizione e rotta verso nord delle due navi, ma l'ammiraglio inglese restò a ovest della Sicilia, dato che lungo la rotta indicata da Kelly, Souchon avrebbe incontrato le forze di Troubridge, e se Souchon avesse invertito la rotta verso ovest e quindi verso l'Atlantico, avrebbe incontrato la sua squadra di incrociatori da battaglia. Anche Milne quindi non prese in considerazione altra possibilità; solo la Dublin fu mandata a est verso la squadra di Troubridge[25].
Souchon non riuscì a seminare il Gloucester, ma non poteva mantenere a lungo la finta rotta dato che aveva imbarcato appena 1 500 tonnellate di carbone, che non erano sufficienti a raggiungere l'appuntamento con la carboniera tedesca nell'Egeo se l'azione diversiva fosse durata troppo a lungo. Braccato o no, alle 10:00 di sera Souchon diresse verso est. A mezzanotte circa Kelly comunicò a Milne e Troubridge il cambio di rotta, allora Milne diresse verso Malta a rifornirsi di carbone e «riprendere la caccia». Ora toccava a Troubridge intercettare il nemico[26].
La squadra di Troubridge era appostata all'imbocco dell'Adriatico a largo di Cefalonia con l'ordine dell'ammiragliato di «impedire agli austriaci di uscire e ai tedeschi di entrare». La squadra britannica era formata da quattro incrociatori corazzati; HMS Defence, HMS Black Prince, HMS Warrior e HMS Duke of Edinburgh, più otto cacciatorpediniere. I cannoni da 280 mm della Goeben avevano una gittata maggiore dei cannoni da 234 mm degli incrociatori britannici, e questo fatto unito al monito di Churchill di non ingaggiare «forze superiori», indussero Troubridge alla cautela[27]. Troubridge avrebbe potuto intercettare Souchon, ed in effetti si accinse a farlo dirigendo verso sud a tutto vapore, ma lo avrebbe affrontato solo a condizione che fosse riuscito a raggiungere la Goeben alla luce dell'alba che sorgeva da est, il che gli avrebbe dato un vantaggio di visibilità per compensare lo svantaggio di gittata. Alle 04:00 del mattino però Troubridge non aveva ancora trovato la Goeben, e il contrammiraglio inglese ormai non poteva più sperare di affrontare Souchon in condizioni di luce favorevoli. Secondo Troubridge la Goeben poteva affrontare uno alla volta i suoi incrociatori mantenendosi allo stesso tempo a distanza di sicurezza, così decise che la Goeben era quella "forza superiore" che l'Ammiragliato gli aveva ordinato di non affrontare, così desistette dall'inseguimento, comunicò a Milne la sua decisione e si allontanò dirigendo verso Zante in vista di riprendere il pattugliamento dell'Adriatico[28].
Milne ordinò a Kelly di lasciarsi sfilare e dirigersi verso ovest, ma Kelly ignorò l'ordine e continuò l'inseguimento. Né Milne né l'ammiragliato pensavano alla Goeben come una nave in fuga, ma come una nave corsara che batteva il mare in cerca di una preda. L'Ammiragliato contava di tendere una trappola a Souchon in un modo o nell'altro, senza sospettare che in realtà stava sfuggendo verso oriente. Questa errata valutazione, secondo la storica Barbara Tuchman, fu prettamente politica, dato che l'Ammiragliato escluse a priori che Souchon avrebbe violato la neutralità turca. Parecchio tempo dopo Churchill ammise che: «Non credo che in alcuna alta sfera politica il governo britannico fosse a corto di informazioni come sulla Turchia»[29].
Si era ormai nella giornata del 7 agosto, e solo la Gloucester continuava a braccare Souchon, il quale non poteva arrivare all'appuntamento con la carboniera tedesca finché era in vista del nemico. Mentre erano a largo del Peloponneso Souchon diede ordine alla Breslau di rimanere indietro per disturbare la Gloucester, ma Kelly decise di attaccare la nave nemica aprendo il fuoco. Ci fu uno scambio di colpi, al quale partecipò a distanza anche la Goeben, senza che nessuno andasse a segno. Kelly tentò ancora di inseguire il nemico, ma alle 16:30, mentre si trovava a largo di Capo Matapan, Milne ordinò alla nave di abbandonare l'inseguimento e riunirsi alla flotta[30]. L'ammiraglio Souchon entrò così indisturbato nell'Egeo[23].
