Utente:LorManLor/Sandbox

Da Teknopedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca



Sto ampliando la voce L'innocenza (film)

L'innocenza (怪物, Kaibutsu, titolo inglese Monster) è un film del 2023 diretto da Hirokazu Kore'eda.

Dopo Primo film giapponese di Kore'eda da Un affare di famiglia (2018), è stato presentato in concorso al 76º Festival di Cannes, dove ha ricevuto la Queer Palm e il premio per la migliore sceneggiatura.

.[1]

Nel suo discorso alla cerimonia di premiazione per la miglior sceneggiatura tenutasi il 27 maggio 2023 al 76° Festival di Cannes, il regista Kore-eda, salito sul palco al posto di Yuji Sakamoto già rientrato in Giappone, ha ricordato di aver ricevuto la trama di base della sceneggiatura del film nel dicembre 2018, calcolando che per completarne la realizzazione erano stati impiegati quattro anni e mezzo.

Ha confessato che il primo problema avvertito dopo aver letto la trama è stato come avrebbe potuto raffigurare i due ragazzi senza interferire con il suo giudizio e il suo sguardo da adulto in un mondo che non li accettava; l'unico modo era vedersi riflesso nei loro occhi (o vedere le cose con i loro occhi?). La domanda che si sarebbe posto per tutto il film eraː "Il mondo può rinascere?"

Le riprese si sono svolte nell'arco di tre mesi, da marzo ad agosto 2022, durante la pandemia di coronavirus, e sono state quasi interamente girate nella regione di Suwa, prefettura di Nagano. Il lago Suwa, simbolo della regione, molto amato da Kore-eda, secondo il regista è stato usato per accompagnare il tema ricorrente del film. Girato nell'ex scuola elementare Johoku nella città di Suwa, chiusa nel 2021, ha visto la partecipazione come di circa 700 studenti delle scuole elementari locali.[2]



zzzzzzzzzzzzz

L'innocenza (怪物, Kaibutsu, titolo inglese Monster) è un film del 2023 diretto da Hirokazu Kore'eda. Presentato in concorso al 76º Festival di Cannes ha ricevuto la Queer Palm e il premio per la migliore sceneggiatura .

Dopo gli ultimi due film girati all'estero, Le verità (2019) in Francia e Broker (2022) in Corea, quest'opera rappresenta un ritorno del regista alle sue radici in Giappone e alla sua lingua madre.[3] È il secondo film della sua carriera cinematografica, dopo quello di debutto Maborosi (1995), in cui Kore-eda dirige un film che non ha scritto lui, e il primo film che tratta un tema LGBT.[4]

Sceneggiatura e regia

[modifica | modifica wikitesto]

La sceneggiatura, completata nel corso di tre anni, è stata scritta da Yuji Sakamoto, uno sceneggiatore di serie televisive molto stimato da Kore-eda, e che a sua volta ha sempre nutrito molta stima nei suoi confronti.[5] Così Koreeda ha commentato la loro collaborazioneː "Sono un po' più grande di lui, ma abbiamo vissuto gli stessi eventi e respirato la stessa aria sotto cieli bui mentre scriveva le sue storie. Nelle nostre storie abbiamo parlato di abbandono, delinquenza e famiglie miste. Ci sono temi e risonanze comuni nelle nostre storie anche se le abbiamo scritte in momenti diversi. Tuttavia, ognuno di noi lo ha raccontato a modo suo. Come se l'aria che inspiriamo fosse la stessa, ma non quella che espiriamo. Questa volta Sakamoto e io siamo riusciti a realizzare un film insieme coordinando il nostro respiro".[6]

Dopo averne letto la trama, Koreeda ha affermato che i due bambini della storia gli ricordavano Giovanni e Campanella, protagonisti del racconto di Kenji Miyazawa Una notte sul treno della Via Lattea - una storia che nel 1985 è stata trasposta in un film d'animazione dal regista Gisaburō Sugii - e che la prima volta che ha parlato con i due giovani attori ha proposto loro di leggere questo libro.[7]

Lago Suwa, prefettura di Nagano, nei pressi del quale è stato girato il film

La trama originale scritta da Sakamoto prevedeva che la storia fosse ambientata nella parte occidentale di Tokyo, e che un grande fiume dividesse la città da nord a sud. Koreeda, che nutre un profondo legame con Nagano e la città di Suwa, nelle cui vicinanze alla fine degli anni ottanta trascorse tre anni per girare il suo documentario di debutto cinematografico (Lessons from a Calf, 1991), durante uno dei suoi sopralluoghi in questa zona scoprì che la scuola elementare di Johoku, affacciata su un lago, era stata chiusa nel 2021ː "questo fu il fattore decisivo" per scegliere il luogo in cui il film sarebbe stato ambientato, e nella sceneggiatura la parola "grande fiume" venne sostituita con "lago".[8] Il lago Suwa, simbolo della regione, secondo Kore-eda accompagna il tema ricorrente del film. Girato nell'ex scuola elementare Johoku nella città di Suwa, chiusa nel 2021, Monster ha visto la partecipazione di circa 700 studenti delle scuole elementari locali.[2]

Di comune accordo, Sakamoto e Koreeda hanno poi cambiato il finale previsto nella prima sceneggiatura, concordando sul fatto che non doveva sembrare che i bambini morissero.[7] Il tema della "rinascita" è tuttavia presente negli interrogativi di Minato, che si chiede nel film "perchè è nato" e se, rinascendo, può diventare qualcos'altro, o nella domanda che i bambini si pongono, dopo la tempesta, all'interno del vagone abbandonato e deragliato in cui hanno trovato rifugio per i loro giochi, pensato come un'immaginaria astronave che li porterà al sicuro al momento del "big crunch"ː "Ci siamo reincarnati?".[9] Nello stesso tempo, il racconto pone la questione se il mondo connotato da uno stato di crisi e intolleranza possa/debba "rinascere".[10][11]

Iniziato come una storia di bullismo e di famiglie disfunzionali, il film si evolve poi su una molteplicità di temi, che toccano mali sociali endemici, alcuni tipici della società giapponeseː i codici di autocontrollo e di decenza, le regole di silenzio imposte da rigide regole amministrative, il rispetto acritico dell'autorità, il ruolo oppressivo della tradizione, le bugie e la violenza generate dai pettegolezzi, ma anche le difficoltà degli adulti di interpretare i disagi e i tormenti dei più giovani, che vivono con estraneità il mondo che li circonda, subendone nello stesso tempo - senza realmente comprenderli - i condizionamenti e i pregiudizi.[12][13]

Stratificato come "un film che da thriller diventa dramma familiare e poi racconto di formazione", nella terza parte in cui il punto di vista della narrazione diventa quello di Minato e Yori, il film si afferma come la storia di un'amicizia tra due giovani scolari che provano, l'uno per l'altro, un sentimento di amore innocente, percorrendo "le sofferenze della giovinezza: la ricerca dell'amore, dell'identità, di sensazioni forti mentre si affrontano bugie, tradimenti e violenza."[14][9]

Primo film a tema LGBT, Koreeda ha dichiarato che, come regista, l'interrogativo principale che si è posto è stato fino a che punto avrebbe dovuto approfondire la rappresentazione dei due bambini e la loro auto-confessione.[10] Vista la delicatezza dell'argomento, ha quindi chiesto ad un'organizzazione di supporto dei bambini LGBT+ di leggere la sceneggiatura per avere suggerimenti sulla direzione da prendere. Quando gli è stato fatto notare che l'atteggiamento del protagonista nei confronti della propria identità sessuale era confuso, alternando momenti di consapevolezza ad altri in cui non aveva cognizione di cosa fosse quella "cosa indescrivibile e inspiegabile" che gli era germogliata dentro, al suggerimento di scegliere una versione o l'altra, avrebbe preferito togliere le parti in cui "è ovvio che è consapevole di essere gay", ritenendo che fosse ancora presto per i bambini di quell'età identificarsi come gay o transgender.[15]

Scena del film Close (2022) di Lukas Dhont, cui è stato paragonato il film

Con il supporto di queste stesse organizzazioni, avrebbe poi introdotto delle "sessioni di studio per consentire allo staff di scoprire come accogliere al meglio le proprie emozioni."[15][10]

A differenza degli altri film girati in precedenza con bambini come protagonisti, ai quali non aveva mai affidato un copione da imparare a memoria, ma si era limitato a suggerire direttamente le battute sul set, dopo aver conversato con loro, in Monster Kore-eda ha optato per lo stesso metodo assegnato agli adulti, facendo leggere e studiare ai giovani attori le battute direttamente dalla sceneggiatura.[15]

Lo sceneggiatore Yuji Sakamoto, al suo secondo lungometraggio, intervistato sui sentimenti provati all'annuncio della Queer Palm ottenuta dal film al festival di Cannes, ha dichiarato che la cosa che lo ha reso più felice è stata la motivazione data dal Presidente della giuria, il regista John Cameron Mitchell, secondo cui la storia dei due bambini "sarà di grande conforto per le persone queer e per tutti coloro che non si adattano o si rifiutano di integrarsi. Questo è un film che salva vite umane".[16]

Lo stesso Koreeda ha commentato le motivazioni del premio che hanno sottolineato la capacità del film di mettere in luce le vite degli outsider, "le persone che non riescono a conformarsi a ciò che ci si aspetta da loro", affermandoː "Mi ha fatto pensare, in realtà, sì, è più o meno quello che stavo cercando di fare".

