Indice
Niccolò Vecchietti
Niccolò Vecchietti (Cologna Veneta, 20 aprile 1801 – Cologna Veneta, 14 ottobre 1871) è stato un latinista, scrittore e poeta italiano.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Nacque da una facoltosa famiglia di proprietari terrieri locali che si occupavano anche dell'allevamento dei bachi da seta. Appassionato di letteratura latina e di poesia fin dalla fanciullezza, frequentò il liceo classico a Verona, proseguendo i suoi studi a Padova, dove conseguì una laurea in filologia classica[1].
Durante il periodo di studi conobbe la sua futura moglie, Caterina Gasperini, di Firenze, con la quale si sposò ed ebbe due figli. Vecchietti nutrì sempre un profondo affetto per la giovane donna, che definì "un'ottima moglie e un'educatrice incomparabile" per i loro bambini, e alla quale dedicò alcune delle sue opere[2].
Strinse amicizia nel 1827 con Jacopo Monico, patriarca di Venezia, cui dedicò uno dei suoi primi scritti[3]. Fu un sostenitore dell'annessione del Veneto al Regno d'Italia.
Cultore della poesia di età augustea, e in special modo di Orazio, Vecchietti tradusse in modo originale alcune Odi di quest'ultimo. Negli ultimi mesi di vita si dedicò ad un'ipotetica ricostruzione del testo dei perduti Dacica dell'imperatore Traiano, ma lo scritto, incompiuto, non venne mai pubblicato[4].
Si spense l'anno dopo l'unità d'Italia.
Intitolazioni
[modifica | modifica wikitesto]A lui è dedicata una via di Cologna Veneta, ove è situata la sua dimora; una targa marmorea, affissa al medesimo edificio, che ricorda i suoi meriti letterari.
Opere
[modifica | modifica wikitesto]- Visione cantica, 1827.[5]
- Volgarizzamento delle Odi oraziane, 1830.[6]. Nell'introduzione dello scritto, dedicato alla gioventù d'Italia, l'autore dichiarò:
«Niuno, fra i latini poeti, vanta più traduttori di Orazio. […] Non so se illuso dalla speranza di esito meno infelice, o tratto piuttosto da temerità, mi sono indotto oggi io stesso ad accrescerne il numero. […] Orazio, poeta sublime e filosofo sommo, ha saputo adempiere coll'esempio quello che ha predicato col precetto in quel suo codice eterno delle norme del bello scrivere»
«Io miro, e tento principalmente d'ispirare alle classi più colte, e sopra tutto al bel sesso cittadinesco (...) e però non ho giudicato opera perduta il dare a questo didattico argomento un'aria di galanteria infiorandolo possibilmente, e raccozzando in piccolo spazio quanto di buono e di sensato suggeriscono gli studi degli ingegni più approvati, e consigliò l'esperienza di osservatori avveduti»
Onorificenze
[modifica | modifica wikitesto]— 1866
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ C. Donati, Intorno alla vita e alle opere di Niccolò Vecchietti, Cenni letti all'Accademia Olimpica nella tornata del 13 Gennaio 1882. Stralcio dagli Atti della Accademia Olimpica di Vicenza, Reale Tipografia Burato, Vicenza 1882, passim.
- ^ N. Vecchietti, Il baco da seta, p. III.
- ^ N. Vecchietti, Visione cantica, p. 3.
- ^ M. Rizzotto, Intorno ad un presunto frammento inedito dei Commentarii di Traiano Archiviato il 1º novembre 2014 in Internet Archive.
- ^ In occasione della nomina dell'amico Teodorico Tessari a commissario distrettuale a Conegliano (provincia di Treviso), Vecchietti compose questo poemetto. Mise in versi una visione immaginaria che aveva come scopo la glorificazione della tramontata Repubblica di Venezia; nell'opera non vi è alcun intento polemico esplicito nei confronti dell'imperatore austriaco Francesco II, che viene anzi ricordato con rispetto, ma vige soprattutto il rimpianto per la passata grandezza della Serenissima, oramai sotto il controllo asburgico.
- ^ Traduzione italiana di Odi scelte di Orazio. Fu auspicata una traduzione integrale dei carmi oraziani. Vedi:Nuovo Giornale de' letterati, tomo XXVIII, Tipografia Nistri & C., Pisa 1834, p. 234
- ^ Citata in: R. Ragazzoni, Repertorio d'agricoltura e di scienze economiche ed industriali, tomo VI, Tipografia Speirani e Ferrero, Torino, 1847, p. 236.
- ^ Vecchietti, cultore della poesia didascalica, improntò il poema Il baco da seta, in tre canti, che aveva come scopo, attraverso un linguaggio aulico e ricco di reminiscenze classiche, di indurre una maggior consapevolezza nei proprietari terrieri (e nelle loro più colte mogli) che si occupavano di sericoltura, riguardo alla ricchezza e alla bellezza dei loro prodotti, la cui lavorazione era lasciata, a dire dell'autore, troppo spesso nelle mani ignare e rozze dei contadini.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Nuovo Giornale de' letterati, tomo XXVIII, Pisa, Tipografia Nistri & C., 1834.
- G. Cardo, Storia documentata di Cologna Veneta, Cologna Veneta, Ambrosini L. G. Ed., 1975.
- M. Visentin, Cologna Veneta ieri e oggi, Cologna Veneta, Stilgraf, 2001.
- G. Maccagnan (a cura di), Il Barbastregio: una poesia inedita di Niccolò Vecchietti, Cologna Veneta, Ente Fiera di Cologna Veneta, 2002.
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Niccolò Vecchietti