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Il termine anedonia (parola greca composta dal prefisso negativo an e hēdonē, "piacere") descrive la perdita della capacità di provare piacere o interesse per ogni aspetto della vita quotidiana, compreso ciò che abitualmente dava piacere e soddisfazione. L’anedonia è un sintomo di diversi disturbi mentali quali depressione maggiore, schizofrenia, disturbo post traumatico da stress, dipendenza da alcol e/o sostanze.

Cenni Storici

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Il primo a usare il termine anedonia è stato Ribot, uno psicologo francese, nel 1896, definendola come un deficit nei meccanismi di ricompensa e piacere. La definizione veniva applicata soprattutto a pazienti e persone che sembravano incapaci di trarre piacere da attività sessuali, relazionali, alimentari, affettive. Diversi anni più tardi Kraepelin parlò di anedonia come sintomo fondamentale di uno stato di sofferenza individuale che si inquadrava nella dementia praecox: “La caratteristica indifferenza dei pazienti verso le loro relazioni interumane che prima li emozionavano, l’estinzione di affetti per parenti ed amici e la perdita di soddisfazione nei loro lavori e nelle vocazioni, nella ricreazione e nei piaceri, è non di rado il primo sintomo manifesto che segna l’esordio della patologia”. Kraepelin descrisse i suoi pazienti come se non avessero alcuna reale gioia nella vita. Un aumentato rischio per lo sviluppo di episodi psicotici è stato anche correlato con l’anedonia “sociale” (Chapman e Coll.). In particolare, è stato evidenziata la progressiva perdita dell’interazione relazionale e sociale, e la mancata elaborazione dell’esperienza interpersonale, determinerebbero la perdita di una condizione “protettiva” e conseguentemente predisporrebbero l’individuo ad un aumentato rischio di psicosi. Nel 1993 Snaith fornisce una definizione molto vicina a quella oggi comunemente utilizzata, ovvero “la perdita della capacità di provare piacere anche per ciò che abitualmente dava soddisfazione”. Relazione con i disturbi mentali Nella quinta edizione del Manuale Diagnostico Statistico per i Disturbi Mentali (DSM-5), l’anedonia è il secondo criterio diagnostico del Disturbo Depressivo Maggiore, così definito: “Marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte, o quasi tutte, le attività per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni (come indicato dal resoconto soggettivo o dall’osservazione)”. L’anedonia è un sintomo aspecifico e trasversale a più diagnosi psichiatriche. Questo significa che non basta osservare la presenza dell’anedonia per formulare di conseguenza una diagnosi (come ad es. depressione, schizofrenia, alzheimer). Tra le patologie a cui comunemente l’anedonia risulta essere associata vi è la depressione maggiore dove si verifica, spesso, una correlazione con l’ideazione suicidaria. La schizofrenia risulta esserne un ulteriore esempio, infatti l’anedonia rientra tra i cosiddetti [sintomi negativi] insieme ad apatia, ridotta espressione delle emozioni e ritiro sociale. In questo caso, si traduce principalmente nell’incapacità di trarre piacere dalle relazioni interpersonali ed è uno dei sintomi più resistenti al trattamento farmacologico. Nelle dipendenze da alcol o sostanze, l’anedonia si manifesta come conseguenza di dipendenza e abuso. In questo caso si tratta di un sintomo reversibile che diminuisce con l’astinenza. Tuttavia, la presenza di anedonia predice più alti livelli di [craving] e un maggiore rischio di ricaduta. L’anedonia si manifesta anche in associazione ai sintomi del è DPTS (Disturbo Post Traumatico da Stress) nei 2/3 dei casi e si associa a un più alto tasso di cronicizzazione e rischio suicidario.

Correlati Neurobiologici

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In marcato contrasto con la letteratura sul comportamento, che si è largamente focalizzata sui deficit della capacità di provare piacere, gli studi di stampo neurobiologico sull’anedonia si sono primariamente concentrati sui correlati neurali coinvolti nella motivazione e nel rinforzo. La letteratura di riferimento ha evidenziato il coinvolgimento di varie regioni cerebrali, circuiti neurali e sistemi di neurotrasmissione. Tra questi sono compresi strutture sottocorticali quali: i gangli della base, lo striato, in particolare il nucleo accumbens,[1] l’area tegmentale ventrale, la substantia nigra, l’amigdala, l’ippocampo. Inoltre, a livello corticale le strutture principalmente coinvolte sono: la corteccia prefrontale mediale, la corteccia orbito-frontale, la corteccia cingolata anteriore.