I due adolescenti di Monster sono stati paragonati a quelli di Close del regista belga Lukas Dhont in concorso a Cannes nel 2022.[17][18] Per alcune scene di rivolta contro l'autorità paterna, al film Moonlight (2016) di Barry Jenkins.[15][19]

L'innocenza e Rashomon

[modifica | modifica wikitesto]
Una scena di Rashomon di Kurosawa

Per la sua struttura multiprospettica suddivisa in tre atti, ognuno dei quali portatore di un punto di vista diverso, contrappuntato dalla ripetuta scena dell'incendio di un condominio come marcatore tra le divisioni narrative, secondo diversi critici il film ricorda Rashomon di Kurosawa.[20][21]

A parere di altri, L'innocenza se ne discosterebbe per la sua connotazione di studio sulla complessità della verità piuttosto che di indagine sulla sua soggettività (e quindi inconoscibilità); all' "inconciliabilità dei ricordi individuali" preferirebbe i vincoli delle norme sociali, "la gogna pubblica, le politiche scolastiche, i sentimenti schiacciati dalle credenze retrive".[22][23] Le tre prospettive descritte in Monster non si contrappongono, ma sono pezzi dello stesso puzzle.[24]

Koreeda, pur dicendosi lusingato dal paragone con il classico di Kurosawa, ne ha sottolineato la diversità sostenendo che mentre in quel film i narratori risultano inaffidabili, e le loro versioni ripetono in modo contrastante gli stessi eventi, i tre punti di vista narrati in Monster sono "veritieri", resi parziali da capovolgimenti derivanti da incomprensioni e informazioni tenute nascoste ai personaggi e svelate solo nell'ultima parte del film. Come paragone più prossimo alla struttura di Monster il regista ha nominato il dramma Elephant di Gus Van Sant del 2003, in cui la sparatoria avvenuta in una scuola viene riportata attraverso una serie di punti di vista sovrapposti.[15][11]


Il conflitto emotivo del personaggio principale diventa una sceneggiatura"[25]

"Un banale incidente è avvenuto in una tranquilla cittadina con un lago. Sembrava una comune rissa tra bambini."


TEMI

Iniziato come una storia di bullismo e disfunzioni familiari, il film si evolve poi su una molteplicità di temi, che toccano mali sociali endemici, alcuni tipici della società giapponeseː i codici di autocontrollo e di decenza, le regole di silenzio imposte da rigide regole amministrative, il rispetto acritico dell'autorità, il ruolo oppressivo della tradizione, le bugie generate dai pettegolezzi, ma anche le difficoltà degli adulti di interpretare i disagi e i tormenti dei più giovani, che vivono con estraneità il mondo che li circonda, subendone nello stesso tempo - senza realmente comprenderli - i condizionamenti e i pregiudizi.

Nella terza parte del film, quando il punto di vista della narrazione diventa quello di Minato e Yori, si afferma la storia di questi due ragazzini molto sensibili ma incredibilmente forti che non possono e non vogliono comportarsi come gli altri coetanei.

, delle etichette che applicano e che si insinuano nella coscienza dei bambini ma anche uolo ː vanno e di disagio di un preadolescente che si sente disconnesso dal mondo che lo circondaIl film tratta diversi temi

la difficoltà dei genitori e degli adulti in generale d’interpretare correttamente il tormento interiore di adolescenti consumati da un senso di colpa prodotto dalla loro incapacità di farsi chiarezza dentro[26]

mali sociali endemici: il soffocamento della libera espressione da parte di un elaborato codice di decenza; il modo in cui le rigide regole amministrative basate sul valore dell'autocontrollo impongono una norma di silenzio; il ruolo esacerbante di altre forme tradizionali di oppressione patriarcale e maschilista.[27]

questo dramma familiare su bullismo, omofobia, disfunzioni familiari, rispetto acritico per autorità imperfette e pettegolezzi sui social media; tutti lavorano insieme per creare un mostro di ingiustizia.

inizia come storia di bullismo e di disagio di un preadolescente che si sente disconnesso dal mondo che lo circonda, ma che vive nello stesso tempo il condizionamento del mondo degli adulti, delle etichette che applicano e che si insinuano nella coscienza dei bambini;



È un'amicizia che Minato ha difficoltà a confessare, perché Yori, esile e malizioso, con una voce acuta, è il bersaglio del bullismo[28]

La traduzione del titolo originale del film, Kaibutsu 怪物, ossia Mostro, è stata mantenuta in diverse versioni, come quella inglese e spagnola, mentre è stato scelto il titolo L'innocenza per altre, come quella tedesca, francese e italiana.

Il poster ufficiale del film, rilasciato a poco meno di un mese dalla sua uscita in Giappone, avvenuta il 2 giugno 2023, presenta le immagini dei cinque personaggi principali, tutti con lo sguardo puntato sullo spettatore - in alto i due bambini, Minata e Yoro, con il viso macchiato di fango, in basso gli adulti, la preside della scuola, la madre di Minata, l'insegnante Hori - separati dal titolo del film Mostro (怪物) spezzato in due dall'inserzione dell'interrogativo "Chi è?" ( だーれだ).[29]

Kore-eda ha spiegato il titolo facendo riferimento all'interrogativo che il film intende porre e alle diverse interpretazioni cui può dare corsoː mostro "è qualcosa che si nasconde dentro di me o qualcosa fuori di me?"ː i due bambini, a causa di pregiudizi sociali e di offese crudeli, finiscono per vedere dentro di sé un mostro e desiderano reincarnarsi, creando uno spazio insieme realistico e immaginario in cui proteggersi ed essere felici, che evoca le atmosfere del mondo dell'infanzia dipinto da Miyazaki; ma forse il mostro è "dall'altra parte del mondo che dà loro la caccia", o è in ciascuno dei personaggi che sono mostri per qualcun altro, comportandosi in modo spaventoso, equivoco o incomprensibile.[30][31][9]



"Molti dei temi frequenti dell'incomparabile umanista figurano in Monster ( Kaibutsu ) — perdita, isolamento, la natura sfuggente della felicità e le lotte delle famiglie imperfette — visti attraverso un prisma multiprospettico piuttosto imponente in stile Rashomon. Con la sua esplorazione frammentata del bullismo infantile, dello stigma, della pressione dei pari e dell'omofobia, così come dell'età dei suoi giovani protagonisti, Monster ricorda vagamente Close del regista belga Lukas Dhont"[32]

La natura del legame diventa chiara solo alla fine, quando si scopre l'affetto di Minato per Yori, oggetto di bullismo in classe, da cui mantiene le distanze a scuola per non subire le stesse angherie.[32]



Sto ampliando la voce già esistente

Hirokazu Koreeda (是枝 裕和?, Koreeda Hirokazu; Tokyo, 6 giugno 1962) è un regista, sceneggiatore e montatore giapponese.

È apprezzato per l'approccio innovativo con cui, nella sua esplorazione della natura umana, fonde finzione e tecniche narrative documentarie.[33][34]

Il suo cinema, fatto di cronache familiari, affronta con delicatezza i temi del lutto, della perdita, della memoria, del senso di colpa, dell'infanzia e delle difficoltà della genitorialità, rinunciando alla necessità di dare una spiegazione, una risposta a quanto viene raccontato.[35]

Per i suoi sentimenti pacati e le sue tecniche registiche, è stato paragonato a Yasujirō Ozu e Anton Chekhov, mentre lui stesso ha affermato di essere stato profondamente influenzato dal regista taiwanese Hou Hsiao-hsien e ha citato come opere più simili alle sue, quelle di Mikio Naruse e di Ken Loach.[36][37]

Hirokazu Kore-eda ha iniziato la sua carriera nel 1991 con il cinema documentario - genere che non ha abbandonato - prima di dirigere il suo primo film di finzione, Maborosi, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1995.[38] Da allora, i suoi film hanno partecipato a numerosi festival in Europa, come Cannes, e fuori Europa.

Al Festival di Cannes nel 2013 ha vinto il Premio della giuria per Father and Son e la Palma d'oro nel 2018 per Un affare di famiglia.

Il Festival internazionale del cinema di San Sebastian nel 2018 gli ha assegnato il Premio Donostia alla carriera.

È nato a Tokyo il 6 giugno 1962, terzogenito di una famiglia di origine taiwanese da parte paterna. Una legge giapponese in vigore al tempo dei suoi nonni vietava alle persone con lo stesso cognome di sposarsi, e rientrando in questo caso, essi decisero di fuggire dall'isola di Amami Oshima alla città taiwanese di Kaohsiung, dove nacquero i loro figli.[39]

Danchi, edifici pubblici costruiti in Giapppone negli anni '60 (a destra), di fronte a moderni appartamenti degli anni 2000 (a sinistra)

Il padre di Hirokazu Koreeda durante la seconda guerra mondiale venne arruolato a Taiwan nell'esercito del Kwantung nello stato fantoccio giapponese della Manciuria e in seguito, fatto prigioniero dai russi, trascorse tre anni in un campo di lavoro in Siberia.[36] Al suo rilascio nel 1950 mise piede per la prima volta in Giappone, ma non si riprese più da questa dura esperienza.[40]

Gli anni in cui nasce Hirokazu sono quelli dell'ascesa fulminea del Giappone a principale potenza economica mondiale, dopo l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti.[41] Trascorsi i primi anni della sua vita nella città di Nerima, a nord di Tokyo, all'età di nove anni si trasferisce con la famiglia nella zona di Asahigaoka nella vicina città di Kiyose, in uno dei grandi complessi di edilizia popolare (danchi) costruiti tra gli anni '50 e '70 per ospitare le famiglie dei "salarymen", o dipendenti aziendali, tra i protagonisti della crescita del Giappone di quel periodo.[33]