Fatto rifornimento di carbone, poco dopo la mezzanotte dell'8 agosto Milne uscì da Malta con i suoi tre incrociatori da battaglia Inflexible, Indefatigable e Indomitable, con l'incrociatore leggero Weymouth dirigendosi verso est. Alle 02:00 circa ricevette un messaggio errato dall'Ammiragliato che affermava che il Regno Unito era entrato in guerra con l'Impero austro-ungarico. La notizia era falsa, un impiegato aveva inoltrato per sbaglio un messaggio cifrato che era già pronto per l'eventualità del conflitto con l'Austria-Ungheria; Milne fu informato dell'errore ventiquattro ore dopo, quando ormai aveva abbandonato la caccia alla Goeben per dirigersi verso Malta in attesa di una possibile sortita della flotta austro-ungarica. Nel frattempo aveva ordinato anche a Troubridge e a Kelly di unirsi a lui. Milne quindi perse un'altra opportunità di intercettare Souchon[31]. A mezzanotte del 9 agosto l'ammiraglio britannico ricevette notizia dell'errore dall'Ammiragliato, e diede l'ordine di riprendere la caccia alla Goeben. Milne, come l'Ammiragliato non credeva ancora che Souchon stesse portando le sue navi verso i Dardanelli, così decise di sorvegliare le uscite dal mar Egeo, per "imbottigliare" Souchon al suo interno[32].
L'arrivo di Souchon a Costantinopoli
[modifica | modifica wikitesto]Nel contempo Souchon, all'oscuro che la flotta britannica aveva smesso di dargli la caccia, e impossibilitato a muoversi verso i Dardanelli perché ancora in attesa dell'autorizzazione turca, rimase fermo tutto l'8 agosto temendo di essere avvistato. Nel frattempo ordinò alla carboniera Bogadir che lo aspettava a Capo Malea di spostarsi all'interno dell'Egeo verso l'isola di Donoussa. Solo il 9 Souchon diresse su Donoussa, dove la Goeben e la Breslau per tutto il giorno si rifornirono di carbone tenendo le macchine in pressione pronte a ripartire. Vennero anche inviati degli uomini in cima ad una collina per avvistare in anticipo i britannici, ma questi si trovavano ormai a ottocento chilometri, intenti a sorvegliare gli austro-ungarici. Souchon non osava nemmeno servirsi della trasmittente, per paura di essere intercettato[32], così inviò la nave General - che lo aveva seguito da Messina tenendosi un po' più a sud - di dirigersi a Smirne e da lì trasmettere all'addetto militare tedesco a Costantinopoli: «Una necessità militare assoluta ci impone di attaccare il nemico nel mar Nero. Faccia qualunque sforzo pur di darmi modo di attraversare subito i Dardanelli col permesso del governo turco se possibile, se no senza il suo formale assenso». Souchon attese una risposta che arrivò solo nel pomeriggio del 10 agosto, quando il General trasmise un messaggio sibillino: «Entri. Chieda la resa dei forti. Catturi un pilota»[33].
L'Impero ottomano era ancora un paese neutrale e non avrebbe potuto consentire il passaggio alle navi tedesche attraverso i Dardanelli. Nella notte del 6 agosto l'ambasciatore tedesco von Wangenheim discusse con il Gran visir Said Halim Pascià della sorte dei due vascelli tedeschi. Se la l'Impero ottomano avesse negato l'accesso, Souchon si sarebbe trovato ingabbiato con le batterie turche da una parte e le navi britanniche dall'altra, ma il Gran visir assicurò che il governo aveva approvato il transito delle navi tedesche ad alcune condizioni. Furono condizioni non di poco conto, tra cui la garanzia di una parte del bottino di guerra qualora la guerra si sarebbe risolta a favore della Germania, e l'abolizione delle Capitolazioni e dei relativi privilegi concessi ai tedeschi e agli europei in generale. Dal punto di vista tedesco le richieste potevano essere oltraggiose, ma l'alternativa consisteva nell'annientamento delle due navi[34].
Indeciso se il messaggio significasse fare un atto simbolico di forza per salvare la faccia dei turchi o se veramente doveva penetrare con la forza i Dardanelli, Souchon all'alba lasciò Donoussa. Alle quattro del pomeriggio Souchon avvistò l'isola di Tenedo, e alle 17:00 giunse all'imbocco dello stretto, e sul suo albero maestro si alzò il segnale: «Mandate un pilota». Appreso che la Goeben e la Breslau erano sfuggite alla flotta britannica, Enver ebbe un colloquio con un membro della missione tedesca a Costantinopoli, il tenente colonnello Kress, che gli comunicò della richiesta di Souchon di entrare nello stretto. Enver acconsentì, e verso sera un cacciatorpediniere turco si avvicinò alla Goeben scortando le navi tedesche, che alle 22:00 circa del 10 agosto 1914 imboccarono i Dardanelli[35].
