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Utente:Andorese94/Sandbox
Primi anni e fondazione della FILT
[modifica | modifica wikitesto]La primissima federazione nazionale nasce nel 1894 grazie a Gino De Martino. Questa Federazione si sciolse dopo pochissimo tempo poiché le sostanziali differenze tra i club affiliati erano insuperabili. Nel 1910, il Marchese Piero Antinori appassionato e giocatore tennistico amatoriale[senza fonte] decise di riprovare a fondare una federazione che raggruppasse tutti i circoli d’Italia e fu così che il 18 maggio a Firenze venne costituita la FILT acronimo di Federazione Italiana Lawn Tennis con 26 circoli affiliati e con il Marchese stesso, primo presidente
La prima svolta, nella storia federale risale agli anni Venti. Tramite il Presidente Beppe Croce di Genova si avvia un importantissimo sviluppo della FILT. Iniziano a crearsi strutture periferiche, vengono istituite le classifiche nazionali e si crea la prima squadra Italiana che parteciperà alla Coppa Davis del 1922 incontrando come prima nazione il Giappone il 30 Maggio vincendo l’incontro.
Secondo dopoguerra
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1946 l’assemblea nazionale decide di Togliere la Parola Lawn, che in inglese significa prato, dal nome ufficiale diventando così FIT, Federazione Italiana Tennis.
Superati i difficoltosi anni della Seconda Guerra Mondiale, il tennis italiano, condotto da due grandi tennisti ovvero Aldo Tolusso e Giorgio de' Stefani, vive un'epoca di nuovo splendore a livello europeo e mondiale, che porta l’Italia ai vertici della Coppa Davis e dei più grandi tornei internazionali. In quest’epoca grazie agli sforzi della federazione, si formano giocatori di grande qualità e temperamento come Gianni Cucelli, Rolando Del Bello, Marcello Del Bello, Fausto Gardini, Beppe Merlo e più avanti Orlando Sirola e Nicola Pietrangeli. Infatti, furono Proprio Pietrangeli e Sirola nel 1960 a portare l’Italia in finale di Davis per la prima volta perdendo nel challenge Round 4-1 con l’Australia.
Nel 1972, Giorgio Neri, storico presidente della sezione Tennis della Società di Educazione Fisica Virtus diventa Presidente nazionale. Inizia a pensare ai vivai giovanili e mette i primi pilastri nel difficile discorso del Talent scouting. Fonda i Centri Estivi FIT, luoghi dove i giovani possono passare le vacanze estive all’insegna di una full immertion tennistica e insieme a Mario Belardinelli ristruttura e potenzia l’area tennistica del Centro Tecnico Nazionale di Formia di proprietà del CONI che da lì a poco assumerà un enorme importanza per lo sviluppo del Tennis Italiano. Nel centro tecnico in quegli anni nacquero giocatori di grande livello tra cui: Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli.
Questi 4 giocatori capitanati da Nicola Pietrangeli riuscirono nel 1976 a vincere la finale di Coppa Davis.
Nel 1976 la Squadra italiana di Coppa Davis che partecipava al tabellone Principale della Zona B della Zona Europea fece degli ottimi risultati e portò la sua presenza in semifinale.
Quell'anno la Finale si sarebbe giocata contro il Cile dell'allora dittatore Augusto Pinochet nello Stadio Nazionale, divenuto uno dei simboli della repressione del regime poiché, negli anni precedenti e addirittura una settimana prima della Finale[senza fonte] era stato usato come campo di concentramento per gli oppositori politici.
Il Cile si era ritrovato in Finale poiché l'URSS decise di non partecipare per boicottare la dittatura di Augusto Pinochet, In conseguenza al boicottaggio della semifinale, l'URSS fu sospesa dalle due seguenti edizioni della Coppa Davis. dalla ITF organizzatrice della Coppa Davis
Fin dalla Semifinale in Italia ci fu un forte dibattito che vide il paese spaccato a metà. Una parte voleva che la squadra non partecipasse, mentre l'altra, visti i meravigliosi risultati ottenuti in quell'anno, avrebbe preferito vedere l'Italia partecipare alla finale. Ci furono molti dibattiti televisivi e politici nonché discese in piazza e alla Fine Il Governo, presieduto da Giulio Andreotti e il CONI, sostennero che la decisione non dovesse essere politica ma esclusivamente sportiva e lasciarono la decisione alla FederTennis la quale sentiti i dovuti pareri decise di mandare la squadra in Cile.