Il padre, occupato saltuariamente come operaio, si assentava frequentemente da casa, facendovi spesso ritorno sotto i fumi dell'alcol e rincorso dai creditori per i suoi debiti di gioco; la madre tra mille difficoltà cercava di restituire il denaro dovuto, affidandosi per mantenere la famiglia anche ai sussidi economici previsti dal governo.[42]

Nei confronti del padre, genitore assente e con problemi di integrazione nella società e nella vita domestica a causa delle passate esperienze di guerra e di internamento, Hirokazu ha mantenuto un atteggiamento ambivalente, avvertibile nelle figure di genitore presenti nei suoi diversi film, mentre le ristrettezze economiche vissute in famiglia trovano eco nell'attenzione riposta ai problemi di povertà e ai sussidi sociali, come in uno dei suoi primi documentari Shikashi … fukushi kirisute no jidai ni (trad.ː Tuttavia... al tempo dei tagli agli aiuti governativi, 1991) e nei film Nessuno lo sa (2004), Ritratto di famiglia con tempesta (2016) e Un affare di famiglia (2018).[43]

Durante la sua infanzia e fino alla sua giovinezza, Hirokazu è stato cresciuto principalmente dalla madre, dalla nonna e dalle due sorelle maggiori, un aspetto che conferisce ai suoi film una prospettiva femminile, oltre che autobiografica.[43]

La madre era un'amante del cinema e durante la sua infanzia trascorse molto È con lei a guardare i film in TV, specie quelli con Ingrid Bergman, Joan Fontaine e Vivien Leigh, che lei adorava.[36]

Nel 1972, mentre sta frequentando le scuole medie superiori, la vincita da parte del Giappone della medaglia d'oro nella pallavolo maschile alle Olimpiadi di Monaco del 1972, rende questo sport molto popolare e lo stimola a praticarlo; impegnato nel ruolo di palleggiatore, diventa poi capitano della squadra e allenatore dei più giovani.[44]

Waseda University (Tokyo). Vista del campus

Inizialmente respinto negli esami di ammissione, un anno dopo riesce ad iscriversi alla facoltà di lettere dell'Università di Waseda, rinomata per gli studi letterari, dove si era formato, ad esempio, lo scrittore Murakami Haruki.[44][43]

In un'intervista, Kore-eda ha affermato di essere sempre stato molto interessato alle arti visive, ma di aver voluto in realtà diventare uno scrittore.[45] L'interesse per la carriera di regista gli sarebbe nato mentre studiava all'università, dove trascorse molta parte del suo tempo leggendo sceneggiature e saltando le lezioni per guardare classici giapponesi e internazionali nei cinema d'essai di Tokyo.[46] Il punto di svolta sarebbe venuto con la scoperta dei film di Fellini, da lui molto amato, ma dal quale in seguito non avrebbe tratto ispirazione per i suoi film.[37]

Per il suo legame familiare e personale con l'isola di provenienza dei nonni e del padre, ha invece sostenuto di ritenere il regista taiwanese Hou Hsiao-hsien come un padre e un modello nella sua ricerca del cinema, e Taiwan l'altra città natale.[39]

Il suo tutor all'università, considerata la sua passione, gli avrebbe permesso di scrivere una sceneggiatura, la prima di molte, come tesi di laurea.[46]

Regista di documentari

[modifica | modifica wikitesto]
Scuola elementare in Giappone

Nel 1987, dopo la laurea, Kore-eda ottiene il lavoro presso una società di produzione televisiva, la TV Man Union, con sede a Shibuya, come assistente alla regia di programmi di documentari.[44]

Lessons from a Calf (1991)
[modifica | modifica wikitesto]

Pochi mesi dopo, insoddisfatto di quell'ambiente e dei ritmi di lavoro, avvia per conto proprio il suo primo documentario, basato su una storia letta anni prima su un giornale.[47] Nel corso di tre anni, dall'ottobre 1988 al marzo 1991, spostandosi durante il suo tempo libero tra Tokyo e la campagna di Nagano, realizza Lessons from a Calf (tit. orig.ː もう一つの教育〜伊那小学校春組の記録〜?, Mou hitotsu no kyouiku - Ina shogakkou haru gumi no kiroku, trad.ː Un'altra educazione - Documenti del gruppo della Scuola elementare Ina, 1991), documentando la sperimentazione avviata in una scuola elementare rurale di Ina, dove l'insegnamento delle diverse discipline, dalla matematica alla musica, avveniva senza l'uso dei libri di testo e ruotava intorno ad un'esperienza reale ed emotivamente coinvolgente per gli alunniː l'allevamento e la cura di un giovane vitello.[48]

Il concetto di "studi integrati" veniva applicato in un'attività condivisa che offriva ai bambini, oltre ad un innovativo metodo didattico, la possibilità di rapportarsi con il concetto di cura, di vita e di morte; la presenza dei bambini, il loro punto di vista e il tema del distacco (dopo aver vissuto tra gli scolari, alla fine del ciclo il vitello, diventato adulto, tra le lacrime dei giovani accudenti veniva riconsegnato alla fattoria di provenienza) sono gli elementi che caratterizzano il documentario e che ricompariranno anche altri suoi successivi film.[49][50][51]

Dopo la messa in onda di Mou hitotsu no kyouiku in seconda serata sulla Fuji Television, e le buone critiche ricevute, i dirigenti della TV Man promuovono il suo autore alla posizione di regista, assegnandogli una troupe e consentendogli maggiore autonomia nei suoi progetti.[33]

However... (1991)
[modifica | modifica wikitesto]
Tokyo dopo il bombardamento del marzo 1945

Nel successivo documentario, However... (tit. orig.ːしかし… 福祉切り捨ての時代に?, Shikashi... fukushi kirisute no jidai ni, trad.ː Tuttavia... Nell'era dei tagli al welfare, 1991), Kore-eda esplora un tema sociale a lui caro, attraverso le storie di due persone - Yamanouchi Yoyomori, ex capo del servizio sociale giapponese e Nobuko Harashima, una sopravvissuta al bombardamento di Tokyo - spinte prematuramente al suicidio a seguito di vicissitudini e sofferenze che chiamano in causa i servizi sociali, i tagli al welfare e la burocrazia giapponese.[52]

Il regista taiwanese Hou Hsiao-hsien
When Cinema Reflects the Times (1993)
[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1993 realizza il documentario When Cinema Reflects the Times: Hou Hsiao-hsien and Edward Yang (tit. orig.ː 映画が時代を写す時-侯孝賢とエドワード・ヤン‘?, Eiga ga jidai utsusu toki, trad.ː Quando i film riflettono i tempi: Hou Hsiao-hsien and Edward Yang), un omaggio ai due cineasti esponenti della cosiddetta Nouvelle Vague taiwanese degli anni ottanta, Hou Hsiao-hsien ed Edward Yang, che influenzeranno notevolmente le sue opere.[53][54]

August without Him (1994)
[modifica | modifica wikitesto]

In August without Him (tit. orig.ː 彼のいない八月が?, Kare no inai hachigatsu ga, trad.ː Agosto senza di lui, 1994) descrive gli ultimi mesi di vita di Hirata Yutaka, il primo paziente di AIDS apertamente gay in Giappone, intervenendo personalmente nelle riprese con una voce fuori campo per raccontare le sue impressioni sulla personalità di Hirata, sulla malattia e la morte, una novità rispetto ai precedenti documentari, come Lesson from a Calf, in cui non veniva utilizzata alcuna voce narrante.[55][34]

This World (1996)
[modifica | modifica wikitesto]

L'ultimo documentario prodotto negli anni novanta, This World (tit. orig.ː 現しよ(往復書簡 河瀨直美×是枝裕和)?, Arawashi yo (ofuku shokan Kawase Naomi x Hirokazu Kore-eda), trad.ː Lascia che appaia (corrispondenza tra Naomi Kawase e Hirokazu Kore-eda, 1996), un dialogo sotto forma di scambio di video con la regista giapponese Naomi Kawase, rappresenta una riflessione sul cinema e sul suo processo di produzione.[56]

Regista di film

[modifica | modifica wikitesto]
Maborosi (1995)
[modifica | modifica wikitesto]
Una scena dal film Maborosi (1995)

Nel 1995, mentre lavora alla TV Man Union, debutta come regista di lungometraggi con il film Maborosi (幻の光?, Maboroshi no hikari, trad.ː Luce fantasma) che riceve il Premio Osella per la migliore sceneggiatura alla 52ª Mostra del Cinema di Venezia.[57]

Il film, ispirato a un romanzo breve di Teru Miyamoto, letto dal regista quando era studente universitario, è incentrato su una giovane donna, Yumiko, la cui vita è stata attraversata da due episodi dolorosiː l'abbandono della nonna durante la sua infanzia e l'inspiegabile suicidio del marito, avvenuto poco dopo la nascita del loro primo figlio.[57]

L'illuminazione delle scene e le mutevoli condizioni metereologiche che colpiscono il villaggio in cui il film si svolge, fungono da metafora dello stato interiore di Yumiko, i cui interrogativi irrisolti e la conseguente inquietudine non riescono a farla riappacificare con il suo passato.[58]

Ritornano in questo film, e nei successivi, i temi inizialmente esplorati in alcuni documentari, come i legami familiari e il modo in cui gli esseri umani affrontano la perdita e la morte, con uno stile minimalista, disadorno, composto principalmente da campi lunghi.[59]

Per lo stile, il ritmo del tempo, i temi della memoria, della domesticità e la rappresentazione della vita quotidiana che caratterizzano il film, molti critici hanno paragonato quest'opera al cinema di Ozu, un accostamento divenuto persistente nella successiva produzione di Kore-eda.[60]

After life (1998)
[modifica | modifica wikitesto]
Una scena dal film Wonderful Life (1998)

Prodotto nel 1998, il suo secondo film, Wonderful Life (ワンダフルライフ?, Wandafuru raifu, trad.ː Vita meravigliosa), conosciuto anche come After Life, è stato distribuito in oltre trenta paesi, dove ha ottenuto numerosi premi, portando il lavoro di Kore-eda al riconoscimento internazionale.[61][62]

Mescolando "finzione fantastica ed elementi semi-documentaristi", il film descrive lo stazionamento di un gruppo di persone, appena decedute, in una sorta di limbo nel quale, assistito da apposito personale, ognuno dovrà scegliere, entro una settimana, un solo ricordo della precedente esistenza da portarsi nell'aldilà.[63] Il ricordo verrà poi trasformato dagli assistenti in un cortometraggio, proiettato ai visitatori alla fine della loro sosta nel passaggio tra la vita e la morte.