La notizia dell'ingresso della Goeben e della Breslau a Costantinopoli giunse a Malta in serata, mentre Milne, che ancora stava frugando fra le isole dell'Egeo, apprese la notizia solo l'indomani a mezzogiorno[36]. All'Ammiragliato britannico la decisione di Costantinopoli di permettere il transito delle navi tedesche parve un'evidente collusione con Berlino, senza sospettare che le condizioni imposte a von Wangenheim dai Giovani Turchi somigliavano più ad un ricatto che ad un aiuto[34]. Churchill telegrafò furioso alle sue forze di attuare un blocco dei Dardanelli, anche se in realtà egli non aveva l'autorità di impartire un tale ordine, che se effettuato, avrebbe costituito un vero e proprio atto di guerra contro un paese neutrale. Così l'Ammiragliato, in seguito ad una richiesta di chiarimenti, inviò un cablogramma a Costantinopoli affermando che «c'era stato uno sbaglio nella scelta dei termini» e che «non si intendeva ordinare il blocco [dello stretto]». La flotta britannica avrebbe invece atteso in acque internazionali l'uscita della navi tedesche[37].
La Gran Bretagna inviò comunque una nota di protesta al governo turco, perché essendo un paese neutrale, l'Impero ottomano avrebbe dovuto respingere le navi del Kaiser o prenderle in custodia. Già dal 9 agosto però von Wangenheim fu contattato dal Gran visir che gli comunicò l'intenzione del suo governo di firmare assieme a Grecia e Romania una pubblica dichiarazione di neutralità nel conflitto in corso. Se ciò fosse avvenuto si sarebbe dovuto fare qualcosa in relazione alla presenza delle due navi tedesche nelle acque territoriali turche, affinché a posizione di neutralità della Turchia non fosse compromessa. Costantinopoli propose di aggirare questo problema con l'acquisto fittizio delle due unità; la Marina ottomana ne avrebbe preso possesso fingendo di averle regolarmente pagate per poi integrarle nella sua flotta[38].
Il 10 agosto von Bethmann-Hollweg respinse la proposta, invitando anzi l'Impero ottomano ad entrare immediatamente in guerra come da accordi. I Giovani Turchi erano però riluttanti, così il governo il 14 agosto rilasciò una comunicazione unilaterale dove sosteneva falsamente di aver acquistato le due navi da guerra tedesche, creando grande impressione nella popolazione e allo stesso tempo mettendo Berlino con le spalle al muro. Von Wangenheim telegrafò a Berlino che non c'era altro da fare che portare a termine la "compravendita", altrimenti l'indignazione nell'Impero ottomano avrebbe suscitato un'ondata di sentimenti anti-germanici molto pericolosa diplomaticamente. Il suo consiglio fu accettato e il 16 agosto, durante una cerimonia presenziata dal ministro della Marina Ahmed Cemal Pascià, la Goeben e la Breslau furono ufficialmente aggregate alla Marina ottomana, rispettivamente con il nome Yavuz Sultan Selim e Midilli[39]. Era passata poco più di una settimana da quando la popolazione turca aveva appreso la notizia della requisizione britannica delle due corazzate turche. L'Ammiragliato era convinto che esistesse un rapporto tra i due eventi, e ciò fu interpretato come una pianificata manovra tedesca volta a dimostrare che la Germania aveva generosamente fornito alla Turchia il tipo di navi moderne che Churchill le aveva sottratto. L'impressione era che l'Impero ottomano si stesse muovendo verso lo schieramento nemico in reazione della confisca della Osman e della Reşadiye[39].
Souchon venne promosso a viceammiraglio della Marina ottomana e comandante della sua flotta, e tecnicamente divenne anche capo di una nuova missione navale che comprendeva altri 150 ufficiali e tecnici specialisti che arrivarono il 23 agosto via treno dalla Germania, sostituendo la missione britannica, che partì per la madrepatria il 16 settembre. In base ad un memorandum del 18 settembre, il controllo del Yavuz Sultan Selim e del Midilli rimaneva alla Germania, mentre le navi erano turche solo di nome, e Souchon rimaneva agli ordini di Berlino per l'attività operativa delle due navi. Anche i loro equipaggi, circa 1400 uomini, seppur in divisa turca continuarono a far parte del personale della Kaiserliche Marine, mentre l'autorità di Souchon sulle unità turche sarebbe stata valutata caso per caso in base alle contingenze[40].
