Sciopero generale siriano del 1936
Sciopero generale siriano del 1936 الإضراب الستيني | |||
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La folla a Damasco acclama i leader del Blocco Nazionale guidati da Jamil Mardam Bey prima di partire per i colloqui a Parigi il 31 marzo 1936. | |||
Data | 20 gennaio - 6 marzo 1936 | ||
Luogo | Mandato della Siria | ||
Causa | Chiusura degli uffici del Blocco nazionale e arresto di due leader nazionalisti | ||
Esito | Concessioni francesi sotto forma del Trattato di indipendenza franco-siriano | ||
Schieramenti | |||
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Comandanti | |||
Perdite | |||
Dozzine Arresti:Almeno 3.000 | |||
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Lo sciopero generale siriano del 1936[1] (in arabo الإضراب الستيني?) fu uno sciopero di 50 giorni organizzato in risposta alle politiche francesi durante l'occupazione della Siria e del Libano. Lo sciopero paralizzò il paese per due mesi e costrinse la Francia a negoziare il Trattato d'indipendenza franco-siriano con il partito del Blocco nazionale.
Panoramica
[modifica | modifica wikitesto]L'11 gennaio 1936, il Blocco Nazionale tenne una commemorazione per uno dei suoi leader, Ibrahim Hananu, morto nel novembre 1935. L'incontro caratterizzò diversi discorsi che lamentarono e attaccarono l'occupazione francese.[2] Poco dopo le autorità del mandato francese chiusero l'ufficio del Blocco Nazionale a Damasco e arrestarono due importanti leader nazionalisti del partito, Fakhri al-Baroudi e Sayf al-Din al-Ma'mun. In risposta, il Blocco proclamò uno sciopero contro le politiche francese di occupazione. Lo sciopero, iniziato il 20 gennaio attraverso le interruzioni del lavoro e delle proteste studentesche a Damasco, Homs, Hama e Aleppo, si diffusero presto in tutte le principali città.[3]
I leader del Blocco nazionale, tra cui Nasib al-Bakri, Jamil Mardam Bey, Lutfi al-Haffar e Fares al-Khoury parteciparono attivamente e organizzarono manifestazioni contro l'occupazione francese e Taj al-Din al-Hasani, il presidente nominato dai francesi,[4] e chiesero il ripristino della costituzione del 1930, sospesa nel 1933. La Lega d'Azione Nazionalista (‘Usbat Al-'Amal Al-Qawmi) sostenne lo sciopero e partecipò all'organizzazione di marce e proteste a Damasco.[5] L'azione di disobbedienza civile paralizzò l'economia e portò rapidamente il paese "sull'orlo di un arresto completo".[3]
Risposta francese
[modifica | modifica wikitesto]L'Alto Commissario francese, Damien de Martel, fu richiamato d'urgenza da Beirut a Damasco per gestire la situazione,[3] e il generale Charles Huntziger, comandante dell'Armata del Levante fu incaricato di riportare la calma. Diversi leader del Blocco tra cui Nasib al-Bakri e Mardam Bey furono esiliati e vennero arrestate più di 3.000 persone.[2]
Nel tentativo di disperdere le manifestazioni, le truppe francesi aprirono il fuoco sulla folla in protesta, lasciando decine di morti.[3] Tuttavia, le misure non riuscirono a sedare la rivolta che raccolse il sostegno di altri paesi arabi mentre le proteste dilagarono per le strade di Iraq, Libano, Palestina e Giordania in solidarietà con il popolo siriano. Il governo francese venne anche sottoposto a forti pressioni all'interno della Francia da parte dei media di sinistra e dell'emergente Fronte Popolare, che chiese una revisione completa della politica francese in Siria e in Libano.[2]
Risoluzione
[modifica | modifica wikitesto]Il 2 marzo le autorità francesi cedettero alle proteste e decisero di avviare i negoziati con il Blocco Nazionale; concessero anche un'amnistia generale per gli arrestati o gli esiliati durante la crisi. Il Blocco annullò lo sciopero il 6 marzo dopo il rilascio dei suoi leader arrestati. Nello stesso anno, una delegazione del Blocco Nazionale si recò a Parigi e firmò il Trattato di indipendenza franco-siriano.[2]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Luigi Salvatorelli, Storia del Novecento, A. Mondadori, 1964, p. 837. URL consultato il 27 giugno 2021.
- ^ a b c d Raghīd Ṣulḥ, Lebanon and Arabism: national identity and state formation, I.B.Tauris, 2004, pp. 20–21, ISBN 978-1-86064-051-3.
- ^ a b c d Martin Thomas, The French empire between the wars: imperialism, politics and society, Manchester University Press, 2005, p. 295, ISBN 978-0-7190-6518-7.
- ^ Sami M. Moubayed, Steel & Silk: Men & Women Who Shaped Syria 1900–2000, Cune Press, 2006, p. 236, ISBN 1-885942-41-9.
- ^ David Dean Commins, Historical dictionary of Syria, Scarecrow Press, 2004, p. 113, ISBN 978-0-8108-4934-1.