Per creare la sceneggiatura, Kore-eda ha incaricato un gruppo di studenti universitari di intervistare circa cinquecento persone comuni, alle quali è stata posta la stessa domanda indirizzata ai "fantasmi" del filmː quale ricordo avrebbero voluto portare con sé dopo la morte. Tra gli intervistati ha poi selezionato alcuni soggetti che hanno interpretato sé stessi nel film.[64]

Questo stesso procedimento è stato utilizzato dal regista nel film del 2019 La verità, nel quale, prima delle riprese, ha intervistato le attrici protagoniste Juliette Binoche e Catherine Deneuve, inserendo le loro risposte nel montaggio finale.[64]

Distance (2001)
[modifica | modifica wikitesto]
Intervento delle forze armate dopo l'attentato alla metropolitana di Tokyo nel 1995

Distance, presentato in concorso ufficiale al Festival di Cannes, è ispirato a uno dei più gravi attacchi terroristici avvenuti in Giappone nel dopoguerraː l'attentato alla metropolitana di Tokyo del 20 marzo 1995, compiuto con l'uso del gas nervino dalla setta religiosa dell'Aum Shinrikyō, in cui morirono 13 persone e ci furono oltre 5500 intossicati.[65]

Nel film quattro parenti dei componenti di una setta religiosa apocalittica denominata l'Arco della Verità, responsabile di un'uccisione di massa, si incontrano tre anni dopo, in occasione dell'anniversario della morte dei loro cari, vicino al lago in cui erano state sparse le ceneri, dopo l'avvenuto suicidio di massa dei membri dell'Arco. Insieme all'unico sopravvissuto della setta, incontrato nei pressi, trascorrono una notte nella baita usata dagli autori del massacro per addestrarsi in previsione dell'attacco, immaginando gli ultimi giorni dei loro cari.[66]

Distance si fonda in gran parte sull'improvvisazione, la maggior parte degli attori non conosceva come si sarebbe sviluppata la storia, e per questo rappresenta una tappa importante della sperimentazione di Kore-eda.[67]

Nessuno lo sa (2004)
[modifica | modifica wikitesto]
Una scena del film Nessuno lo sa

Nessuno lo sa (誰も知らない?, Dare mo shiranai) è ispirato a un evento di cronaca reale avvenuto nel 1998, il caso di quattro bambini abbandonati in un appartamento a Tokyo dalla loro madre per sei mesi, prima che qualcuno si occupasse di loro (è noto come il "caso dei quattro bambini abbandonati di Sugamo", Nishi-sugamo kodomo okizari jiken).

Metafora della disintegrazione dei rapporti familiari, dell'emarginazione e della scarsa attenzione degli adulti e dello stato nei confronti dei bambini - resi invisibili nel film perché ritenuti un peso, perché le regole condominiali non prevedono la loro presenza e i vicini fingono di non vedere, perché privi di una registrazione all'anagrafe - vengono ritratti dal regista, nella loro vita quotidiana, nella loro capacità di arrangiarsi, giocare e improvvisare.[68]

Al giovane attore Yūya Yagira, dodicenne al momento delle riprese, che ha interpretato il personaggio del fratello maggiore, combattuto tra il desiderio di avere una vita normale e la necessità di accudire i fratelli, è stato assegnato il premio come miglior attore al Festival di Cannes.[69] La sceneggiatura del film, scritta all'epoca dell'evento, è stata utilizzata per la realizzazione del film quindici anni dopo.[70]

Samurai, anni '60 del XIX secolo

Hana, il racconto di un samurai riluttante (花よりもなほ?, Hana yori mo Naho) è un Jidai-geki, un dramma storico ambientato a Edo agli inizi del XVIII secolo che ha per protagonista Soza, un samurai che vuole vendicare l'assassino di suo padre. Anziché rappresentare il mito del guerriero indomito giapponese, Soza è un giovane sensibile che si lascia coinvolgere nella vita degli abitanti del quartiere in cui dovrebbe dare la caccia alla sua vittima.[71] Un finto funerale consentirà a Soza di pronunciare parole di vendetta senza versare sangue e di mettere in discussione la pietà filiale in stile feudale, specie quando si renderà conto che, oltre agli stereotipi del codice bushido, l'insegnamento ricevuto dal padre è quello del gioco del go.[72] Il tono del film è scanzonato e quasi umoristico.[73]

Aruitemo aruitemo (2008)
[modifica | modifica wikitesto]

Conosciuto anche con il titolo inglese Still Walking, il film descrive le dinamiche interne, i conflitti e i ricordi della famiglia Yokoyama, che da quindici anni si riunisce nella casa degli anziani genitori in occasione della commemorazione della morte del figlio maggiore Junpei, annegato per salvare la vita di un bambino.[74]

Air Doll (2009)
[modifica | modifica wikitesto]
Una scena del film Kūki ningyō

Air Doll (空気人形?, Kūki Ningyō, trad. Bambola d'aria) è basato su un racconto di venti pagine di Yoshiie Gōda, serializzato nella rivista manga Big Comic Original della casa editrice Shogakukan.[75]

Presentato al Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard, è stato descritto da Kore-eda come un film che parla del significato della vita, di come sia possibile riempire il vuoto, di cosa sia un essere umano, "della solitudine della vita urbana, sia per gli uomini che per le donne".[76]

Racconta la storia di Nozomi, una bambola gonfiabile di proprietà di una persona di mezza età, Hideo, che gradualmente si anima e prende coscienza di essere dotata di un cuore e di un'anima. Girando per la città, si innamora di un dipendente di un negozio di noleggio video, Junichi, coinvolgendolo in una storia d'amore.[77]

Kyushu Shinkansen

Kiseki (奇跡, trad.ː Miracolo), titolo in inglese I wish, racconta la storia di due giovani fratelli, Kōichi e Ryūnosuke, che a causa della separazione dei genitori sono costretti a vivere in città diverse, agli estremi opposti dell'isola di Kyushuː Kōichi con la madre e i nonni a Kagoshima, nella parte meridionale, Ryūnosuke con il padre a Fukuoka, sulla costa settentrionale.

I due fratelli, in contatto telefonico quotidiano, sognano che i genitori ritornino insieme per poter riunire tutta la famiglia. Quando scoprono che sta per essere inaugurato un percorso per un treno ad alta velocità che collegherà le due città, si mettono in viaggio, coinvolgendo altri amici, ispirati da una credenza popolare secondo la quale quando due treni Shinkansen passano per la prima volta, viene rilasciato un campo energetico che consente di realizzare i desideri.[78][79]

Primo film "promozionale" di Kore-eda, è stato prodotto come progetto dalla società ferroviaria Kyushu JR Kyushu e da un'agenzia pubblicitaria affiliata alla società ferroviaria del Giappone orientale (JR East) per promuovere l'apertura del percorso Hakata - Kagoshima Chuo dello Shinkansen nel marzo 2011.[80] Le linee Tsubame e Sakura che si incrociano nella prefettura di Kumamoto, hanno offerto al regista, che si definisce un fan dei treni, l'occasione per costruire la trama del film.[81]

Father and Son (2013)
[modifica | modifica wikitesto]

Father and Son ( そしてちちになる?, Soshite Chichi ni Naru, trad.ː E diventa padre) è incentrato sul tema della genitorialità, prendendo spunto dal caso di due bambini scambiati in culla, dopo il parto in ospedale, da un'infermiera vendicativa.

Le rispettive famiglie verranno a conoscenza di questa sostituzione a sei anni dalla nascita dei loro figli, a seguito di un esame del sangue necessario per la loro ammissione alla scuola elementare. Dopo essersi interrogati a lungo se mantenere il figlio che hanno cresciuto o riavere il figlio biologico, le due famiglie scelgono la seconda soluzione.

Una scena del film Father and Son (2013)

La differenza tra le due famiglie è di status sociale, istruzione e atteggiamento verso la genitorialitàː Nonomiya Ryota è un affermato architetto e ha cresciuto Keita in un ambiente culturale ed economico elevato, ma, troppo dedito al suo lavoro, trascura la moglie e il figlio, dal quale pretende sempre alte "prestazioni". L'altra famiglia, composta dalla coppia Yukari e Yūdai Saiki, l'uno proprietario di un piccolo negozio di elettronica, l'altra commessa part-time in un negozio di bentō, vive in provincia, in una casa sobria e sempre in disordine, in cui si respira un'aria serena e i figli, con cui Ryusei entra subito in relazione, sono circondati da attenzione e affetto.