Nel corso del doppio Adriano Panatta, noto per le sue simpatie politiche di sinistra, decise di giocare con una maglietta rossa, in omaggio alle vittime della repressione di Pinochet, convincendo il suo compagno Paolo Bertolucci a fare lo stesso. Solo nell'ultimo set i due atleti indossarono la tradizionale casacca azzurra. Alla vicenda è dedicato il documentario La maglietta rossa.
La squadra che vinse la Finale nel 1976 raggiunse altre 3 finali (1977, 1979 e 1980) e grazie a questi ulteriori risultati donò un nuovo impulso al tennis in Italia, che divenne finalmente uno sport di grande popolarità.
Questa condizione si mantenne anche negli anni 80 e 90 pur non vedendo più i meravigliosi risultati visti negli anni precedenti. La federazione scovò grazie allo sviluppo del Talent scouting altri giocatori come Paolo Canè, Cristiano Caratti e Gianluca Pozzi.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Primo tratto: Prà-Albisola
[modifica | modifica wikitesto]L'autostrada A10 che collega Genova con il confine di stato di Ventimiglia ha una lunga storia, poiché l'arteria fu costruita per tronchi in più di un decennio. Il primo tratto fu realizzato alla fine degli anni cinquanta, a carreggiata unica con 3 corsie a senso alternato, ed era limitato al collegamento tra Pra', quartiere del ponente genovese, e Albisola. Nei primi anni '60 questa costituiva una delle poche autostrade presenti in Italia, insieme all'Autostrada dei Laghi, alla Torino-Milano-Brescia, Padova-Venezia, Savona-Ceva, Genova-Milano, Firenze-Pisa, Roma-Ostia e Napoli-Salerno. Nel 1964 il tratto venne prolungato di pochi chilometri fino alla successiva uscita di Genova Pegli, sempre a carreggiata unica e con una sola corsia larga per senso di marcia. Successivamente, il 5 settembre 1967 venne aggiunto il prolungamento da Genova Pegli a Genova Cornigliano, e da Savona ad Albisola, con due carreggiate e due corsie per senso di marcia. Con il completamento del viadotto Polcevera sul torrente omonimo, l'autostrada raggiungeva Genova Sampierdarena e il casello di Genova Ovest, collegando così Genova e Savona e raccordandosi altresì con la A7.
Come detto, inizialmente tra Albisola e Genova Pegli l'autostrada era a carreggiata unica con 2 o 3 corsie e risultò subito evidente la necessità di ampliare questo tratto. Per alcuni anni vi fu un dibattito tra i sostenitori del raddoppio della tratta e i sostenitori della costruzione di una nuova tratta a due carreggiate. Venne scelta la prima soluzione e così nel corso degli anni '70 tra Albisola e Genova Pegli l'autostrada fu ampliata aggiungendo una carreggiata nuova a quella già esistente: la carreggiata ovest, in direzione Ventimiglia fu costruita ex novo, con 3 corsie da Genova Pegli fino a Varazze e 2 corsie da Varazze ad Albisola; per quella in direzione Genova centro si usò invece la tratta originaria usando le 3 corsie su cui precedentemente scorrevano entrambi i sensi di marcia.
Ne deriva che la carreggiata vecchia, cioè in direzione Genova, è molto più tortuosa dell'altra, un po' come si verifica sulla Genova-Serravalle (A7) per lo stesso motivo; l'ampliamento a 3 corsie ha determinato inoltre, su questo tracciato, la cancellazione della corsia di emergenza e una riduzione di tutte le corsie a una larghezza inferiore ai 3,75 m previsti dal codice della strada per le autostrade: ciò ha determinato una riduzione della velocità consentita al limite degli 80 km/h per quasi tutta la tratta compresa tra Albisola e Genova Pra'. La terza corsia, più precisamente, è presente tra l'allacciamento con la A26 e Varazze, direzione Savona/Ventimiglia, mentre per chi è diretto verso Genova troviamo la 3ª corsia tra Albisola e l'A26.