Analisi e conseguenze
[modifica | modifica wikitesto]Inizialmente l'Ammiragliato britannico minimizzò la fuga della Goeben e solo più tardi, quando l'Impero ottomano entrò in guerra a fianco della Germania, l'Intesa si rese conto dell'enorme portata del fatto. Indubbiamente la fuga fu un affronto all'orgoglio britannico e francese, le quali pagarono un grosso dividendo diplomatico ai tedeschi. Come riporta lo storico navale Paul G. Halpern, il quale a sua volta riporta lo storico Ulrich Trumpener[41], la vicenda della Goeben facilitò ma non necessariamente determinò l'ingresso dell'Impero ottomano nel conflitto. In seguito le due navi tedesche ebbero un ruolo importante quanto precario nella guerra contro i russi nel mar Nero. Parallelamente i tedeschi pagarono per tutto ciò, in quanto le due navi smisero di essere un fattore critico nel teatro del Mediterraneo, e sarebbero ricomparse nell'Egeo solo una volta, a largo dell'isola di Imbros all'inizio del 1918, con esito disastroso per gli Alleati e per loro stesse. Souchon a sua volta, si ritrovò lontano da qualsiasi ruolo di cooperazione con la flotta austriaca; i convogli francesi dall'Africa poterono invece muoversi liberamente, e nulla minacciò seriamente gli anglo-francesi ancora per parecchi mesi, fino all'arrivo degli U-Boot nel Mediterraneo[42].
Secondo Lawrence Sondhaus, «Da Churchill in poi, gli autori che scrivono della fuga verso Costantinopoli dell'incrociatore da battaglia tedesco hanno rivolto la loro esclusiva attenzione alla sua importanza al fine della decisione del governo ottomano di entrare in guerra, arguendone una più vasta influenza sul conflitto, dalla Russia al Medio Oriente». In realtà, secondo Sondhaus, la vicenda ebbe altri risvolti non tanto legati all'ingresso in guerra dell'Impero ottomano. Sempre secondo Sondhaus la vicenda del Goeben non differì da una perdita per affondamento per la Marina tedesca, e la nave divenne la grande assente nella Flotta d'alto mare tedesca. Dopo le riparazioni di Pola l'Admiralstab tedesco avrebbe potuto ordinare a Souchon di procedere speditamente verso il mare del Nord, dove probabilmente avrebbe potuto avere un ruolo più attivo nella flotta di Franz von Hipper. Invece le due navi se in un primo momento rivestirono il ruolo di una sorta di fleet in being nel mar Nero, livellando temporaneamente il divario tra la flotta turca e quella russa. Ma quando la Russia tra il giugno e l'ottobre 1915 mise in servizio le sue nuove dreadnought classe Imperatrica Marija, l'incrociatore da battaglia tedesco non fu più la nave più potente nel settore. In alternativa la Goeben avrebbe potuto offrire miglior servigi a fianco della flotta austro-ungarica nell'Adriatico, anche perché la marina tedesca teneva in gran considerazione il suo omologo della Duplice Monarchia, e forse le due forze navali avrebbero potuto cooperare più proficuamente e con più energia di quanto invece fecero[43].
Gli errori delle forze dell'Intesa
[modifica | modifica wikitesto]La fuga della Goeben e della Breslau fu un duro colpo per Churchill e l'Ammiragliato britannico, ma buona parte della colpa era dovuta proprio agli ordini ambigui che questi impartirono a Milne. Questi ordini sottolinearono l'esigenza di difendere i convogli francesi partenti dall'Algeria, pertanto quando Souchon giunse a Messina, Milne posizionò le sue navi per sbarrare il Mediterraneo occidentale, lasciando la sola Gloucester in una posizione utile per intercettare Souchon se questi avesse tentato di prendere una rotta diversa, forte anche del fatto che la presenza di Troubridge a sbarrare l'Adriatico avrebbe posto la Goeben in un vicolo cieco. Con il Mediterraneo occidentale sbarrato e l'Adriatico impraticabile, secondo Milne sarebbe stata solo questione di tempo dato che i tedeschi non avevano vie di fuga. Milne e l'Ammiragliato non contemplarono mai l'ipotesi che Souchon fosse diretto a Costantinopoli, in un paese neutrale. Il monito di Churchill di evitare di impegnarsi contro "forze superiori" fu interpretato da Troubridge come un'esortazione a non ingaggiare il Goeben stesso, quantomeno per quanto riguardava i suoi incrociatori, con calibri di gittata inferiore ai cannoni della Goeben. Infine quando Souchon aveva ormai oltrepassato Capo Matapan e ne era nota la rotta, i britannici rallentarono l'inseguimento a causa di un messaggio inesatto dell'Ammiragliato, errore che spinse Milne ad interrompere la caccia e dirigersi verso ovest per difendere Malta da eventuali sortite della marina austro-ungarica[44][22].