L'avvenuto scambio genera inizialmente sconcerto e insoddisfazione sia nei bambini che nei genitori, e culmina nella fuga di Ryusei, che insofferente delle regole e della disciplina impostegli da Ryota, vuole tornare dai genitori che lo hanno cresciuto. Sebbene la situazione sembri migliorare, il disagio che Ryusei continua a manifestarsi e la nostalgia di Ryota e della moglie per Keita inducono l'architetto a chiedere all'altra famiglia, che acconsente, di rinunciare allo scambio.

Se le difficili relazioni con i padri sono un tema presente anche in Aruitemo aruitemo, Little sister e Ritratto di famiglia con tempesta, questo film si interroga, in maniera più ampia, su cosa sia un padre, cosa sia un figlio, cosa sia una famiglia; la sceneggiatura di Father and Son è stata scritta decine di volte, indice della difficoltà di affrontare questo tema, indagato da Kore-eda con estrema delicatezza, esplorando le implicazioni di sei anni di accudimento di un bambino e riflettendo sull'importanza delle capacità di cura e della dimensione affettiva rispetto ai legami di sangue.[82][83]

Il film ha vinto Premio della giuria al Festival di Cannes del 2013. Il Presidente della Giuria, Steven Spielberg, impressionato dall'opera, ha manifestato il suo interesse per acquistarne i diritti per un remake.[83]

Little sister (2015)
[modifica | modifica wikitesto]

Little Sister (海街, Umimachi Diary), basato sul manga Our Little Sister - Diario di Kamakura di Akimi Yoshida, racconta le vicende e la vita in comune delle tre sorelle Koda, alle quali si aggiunge una sorellastra quattordicenne, Suzu, conosciuta al funerale del padre da cui sono state abbandonate quindici anni prima, che loro stesse invitano a vivere nella loro casa.

Una scena del film "Little Sister" (2015)

Le quattro sorelle ricordano le sorelle Makioka del romanzo Neve sottile (Sasame Yuki) di Jun'ichirō Tanizaki, di cui nel 1983 il regista Kon Ichikawa ha realizzato l'adattamento cinematografico; Sachi e Yoshino assomigliano in qualche modo alle sorelle Makioka Yukiko e Taeko, e con il romanzo condividono l'assenza dei genitori, in entrambi i casi deceduti. Comune al film di Ichikawa è la scena della passeggiata delle sorelle sotto i fiori di sakura, accompagnata dalla musica di Händel.[84]

Il critico cinematografico A. O. Scott ha paragonato il film a un racconto di Cechov, in cui l'accumulo di dettagli, molti dei quali quotidiani e apparentemente insignificanti, arrivano a creare "un effetto sorprendentemente potente".[85]

Imparare a superare l'amarezza verso i genitori che hanno fallito nel loro ruolo è un tema presente anche in altri film di Kore-eda, come Nessuno sa, Aruitemo aruitemo, Ritratto di famiglia con tempesta, Distance e Un affare di famiglia.[86]

Ritratto di famiglia con tempesta (2016)
[modifica | modifica wikitesto]

Ritratto di famiglia con tempesta (海よりもまだ深く, Umi yori mo mada fukaku, trad. Ancora più profondo del mare), riprende il tema dei vincoli parentali, tanto da far ipotizzare ad alcuni critici, non confermati dal regista, che si tratti dell'ultima parte di una "ideale" trilogia iniziata con Father and Son (centrata sulla paternità) e continuata con Little Sister (centrata sulla sorellanza).[87]

Il film ruota intorno al personaggio di Ryota Shinoda, uno scrittore fallito che si arrabatta in diverse attività, tra cui quella di detective privato che non disdegna piccole truffe e il gioco d'azzardo per sopravvivere e per pagare gli alimenti del figlio undicenne che vive con la moglie da cui si è separato.

La ex famiglia, riunitasi in occasione di una visita alla madre di Ryota che vive da sola in un complesso residenziale (l'Asahigaoka nella città di Kiyose, Tokyo, lo stesso in cui il regista ha vissuto dai nove ai ventotto anni), è costretta dall'arrivo di un tifone a dormire sotto lo stesso tetto per una notte. È l'occasione per Ryota di tentare un riavvicinamento con la ex moglie, di cui è ancora innamorato, e con il figlio, che non lo stima e dal quale si è allontanato.

Kore-eda ha dichiarato che il film, riassunto nella prima pagina della sceneggiatura nella frase "Non tutti possono diventare gli adulti che vorrebbero essere", è "una storia realistica di persone che non riescono a rinunciare ai propri sogni e a trovare la felicità anche se si trovano ad affrontare una realtà così disperata.''[88] La canzone Deep Breath ハナレグミ affidata al musicista Hanaregumi (Takashi Nagazumi), membro del gruppo funk Super Butter Dog, come sigla del film e accompagnamento della storia principale, parla di "persone che vivono in un presente leggermente diverso dal futuro che sognavano."[89][90]

Il tono del film non è drammatico e per la sua ambientazione e i risvolti bizzarri del racconto è stato ritenuto, nel cinema di Kore-eda, quello che maggiormente si connota per la presenza di una vena comica e leggera.[91]

Il terzo omicidio (2017)
[modifica | modifica wikitesto]
Una scena del film Il terzo omicidio (2017)

Il terzo omicidio (三度目の殺人, Sandome no satsujin), presentato alla 74ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, è un thriller giudiziario che ha per protagonista un avvocato di successo, Tomoaki Shigemori, impegnato a salvare dalla pena di morte Misumi Takashi, condannato per l'omicidio del suo datore di lavoro. Trent'anni prima Misumi si era già reso responsabile di un analogo crimine, ed il padre di Tomoaki, allora impegnato nella sua difesa, era riuscito ad evitargli la pena capitale. Durante le sue indagini Tomoaki viene messo di fronte a diverse versioni dell'accaduto da parte del suo assistito, reo confesso, e comincia a interrogarsi su quale sia la verità.

Le sue conversazioni con altre persone coinvolte in questo caso di omicidio, ognuna delle quali offre una propria versione dei fatti, rafforzano la sensazione che la verità sia sfuggente e che non esista un'unica interpretazione della realtà.[92] In questo senso alcuni critici hanno ritenuto il film un omaggio a Rashomon di Kurosawa.[93]

Un affare di famiglia (2018)
[modifica | modifica wikitesto]

Un affare di famiglia (万引き家族?, Manbiki kazoku, trad.ː Una famiglia di ladri), conosciuto in ambito internazionale come Shoplifters, racconta la storia di un gruppo di persone, in parte legato da vincoli di parentela, che vive in condizioni di povertà e ai margini della società, alla periferia di Tokyo, mantenendosi con lavori precari, temporanei e sottopagati, e piccoli furti nei supermercati.

Scena dal film Un affare di famiglia (2018)

In un articolo su Film Criticism questo gruppo - la nonna Hatsue, il marito Osamu e la moglie Nobuyo, il ragazzo Shota, la giovane Aki, e la bambina, chiamata alternativamente Yuri/Lin, vittima di abusi, che hanno accolto per compassione nella loro casa - è stato definito una famiglia "non biologica o patriarcale, ma nomade e collettiva", un'“autodefinizione anarchica di ciò che rende buona una famiglia".[94] Nello studio di Linda C. Ehrlich viene categorizzata come una specie di nakama, un raggruppamento sociale primario basato su una rete di "legame o reciprocità".[95]

Kore-eda, che ha scritto la sceneggiatura ispirandosi ai resoconti sulla povertà e sui furti nei negozi in Giappone, ha dichiarato di aver voluto approfondire la questione posta in Father and Son, ossia se una famiglia si fondi sui legami di sangue o su altri elementi, come il tempo trascorso insieme dai membri che ne fanno parte. In Un affare di famiglia questo interrogativo viene posto all'interno di un contesto più ampio, perché il film, oltre ad occuparsi di una dinamica familiare, esplora anche il confine tra famiglia e società.[96][97]

Le verità (2019)
[modifica | modifica wikitesto]

Le verità (La Vérité), di produzione franco-giapponese, presentato in concorso alla 76ª Mostra del cinema di Venezia, è il primo film di Kore-eda girato in Europa e in una lingua diversa dal giapponese.

Interpretato da Catherine Deneuve e Juliette Binoche, è incentrato sul rapporto tra una famosa attrice francese, Fabienne Daugeville, che sta per pubblicare la sua autobiografia, e la figlia Lumir, sceneggiatrice, che vive a New York e si reca a trovarla con il marito e la figlia in occasione dell'uscita del libro.

Catherine Deneuve, una delle protagoniste del film Le verità (2019)

L'autobiografia e il suo contenuto, di cui Lumir contesta la veridicità, funge da elemento scatenante di un conflitto tra madre e figlia che ha radici più profonde, chiamando in causa il passato, ossia il rancore di Lumir per essere stata trascurata da bambina da una madre interessata solo alla propria carriera, e il presente, costellato da altri discutibili comportamenti tenuti da Fabienne durante la visita della figlia, nei quali l'attrice mette in luce il proprio narcisismo e la propria insensibilità nei confronti dei familiari e dei suoi colleghi di lavoro.