Ultimo Tratto: Savona Ponte San Luigi
[modifica | modifica wikitesto]a fine anni 50, con il continuo crescere del trasporto su gomma e un forte incremento del turismo rivierasco risultò subito evidente che l'ampliamento dell'autostrada verso il confine di stato divenne necessario. Così tramite l'aiuto dell'allora ministro Paolo Emilio Taviani venne studiato un primo piano progettuale, dal costo stimato di 118 miliardi di lire, con una bozza del percorso che avrebbe compiuto e il 30 Luglio 1960 venne costituita la società Autostrada dei Fiori S.p.A. società che ebbe la prima concessione Anas sul tratto allora denominato Ponte San Luigi-Savona.
Nel 1963 presso l'allora Hotel Gallia di Milano tutti i Sindaci dei Comuni interessati dall'attraversamento della futura Autostrada vennero invitati a visionare il progetto definitivo dalla società Alpina, società che ebbe l'appalto per la costruzione del tracciato. In quell'occasione vennero presentate le uscite autostradali e venne spiegato cosa avrebbero dovuto compiere i comuni sotto l'aspetto normativo ed edilizio, come ad esempio Delibere Comunali ad hoc e strade di accesso ai manufatti, per la buona riuscita dell'opera. In quell'occasione alcuni comuni protestarono per la mancata uscita autostradale senza alcun esito.
I cantieri iniziarono nel 1965 con una cerimonia della posa della prima pietra il 12 Febbraio a Ventimiglia dinanzi la presenza del ministro Paolo Emilio Taviani.
Dopo 3 anni di lavori e cantieri il 13 Luglio 1969 venne aperta una barriera all'altezza dell'uscita di Spotorno (si può ancora notare il locale di controllo rialzato in direzione Genova) e vennero così aperti i primi tratti autostradali carrabili insieme a degli svincoli provvisori senza barriera. Questo permise uno sviluppo turistico non indifferente causato dalla curiosità per il "traffico veloce" con un conseguente incremento delle presente durante il periodo estivo nelle località rivierasche. Negli anni il tragitto cambia e vengono aggiunti svincoli non previsti e eliminati quelli superflui o non voluti, come quello di Alassio. L'autostrada venne aperta definitivamente il 6 Novembre 1973 e costò 271 miliardi di lire rispetto ai 118 preventivati.
Negli anni successivi all'apertura definitiva vennero aperti ulteriori caselli come quelli di Finale Ligure e Pietra Ligure.
nel primi anni del nuovo millennio venne creato il collegamento con l'Autostrada Torino-Savona evitando l'obbligo di uscita dall'autostrada per proseguire verso Torino
Nei primi anni 90 l'allora assessore alla viabilità e trasporti della Provincia di Savona, Pierluigi Pesenti ebbe l'intuizione che l'apertura di un ulteriore svincolo nel tratto tra Albenga e Pietra Ligure avrebbe aiutato a decongestionare il traffico e fu così che il 23 Luglio 2005 dinanzi al Ministro Claudio Scajola e al presidente della Regione Liguria Claudio Burlando venne aperto lo svincolo autostradale di Borghetto Santo Spirito.
il caso di Andora e la creazione di un precedente
[modifica | modifica wikitesto]Durante la progettazione Iniziale il tracciato nel comune di Andora, vista la vicinanza con la galleria "Bric Arpicella" doveva passare all'interno della tenuta di caccia di Villa Isnardi tagliando in due la zona adibita alla caccia per ridurre la lunghezza del viadotto e diminuire i costi di costruzione dell'autostrada. Il senatore Isnardi nonché Proprietario della tenuta fece in modo che il tracciato venisse modificato in corso d'opera al fine di non intaccare la sua proprietà. Il percorso quindi venne allungato di circa 7 km (si può notare come il tratto autostradale successivo alla galleria Bric Arpicella di Andora dapprima punta verso la proprietà per poi indirizzarsi in direzione Mare) e venne costruito il viadotto lungo 855m denominato Merula.
