Utente:Viola Mariani/Sandbox
Il deposito di rifiuti nucleari di Onkalo è un deposito geologico profondo destinato a immagazzinare definitivamente scorie radioattive. È il primo deposito del mondo con queste caratteristiche e [1] attualmente è in costruzione vicino al Centrale nucleare di Olkiluoto nel municipio di Eurajoki, dalla compagnia Posiva. Si basa sul metodo KBS-3 sviluppato in Svezia da Svensk Kärnbränslehantering AB(SKB).
Storia
[modifica | modifica wikitesto]La modifica della Legge Finlandese per l'Energia Nucleare [2] approvata nel 1994 stabilisce che tutti i residui nucleari prodotti in Finlandia devono permanere nel territorio nazionale. Anni dopo, nel 2000, la zona di Olkiluoto fu scelta per l'immagazzinamento sotterraneo a lungo termine per il combustibile nucleare consumato in Finlandia. Il magazzino, chiamato Onkalo ovvero grotta o cavità,[3] verrà costruito sulla solida roccia di granito di Olkiluoto, a 5 km dalle centrali nucleari. Il municipio di Eurajoki ha dato il permesso per l'installazione in agosto del 2003 e gli scavi cominciarono nel 2004.[4]
Costruzione
[modifica | modifica wikitesto]La compagnia incaricata della costruzione e della gestione dell'istallazione è Posiva, una compagnia in mano ai due produttori di energia nucleare in Finlandia, Fortum e TVO. (Fennovoima, una compagnia che attualmente sta pianificando il suo primo reattore nucleare, non è azionista di Posiva.)
I piani di costruzione delle istallazioni sono divisi in quattro fasi:[senza fonte]
- Fase 1 (2004–09): focalizzata nello scavo del lungo tunnel di accesso al deposito in una spirale discendente fino a una profondità di 420 metri.[5]
- Fase 2 (2009–11): proseguimento degli scavi del tunnel fino alla profondità finale di progreso de la excavación del tunel hasta la profundidad final de 520 metros.
- Fase 3: costruzione del deposito, prevista per il 2015..
- Fase 4: incapsulamento e seppellimento delle zone piene di combustibile nucleare, previsto per il 2020.
Quando sarà operativo il processo di immagazinamento implicherà l'inserimento di dodici capsule di combustibile in un deposito di acciao borico Cuando esté operativo, el proceso de almacenaje implicaría la colocación de doce cápsulas de combustible en un depósito de acero bórico y sellarlo en una cápsula de cobre. Luego, cada cápsula sería colocada en su propio espacio del almacén y envuelta en bentonita. El coste estimado de este proyecto es de 818 millones de €, incluyendo su construcción, sellado y costes operativos. El Fondo Estatal de Gestión de Residuos Nucleares ha ahorrado aproximadamente 1400 millones de € a través de gravámenes sobre la electricidad generada.[6]
Se espera que el depósito de Onkalo sea lo suficientemente grande para aceptar cofres de combustible gastado durante al menos 100 años, es decir, hasta 2120.[7] En ese momento, se procederá al entierro y encapsulamiento final, y el acceso al túnel será rellenado y sellado.
Críticas
[modifica | modifica wikitesto]En 2012, un grupo de investigación del Royal Institute of Technology de Estocolmo, Suecia, publicó un documento que sugería que las cápsulas de cobre no eran tan inmunes a la corrosión como las compañías encargadas del proyecto afirman. Ver KBS-3.
Trato en los medios
[modifica | modifica wikitesto]El director danés Michael Madsen ha coescrito y dirigido el documental "Into Eternity", donde se muestran la fase inicial de la excavación y entrevistas a expertos. El especial énfasis del director está en las dificultades semánticas para marcar de manera significativa el depósito como peligroso para la gente de un futuro lejano.[8]
Referencias y notas
[modifica | modifica wikitesto]Giacimenti olduvaiani africani
[modifica | modifica wikitesto]I giacimenti con i più antichi resti di manufatti si trovano nella zona dove si ritiene che poss aaver avuto inizio l'ominizzazione. È probabile che questa coincidenza sia dovuta alla caratteristica geografica di queste zone, particolarmente favorevole alla conservazione dei fossili. È plausibile quindi pensare che anche altre zone di Africa, ora coperte dalla selva e inaccessibili per gli investigatori, possano essere stato scenario dello sviluppo di questo grande complesso culturale.
