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La mulatta delle colonie
La mulatta delle colonie | |
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La versione parigina | |
Autore | Charles Cordier |
Data | 1861 |
Materiale | bronzo e onice |
Dimensioni | 96,5×54 cm |
Ubicazione | Ubicazioni varie |
La mulatta delle colonie (in francese: Femme des colonies, in origine La capresse des colonies; in inglese: Woman from the French Colonies) è una scultura di Charles Cordier, realizzata nel 1861. L'opera si trova al museo d'Orsay di Parigi.[1]
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1861, il busto venne esposto al Salone[2] e venne acquistato dalla casa di Napoleone III e venne iscritto nell'inventario del demanio privato fino al 1870, nella collezione dell'imperatore. Dal 1870, venne assegnato al museo del Lussemburgo, poi venne trasferito al museo del Louvre nel 1920. Dal 1986, venne trasferito nel museo d'Orsay, dove ormai l'opera si chiama Femme des colonies. Esiste anche un altro esemplare della scultura: si trova al Museo d'Arte Metropolitana novaiorchese, negli Stati Uniti d'America.[3] In quest'ultimo museo il busto forma una coppia con l'Ebrea di Algeri, un'altra opera di Charles Cordier.
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]Si tratta di un busto di onice e di bronzo patinato. Il suo piedistallo è dorato ed è in marmo rosa. La statua policroma venne realizzata negli anni successivi all'abolizione della schiavitù nel secondo Impero francese, un avvenimento che ispirò molto Cordier per la realizzazione delle sue opere.[4] La veste in onice contrasta con la pelle nerissima del bronzo. La donna della versione neoeboracense porta alle orecchie degli orecchini d'oro e smalto. I capelli ricci e corti sono coperti sulla sommità della testa da un piccolo turbante sul quale è inserito un fiore. Il volto all'insù e leggermente sorridente della mulatta contrasta con quello dell'Ebrea di Algeri, che ha la testa abbassata e uno sguardo serio.[3]
Il titolo originale dell'opera includeva il termine francese capresse, che indica la figlia di un nero e di un mulatto. Come altre opere ritraenti dei soggetti africani nel museo d'Orsay (incluso il Negro del Sudan dello stesso Cordier) nel XXI secolo si decise di rinominarla per evitare che il titolo contenesse dei vocaboli ritenuti offensivi.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ (FR) Femme des colonies - Charles Henri Joseph Cordier | Musée d'Orsay, su www.musee-orsay.fr. URL consultato il 27 giugno 2023.
- ^ (FR) Base Salons, su salons.musee-orsay.fr. URL consultato il 28 giugno 2023.
- ^ a b (EN) Charles-Henri-Joseph Cordier | Woman from the French Colonies | French, Paris, su The Metropolitan Museum of Art. URL consultato il 30 giugno 2023.
- ^ (EN) Seeing in Colour: Cordier’s ‘Capresse des Colonies’, su The Droll Hackabout, 19 dicembre 2013. URL consultato il 30 giugno 2023.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- (FR) Anne Pingeot, Antoinette Lenormand-Romain, Laure de Margerie, Musée d'Orsay. Catalogue sommaire illustré des sculptures, Réunion des musées nationaux, Parigi, 1986.
- (FR) Laure de Margerie, Édouard Papet, 48/14 La revue du Musée d'Orsay, Réunion des musées nationaux, Parigi, 2004.
- (FR) Laure de Margerie, Édouard Papet, Christine Barthe, Charles Cordier (1827-1905), sculpteur, l'autre et l'ailleurs, Parigi, Éditions de La Martinière, 2004.
- (FR) Laure de Margerie, Édouard Papet, Christine Barthe, Facing the Other : Charles Cordier (1827-1905), ethnographic sculptor, New York, Harry N. Abrams, 2004.
- (FR) Christine Demeulenaere-Douyère, Exotiques expositions, les expositions universelles et les cultures extra-européennes France, 1855-1937, Parigi, Éditions d'art Somogy ; Archives Nationales, 2010.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
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