Per via di un meteo molto avverso la costruzione della galleria Marino (galleria antecedente al viadotto Merula non venne completata nei tempi previsti e per via di un accordo con l'Amministrazione comunale presieduta dal Sindaco Walter momigliano i canteri dovettero fermarsi durante il periodo estivo. Questo accordo portò la Ferrobeton, allora impegnata nella costruzione di quella parte di tracciato, alla decisione di chiudere il tratto autostradale Albenga-Andora. Questa scelta avrebbe creato un enorme disagio alla cittadina di Andora allora in forte espansione turistica. Il sindaco allora fece pressione affinché venne aperta una rampa provvisoria in località Metta (ancora oggi si può notare la piazzola adibita ad ingresso ed uscita in direzione Confine di Stato subito dopo la galleria "Bric Arpicella") visto anche il rifiuto della citta di Alassio di possedere un'uscita autostradale (ci sarebbe dovuto essere uno svincolo in Galleria con prese d'aria). Questo permise di avere un'uscita provvisoria che consentì di incrementare il turismo locale e di creare i presupposti per uno svincolo definitivo.
Al Completamento della Galleria Marino, con tanto di inaugurazione dinanzi al Ministro Paolo Emilio Taviani, lo svincolo provvisorio venne spostato in prossimità della fine della Galleria in attesa del completamento del Viadotto Merula e venne aperto un secondo svincolo in prossimità dell'attuale area di servizio Rinovo Nord per bypassare il cantiere e proseguire il tragitto. Durante il completamento del viadotto il comune fece pressione affinché lo svincolo divenne permanente e l'approvazione da parte della società Autostrada dei Fiori S.p.A. portò gli altri comuni come San Bartolomeo al Mare a richiedere la trasformazione dello svincolo da provvisorio a permanente visto il precedente creatosi.
PORTO TURISTICO
[modifica | modifica wikitesto]Andora è dotata di uno degli approdi turistici più importanti della Liguria: il porto turistico "Marina di Andora" che dispone di 900 posti barca (il 5º porto turistico per grandezza della regione dopo Lavagna, Imperia, Sanremo e Marina degli Aregai). Il porto si trova a levante vicino al promontorio di Capo Mele.
All'inizio degli anni 60 in un periodo che segna la realizzazione e lo sviluppo delle vie di comunicazione stradali principali, come l'ampliamento della via Aurelia e la realizzazione dell'Autostrada, nasce una delle opere che innoveranno la considerazione del territorio andorese: il porto.
Il Sindaco di Allora, Walter Momigliano crede fermamente nel progetto poiché avrebbe portato lustro alla cittadina, che iniziava a formarsi sul litorale con intense trasformazioni edilizie.
L'idea era di costruire un porto turistico per l'attracco di natanti turistici di piccole dimensioni che avrebbe portato nel tempo un turismo d'elite.
Inizialmente l'idea era di costruire un Porto turistico, solo che all'epoca non era ancora ben definito e normato e il comune all'epoca povero economicamente non avrebbe mai potuto sostenere in modo autonomo tutte le spese necessarie per la realizzazione. Allora venne un'idea: l'organizzazione di una cena presso il locale Rocce di Pinamare di proprietà del Sindaco Momigliano. La cena, preparata nel periodo estivo con maestria e con il pieno rispetto delle regole del galateo in merito alla realizzazione di una cena reale, aveva come ospiti rappresentanti politici, il Sindaco Momigliano e l'Onorevole Paolo Emilio Taviani insieme al suo Segretario personale. A quella cena, si decise la tipologia di porto a costruire e la cifra economica che lo stato avrebbe dato per la realizzazione. La Categoria scelta per la costruzione del porto fu la IV Categoria, categoria di porto legata alla Pesca e ai pescatori e la cifra che lo stato avrebbe stanziato fu di 40.000.000 di lire. Venne quindi deciso di lanciarsi nell'impresa.
La morfologia del territorio, le Correnti e i venti dettavano elementi oggettivi importanti da essere considerati.
Il Libeccio, soffiando praticamente ogni giorno, portava a prendere in considerazione il fatto che un porto costruito a Ponente del golfo potesse essere un elemento di riparo per il Litorale.
Contemporaneamente, si sollevava il dubbio che le Correnti marine agissero con moto in direzione da Levante, costituendo un elemento alternativo alla direzione ventosa frequente.
Si fece ricorso a due studi di professionisti esperti del settore, i quali giunsero a risultati perfettamente contrapposti.
Si decise allora di effettuare delle prove pratiche e sperimentali per prendere atto della situazione, secondo i comportamenti reali delle forze naturali in campo: Mare e Vento.