Africa orientale
[modifica | modifica wikitesto]Si tratta di una zona appartenente alla Rift Valley africana, con una orografia accidentata e una storia geologica molto ricca in cui il vulcanismo gioca un ruolo fondamentale. I fenomeni di sedimentazione dovuti all'azione fluviale o lacustre hanno generato numerosi strati che hanno fossilizzato resti di fauna e impronte dell'attività di ominidi umani e preumani. Questi sedimenti di arenaria_(roccia) solitamente si interfacciano con colate laviche o strati di cenere che permettono di datare i ritrovamenti. Le continue fratture dei blocchi tettonici, unite all'erosione da parte degli attuali corsi d'acqua, hanno riportato alla luce giacimenti di fossili di milioni di anni di antichità.
Etiopia
[modifica | modifica wikitesto]Afar
[modifica | modifica wikitesto]La Regione_degli_Afar è una delle molte fosse tettoniche che formano la Rift Valley africana attraevrso la quale scorre il fiume Auash che ha eroso i sedimenti depositati da un antico lago fluttuante durante il Pliocene e il Pleistocene. L'erosione ha fatto affiorare numerosi fossili datati tra i 4 e i 2,5 milioni di annidi antichità. Si tratta di strati lacustri e fluviali interfacciati con cenere vulcanica che permette la datazione radiometrica con il metodo del Potassio/argo. [9]
La zona è famosa per la scoperta da parte di Donald Johanson, nel 1974, di uno scheletro quasi completo di Australopithecus afarensis in seguito conosciuto come Lucy.
Principali giacimenti:
- Nel sito di Kada Gona sono apparsi una ventina di manufatti tagliati e a Kada Hadar quasi una decina. I dati sono scarsi ma le datazioni li situano tra 2,4 e 2,6 milioni di anni di antichità minime a 2,9 di antichità massima. dal punto di vista tecnolgoico il materiale proveniente da entrambi i giacimenti è molto simile: possiede lati affilati, poliedri parziali, nuclei ruvidi e poche lame. [10]
- Nel tratto superiore di questo fiume, al sud di Addis Abeba, distacca il congiunto archeologico di Melka Kunturé, la cui industria litica è stata datata grazie agli strati vulcanici sovrastanti. Melka Kunturé si differenzia dai resti dell'Auash medio per l'abbondanza di lame. Insieme ai manufatti litici inoltre è venuto alla luce l'omero di un ominide che potrebbe appartenere a una specie assimilabile all'Homo erectus.[11]
Tra i giacimenti più importanti del complesso risalta quello di Gomboré I, scavato a un livello di più di due milioni di anni, che ha restituito utensili litici (percussori, lame, poliedri) che presentano tratti strettamente relazionati con la possibile nascita della Cultura acheuleana. Gomboré I ha restituito anche resti di Homo habilis e di una struttura artificiale che potrebbe essere un riparo di pietre per proteggersi dal vento.
Fiume Omo
[modifica | modifica wikitesto]La formazione Shungura, situata al nord lago Turkana, è una struttura geologica di più di 800 metri di spessore e 200 km² i cui strati datati con la tecnica delPaleomagnetismo rimanderebbero a un'antichità compresa tra 2,5 e 1,8 milioni di anni. I reperti più antichi sono stati portati in superficie grazie all'erosione del fiume Omo: vari giacimenti hanno restituito manufatti di pietra tagliata datati tra 2 milioni e 20.5 milioni di anni associati a resti di Homo rudolfensis. [12] thumb|Paisaje a orillas del lago Turkana.