Ad ogni modo Milne fu richiamato in Inghilterra il 18 agosto perché il comando congiunto delle forze alleate nel Mediterraneo sarebbe dovuto andare a Lapeyrère, e Milne fu posto a disposizione. Il 27 agosto fu destituito dal comando della Mediterranean Fleet e il 30 agosto l'Ammiragliato rese noto che il suo comportamento e gli ordini da lui impartiti nei riguardi del Goeben e della Breslau erano stati oggetti di un «accurato esame», e che in base a tale esame «Le loro signorie approvavano sotto ogni rispetto le misure da lui prese»[45]. A metà settembre Troubridge comparse davanti ad una corte d'inchiesta, che a sua volta ordinò un processo di fronte alla corte marziale a novembre con l'accusa di «avere omesso di dare la caccia all'unità della marina germanica Goeben». Sul punto essenziale, ossia se Troubridge avesse motivo di considerare la Goeben una «forza superiore», la corte marziale sentenziò a suo favore evitando di compromettere l'Ammiragliato. Troubridge comunque non assunse più alcun comando operativo[46][45]. Il viceammiraglio Sackville Carden prese il comando delle forze britanniche nel Mediterraneo che esercitavano il controllo davanti allo stretto, tuttavia Milne non venne formalmente sostituito; il comando della Mediterranean Fleet venne mantenuto "in quiescenza", fino a quando non fu riattivato nell'agosto 1917[47].
L'ostilità di Churchill verso la Turchia era ormai ulteriormente cresciuta: dopo aver ordinato di concentrare le forze marittime britanniche presso i Dardanelli per evitare che Souchon compisse sortite contro Suez o nell'Egeo[48], egli in pratica considerava ormai la Turchia un paese nemico, e diede inizio a riunioni congiunte nell'Ammiragliato per mettere a punto un piano di attacco nell'eventualità che Costantinopoli entrasse nel conflitto. Il 2 settembre il governo autorizzò la Marina britannica ad attaccare le navi turche che fossero uscite dai Dardanelli insieme alla Goeben e/o alla Breslau, e in seguito autorizzò il comandante della squadra presso i Dardanelli a decidere da sé se attaccare o no le due unità tedesche qualora fossero uscite dallo stretto da sole. Fu un azzardo pagato a caro prezzo; il 27 settembre dopo che la squadra britannica bloccò e costrinse a tornare indietro una torpediniera ottomana con a bordo marinai tedeschi, Enver diede ordine di minare lo stretto, rendendolo impercorribile sia alle navi da guerra sia a quelle mercantili. Questa mossa si rivelò decisiva perché la maggior parte delle esportazioni e importazioni russe - che a loro volta permettevano al governo russo di pagare armi e munizioni - passavano di lì. Francia e Gran Bretagna però non prevedevano che la guerra sarebbe diventata un conflitto lungo e logorante, e in quel momento non compresero appieno i danni a lungo termine che la chiusura dei Dardanelli avrebbe comportato per la Russia zarista[49].
La fuga del Goeben scatenò vivaci polemiche anche in Francia. Sia la Marine nationale che Lapeyrère pensavano inizialmente di dover affrontare in una battaglia risolutiva gli italiani e gli austro-ungarici, e la flotta era addestrata in tal senso. Quando si capì che l'Italia sarebbe rimasta neutrale e che la Gran Bretagna sarebbe stata alleata della Francia la situazione per Lapeyrère migliorò senza tuttavia diventare del tutto chiara[50]. Nonostante la preoccupazione principale fossero la Goeben e la Breslau, la flotta francese non incrociò mai Souchon: una delle tre squadre che componevano la flotta francese avrebbe potuto farlo, ma fu distratta dalla errata segnalazione che Souchon fosse diretto verso ovest. Tale errore fu dovuto a causa di una serie di informazioni slegate fra loro che filtravano attraverso la tipica "nebbia di guerra": si diceva che le navi tedesche fossero a Genova per essere convertite in incrociatori ausiliari, che una carboniera tedesca si trovasse a Palma di Maiorca, e che altre erano prossime ad entrare nel Mediterraneo attraverso Gibilterra. Le informazioni persuasero Lapeyrère che gli avvenimenti cruciali si sarebbero svolti nel Mediterraneo occidentale, mentre era diffusa la sensazione che i tedeschi avessero delle carboniere nelle Baleari, e che l'arcipelago fosse una base da cui i tedeschi avrebbero potuto attaccare i convogli francesi. Anche quando la Goeben fu individuata a Messina, Lapeyrère fu convinto che le destinazioni possibili per Souchon fossero Pola per unirsi alla flotta austro-ungarica o il forzamento di Gibilterra[51].