Mentre Lumir è in visita, assiste alle riprese di un film di fantascienza che Fabienne sta interpretando, dal titolo Memories of My Mother,[98] incentrato sulla storia di una madre che per arginare l'avanzata del suo cancro, si trasferisce nello spazio, dove il corso del tempo è rallentato, e si reca ogni sette anni in visita alla figlia (interpretata da Fabienne) che vive sulla terra, dove il tempo scorre normalmente, vedendola così invecchiare e superare la sua stessa età. Questo "film nel film" è stato interpretato da alcuni critici come lo sforzo delle due donne di entrare in contatto l'una con l'altra, in una diversa dimensione; quella della memoria è contestata sia da Fabienne che rimprovera la figlia quando mette in discussione i contenuti della sua autobiografia, sia da molti altri personaggi del film che ribadiscono l'inaffidabilità dei ricordi.[99][100]

Gli elementi meta-cinematografici, il ribaltamento del ruolo madre/figlia, il gioco di specchi, l'intreccio realtà e finzione, recitazione e narrazione, la difficoltà di distinguere il ruolo dei personaggi che conducono i dialoghi, rendono questo film particolarmente complesso e, per alcuni critici, diverso dai precedenti.[101]

Kore-eda ha affermato che, sebbene il tema del conflitto familiare possa farlo ritenere simile ai precedenti, ha voluto sperimentare "le atmosfere di Viale del tramonto per la capacità di ruotare attorno alla personalità e alla realtà di un'attrice".[102] Gli echi e i parallelismi che intercorrono tra Catherine Deneuve e Fabienne Daugeville sembrano confermare l'idea del film come riflessione "sulle responsabilità degli artisti che basano il loro lavoro su persone ed eventi reali."[100]

Broker (2022)
[modifica | modifica wikitesto]

Le buone stelle - Broker (브로커, Beurokeo) è il primo film di Kore-eda girato in Corea, nella lingua e con un cast di stelle del cinema di quel paese, come Song Kang-ho, uno dei protagonisti di Parasite, Bae Doo-na, famosa per i suoi ruoli in The Host, Cloud Atlas e già protagonista del film Air Doll (2009) di Kore-eda, e la superstar del K-Pop IU.[103]

Il cast di Broker con il regista, 2022

Il film si sviluppa intorno ad un particolare strumento messo a disposizione del sistema di adozione coreano, ma diffuso anche in altri paesi, il "baby box", uno spazio riscaldato e protetto, generalmente collocato all'esterno degli ospedali o delle chiese, in cui le madri, in forma anonima, possono lasciare i neonati che intendono lasciare ad altri in adozione.

La storia è incentrata su una coppia di amici squattrinati, Sang-hyun proprietario di una lavanderia, ricattato dai gangster locali, e Dong-soo, volontario in una chiesa in cui è allestita una baby box, che per pagare i propri debiti e garantirsi delle entrate, a volte vendono i neonati abbandonati a coppie desiderose di un figlio. Il racconto si intreccia con la storia di So-young, una madre che dopo aver abbandonato il figlio e aver scoperto il traffico illegale dei due uomini, si unisce a loro in un viaggio all'interno del paese - trasmettendo al film il ritmo di un "road movie" - alla ricerca di una coppia "adatta" cui assegnare il neonato.

Lo sviluppo degli eventi, a cui prenderà parte anche una coppia di investigatrici sulle tracce dei due uomini, e il piccolo Hae-Jin, fuggito dall'orfanatrofio in cui Dong-Soo è cresciuto, dopo essersi intrufolato nel furgone della combriccola in viaggio, vedrà il formarsi di un particolare legame tra i componenti del composito gruppo, divenuto una sorta di famiglia improvvisata, che porterà ognuno a modificare più volte i propri propositi e a cambiare il proprio atteggiamento nei confronti degli altri e la propria visione delle cose.[104]

Il film pone la questione della genitorialità (in particolare della maternità) e solleva una riflessione sul crimine, sulla corrispondenza tra morale e legge e sulle contraddizioni degli esseri umani e della società. Il suo legame con uno dei film precedenti di Koreeda, Shoplifters, è stato menzionato dallo stesso regista che ha affermato di aver sviluppato la trama dei due film contemporaneamente e di vederli come "fratelli" e complementari, "per il comune interesse per gli emarginati sociali che si uniscono per formare famiglie non convenzionali".[105][106]

L'innocenza (2023)
[modifica | modifica wikitesto]

Primo film di Kore-eda tratto da una sceneggiatura di cui non è autore (è stata scritta dallo sceneggiatore televisivo Yūji Sakamoto), pone al centro un'amicizia inconfessabile tra due compagni di scuola dell'ultimo anno delle elementari, Minato e Eri.

La storia si suddivide in tre parti, ognuna delle quali rappresenta un punto di vista. Il primo è quello dalla madre single di Minato, Saori, che preoccupata degli strani comportamenti del figlio, ne ricerca le cause nell'ambiente scolastico e in particolare in un insegnante, Hori. Questi, a sua volta, rivela alla madre che Minato avrebbe preso di mira un altro studente, Yoro, sottoponendolo ad atti di bullismo, sebbene la madre, decidendo di incontrarlo, riceva l'impressione che il ragazzo non nutra sentimenti di ostilità nei confronti del figlio.

Il racconto si divide poi in momenti paralleli che leggono la storia dal punto di vista dell'insegnante Hori e dei due bambini, mettendo in discussione, con conseguente spaesamento dello spettatore, i giudizi spesso approssimati e il concetto di verità, un tema già proposto, ad esempio, nel film Il terzo omicidio, accostato da alcuni critici a Rashomon di Akira Kurosawa.

Il titolo originale del film, Kaibutsu, ossia Mostro, andato perduto nella traduzione italiana, secondo Kore-eda "riflette quel senso di pericolo, di crudeltà e d’innocenza che permea l’intero racconto", si riferisce al "mostro" che gli adulti cercano fuori da se stessi, e a quello che i bambini sono convinti di avere dentro di loro, "dovuto al sistema di valori trasmesso dagli adulti che impone ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, specialmente riguardo alla mascolinità".[107] [108]

Può fungere da interrogativo su quali dei personaggi del film possano essere considerati tali, vista la varietà delle interpretazioni cui viene sottoposto il racconto, ma può anche essere riferito allo stigma sociale che colpisce ancora, nel Giappone moderno, l'idea dell'omosessualità.

Secondo Kore-eda Tutti i personaggi sono alla ricerca di un “mostro” invisibile, gli adulti sono certi che il “mostro” si aggiri al di fuori di loro stessi, i bambini invece sono convinti che il mostro sia dentro di loro, si sentono sbagliati, e questo è dovuto al sistema di valori trasmesso dagli adulti che impone ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, specialmente riguardo alla mascolinità.

Il film è suddiviso in tre capitoli, ognuno con un punto di vista diverso: quello della madre, quello dell’insegnante e quello dei due bambini. Nei primi due capitoli la visione degli adulti che vedono mostri ovunque è piuttosto depistante per lo spettatore, ma alla fine la verità viene alla luce grazie ai bambini.




Con Broke Koreeda conferma il suo interesse per il soggetto delle famiglie non convenzionali e prosegue il suo confronto con il cinema, la lingua e la cultura di un altro paeseː dalla Francia di Le Verità alla Corea di

Partito da un cinema low cost nel suo Giappone, si è poi confrontato con le due realtà produttive forse più vive di questo ultimo decennio, la Francia e la Corea del sud.



Il film è esplorare una dinamica familiare




noto per i suoi drammi a sfondo familiare



Nel 2009, "A Taste of the Yokoyama Family" ha vinto l'Asian Film Award.

Il Festival Internazionale del Cinema Asiatico di Vesoul gli ha dedicato un'ampia retrospettiva nel 2012. Nel 2013 Father and Son ha ricevuto il premio speciale della giuria al 66° Festival di Cannes e, in Giappone, il premio del Ministero dell'Istruzione, della Cultura, dello Sport, della Scienza e della Tecnologia per la sua produzione. Il film è una riflessione sulla paternità.

Nel 2015, con Our Little Sister, Kore-eda ha affrontato il tema delle famiglie miste, riflettendo in particolare sull'accoglienza e l'adozione di fratelli tra loro. Del 2017, Il terzo omicidio è un film legale in cui un assassino cambia tre volte la sua confessione e preferisce essere condannato a morte per dare un senso alla sua nascita e alla sua presenza nel mondo.

Nel 2018 Un affare di famiglia ha ricevuto la Palma d'Oro al 71° Festival di Cannes. Il film ebbe un successo internazionale e suscitò un incidente con il Primo Ministro giapponese, che ritenne il film anti-giapponese. Una sera d'inverno una famiglia povera e modesta accoglie una bambina picchiata, offrendole amore e tenerezza. Il film, diviso in due parti yin e yang, mette in discussione la legittimità della famiglia tradizionale giapponese. L'insolenza del cineasta emerge al crocevia di un dialogo, quando, a una poliziotta che gli dice: "Tutte le bambine vogliono vivere con le loro vere madri', uno dei membri del clan risponde: "Questo è quello che le madri credono…”

Nel 2018, per la prima volta, è stato in tournée fuori dal Giappone. Il suo film La Vérité è stato girato in Francia con un cast prevalentemente francofono: Catherine Deneuve, Juliette Binoche, Ludivine Sagnier e Ethan Hawke. Il film ha aperto la Mostra del Cinema di Venezia 2019.

Nel 2022 ha presentato il suo primo film in lingua coreana , Les Bonnes Étoiles , al Festival di Cannes .



I Ha anche pubblicato una ventina di libri, prodotto pubblicità e video musicali.

"Secondo il critico Higuchi Naofumi, solo due dei film di Koreeda possono essere considerati puro cinema d'essai, Maborosi e Air Doll, e solo due possono essere considerati puro intrattenimento, Like Father, Like Son e Our Little Sister, con la maggior parte dei suoi lavori come After the Storm, che è rappresentativo della sua opera più ampia, che fonde i due stili ("Kore-eda" 30)."[109]

"Oltre ai documentari e ai lungometraggi, Kore-eda ha diretto quindici spot televisivi per Nissan, Sony e altre aziende, insieme a diversi video musicali per gruppi pop come AKB48 e per il cantautore Cocco, con cui ha anche collaborato al documentario di lungometraggio So It's Alright: Cocco's Endless Journey. Nel 2021 Kore-eda ha firmato un accordo con Netflix per diversi progetti, tra cui un importante lungometraggio e una serie televisiva intitolata The Makanai: Cooking for the Maiko House (Maiko-san chi no makanai-san, 2023). La serie di otto episodi, per la quale Kore-eda è showrunner, co-regista e sceneggiatore, è basata su una popolare serie manga ambientata a Kyoto, in una casa in cui vivono insieme apprendiste geisha.