Kenia
[modifica | modifica wikitesto]Koobi Fora
[modifica | modifica wikitesto]Scoperto da Richard Leakey sulla riva est del lago Turkana e scavato in collaborazione con Glynn Isaac è uno dei giacimenti più importanti situati presso il lago Turkana ed è in stretta relazione con i letti I e II di Olduvai ai quali è stata attribuita un'antichità che va da 1,5 e 2,5 milioni di anni.[13] Questa industria inoltre si associa a resti di fauna (sopra tutto ippopotamo ma anche elefante e cinghiale) con segni che indicano una macellazione. La maggior parte delle lame raccolte presentano ritocchi marginali, potrebbero quindi essere oggetti casuali o accidentali.
Karari
[modifica | modifica wikitesto]Karari, anch'esso ubicato sulle rive del lago Turkana, ha restituito un'industria più abbondante di quella di Koobi-Fora. In questo caso gli strumenti sono tagliati nella roccia vulcanica, più abbondante e più facile da tagliare rispetto alla quarzite.
Kanjera
[modifica | modifica wikitesto]Situato nella penisola del lago Victoria e scavato recentemente da Thomas Plummer. I risultati dell'investigazione sono ancora provvisori.[14] Si tratta di un giacimento di dimensioni ridotte pero con unenorme concentrazione di manufatti databili intorno ai 2 milioni di anni. Con circa 4500 oggetti litici e più di 3000 specie faunistiche identificate è il giacimento olduvaiano più ricco di tutto il continente africano.
Tanzania
[modifica | modifica wikitesto]Gola di Olduvai
[modifica | modifica wikitesto]La gola di Olduvai è il sito eponimo della cultura Olduvaiana in quanto è stato il primo ad essere conosciuto in maniera approfondita grazie all'opera della dinastia Leakey, con visite e ritrovamentii sporadici dagli anni 30 e con lavori intensivi durante gli anni 60 sotto il mecenatismo della National Geographic Society. Più che di un giacimento si tratta di un enorme complesso archeologico con molti giacimenti situati nel corso del fiume Olduvai con una serie di livelli plio-pleistocenici interstratificati con colate vulcaniche nella pianura del Parco nazionale del Serengeti vicino al lago Eyasi.
Sono stati identificati cinque grandi strati che hanno restituito resti di fauna e di mominidi di varie specie. I primi due appartengono all'Olduvaiano mentre i restanti sono da attribuirsi alla Cultura acheuleana o posteriori.
- Nel letto I, databile intorno a 1,8 milioni di anni, sono state localizzate diverse specie di Australopitecini e fauna tipica di un ambiente umido.
- Il letto II comincia con un breve cambio di polarità magnetica che prende nome dal giacimento stesso (episodio Olduvai-Gisla, nella fase generale di polarità negativa di Matuyama). Questo livello corrisponde a una fase avanzata dell'Olduvaiano (tra 1,6 milioni e 700 000 anni).
Peninj
[modifica | modifica wikitesto]Questo complesso di undici giacimenti fu scoperto nel 1964 da Richard Leakey grazie al ritrovamento di una mandibola di Paranthropus robustus. Il sito è ubicato nel lago Natron, in Tanzania, a pochi chilometri da Olduvai. I ritrovamenti comprendono resti di fauna, strumenti dell'Olduvaiano evoluto e una mandibola di ominide. Il complesso è databile a partire dalla microfauna e dall'applicazione del metodo del Potassio/Argo a uno strato vulcanico appartenente alla formazione geologica Humbu la cui cronologia si stima tra 1,6-1,4 m.a.,[15] L'industria di Peninj è notevolmente evoluta e dimostra l'esistenza di abilità tecniche più complesse di quelle che fin'ora sono state testimoniate in altri giacimenti analoghi (nello specifico Koobi Fora). Si ritiene che gli ominidi di questo giacimento fossero stati in grado di ottenere schegge predeterminate fornendo un antecedente ancestrale alla Tecnica Levallois che fin'ora si considerava tipica di un Acheleuano pieno.[16]
Africa australe
[modifica | modifica wikitesto]Nei primi momenti della ricerca preistorica in Africa Australe lo scopritore del Bambino di Taung, Raymond Dart, aveva proposto l'esistenza di un'industria su osso ricca e primitiva conosciuta come cultura Osteodontoqueratica (da osteos = ossa, dontos = dente e keratos = corna), formata da pezzi opportunisti sommamente adattati all'uso umano. In seguito si dimostrò che questa cultura non esisteva e che i rpesunti segni di attività umana non erano altro che tracce lasciate da animali necrofagi o deformazioni naturali.
