Van Gogh il suicidato della società

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Van Gogh il suicidato della società
Titolo originaleVan Gogh le suicidé de la société
AutoreAntonin Artaud
1ª ed. originale1947
Generesaggio
Sottogenerecritica d'arte
Lingua originalefrancese

Van Gogh il suicidato della società è una delle ultime opere di Antonin Artaud, scrittore, poeta e pittore francese del Novecento. Il saggio fu pubblicato la prima volta nel dicembre 1947 dalle edizioni K. Illustrato da sette riproduzioni di quadri di van Gogh, vinse il premio Saint-Beuve il 16 gennaio 1948.

Composizione e datazione dell'opera

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Campo di grano con cipressi, Vincent Van Gogh, 1889. Londra, National Gallery.

L'idea di un saggio su van Gogh nacque sotto consiglio dell'amico Pierre Loeb che, ancora prima dell'apertura della mostra parigina del pittore, tenutasi da gennaio a marzo del 1947 al Musée de l'Orangerie di Parigi aveva indotto Artaud, reduce dagli ultimi anni di internamento trascorsi a Ivry, a scrivere su van Gogh. L'articolo Sa Follie? di François-Joachim Beer[1], pubblicato il 31 gennaio sulla rivista settimanale Arts, contribuì a suscitare il desiderio di scrivere nell'autore: l'articolo riportava il parere psichiatrico del dottore su van Gogh, considerato "squilibrato con eccitazioni violente e maniacali", "dromomane", distinto dagli squilibrati privi di genio, ma privo di ponderazione mentale. In continuità tematica con le Lettere di Rodez, scritte da Artaud nel 1945 mentre era ancora in internamento presso il dottor Ferdière, in cui criticava aspramente il sistema psichiatrico, il suicidato della società fu scritto di getto, con l'intento di denuncia nel confronti della società e dei suoi "sistemi difensivi", oltre che per riscattare la figura e l'arte del pittore Vincent van Gogh.[2]

Il saggio, nell'edizione più recente, curata da Paule Thévenin, si articola in cinque sezioni: Introduzione, Post-Scriptum, Il suicidato della società, Post-Scriptum, Post-Scriptum. La ragione di tale frammentarietà e ripetitività dei titoli delle sezioni risiede nelle date di stesura delle singole parti: Artaud era infatti solito dettare i propri appunti, che poi rileggeva e ricorreggeva modificando il manoscritto o aggiungendo parti nuove a completare l'organico dell'opera. La parte centrale è quella dettata nel tempo più breve, in maniera più fluida, fra l'8 e il 15 febbraio 1947. Il resto dell'opera si sviluppa a ridosso di questa sezione o sulla base di appunti presi in precedenza. La prima pubblicazione è fatta risalire al dicembre del 1947. Una leggenda afferma che questo saggio sia stato scritto in due pomeriggi. Origine di questa diceria è un articolo di Pierre Loeb[3] nel quale riferiva la genesi dell'opera come se fosse scaturita da "esaltazione estrema" e conclusa in due pomeriggi senza cancellature o "ripensamenti". Le date di stesura/dettatura delle singole sezioni smentiscono queste affermazioni[4].

I contenuti dell'opera si articolano sull'idea portante di rivendicazione e rivalutazione della figura del genio e dell'alienato: non sarebbe van Gogh il malato, ma la coscienza sociale che si giustificherebbe chiamandosi normale, sotto la tutela del sistema psichiatrico. Alla società, ancora, Artaud imputa la responsabilità del suicidio del pittore:

«Van Gogh [...] non si è suicidato in un impeto di pazzia, nel panico di non farcela, ma invece ce l'aveva appena fatta e aveva scoperto chi era quando la coscienza generale della società, per punirlo di essersi strappato ad essa, lo suicidò.»

Van Gogh, così come Poe, Baudelaire, Hölderlin, Coleridge e Nietzsche sono stati ridotti al silenzio, fatti appartenere alla categoria dei folli e degli emarginati, per impedire che rivelassero "verità pericolose", a detta di Artaud. In questo senso si sviluppa la riconsiderazione della figura dell'alienato, da parte dell'autore, come colui che ha preferito conservare l'idea superiore dell'amore dell'uomo pagando il prezzo di non poterla comunicare alla normalità. Ulteriore differenza tra genio e follia è espressa nel saggio a proposito della tradizionale assenza di produzione da parte del folle, che sperimenta l'impossibilità di espressione, contro la produzione assai prolifica dei suddetti autori. La pittura di van Gogh è esaltata da Artaud, come fosse in grado di trasmutare gli oggetti più semplici della natura, dipinti "in piena convulsione", come mossi da una forza impressa dall'artista al supporto durante l'atto creativo. Anche in questo caso Artaud sottolinea la predominanza del potere d'azione dell'arte sulla perfezione formale, riprendendo tematiche tradizionali della sua poetica[6]. La grandezza del pittore, poi, starebbe nella capacità di evocare all'interno della pittura, dei suoi strumenti, qualcosa che sconfina oltre l'opera, che oltrepassa la natura e tramite dei rinvii occulti, l'elemento non dipinto, apre una dimensione altra rispetto a quella del quadro. Questa capacità Artaud la nota in particolare nel quadro Campo di grano con volo di corvi, ma anche nell'Autoritratto, di cui nota l'estrema lucidità e profondità psicologica impressa nello sguardo del pittore. Un altro modo di Artaud per ribadire l'inezia del sistema psichiatrico.

