Teorema di Heckscher-Ohlin

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Il teorema di Heckscher-Ohlin, nell'ambito della teoria del commercio internazionale in economia, è il teorema derivato dal modello neoclassico standard di commercio internazionale noto come modello di Heckscher-Ohlin (HO) o modello Heckscher-Ohlin-Samuelson (HOS), che prende il nome dai due economisti svedesi, che originariamente lo proposero, Eli Heckscher e Bertil Ohlin, e dall'economista statunitense Paul Samuelson, che successivamente vi apportò estensioni e modifiche sostanziali.

Il teorema deriva i flussi di commercio internazionale (pattern of trade) dalla diversità nella dotazione fattoriale dei paesi, e segna quindi un cambiamento rispetto alla teoria ricardiana dei vantaggi comparati, nel quale tali flussi sono originati da differenze tecnologiche.

Ipotesi ed enunciato del teorema

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Nella sua formulazione originaria, il teorema viene derivato nell'ambito del modello Heckscher-Ohlin 2 X 2 X 2 (2 paesi che producono 2 beni con 2 fattori - capitale (K) e lavoro (L)), nonostante nel corso degli anni le conclusioni del teorema stesso siano state totalmente o parzialmente estese a casi più complessi con un numero superiore di paesi, beni e fattori, e anche a casi in cui il numero di fattori è diverso (maggiore o minore) di quello del numero dei beni.

Le ipotesi di partenza sono le seguenti:

  • concorrenza perfetta;
  • perfetta omogeneità dei prodotti tra paesi;
  • assenza di dazi, quote, costi di trasporto o altri ostacoli al commercio internazionale;
  • tecnologia identica tra paesi;
  • perfetta mobilità dei fattori produttivi tra settori produttivi entro i paesi;
  • perfetta immobilità dei fattori produttivi tra paesi;
  • preferenze identiche ed omotetiche;[1]
  • rendimenti di scala costanti nella produzione dei beni;[2]
  • diversa intensità fattoriale relativa dei beni e assenza di fenomeni di Factor Intensity Reversal (FIR), cambiamenti nell'intensità fattoriale: questa ipotesi implica la possibilità di ordinare i beni in modo univoco sulla base del rapporto capitale-lavoro riscontrato nella loro produzione e l'impossibilità che tale ordinamento cambi al variare del costo relativo dei fattori.[3]
  • diversità nelle dotazioni fattoriali relative dei due paesi: si assume in pratica che un paese sia relativamente più dotato di lavoro (labour abundant) e l'altro più dotato di capitale (capital abundant);[4]

Se valgono queste ipotesi, il teorema di Heckscher-Ohlin dice che:

Un Paese importerà il bene la cui produzione richiede l'utilizzo intensivo del fattore produttivo che nel Paese è relativamente scarso, mentre esporterà il bene la cui produzione richiede l'utilizzo intensivo del fattore produttivo che nel Paese è relativamente abbondante.

Così, nel caso a due Paesi (A e B) e due beni (1 e 2), supponendo che il Paese A sia labour abundant e il bene 2 labour intensive, in base al teorema il Paese A esporterà il bene 2 e importerà il bene 1. Al contrario, il Paese B (capital abundant) esporterà il bene 1 (capital intensive) ed importerà l'altro.

Nel secondo dopoguerra Wassily Leontief (1954) mise sotto esame la validità empirica del teorema di Heckscher-Ohlin utilizzando le tavole delle interdipendenze strutturali (o input-output) e concludendo sorprendentemente che, nel caso degli U.S.A., il teorema non trovava alcuna conferma nei dati: il rapporto capitale-lavoro medio delle esportazioni statunitensi risultava più basso di quello calcolato per i prodotti sostitutivi delle importazioni, e questo nonostante gli USA fossero indubbiamente un paese con una dotazione relativa di capitale molto più alta rispetto al resto del mondo.

La controevidenza empirica alla validità del teorema HO è diventata famosa con il nome di paradosso di Leontief.

Nel corso degli anni sono state proposte diverse spiegazioni del paradosso e tentati test alternativi, con risultati controversi.

  1. ^ Questo assicura identità delle funzioni di domanda anche in presenza di diversità nella scala dei paesi.
  2. ^ Questo equivale ad assumere funzioni di produzione omogenee di primo grado per i beni.
  3. ^ Così, ad esempio, indicando con Ki e Li, rispettivamente, capitale e lavoro impiegati nella produzione del bene i, se il bene 1 è capital intensive rispetto al bene 2 (il bene 2 è labour intensive rispetto al bene 1), questo vuol dire ipotizzare che:
    e assumere che, sebbene il rapporto possa cambiare al variare del rapporto salario/saggio di remunerazione del capitale, il segno della diseguaglianza non vari.
  4. ^ Questo in pratica comporta che, dati due paesi (A e B), il rapporto tra la dotazione di capitale e quella di lavoro nel paese A (labour abundant), sia più basso di quello del paese B (capital abundant); in simboli:
    .
  • R. Cagliozzi, Lezioni di politica economica. Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane (ESI), 2001. ISBN 88-495-0347-4.
  • G. De Arcangelis, Economia internazionale. Milano, McGraw-Hill, 2005. ISBN 88-386-6232-0.
  • R. C. Feenstra, Advanced International Trade: Theory and Evidence, Princeton University Press, 2003. ISBN 978-0-691-11410-1.

Voci correlate

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