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43ª Divisione autonoma "Sergio de Vitis"
La 43ª Divisione autonoma "Sergio De Vitis" è stata una formazione partigiana che ha operato fra l'autunno del 1944 e la primavera del 1945 in Piemonte, nel territorio compreso fra la Val Chisone e la Valle di Susa, e in particolare nella Val Sangone, e ha partecipato alla liberazione di Torino.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Nel settembre 1944 fra le varie bande partigiane nella Val Sangone si stabilì un Comando di Zona[1] che il mese dopo assunse la denominazione di 43ª Divisione autonoma "Sergio De Vitis", mentre le bande si trasformarono in Brigate[1]. La denominazione "Autonoma" è dovuta al fatto che la Divisione non faceva parte né delle Brigate Giustizia e Libertà né delle Brigate Garibaldi, pur mantenendo attivi collegamenti operativi con esse; in particolare vi furono continui rapporti con la brigata garibaldina "Carlo Carli" operante proprio in Val Sangone[2], e più tardi (marzo 1945) una brigata della 43ª Divisione aderì a Giustizia e Libertà[3]. La Divisione assunse il nome del partigiano Sergio De Vitis, caduto in combattimento il 26 giugno 1944 e poi insignito della medaglia d'oro al valor militare[4]. Il comando della nuova formazione fu affidato a Giulio Nicoletta[5], precedentemente a capo della banda Nicoletta insieme al fratello Franco.
Dopo il proclama Alexander del 13 novembre 1944 che invitava i partigiani italiani a cessare ogni operazione, una parte dei partigiani scese in pianura, ma molti preferirono restare in montagna, attrezzandosi per l'inverno, per continuare l'attività contro i nazifascisti. I tedeschi il 26 novembre iniziarono un vasto e durissimo rastrellamento, accompagnato da saccheggi e vittime civili, istituendo presidi permanenti nella valle[6]. In montagna restarono così pochi partigiani (a metà gennaio si stimano soltanto 250 partigiani nella vallata, fra autonomi e garibaldini[7]) ma quelli che scesero in pianura continuarono attivamente la lotta, sebbene in condizioni diverse.
A marzo 1945 le forze della Divisione ammontavano a un migliaio di uomini, di cui due terzi attivi in pianura[8]. I tedeschi cominciarono ad abbandonare i presidi in valle e i partigiani vi assunsero di nuovo il controllo della situazione, controllo che via via si spostò anche verso le località in pianura. A metà aprile le forze erano sufficienti per contribuire all'insurrezione generale e il 27 aprile gli uomini della 43ª Divisione entrarono combattendo in Torino[9].
Molti caduti in combattimento o per rappresaglie sono sepolti nell'Ossario di Forno di Coazze; altri, insieme ad alcuni deceduti in seguito, nel sacrario partigiano del cimitero di Giaveno.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b Guido Quazza, La Resistenza Italiana. Appunti e documenti, Torino, Giappichelli, 1966.
- ^ Oliva, pp. 292-297.
- ^ Oliva, p. 340.
- ^ De Vitis Sergio, su valsangoneluoghimemoria.altervista.org. URL consultato il 24 febbraio 2021.
- ^ Oliva, p. 267.
- ^ Oliva, pp. 317-327.
- ^ Oliva, p. 329.
- ^ Oliva, p. 333.
- ^ Oliva, p. 357.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Gianni Oliva, La Resistenza alle porte di Torino, Milano, Franco Angeli, 1989.