Temi ricorrenti nell'opera di Kore-eda sono il concetto di famiglia, l'infanzia, la memoria, l'assenza nelle forme del lutto, della perdita di una persona cara, e della mancanza di qualcosa o di qualcuno "che dovrebbe esserci ma non c'è".[110]

L'esplorazione dei legami familiari avviene sotto diverse forme; in Still Walking, Ritratto di famiglia con tempesta, Little Sister assume quella dei difficili rapporti con i padri; in Nessuno lo sa, Still Walking, Ritratto di famiglia con tempesta, Un affare di famiglia, Le verità, quella dei genitori che falliscono nei loro compiti, una delle declinazioni dell'assenza.[111] La questione di cosa sia una famiglia, di quanto sia importante la biologia rispetto ad altre comunanze e legami, percorre il dramma dello scambio di bambini in Father and Son, l'esperienza di sorellanza in Little Sister e quella della comunità/famiglia alternativa in Un affare di famiglia e Broker.[112]

L'assenza causata da un lutto, il dolore generato da una morte inspiegabile, caratterizzano Maborosi, nella forma del suicidio inaspettato di un giovane marito, un tema già presente nel precedente documentario However... (1991); in Still Walking assume quella dell'inconsolabile perdita del figlio maggiore della famiglia Yokoyama, annegato per salvare un bambino, mentre in Distance (2001) ha il profilo del rito e del ricordo dei parenti dei terroristi morti che commemorano l'anniversario del loro suicidio; assume un aspetto quasi comico nella vendetta per l'omicidio del padre ordita dal giovane ronin in Hana, e una prospettiva fantasy in After Life.[113]

La dimensione dell'assenza come alienazione e mancanza di relazioni umane è il tema di Air Doll, in cui la bambola gonfiabile che il proprietario usa come surrogato sessuale, è essa stessa destinata alla solitudine, anche dopo aver preso coscienza di avere un cuore; vuoto e assenza di risposte da parte della società e delle istituzioni connotano il contesto delle politiche assistenziali governative, che inducono i più deboli all'arte di arrangiarsi per sopravvivere, come in Nessuno lo sa e in Un affare di famiglia.[110][104] Assenza, infine, come mancanza di un giudizio definitivo, di un'unica verità, è uno dei temi de Il terzo omicidio, Le verità e Broker, in cui i personaggi mutano spesso le loro decisioni e la coppia di venditori di bambini acquista un carattere empatico e romantico, anziché delinquenziale e aberrante.[114]

I bambini sono al centro della produzione di Koreeda fin dal primo documentario, Lessons from a Calf (1991), e diventano la lente con cui misurare le capacità di investimento affettivo e di cura degli adulti; abbandonati dalla madre per i quali sono diventati un peso, sono lasciati al loro destino in Nessuno sa, divisi da un divorzio in I wish, poco seguiti dal padre in Ritratto di famiglia con tempesta (2016), oggetto di conflitto e di scambio in Father and Son.[112] Molti dei film di Koreeda sono costruiti sul loro punto di vista, le sceneggiature danno spazio alla loro recitazione e i dialoghi spiegati e non fatti imparare a memoria dal copione.

Il regista spagnolo Victor Erice

Il tema della memoria - nelle sue tre declinazioni di ricordi personali, memoria della storia come elemento esterno alla costruzione della propria identità e memoria costruita nelle relazioni con gli altri - è un altro tema che caratterizza il lavoro del regista, e che richiama il suo legame con Victor Erice, un autore che Kore-eda ha posto tra quelli che lo hanno maggiormente influenzato.[115] È presente nel documentario per TV Without Memory (Ushinwareta toki, 1996), che narra la storia di un padre di famiglia affetto da una forma di amnesia degradante e nel "trittico della memoria" rappresentato dai suoi primi tre filmː Maborosi, After Life e Distance.[116] [117]

In Maborosi si concentra sul ricordo di un congiunto che si è suicidato, da cui la protagonista non riesce a liberarsi; in After Life, dove un gruppo di persone appena decedute deve scegliere un ricordo che verrà convertito in un'immagine registrata, consentendo la selezione di una traccia del proprio passato da portare nell'aldilà, il tema della memoria si identifica con quello dell'identità personale; in Distance assume la forma di memoria collettiva, ricostruita dai frammenti dei ricordi dei parenti degli scomparsi che si sono riuniti per commemorarli.[115]


Con After Life, Maborosi e Distance, possono essere considerati un "trittico della memoria" possono essere considerati i primi tre film

Kore-eda si occupa sia dalla sceneggiatura, che della regia e del montaggio, e compie queste tre attività contemporaneamente, sottoponendo a modifiche la sceneggiatura in corso d'opera e montando il tutto alla fine della giornata.[37]

"Per circa dieci anni, ho voluto lavorare in una prospettiva più storica, in particolare in termini di Giappone durante la seconda guerra mondiale e storie di persone che si sono trasferite dal Giappone per vivere in altre aree, tra cui la Manciuria, durante quel periodo. Questa è la nuova direzione in cui sto pensando di andare."[118]

"Kore-eda non ha una formazione formale come direttore della fotografia, ma la sua comprensione del lato tecnico della produzione cinematografica è cresciuta con ogni film che ha realizzato. All'inizio, Kore-eda ha spesso utilizzato tecŸiques del cinema verità e del cinema diretto associati alla produzione di documentari per conferire un'aura di autenticità alle sue finzioni. Ha utilizzato riprese a mano in After Life e Distance per catturare il movimento senza un tracciamento fluido per creare l'energia e l'immediatezza dell'esperienza cinematografica casalinga, ma predilige anche uno stile di osservazione che si manifesta attraverso riprese ampie statiche in film come Maborosi, utilizzando montaggio e illuminazione naturalistici e un sound design essenziale per trasmettere un senso di autenticità."[119]

Yasujiro Ozu

A partire dal suo primo lungometraggio, Maborosi (1995), i critici hanno accostato lo stile di Kore-eda a quello di Yasujiro Ozu (1903-1963), sia per le tematiche trattate che per le scelte stilistiche.[120]

Comune ai due registi sarebbero l'interesse per la memoria, l'alienazione, la perdita, così come il senso estetico del mono no aware, l'attitudine ad apprezzare le cose del mondo per quello che sono, nella loro dimensione transitoria, imperfetta e misteriosa.[121]

Dal punto di vista stilistico condividerebbero l'uso limitato della telecamera, la quasi totale assenza di panoramiche, riprese in movimento, primi piani o zoom, immagini dell'ambiente naturale o scene di oggetti di uso quotidiano, sperimentate da Ozu per "contenere le emozioni", sospendere il tempo narrativo inducendo alla riflessione.[122] In Maborosi sono frequenti le scene di persone impegnate in attività ordinarie, mentre l'azione drammatica e la trama sono poco sviluppate; nella seconda parte del film predominano le immagini e i suoni dell'acqua, la vastità del mare, spostando lo sforzo intellettuale di dare un senso alle cose al "guardare a ciò che è".[123]

Sebbene Kore-eda riconosca di aver imitato lo stile di Ozu in Maborosi, secondo altri critici gran parte del suo successivo lavoro si differenzierebbe da quello del progenitore, esprimendo una distanza critica dalla tradizione, attraverso l'uso dello stile come "commento della stessa storia cinematografica giapponese".[124] Secondo Marc Yamada ciò sarebbe rilevabile, ad esempio, nel modo in cui Kore-eda tratta "due aspetti iconici dell'opera di Ozu"ː le "riprese tatami", ossia la tecnica di riprendere le scene da una telecamera posizionata vicino al pavimento, e le "pillow shots", stacchi di inquadrature apparentemente casuali su oggetti della vita quotidiana, intervallate nel film.[125]

In After Life, secondo lo studioso statunitense, l'inquadratura "tatami" di Ichirō che fa colazione seduto sul pavimento, mentre sua moglie lavora in cucina dietro di lui, sarebbe un "meta-trattamento dello stile di Ozu", una riproposizione consapevole dello stile del regista di Viaggio a Tokyo, scelta per attivare nel pubblico la memoria di opere peculiari del cinema giapponese classico, creando nello stesso tempo una distanza dalla tradizione cinematografica.[125]

La differenza tra Ozu e Kore-eda risiederebbe anche nei contenuti delle storie narrateː il conflitto generazionale rappresentato nel classico Viaggio a Tokyo, metafora del Giappone postbellico spogliato del suo passato, stretto "tra la permanenza dei valori tradizionali e l’inarrestabile assimilazione di nuovi modi di vita", in Kore-eda assume una dimensione più intima, nella quale prevale l'indagine sulla memoria.[115] In alcuni casi, i ricordi e le eredità familiari hanno un esito positivo, come in Hana, dove il samurai riconosce, anche se in modo personale e con un risvolto comico, gli insegnamenti del padre, o in Nessuno lo sa, dove i bambini abbandonati dalla madre riescono ad andare avanti e a sopravvivere nonostante il trauma subito, perchè "Kore-eda scommette sempre su chi resta", non su chi se ne è andato.[126]