Lapeyrère sapeva però che le forze britanniche erano presenti in gran numero nel Mediterraneo centrale, per cui le forze francesi si tennero lontane da Messina dove operava Milne. Peraltro le marine dei due paesi non erano adeguatamente coordinate fra loro, dato che i britannici prima della guerra non vollero affatto una stretta collaborazione perché l'Entente non era un'alleanza vincolante[52]. Le forze dell'Intesa, come scrisse lo storico Halpern «entrarono nella guerra del Mediterraneo in modo piuttosto goffo», ma ciò fu dovuto soprattutto al fatto che il lungo periodo di pace non aveva prodotto veri e propri piani di cooperazione completi e dettagliati, cruciali invece per svolgere al meglio complesse operazioni navali. La situazione fu poi complicata dalle contingenze diplomatiche e dalle varie dichiarazioni di guerra che si susseguirono nei primi giorni di agosto. Problema che afflisse anche Austria-Ungheria e Germania, tanto che persino gli elaborati piani della Triplice alleanza, dopo la neutralità dell'Italia, si rivelarono inutili e vaghi. Forse Souchon riuscì a sottrarsi all'inseguimento perché fu l'unico con un chiaro obiettivo, nonostante anch'egli dovette affrontare ordini contraddittori dovuti all'autorizzazione di attraversamento dei Dardanelli che tardò fino all'ultimo ad arrivare[53].
Il mancato supporto austro-ungarico a Souchon
[modifica | modifica wikitesto]La questione rifiuto austro-ungarico di precipitarsi a Messina o di mandare le loro navi a Costantinopoli raffreddarono i rapporti tra le due marine[54] e il mancato sostegno alla Goeben rimase un argomento tabù per la marina austriaca, nonostante le accuse di "fiacchezza" rivolte ad Haus da alcuni autori tedeschi nel dopoguerra non avessero motivo d'essere, dato che da un punto di vista tecnico era difficile dar torto alle motivazioni di Haus. Quand'anche egli avesse voluto mandare qualche incrociatore a dar man forte al suo alleato, in quel momento la k.u.k. Kriegsmarine aveva a disposizione solo l'Admiral Spaun, mentre i tre della classe Helgoland non era ancora stati completati, e i vecchi incrociatori corazzati erano troppo lenti. Probabilmente la scelta sarebbe caduta sulle tre unità della classe Aspern, ma anch'esse erano lente e poco protette e non avrebbero potuto contribuire molto assieme alle ben più rapide unità tedesche[55].
Per quanto riguarda il trasferimento della flotta austro-ungarica nel mar Nero, fu un argomento affrontato più volte fin dal 4 agosto. Quel giorno il contrammiraglio Erwin Raisp von Caliga aveva conferito con il capo di stato maggiore dell'esercito Franz Conrad von Hötzendorf manifestando l'opinione, secondo la quale, dopo la neutralità italiana, le forze navali austro-ungariche rischiavano di essere distrutte nell'Adriatico dalle forze congiunte anglo-francesi, e per evitare ciò avrebbero trovato più utile impiego nel mar Nero, posto che la protezione offerta da loro alle coste nazionale era puramente fittizia. Conrad si trovò scettico sul piano operativo, ma a livello politico non potè fare a meno di considerare che tale azione avrebbe esercitato una favorevole influenza sulla futura decisione di Bulgaria e Impero ottomano di affiancarsi agli Imperi centrali[56].
Conrad richiese telegraficamente il parere di Haus, e nel mentre, il ministro degli Esteri Leopold Berchtold si disse entusiasta dell'idea ed iniziò immediatamente i necessari passi diplomatici affinché la Sublime porta concedesse alle forze navali austro-ungariche il libero transito attraverso i Dardanelli. L'ammiraglio Anton Haus definì la proposta di Raisp come inattuabile.[57]. Haus sosteneva che tale mossa sarebbe stata azzardata sia a livello militare che politico, in quanto il livello di mobilitazione della flotta iniziato appena il 4 agosto non consentiva una mossa simile[58] e inoltre spostare l'area operativa dall'Adriatico al mar Nero era - date le circostanze e le risorse disponibili - un problema senza soluzione. Non vi era una base sicura né nella costa bulgara o in quella rumena o in quella turca per l'intera flotta e non vi erano sufficienti depositi di carbone e petrolio nella zona. Perdipiù la rotta per Costantinopoli non era sgombra, e la flotta sarebbe stata alla mercé di attacchi delle forze dell'Intesa, mentre al contempo le coste dell'Impero sarebbero rimaste sguarnite ed esposte ai possibili attacchi dell'Italia, che si sospettava sarebbe passata dalla parte dell'Intesa da un momento all'altro, e che da sempre aveva mire espansionistiche nella costa balcanica dell'Adriatico[59]. Tutte queste motivazioni vennero per giunta esposte dallo stesso Haus al capo di stato maggiore della marina tedesca Hugo von Pohl il 6 agosto, il quale rispose apprezzando l'attendibilità delle motivazioni addotte da Haus, cosa che fece lo stesso Souchon il 24 settembre[60]. Solo su un punto Haus si sbagliò: pensò sempre che la flotta francese sarebbe arrivata in forze da un momento all'altro, invece, finché la Goeben fu nelle acque di Messina, essa non si avvicinò, e si addentrò nell'Adriatico solo il 16 agosto, tre giorni dopo lo scoppio delle ostilità tra Austria-Ungheria e Gran Bretagna[55].
