Pietro Rainero

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Pietro Rainero
NascitaMarmora, 23 aprile 1892
MorteMonte Sei Busi, 20 luglio 1915
Cause della morteCaduto in combattimento
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Regno d'Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaFanteria
RepartoII Battaglione, 63º Reggimento fanteria "Cagliari"
Anni di servizio1912-1915
GradoCaporale maggiore
GuerrePrima guerra mondiale
CampagneCampagna di Libia (1913-1921)
Fronte italiano (1915-1918)
BattaglieSeconda battaglia dell'Isonzo
Decorazionivedi qui
dati tratti da Combattenti Liberazione[1]
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Pietro Rainero (Marmora, 23 aprile 1892Monte Sei Busi, 20 luglio 1915) è stato un militare italiano, decorato di medaglia d'oro al valor militare alla memoria nel corso della prima guerra mondiale[2].

Nacque a Marmora, provincia di Cuneo il 23 aprile 1892, figlio di Antonio e Maddalena Ponzo.[1] Emigrò giovanissimo in Francia da dove ritornò per prestare servizio militare di leva nel Regio Esercito nel novembre 1912, assegnato al 63º Reggimento fanteria della Brigata Cagliari. Nel 1913 partì per la Libia dove fu promosso caporale.[1] Rientrato in Italia nell'agosto 1914, fu promosso caporale maggiore nel febbraio 1915.[1] Pochi giorni prima dell'entrata in guerra del Regno d'Italia, poi avvenuta il 24 maggio, con la qualifica di zappatore fu assegnato alla Compagnia dello Stato maggiore reggimentale e distaccato presso il II Battaglione.[1] Arrivato in zona di operazioni sul fronte del basso Isonzo si distinse subito come esploratore e nel guidare i nuclei di volontari incaricati porre i tubi di gelatina esplosiva[N 1] sotto i reticolati nemici.[3] Fu decorato di medaglia d'argento al valor militare nei primi giorni della seconda battaglia dell'Isonzo rimanendo ferito a Monte Sei Busi.[3] Il 18 luglio il battaglione andò nuovamente all'attacco contro quota 111 di Monte Sei Busi venendo fermato dalla presenza dei reticolati ancora intatti e dal fuoco di difesa del nemico.[3] Numerosi furono i tentativi, anche notturni, di aprirsi un varco nei reticolati, ed egli si distinse esponendosi in prima persona nel portare i tubi esplosivi e come portaordini.[3] Mentre soccorreva un ufficiale ferito fu ucciso da una pallottola in fronte.[3] Con Decreto Luogotenenziale del 13 dicembre 1915 fu insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria.[3]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Addetto al comando del Il battaglione del suo reggimento prese parte ai combattimenti per la conquista dell’altura Sei Busi dal 2 al 5 luglio, dando a tutti esempio del più mirabile sprezzo del pericolo e del più grande valore. Ferito, non volle farsi medicare e non volle abbandonare il suo battaglione. Obbligato a ricoverarsi in un ospedale ne uscì non ben guarito, ed, anziché recarsi in licenza di convalescenza, volle tornare al suo posto di combattimento. Il 19 luglio, offertosi volontario pel collocamento di tubi di gelatina, ne tentò per ben cinque volte l’operazione, e, nell’assalto, avvenuto lo stesso giorno, ripetutamente, sotto l’infuriare del fuoco nemico, si recò a portare ordini ed assumere informazioni. Visto poi cadere un ufficiale presso i reticolati nemici, corse in suo aiuto, ma, colpito a sua volta, lasciava la vita così bene consacrata, con epico eroismo e con santo entusiasmo, alla Patria. M. Sei Busi, 2- 5 e 19 luglio 1915.[4]»
— Decreto Luogotenenziale 13 dicembre 1915.
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Prestò con coraggio ed intelligenza l'opera sua efficace presso il comando del battaglione, nelle svariate mansioni affidategli. Ferito alla testa, volle rimanere al suo posto, animato sempre da alto spirito militare. Monte Sei Busi, 2-5 luglio 1915
  1. ^ Tale metodo era a quel tempo l'unico possibile per aprire i varchi nei reticolati.
  • Gaetano Carolei, Guido Greganti e Giuseppe Modica, Le Medaglie d'oro al Valor Militare dal 1915 al 1916, Roma, Tipografia regionale, 1968, p. 50.
  • Massimo Coltrinari e Giancarlo Ramaccia, 1915. L'anno della passione: Dalla neutralità all'intervento, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2018.

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