Strumenti di valutazione dell'anedonia

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La valutazione del livello della gravità dei sintomi anedonici è primariamente indagata attraverso questionari compilati autonomamente dai pazienti. Da una rassegna dei criteri più comunemente utilizzati emerge che questi ultimi sembrano volti maggiormente a rilevare la presenza del piacere nello svolgere un’attività, piuttosto che il numero di attività in cui si è coinvolti. Per la valutazione dell’anedonia si preferisce utilizzare strumenti e interviste diagnostiche specifiche per patologie quali, ad esempio, la depressione e la schizofrenia, delle quali l’anedonia risulta essere un sintomo aspecifico. Esistono, tuttavia, alcune scale specificamente utilizzate per la valutazione dell’anedonia: la Revised Chapman Physical Anhedonia Scale (CPAS) e Social Anhedonia Scale (SAS) (Chap- man et al., 1976; Chapman and Chapman, 1982)[2]; la Fawcett-Clark Pleasure Scale (FCPS) (Fawcett et al., 1983); e la Snaith-Hamilton Pleasure Scale (SHAPS) (Snaith et al., 1995).

Implicazione per il trattamento

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La psicoterapia che si è dimostrata maggiormente efficace, in particolar modo nei confronti dell’anedonia motivazionale, è la terapia cognitivo comportamentale (CBT) e, soprattutto, l’attivazione comportamentale (Behavioral Activation, BA). L’attivazione comportamentale fornisce un esempio potenziale di tecnica psicoterapica precisa che potrebbe essere particolarmente appropriata nei casi di anedonia caratterizzata dalla mancanza di motivazione. L’obiettivo del trattamento è aiutare il paziente quando è ingaggiato in comportamenti di ricompensa, facilitandolo ad attuare comportamenti che siano in grado di rinforzare le esperienze positive del paziente. In una di queste tecniche, ad esempio, il terapeuta interviene sul meccanismo di scelta delle attività del paziente basato ancora su una ricompensa attesa. Nello specifico, vengono indagate le aspettative del paziente rispetto alle eventuali sensazioni di piacere che le attività dovrebbero procurare; in un secondo momento, insieme la paziente, si cerca di abbassare il livello di queste aspettative e di fornire criteri diversi e vari per scegliere le attività. Nei casi trattabili farmacologicamente, il trattamento scelto è quello per la depressione. In questi casi l’intervento non è esclusivamente mirato all’anedonia, ma a tutto lo spettro di sintomi depressivi di cui l’anedonia fa parte. In una minoranza di casi, i cosiddetti casi farmacoresistenti, un intervento che può essere utilizzato è la Deep Brain Stimulation (DBS), che è risultata particolarmente efficace nell’intervenire sull’anedonia. In particolare, viene stimolato il Nucleo Accumbens che fa parte del sistema della ricompensa.

  1. ^ Salamone J.D., Cousins M.S., Snyder B.J. (1997), “Behavioral functions of nucleus accumbens dopamine: empirical and conceptual problems with the anhedonia hypothesis”, Neurosci. Biobehav. Rev., 21: 341-359
  2. ^ Chapman L.J., Chapman J.P., Raulin M.L. (1976), “Scales for physical and social anhedonia”, J. Abnorm. Psychol., 85: 374-382

"E." "Kraepelin", "Dementia praecox and paraphrenia", "Edimburgh", "Barclay RM, "1919".

"LJ." "Chapman", "Putatively psychosis-prone subjects ten years later", "1994".

"Donald" "Klein", "Depression and anhedonia", "New York", "PMA Publishing", "1987".

"American Psychiatric Association" "2013", "American Psychiatric Press", "Washington, DC". "BD" "Greenberg", "2003".