Scartata, quindi, l'ipotesi della cultura Osteodontoqueratica, no faltan hallazgos de trascendencia equivalente a los del este de África, medidos cronológicamente también gracias a restos volcánicos o a la geomorfología kárstica y de las sedimentación fluvial del río Vaal. Allí sobresalen los sitios de Sterkfontein, Swartkrans, Kromdraai y, más al norte, en otro complejo, Makapansgat. Por su parte, en Taung ya no existe el yacimiento, debido a la excesiva explotación industrial como cantera. thumb|Excavaciones en la cueva de Sterkfontein. Sterkfontein, Swartkrans y Kromdraai distan tan sólo unos centenares de metros entre sí, formando un insólito conjunto paleontológico y arqueológico en la comarca de Krugersdorp (a medio camino entre Johannesburgo y Pretoria, Sudáfrica), que ha sido catalogado como patrimonio de la humanidad bajo el apelativo genérico de la «Cuna de la Humanidad» (Cradle of Humankind en inglés). Este complejo alberga tanto restos de australopitecinos como diversos especímenes del género Homo, así como industria lítica olduvayense.
- Sterkfontein, aparte de ser el yacimiento más fructífero en fósiles de homínidos prehumanos del mundo, posee estratos datados entre 2 y 1,5 m.a. donde hay objetos líticos tallados asociados a fósiles de Homo habilis y de australopitecinos.
- Swartkrans está a poco más de un kilómetro del anterior, en esta cueva, también muy rica en fósiles, los restos de industria lítica sólo aparecen asociados a parántropos y a lo que parecen ser restos de Homo erectus, lo que ha propugnado la controversia sobre cuáles eran los cazadores o los cazados.[17] Swartkrans también es un lugar notorio por contener la evidencia más antigua de uso del fuego por parte de homínidos. En efecto, hay restos de huesos carbonizados intencionalmente, datados, por resonancia paramagnética electrónica, en 1,5 millones de años; lo que se ignora es si el empleo del fuego era casual, o ya se dominaba su técnica y tampoco se puede atribuir su uso a ninguna especie en concreto. De todos modos, «La capa superior de la caverna de Swartkrans es, pues, una mezcla engañosa de material antiguo y nuevo».[18]
- Kromdraai, llamada la Cueva maravilla por su inmenso tamaño, con lo que a su valor arqueológico se añade el paisajístico. A pesar de los fósiles de australopitecinos, es el yacimiento con menos industria olduvayense, aunque la ocupación se extendió hasta periodos mucho más recientes.
Algo más apartada de esta densa región fosilífera se halla Makapansgat, una cavidad cárstica rellenada posiblemente por la erosión o por la acción de grandes carroñeros, entre ellos hienas. Por esa razón, tal vez, los restos aparecidos son únicamente de homínidos fósiles, sin que haya utillaje asociado a ellos. Algo similar ocurrió en lugares emblemáticos como Taung, Gladysvale, etc.
thumb|200px|Estratos Pliocenos de Marruecos. Antes de la desecación del desierto del Sáhara, el norte de África pudo conocer todas las fases de la Edad de Piedra, desde el Olduvayense hasta el Neolítico.[19]
Marruecos
[modifica | modifica wikitesto]En la zona del Magreb, desde Tánger a Casablanca, se ha podido establecer una secuencia relativamente completa del Paleolítico Inferior, incluyendo varias fases Achelenses y Olduvayenses. El profesor Pierre Biberson dividió esta secuencia en Estadios, de los que cuatro son anteriores al Achelense propiamente dicho: los estadios I y II son típicamente Olduvayenses, los estadios III y IV son más evolucionados y podrían indicar una transición paulatina al Achelense. En esa época el Magreb tuvo un clima menos riguroso que el actual.[20] thumb|left|160px|Canto tallado del Sáhara atlántico.