L'ingresso dell'Impero ottomano in guerra
[modifica | modifica wikitesto]La chiusura dei Dardanelli agli Alleati assieme alla formale acquisizione della divisione tedesca nella marina ottomana alimentò l'attesa di un'imminente decisione turca di unirsi agli Imperi centrali[61]. La persistente presenza della Goeben e della Breslau nelle acque territoriali turche non spinse la Gran Bretagna a dichiarare guerra all'Impero ottomano, con grande disappunto per il governo tedesco, mentre gli ambasciatori di Vienna e Berlino sollecitavano continuamente i leader ottomani a passare all'azione[62]. Tuttavia i Giovani Turchi continuarono a mostrarsi negoziatori molto abili, ben sapendo che la mobilitazione non era ancora terminata e non era chiaro in quanto tempo si sarebbe completata. Nel frattempo dichiararono che sarebbero entrati in guerra solo a condizione che anche il Regno di Bulgaria si fosse affiancato a loro, dato che le principali vie di comunicazione dell'Impero con l'Europa attraversavano la Bulgaria, e soprattutto perché i bulgari non erano privi di ambizioni territoriali, per cui se il paese balcanico avesse attaccato l'Impero mentre questo era impegnato contro la Russia, Costantinopoli sarebbe rimasta indifesa[63]. I bulgari a loro volta erano molto riluttanti ad entrare in guerra, e finché non si sarebbe giunti ad un accordo, i turchi sarebbero rimasti neutrali. L'8 settembre la Sublime porta rese nota l'improvvisa abrogazione delle Capitolazioni e dei relativi privilegi concessi alle potenze straniere. Gli ambasciatori di Germania, Austria-Ungheria, Gran Bretagna, Francia e Russia fecero le loro rimostranze, ma era chiaro che i turchi riuscirono con abilità a contrattare con tutti, da un lato minacciando di rimanere neutrali, dall'altro minacciato di unirsi agli Imperi centrali[64].
Nonostante i successi diplomatici che Costantinopoli otteneva con la politica della neutralità, Enver, Talat e Cemal - i ministri più filo-tedeschi e bellicisti - diedero vita a manovre sotterranee contro questa politica e contro il suo principale sostenitore, il Gran visir. Enver e Cemal architettarono una provocazione concedendo a Souchon di uscire in mare per effettuare un attacco contro i porti russi nel mar Nero, senza una dichiarazione di guerra[65]. Il 27 ottobre 1914 Souchon uscì con la Yavuz Sultan Selim e la Midilli assieme a quattro cacciatorpediniere e due torpediniere, formalmente per un'esercitazione, ma il realtà per attaccare e minare i porti di Odessa, Sebastopoli, Novorossijsk e Feodosia. Dopo l'azione, nel pomeriggio del 29 Souchon telegrafò a Costantinopoli la notizia menzoniera che la marina russa aveva «seguito tutti i movimenti della flotta turca e sistematicamente impedito tutte le esercitazioni», e aveva pertanto «aperto le ostilità». Tutte le navi raggiunsero la base il 1º novembre, e l'azione di Souchon produsse il risultato che i ministri della guerra e della marina Enver e Cemal avevano desiderato, consentendo loro di presentare il fait accompli ai colleghi del governo[61].
Il 2 novembre la Russia dichiarò guerra all'Impero ottomano, seguita tre giorni dopo da Gran Bretagna e Francia. Anche la corrente anti-interventista capeggiata dal Gran visir Said Halim Pascià dovette riconoscere che l'Impero era ormai in guerra, e Costantinopoli emise le rispettive dichiarazioni di guerra l'11 novembre[66]. Secondo Sondhaus, «Souchon e le sue navi svolsero quindi a tutti gli effetti il ruolo di catalizzatori nella concatenazione di avvenimenti che portò la Turchia in guerra contro la Russia», con Souchon che «divenne l'agente dei ministri filo-tedeschi del governo turco, e non un disinvolto rappresentante della Germania che con le proprie azioni aveva forzato la mano dei turchi»[67].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- Esplicative
- ^ Almeno fino a che l'Italia non varò le due dreadnought classe Conte di Cavour Giulio Cesare e Leonardo da Vinci nel maggio 1914
- ^ La squadra navale britannica aveva base a Malta, e comprendeva tre incrociatori da battaglia veloci e moderni l'Inflexible, l'Indefatigable e l'Indomitable, oltre a quattro incrociatori corazzati, quattro incrociatore leggeri e quattordici cacciatorpediniere.
