Ali Ahmad Khan
Ali Ahmad Khan | |
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Emiro di Jalalabad | |
In carica | 17 gennaio 1929 – 9 febbraio 1929 |
Predecessore | Inayatullāh Khan (come re dell'Afghanistan) |
Successore | Habibullāh Kalakāni (come emiro dell'Afghanistan) |
Nascita | Mashhad, 1883 |
Morte | Kabul, 11 luglio 1929 |
Padre | Khush Dil Khan |
Madre | Sahira Begum |
Consorte | Sahira Begum dell'Afghanistan |
Religione | Islam |
Ali Ahmad Khan (Mashhad, 1883 – Kabul, 11 luglio 1929) è stato un nobile ed emiro afghano di Jalalabad durante l'interregno della guerra civile afghana (1928-1929)[1].
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Nato nel 1883 a Mashhad, Iran, ebbe un ruolo importante nella negoziazione del controverso trattato anglo-afghano del 1919 che pose fine alla terza guerra anglo-afghana, preoccupandosi poi di riportare dalla parte governativa le tribù Khogyani e Shinwari durante rivolta di Khost. Servì inoltre come alto commissario delle province dell'est e del sud dell'Afghanistan.[2]
Durante la guerra civile afghana (1928-1929), ad Ali venne affidata la gestione della rivolta dei Shinwari, compito che portò a termine nel dicembre del 1928.[3] Successivamente, quando Inayatullah Khan rinunciò al trono e al controllo della capitale Kabul a favore di Habibullāh Kalakāni il 17 gennaio 1929, egli fece un ultimo tentativo di salvare la monarchia legittima con la creazione di uno stato rivale con capitale Jalalabad.[4] Il regno di Ali comunque fu piuttosto breve: Malik Qays della tribù dei Khogyani, che inizialmente era stato suo alleato lasciando l'esercito di Kalakani, catturò Ali e lo portò a Kalakani in cambio di 17.000 rupie e del rango di tenente generale,[4] ponendo così di fatto fine al regno di Ali il 9 febbraio 1929.[5]
Ali riuscì a fuggire dalla prigionia e si rifugiò a Kandahar coi figli Ghulam e Nur. Il 3 giugno 1929[2], Kandahar cadde nelle mani delle forze leali ad Habibullāh Kalakāni, e l'ex emiro venne trovato nella casa di un Hazarah. Suo figlio Nur venne ucciso sul posto, mentre Ali venne arrestato ed inviato a Kabul assieme ad Abd al-Shakur Khan (il ministro della giustizia), a Sad al-Din Khan (figlio di Abd al-Shakur Khan), ad Abd al-Wasi, e ad un mufti. Quando Ali Ahmad Khan giunse a Kabul, venne fatto passare seminudo per i bazar della città,[2] rimanendo poi imprigionato per più di un mese nella capitale afghana. L'11 luglio 1929 venne infine giustiziato.[6]
Sua nipote, Humaira Begum, fu regina consorte dell'Afghanistan.
Onorificenze
[modifica | modifica wikitesto]Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ (EN) Mohammed Ali, Progressive Afghanistan, Punjab Educational Electric Press, 1933, pp. 52.
- ^ a b c (EN) Fayz̤ Muḥammad e R. D. McChesney, Kabul under siege: Fayz Muhammad's account of the 1929 Uprising, Markus Wiener Publishers, 1999, pp. 82, 83, ISBN 9781558761544.
- ^ (EN) Fayz̤ Muḥammad e Fayz̤ Muḥammad Kātib Hazārah, Kabul Under Siege: Fayz Muhammad's Account of the 1929 Uprising, Markus Wiener Publishers, 1999, pp. 35, 36, 37, ISBN 9781558761551.
- ^ a b (EN) Fayz̤ Muḥammad e R. D. McChesney, Kabul under siege: Fayz Muhammad's account of the 1929 Uprising, Markus Wiener Publishers, 1999, pp. 51, 52, 53, ISBN 9781558761544.
- ^ Afghanistan, su worldstatesmen.org. URL consultato il 20 gennaio 2019.
- ^ (EN) Fayz̤ Muḥammad e R. D. McChesney, Kabul under siege: Fayz Muhammad's account of the 1929 Uprising, Markus Wiener Publishers, 1999, pp. 84, 85, ISBN 9781558761544.
Voci correlate
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