- Estadio I: con una cronología estimada entre los 2,5 y los 2 millones de años, destacan los yacimientos de Douar Doum y Tardiguet-er-Rahla. Tecnológicamente son correlacionables con las industrias de la formación Shungura: predominan los cantos tallados muy someros, generalmente monofaciales.
- Estadio II: aparece en playas fósiles de entre 2 y 1,8 m a. De los alrededores de Casablanca (la Cantera Déprez). No es muy diferente técnicamente del estadio anterior, salvo por una mayor bifacialización de la talla. También aparecen algunos poliedros parciales. Esta industria suele acompañarse de una malacofauna propia de un estadio paleoclimático interpluvial (Messaudiense).
- Estos dos estadios preachelenses con industrias de carácter arcaico, son bastante similares, la evolución es apenas perceptible. El predominio de la talla monofacial, más que un rasgo primitivo, parece relacionado con la materia prima: guijarros planos de talla somera.
- Estadio III: Se desarrolla entre 1,8 y un millón de años, en yacimientos como Souk-el-Arba. Técnicamente es un Olduvayense evolucionado que se relaciona con fases intermedias de la formación Shungura y con el lecho II de Olduvai, así como con las industrias del yacimiento de Aïn Hanech. Aunque perduran numerosos rasgos de estadios anteriores, las piezas están mejor elaboradas, predomina la talla bifacial, las extracciones son más numerosas, obteniendo filos más largos. Las herramientas se diversifican, de hecho en la zona de Salé, Biberson discriminó una denominada mini-industria y otra maxi-industria, sin especificar si son independientes, contemporáneas o sucesivas. Pero están en clara relación con la distinción que hacía Mary Leakey de las piezas del propio yacimiento de Olduvai: Heavy-duty tools y Light-duty tools.
- Estadio IV: éste ya sería considerado una fase de transición al Achelense, ocurrida en torno al millón de años (por tanto, ya existe algo de retraso respecto a África oriental). Destaca el yacimiento de Sidi Abderrahman (nivel G) con una clara orientación hacia el Achelense, con presencia de los primeros bifaces (se trata de piezas toscas, gruesas, de talla parcial y escasa simetría); si bien siguen siendo una mínima parte frente a los cantos tallados, los poliedros e, incluso, los picos triédricos.
Argelia
[modifica | modifica wikitesto]- Aïn Hanech (Sétif, Argelia oriental): la industria lítica de este yacimiento argelino se dataría entre 1,8 y un millón de años (como se ha indicado más arriba, se correlacionaría con el Estadio III de Biberson para Marruecos y con el lecho II de Olduvai):
thumb|100px|Canto tallado sahariano.