- ^ Nonostante l'Impero ottomano avesse raggiunto l'alleanza con la Germania, e Berlino fosse in guerra dal 1º agosto con lo storico nemico di Costantinopoli, la Russia, l'ambasciatore tedesco von Wagenheim aveva tralasciato di comunicare a Berlino che i turchi non avevano intenzione di entrare in guerra finché non si fossero risolti alcuni problemi. Al momento della firma dell'accordo la situazione delle tre dreadnought turche in costruzione nei cantieri inglesi - due delle quali già pronte - non era chiara e vi era il timore che i britannici potessero requisirle, inoltre, a Costantinopoli erano ancora presenti i membri della missione britannici della marina. In attesa di sbrogliare la situazione diplomatica con la Gran Bretagna, il governo di Costantinopoli preferì che il trattato rimanesse segreto per mantenere la sua posizione di neutralità. Ciò provocò dubbi e timori sia a Berlino che a Costantinopoli sull'opportunità o meno di accogliere due navi tedesche in un porto neutrale. Vedi: Sondhaus, p. 129-130
- Bibliografiche
- ^ Fromkin, pp. 53-54.
- ^ Fromkin, p. 65.
- ^ Fromkin, p. 66.
- ^ Fromkin, p. 67.
- ^ Tuchman, p. 170.
- ^ a b Tuchman, p. 171.
- ^ Fromkin, p. 69.
- ^ Sondhaus, p. 124.
- ^ Sondhaus, p. 125.
- ^ Sondhaus, pp. 125-126.
- ^ a b Sondhaus, p. 126.
- ^ a b c d Sondhaus, p. 127.
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- ^ Sokol, p. 79.
- ^ a b Halpern, p. 76.
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- ^ Sondhaus, p. 131.
- ^ a b Halpern, p. 66.
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- ^ a b Sokol, p. 81.
- ^ Tuchman, p. 186.
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- ^ Tuchman, pp. 187-188.
- ^ Tuchman, pp. 188-190.
- ^ Tuchman, pp. 188-189.
- ^ Tuchman, p. 189.
- ^ a b Tuchman, p. 190.
- ^ Tuchman, p. 191.
- ^ a b Fromkin, p. 71.
- ^ Tuchman, pp. 191-192.
- ^ Tuchman, pp. 192-193.
- ^ Fromkin, pp. 71-72.
- ^ Fromkin, p. 72.
- ^ a b Fromkin, p. 73.
- ^ Sondhaus, pp. 135-136.
- ^ Ulrich Trumpener, The escape of the Goeben and Breslau, su utppublishing.com. URL consultato il 2 gennaio 2025.
- ^ Halpern, P. 92.
- ^ Sondhaus, pp. 166-167.
- ^ Sondhaus, pp. 132-133.
- ^ a b Tuchman, p. 195.
- ^ Halpern, p. 67.
- ^ Sondhaus, p. 136.
- ^ Sondhaus, p. 135.
- ^ Fromkin, pp. 74-75.
- ^ Halpern, pp. 84-86.
- ^ Halpern, pp. 86-87.
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- ^ Halpern, p. 91-92.
- ^ Halpern, p. 81.
- ^ a b Halpern, p. 83.
- ^ Sokol, pp. 77-78.
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- ^ Halpern, pp. 78-79.
- ^ Sokol, pp. 83-84.
- ^ a b Sondhaus, p. 137.
- ^ Fromkin, p. 75.
- ^ Fromkin, p. 76.
- ^ Fromkin, p. 77.
- ^ Fromkin, pp. 79-80.
- ^ Fromkin, p. 81.
- ^ Sondhaus, p. 138.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- David Fromkin, Una pace senza pace. La caduta dell'Impero ottomano e la creazione del moderno Medio Oriente, Milano, Rizzoli, 1992, ISBN 88-17-33351-4.
- Paul G. Halpern, La grande guerra nel Mediterraneo, Volume I, 1914-1916, Gorizia, LEG, 2009, ISBN 978-88-6102-061-0.
- Barbara Tuchman, I cannoni d'agosto, Milano, Garzanti, 1973 [1962], ISBN non esistente.
- Hans Sokol, La guerra marittima dell'Austria-Ungheria. Vol.1, Gorizia, LEG, ISBN 978-88-6102-017-7.
- Lawrence Sondhaus, La grande guerra sul mare. Storia navale della prima guerra mondiale, Gorizia, LEG, ISBN 979-12-5521-071-9.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]- Battaglia del mar Mediterraneo (1914-1918)
- Operazioni navali nel mare Adriatico (1914-1918)
- Operazioni navali nella prima guerra mondiale
- Teatro del mar Nero della prima guerra mondiale
Altri progetti
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- Guerra nel 1914
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