«Questi corvi dipinti due giorni prima della morte [...] aprono alla pittura dipinta, o piuttosto alla pittura non dipinta, la porta occulta di un aldilà possibile [...]. Non è comune vedere un uomo, con nel ventre una fucilata che lo uccise, ficcare su una tela corvi neri e sotto una specie di pianura livida forse, vuota in ogni caso [...].»

Altri quadri commentati sono Girasoli[8], La sedia di Vincent[9], Caffè di notte[10], Il giardino di Daubigny[11], Autoritratto[12]. Nel testo sono riportate tre lettere del pittore al fratello Theo, due delle quali contengono le descrizioni di Caffè di notte e Giardino di Daubigny, mentre la prima, non datata[13], contiene la visione personale dell'artista a proposito del disegnare:

«È l'azione di aprirsi un varco attraverso un invisibile muro di ferro, che sembra trovarsi fra ciò che si sente e ciò che si può»

Tema ridondante è ancora quello del dualismo materia-spirito, che ritorna sia parlando della controversia estetica tra Gauguin e van Gogh, sia nell'aspra accusa alla società moderna. L'obiettivo da realizzare, secondo la poetica di Artaud, in accordo con la visione pittorica ed artistica di van Gogh, è quello di saper scovare il mito nelle cose semplici della realtà, nella sua quotidianità, senza idealizzarle né trasfigurarle in maniera da oltrepassarla e cadere nella "surrealtà". È merito del genio del pittore saper interpretare il reale e imprimervi delle forze "forsennanti", capaci di risvegliare quelle originarie della natura e dell'uomo. Il problema, secondo l'autore, è che questa capacità non è riscontrabile nell'umanità media, nella società "assolta, consacrata, santificata e invasata" che dimentica di vivere, respirare a pieno la vita e le sue forze originarie, preferendo a questo la normale esistenza.

  1. ^ Comparso sull'ultima pagina, constava di un estratto dal saggio che accompagnava il volume di Louis Pierard, François-Joachim Beer e Edgard Leroy, Du démon de Van Gogh, suivi de Van Gogh à l'asile, Nizza, A.D.I.A., 1945.
  2. ^ Confronta Paule Thévenin in Note in Van Gogh il suicidato della società, pp. 141-150.
  3. ^ Pierre Loebb in Dessinateur et critique in Antonin Artaud et le théâtre de notre temps, Cahiers de le compagnie Madeleine Renaud Jean-Louis Barrault, quaderni 22° e 23°, maggio 1958.
  4. ^ Confronta Paule Thévenin in Note in Van Gogh il suicidato della società, pp. 150-165.
  5. ^ Post-Scriptum in Van Gogh il suicidato della società, p. 20.
  6. ^ Antonin Artaud, Corrispondenza con Jacques Rivière, in Al paese dei Tarahumara e altri scritti, a cura di H.J. Maxwell e Claudio Rugafiori, Adelphi, luglio 2009.
  7. ^ Il suicidato della società in Van Gogh il suicidato della società, p. 26.
  8. ^ Vincent van Gogh, Girasoli, 1888, olio su tela, 91x72 cm, Neue Pinakothek, Monaco di Baviera.
  9. ^ Vincent van Gogh, La sedia di Vincent, 1888, olio su tela, 93x73,5 cm, National Gallery, Londra.
  10. ^ Vincent van Gogh, Caffè di notte, 1888, olio su tela, 70x89 cm, Art Gallery dell'Università di Yale, New Haven.
  11. ^ Vincent van Gogh, il giardino di Daubigny, 1890, olio su tela, 56 x 101,5 cm, Kunstmuseum, Basilea.
  12. ^ Vincent van Gogh, Autoritratto, 1889, olio su tela, cm 65 x 54, Museo d'Orsay, Parigi.
  13. ^ Confronta Thévenin che le fa risalire al 1882 o 1883, in Note in Van Gogh il suicidato della società, pp. 157-158.
  14. ^ Vincent van Gogh in lettera al fratello Theo, in Van Gogh il suicidato della società
  • Antonin Artaud, Van Gogh il suicidato della società, a cura di Paule Thévenin, traduzione di Jean-Paul Manganaro con la collaborazione di Ena Marchi, Milano, Adelphi, 1988, ISBN 978-88-459-0313-7.
  • François-Joachim Beer, Sa Follie, in Arts, 31 gennaio 1947.
  • Jacques Derrida, Antonin Artaud. Forsennare il soggettile, Abscondita, 2005, ISBN 978-88-8416-211-3.

Voci correlate

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