- En la excavación aparecieron restos de fauna muy arcaica, con al menos dos tipos de elefantes (Elephas africanus y Libytherium maurusium), un caballo tridáctilo (Stylohipparion), un tigre de dientes de sable, etc.; al parecer, especies residuales del Plioceno. Los objetos líticos se caracterizan por una inusual abundancia de poliedros tan elaborados que sería más propio denominarlos esferoides facetados; también hay protobifaces de aspecto tosco que recuerdan mucho a sus correlativos de Olduvai.[21]
El Sáhara central tiene abundantes yacimientos, lo que supone que debió tener un clima más hospitalario que el actual. Sin embargo, estos lugares carecen de las referencias estratigráficas, tectónicas y, especialmente, de las capas volcánicas, que permiten dataciones fiables en África oriental. Esto dificulta su ubicación cronocultural. Los investigadores intentan basarse en las terrazas aluviales de los numerosos wadis y en comparaciones tipológicas con yacimientos mejor datados. Así, Alimen y Chavaillon consideran que los útiles e pueden correlacionar con los estadios I y II del Magreb, propuestos por Biberson. El complejo más conocido es el de la región de Reggan (entre Argelia y Libia),[22] donde hay numerosos cantos tallados, pero carecen de referencias estratigráficas fiables (a pesar de tratarse de industrias muy relevantes que han suscitado el interés de diversos especialistas). Otro tanto ocurre con Gouir y Saoura, así como con varios lugares de los alrededores del lago Chad (Djourab) y a orillas del río Nilo (Bah el Ghazal, Sudán)
La tradición Oduvayense fuera de África
[modifica | modifica wikitesto]Dada la enorme duración temporal del Olduvayense, así como su enorme extensión geográfica, más que de una «Cultura Olduvayense» los especialistas prefieren pensar que es un complejo de diversas culturas que comparten una misma tradición cultural. En efecto, lo que se entendería, en sentido amplio por Olduvayense podría haber durado más de 1,5 millones de años. Tampoco hay forma de comprobar quién talló las primeras industrias, sólo se sabe que aparecen asociadas a fósiles de varios homínidos distintos, algunos no necesariamente humanos.
Aceptando que la misma tecnología pudo ser usada por especies diferentes, cabría la posibilidad de aplicar el calificativo «olduvayense», a industrias líticas, algo posteriores, que han aparecido en Asia y Europa y que, a menudo (no siempre), preceden al Achelense: left|thumb|Canto tallado de Dmanisi (Georgia).
- Los lugares ubicados en Asia con culturas de tradición olduvayense se extienden por todo el continente, incluso hasta el Extremo Oriente, con una antigüedad considerable. Quizá las industrias de Java, a pesar de su lejanía del punto originario, sean las más antiguas, señalando especialmente los yacimientos del río Solo destacan, no sólo el clásico yacimento de Trinil, descubierto por Eugène Dubois, a los que habría que añadir Sangiran y Modjokerto, datados en 1,8 m.a. Para el yacimiento chino de la cueva de Longgupo se proponen dataciones incluso anteriores (1,9 m.a.).[23] En el Medio y Próximo Oriente tenemos Riwat (Pakistán) y Kashafrud (Irán) que, tal vez, podrían alcanzar los dos milllonesde años (aunque esto es muy discutible) y sobre todo Dmanisi (Georgia), donde la industria de este tipo, asociada a varios cráneos, se ha datado entre 1 850 000 y 1 600 000 años de antigüedad;[24] y, algo más recientes en Ubeidiya (Israel), con cerca de millón y medio.[25]
- En Europa existen defensores de una cronología larga basada en yacimientos muy escasos, pero repartidos por todo el subcontinente, datables en, por lo menos dos millones de años de antigüedad. Por ejemplo, en la depresión de Guadix-Baza en España ("Barranco León" y "Fuente Nueva 3"Cortijo de Doña Milagros), en Francia Chilhac III es uno de los lugares con datación más antigua, aunque no del todo fiable; también algunos puntos de Bohemia, en la República Checa y la región de Dacia en Rumanía. Pero las pruebas son bastante endebles, por lo que muchos especialistas abogan por una cronología más segura, que ronda, como mucho, el millón de años. En este punto los descubrimientos se multiplican, se asocian a estratigrafía, fauna e incluso restos humanos, como ocurre en Ceprano (Italia) y Gran Dolina, de la Sierra de Atapuerca (España); Le Vallonet en Francia; los niveles inferiores de Karlich, en Alemania; Przeletice y Strànska Skàla en la República Checa; Sandalja en Croacia; Korolevo en Ucrania...; entre otros.[26]