Vennero posizionate al largo dalla Costa delle Boe, distanziate tra loro di un paio di centinaia di metri; tali boe erano dotate di una corda di immersione, alla cui estremità sottomarina era stata ancorata una sorta di pala, in struttura semirigida, simile ad una pala eolica, in modo che le posizioni delle boe fossero libere di adattarsi alle sollecitazioni atmosferiche e naturali a cui venivano sottoposte.
Dopo alcuni giorni il risultato era evidente: molte delle Boe, quasi tutte, erano state trasportate sotto il versante collinare di Ponente e tale constatazione portò a valutare e definire che la migliore protezione del golfo andorese fosse quella di realizzare il Porto a Levante, in modo che il litorale fosse più protetto dalle correnti marine.
Tale soluzione permetterà, nel giro di pochi anni dalla realizzazione del Porto, di ricevere il progressivo Insabbiamento "naturale" dell'intero litorale, con l'originaria formazione delle prime vere e proprie spiagge.
Grazie alla costruzione dell'autostrada,si è riuscito ad utilizzare parte degli enormi massi e blocchi rocciosi derivati dai trafori, dagli scavi e dalle movimentazioni stradali sulle alture circostanti. Grazie alla creazione di un punto di scarico dei detriti sulla Via Aurelia a fianco del neo nato porto, si dà il via all’accatastamento di enormità di materiale detritico in un tratto di mare antistante la via Aurelia che aiuterà la formazione della spiaggia.
Tale “discarica” assumerà, in breve tempo, la storica forma a “L”, dell’originario molo di sopraflutto, con il molo di sottoflutto in corrispondenza dell’apertura del Porto stesso, modificando l’estetica del paese ed aprendo nuovi sbocchi di sviluppo turistico – commerciale, modificando in parte le correnti marine ed aiutando il fenomeno di Ripascimento degli arenili che progressivamente si trasformeranno da distese di ciottoli a vere e proprie spiagge sabbiose naturali.
La struttura portuale sarà completata, all’interno dell’area di mare occupata, da tre pontili: il primo verso Ponente sarà costituito da una passerella in tavolame, in parte poggiata su enormi blocchi di calcestruzzo armato utilizzati come piedritti;
gli altri due saranno realizzati quali sorta di palafitte, costituite da passerella in tavolame su struttura tubolare metallica. La cordonatura esterna del molo di sopraflutto sarà irrobustita e completata con l’assemblaggio ed accatastamento di tetrapodi, i famigliari “ometti” in Calcestruzzo armato.
Con la sola realizzazione di piccole opere di manutenzione e sistemazione generale, il Porto manterrà detta consistenza fino al 1995. Nel dicembre del 1994 viene stipulato l’Atto di Sottomissione che prevede l’ampliamento del porto esistente sino alla forma dell’attuale bacino. Nel 1997 iniziano i lavori legati al Primo Lotto delle opere interessanti l’ampliamento portuale, che prevedono la sistemazione di servizi ed impianti:
- l’impianto elettrico, antincendio e di acqua potabile portati direttamente ai pontili;
- sostituzione dei tre originari pontili, con altri di nuova realizzazione.
Inoltre, la soprintendenza delle belle arti impone che i tetrapodi vengano eliminati, mediante sostituzione e/o copertura degli stessi con massi rocciosi: materiale ritenuto architettonicamente ed esteticamente più idoneo per l’inserimento paesaggistico - ambientale dell’intera struttura.
Dopo il 1997 partono le grandi opere che modificano sostanzialmente la consistenza e l’aspetto dell’originario impianto portuale, fino a trasformare il complesso nella struttura oggi esistente:
- nuovo molo di sottoflutto;
- ampliamento della piattaforma;
- realizzazione delle cale;
- creazione e potenziamento dei relativi servizi pubblici e dei diportisti.
Nel complesso le nuove opere eseguite permettono di ottenere un numero di 900 posti barca. Un lungo e pesante sforzo a carico dell’intero Comune, costato dal 1997 al 2005 oltre dieci milioni di Euro.
Nell’ultimo decennio sono state sviluppate le opere a terra ed i servizi, con la realizzazione di aree espositive all’aperto e la creazione di un “Solarium” panoramico estivo sopra a quello che in origine e per lungo tempo era per tutti semplicemente il “muraglione del porto”.