La primeras culturas prehistóricas de África
[modifica | modifica wikitesto]Las investigaciones paleoambientales han determinado que, entre los 3 y los 2 millones de años de antigüedad hubo un importante cambio climático global que evidentemente afectó al continente africano. Las consecuencias ambientales de este cambio fueron un descenso de las temperaturas y de las precipitaciones, propiciando el retroceso de la masa boscosa selvática y un aumento de los ambientes abiertos de pradera o sabana.[27] Estas alteraciones podrían asociarse al nacimiento de la primera cultura, el Olduvayense, ya que los homínidos tuvieron que adaptarse al nuevo entorno en el que iban a sobrevivir. Entre otras cosas, los homínidos prehumanos tuvieron que diversificar sus fuentes de alimento y cambiar sus estrategias de protección frente a los depredadores, pues en campo abierto hay menos fruta y menos refugios. thumb|Paisaje mixto de bosque y pradera en África. El cambio climático y el nacimiento del Olduvayense coinciden, además, con un tercer factor, el declive de los australopictecinos gráciles, que habían aparecido en el este de África hace entre 6 y 4 millones de años y que, aunque indudablemente eran bípedos y se desenvolvían en ambientes mixtos de bosque y sabana pero parecen depender más de los árboles para su supervivencia (eran pequeños para poder trepar y su dentición no era lo suficientemente robusta como para adaptarse a los alimentos de la pradera). Las últimas especies de esta familia, son A. garhi y A. africanus, que desaparecieron en torno a los 2,4 m.a., fecha muy similar a la de la aparición de los primeros humanos auténticos (como se explica más abajo), y ligeramente posterior a la entrada en escena de los australopitecinos robustos o parántropos.[28]
Al parecer, tanto Homo como Paranthropus dependían menos de los bosques y estaban mejor preparados para su supervivencia en espacios abiertos, aunque por razones distintas. Los parántropos eran más corpulentos, más fuertes, con lo que podían defenderse mejor de los ataques; además, su mandíbula era más poderosa, y el esmalte de su dentición más grueso, por lo que podían subsistir con los alimentos más correosos de la pradera (semillas, raíces, cortezas, insectos, pequeños animales y carroña). Los humanos gracias a que disponían de herramientas, así como de una ventaja social y material que suplía sus carencias somáticas, esto es, la cultura olduvayense (Plummer, op. cit. pág 122).
El artesano olduvayense
[modifica | modifica wikitesto]Desde los primeros años de la investigación, hasta nuestros días, pende la cuestión que no ha sido resuelta, sobre quién fabricó las herramientas olduvayenses. Parece probable, al menos en gran parte, atribuir la fabricación de estas herramientas a los primeros especímenes del género Homo, es decir, Homo habilis (entendido en sentido amplio, incluyendo también Homo rudolfensis, con quien parece estar estrechamente emparentado) y las formas ancestrales de Homo erectus (también en sentido amplio, lo que implica incorporar a Homo ergaster).
thumb|90px|left|Homo habilis
Sin embargo, las industrias más antiguas han sido datadas en el arroyo de Kada Gona, Etiopía, en 2,63 millones de años como mínimo,[29] mientras que los restos más antiguos de Homo, precisamente en esa misma zona (un maxilar del Hadar), se fechan en 2,33 millones de años (existen restos dudosos de Homo en el lago Baringo, con 2,4 millones de años).[30] En cualquier caso, se aprecia una clara falta de sincronización entre evidencias arqueológicas y paleontológicas. La aparición de restos de Australopithecus garhi cerca de objetos tallados en la depresión de Afar en Etiopía, con 2,5 millones de años, ha instigado la sospecha de que esta especie pudo fabricar herramientas.[31] Igualmente parece existir cierta correlación entre los australopitecinos robustos, esto es, Paranthropus, y el olduvayense sudafricano; siendo el caso más notable el de la cueva de Swartkrans en Sudáfrica. Pero, como ya se ha indicado más arriba, los estudios tafonómicos parecen apuntar a que los huesos son restos dejados por depredadores y carroñeros que consumieron homínidos, o sus cadáveres (especialmente la hiena). Además, el tamaño del cerebro y la dentición de los parántropos no parecen corresponderse con un ser que fuese capaz de crear herramientas complejas (Charles Kimberlin Brain, 1989, op. cit.).
Ante evidencias tan endebles, muchos investigadores prefieren inclinarse hacia la exclusividad de Homo como artesano ("Homo faber"), pues, parece poco probable que los australopitecinos elaborasen herramientas olduvayenses. De todos modos, a día de hoy, es imposible llenar el espacio entre los primeros utensilios y la aparición de Homo (entre 2,63 y 2,33 millones de años). thumb|100px|Homo ergaster En otro orden de cosas, dado que es habitual diferenciar, al menos, dos fases olduvayenses, una inicial y otra avanzada, también suele hacer distinción entre los humanos relacionados con cada etapa. Concretamente, el Olduvayense evolucionado se atribuye normalmente a formas ancestrales de Homo erectus: posiblemente el resto más antiguo de este taxón sea un fragmento de occipital designado como KNM-ER 2598 de Turkana oriental (Kenia), datado entre 1,88 y 1,9 millones de años;[32] esta circunstancia provocaría el paso hacia una tecnología más diversificada y hacia la expansión fuera de África. Para algunos autores, la colonización de Eurasia se produjo antes de la aparición del Achelense (Plummer, 2004, op. cit., pág 126), mientras que otros sostienen una idea totalmente diferente: la aparición, hace aproximadamente millón y medio de años, de una nueva tecnología lítica desencadenaría un solapamiento de dos tradiciones culturales: una más antigua y sencilla, el Olduvayense, y otra revolucionaria —para la época— el Achelense. Es casi seguro que existió una competencia ecológica en la que el Achelense tenía ventaja, sin embargo hay constancia de que el Olduvayense sobrevivió aún unos cientos de miles de años más. Así, no son pocos los autores que sospechan que la presión achelense obligó a los humanos de tradición olduvayense a marcharse de África y comenzar su diáspora por la región holártica.[33] Aunque todavía hay serias dudas sobre cuántas oleadas migratorias hubo y cuáles fueron las rutas seguidas.
{{Sucesión
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- ^ Finnish Energy Industries, "Nuclear Waste Management in Finland"; accessed 2 October 2009; http://www.energia.fi/en/publications/nuclear%20waste.pdf
- ^ Finland's nuclear waste bunker buil to last at least 100,000 years, http://articles.cnn.com/2010-11-12/world/finland.nuclear.waste_1_nuclear-waste-disposal-canisters?_s=PM:WORLD
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- ^ | autore = Roche, Hélène | titolo = Hadar et les industries préacheuléennes d'Afrique orientale | anno = 1982 | pubblicazionen = Bulletin de la Société Préhistorique Française | volume = Tomo 79 | numero = número 6 | id = ISSN 0249-7638
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- ^ DOI: 10.1038/242572a0.
- ^ Durante decadi c'è stata una forte controversia sulla datazione dello strato di riferimento di Koobi Fora, la cosiddetta Toba KBS, alla quale sono stati applicati i più diversi metodi di datazione. Per esempio la prima datazione con il Potassio/Argo nel 1970 ha fornito un'antichità di 2.6 milioni di anni, il paleomagnetismo indicava una polarità positiva che potrebbe corrispondere sia alla fine della fase Gauss (2,5 milioni) sia all'episodio Olduvai-Gisla (1,8/1,6 milioni); l'analisi della fauna sembrerebbe indicare una datazione più recente cosi come la seconda datazione con Potassio/Argo realizzata dall'università di Berkeley nel 1975. In cambio il metodo delle tracce di fissione riporta una datazione di 2,44 milioni nel primo tentativo (1976) e 1,87 nel secondo (1980). Lumley, Henri, Origen y evolución del hombre, 1984, Deposito Legale: M-35.674.1984. , Pagine 87-88.
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