Ken Loach

Kore-eda ha dichiarato di essere stato fortemente influenzato dal cinema del regista taiwanese Hou Hsiao-hsien, cui ha dedicato uno dei suoi primi documentari, e che il suo lavoro può richiamare quello di cineasti europei, come Ken Loach e i fratelli Dardenne, di cui si dice ammiratore.[37]

L'uso da parte dei fratelli Dardenne di una telecamera a mano in Rosetta (1999) per seguire le lotte di una ragazza povera sedicenne alla ricerca di un impiego, ha influenzato lo stile e il contenuto tematico di Nessuno lo sa e Shoplifters, così come il realismo sociale di Ken Loach ha orientato l'attenzione per gli emarginati sociali nei film di Kore-eda.[127]

Lo stesso regista giapponese ha dichiarato che il film di Loach Kes (1969), la storia di un ragazzo dalla vita difficile, maltrattato in famiglia e vittima di bullismo a scuola, che trova conforto nell'allevamento di un gheppio, ha avuto un'influenza formativa sul suo lavoro con attori bambini in film come Nessuno lo sa, I Wish e Father and Son. Al regista britannico si sarebbe inoltre rivolto per chiedere consigli su come lavorare con giovani attori durante le riprese di Nessuno lo sa.[127]

Kore-eda ha tuttavia precisato in un'intervista che nella sua produzione attuale non pensa ad altri registi mentre produce un filmː "Lavoro solo con quello che ho e con quello che viene da dentro di me. Mi concentro sul rapporto con gli attori che ho scelto. Interagiamo e il film nasce da quello."[37]

Diversi critici, giapponesi e non, hanno interpretato l'opera di Kore-eda come una manifestazione dell'estetica tradizionale giapponese, per l'approccio minimalista e per la sensibilità mostrata per la natura transitoria ed effimera delle cose, collocandolo accanto ai cineasti dell'età d'oro del cinema giapponese negli anni cinquanta e sessanta.[33]

Il regista giapponese Higuchi Naofumi ha visto in Maborosi e in altri film di Kore-eda un'esemplificazione del valore estetico del mono no aware.[128] Lo studioso delle religioni statunitense William LaFleur ha notato come, al pari di Ozu, Kore-eda realizza film che esprimono un atteggiamento di soggezione di fronte all'immensità e al mistero dell'universo. Sia le tecniche cinematografiche - come in Maborosi in cui l'immobilità della macchina da presa evocherebbe "una posizione di contemplazione" - sia la narrazione, esprimerebbero, a suo parere, la "profonda incomprensibilità degli eventi", veicolando una visione del mondo che sottolinea l'inspiegabilità degli accadimenti umani, inutilmente affrontabili attraverso l'intelletto, perché essi rimangono sconosciuti.[129]

Francisca Cho, confrontando Rashōmon di Kurosawa e Maborosi parla di un'estetica yūgen che connoterebbe questi due film e che risiederebbe nel modo in cui essi rinunciano a dare a spiegazioni (in Marabosi ai motivi dell'avvenuto suicidio del marito della protagonista), accantonando la luce e la chiarezza a favore di un apprezzamento estetico dell'ombra.[123]

Kore-eda ha affermato di non aver mai basato consapevolmente lo stile cinematografico sull'estetica di forme tradizionali, come il buddhismo zen.[33]

Secondo Marc Yamada, autore di un libro sul cinema di Kore-eda, il dibattito sulla "giapponesità" dei suoi film non dovrebbe far dimenticare che a livello internazionale il pubblico più che dalla descrizione di un "Giappone esotico", viene attratto dalle sue opere per la "rappresentazione umanistica dei film di famiglie e individui che lottano per connettersi e sopravvivere nei tempi moderni"; contrariamente a quanti riconducono i suoi film all'estetica tradizionale giapponese, a suo parere sarebbe l'eccesso, e non il minimalismo, la caratteristica centrale del "marchio di umanesimo di Koreeda".[33] Un eccesso inteso in termini cinematografici come "spostamento da un focus critico sulla narrazione unificante dei testi cinematografici", a forze opposte ed eterogenee che si collocano al di fuori di essi, superando e sfuggendo a questi sistemi narrativi e organizzativi.[33]

Lo studioso di cinema Alexander Jacoby ha evidenziato come l' "interesse di Kore-eda sia rivolto sia alle realtà sociali che alle verità esistenziali";[130] Justin Chang ha riconosciuto al suo cinema un'insolita capacità di "individuare sorprendenti sfumature drammatiche e variazioni tonali all'interno di un intervallo apparentemente ristretto".[131]

  • Claudia Bertolé, Il cinema di Koreeda Hirokazu. Memoria, assenza, famiglie, Imola, Cue Press, 2022, ISBN 9788855102773, OCLC 1404219462.
  • (EN) Linda C. Ehrlich, The Films of Kore-eda Hirokazu: An Elemental Cinema, Palgrave Macmillan, 2019, OCLC 1119613849.
  • (JA) Kore-eda Hirokazu, 世界といまを考える : 是枝裕和対談集 / Sekai to ima o kangaeru : Koreeda Hirokazu taidanshū, Tokyo, Kabushiki Kaisha PHP Kenkyūjo, 2015, ISBN 9784569763507, OCLC 1051043725.
  • (ES) Nieves Moreno, Elogio de la memoria. Koreeda Hirokazu / In Praise of Memory. Koreeda Hirokazu, in Secuencias: revista de historia del cine, n. 30, 2009, pp. 80-93. URL consultato il 29 agosto 2024.
  • (EN) Paul Risker, Questioning the Nature of Family Bonds: An Interview with Hirokazu Kore-eda, in Cineaste, vol. 44, n. 2, 2019, pp. 42-43.
  • (EN) Marc Yamada, Kore-eda Hirokazu, University of Illinois Press, 2023, OCLC 1365767495.
  1. ^ (EN) Mark Schilling, Kore-eda Hirokazu Signals Return to Japanese Filmmaking With ‘Monster’, in Variety, 17 novembre 2022 2023. URL consultato il 13 aprile 2023.
  2. ^ a b (JA) Takashi Takizawa, 是枝監督が一目ぼれした諏訪湖を望む場所 カンヌ出品「怪物」を撮影, su asahi.com, 16 maggio 2023. URL consultato il 4 settembre 2024.
  3. ^ (EN) David Rooney, ‘Monster’ Review: Hirokazu Kore-eda Measures the Weight of Bullying on Childhood Friendship in Tender But Diffuse Drama, su hollywoodreporter.com, 17 maggio 2023. URL consultato il 4 settembre 2024.
  4. ^ (EN) Patrick Brzeski, Hirokazu Kore-eda Reveals Next Film, ‘Monster,’ for 2023 Release, su hollywoodreporter.com, 17 novembre 2022. URL consultato il 4 settembre 2024.
  5. ^ (JA) 是枝裕和×坂元裕二が初タッグ!映画「怪物」来年公開、「夢が叶ってしまいました」, su natalie.mu, 18 novembre 2022. URL consultato il 4 settembre 2024.
  6. ^ (FR) Festival de Cannes. Monster. Note de intention du réalizateur Kore-eda Hirozaku (PDF), su cdn-medias.festival-cannes.com. URL consultato il 6 settembre 2024.
  7. ^ a b (JA) 是枝裕和監督、映画『怪物』ラストシーンの編集を変えた意図は? 撮影前には専門家のレクチャーも, su news.mynavi.jp, 10 giugno 2023. URL consultato il 4 settembre 2024.
  8. ^ (JA) カンヌで高評価 映画「怪物」ロケ地・諏訪も期待 是枝監督と信州は“深い縁”「特別な場所」, su nbs-tv.co.jp, 6 giugno 2023. URL consultato il 4 settembre 2024 (archiviato dall'url originale il 1º ottobre 2023).
  9. ^ a b c Valeria Verbaro, L’innocenza di Kore-eda Hirokazu: la verità è un gioco necessario, su framedmagazine.it, 18 maggio 2024. URL consultato il 9 settembre 2024.
  10. ^ a b c (JA) カンヌ凱旋記者会見全文, su gaga.ne.jp, 21 giugno 2023. URL consultato il 6 settembre 2024.
  11. ^ a b Robert Abele, Review: Japan’s Hirokazu Kore-eda returns to home ground and delicate tensions in ‘Monster’, su latimes.com, 30 novembre 2023. URL consultato il 4 settembre 2024.
  12. ^ (JA) クィア・パルム賞授賞式での、審査員長ジョン・キャメロン・ミッチェルと是枝監督のスピーチ全文, su gaga.ne.jp, 19 giugno 2023. URL consultato il 9 settembre 2024.
  13. ^ (EN) Richard Brody, “Monster” Contains a Mini-Masterwork About the Lives of Children, su newyorker.com, 29 novembre 2023. URL consultato il 9 settembre 2024.
  14. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore :0
  15. ^ a b c d e (EN) Louis Chilton, Monsters and closets: Behind Japan’s groundbreaking new film exploring queer childhoods, su independent.co.uk, 14 marzo 2024. URL consultato il 9 settembre 2024.
  16. ^ (JA) クィア・パルム賞授賞式での、審査員長ジョン・キャメロン・ミッチェルと是枝監督のスピーチ全文, su gaga.ne.jp, 19 giugno 2023. URL consultato il 9 settembre 2024.
  17. ^ (FR) Festival de Cannes 2023 - La Queer Palm au film japonais "Monster", su lalibre.be, 26 maggio 2023. URL consultato il 6 settembre 2024.
  18. ^ (FR) Cannes 2023 : la Queer Palm décernée au film japonais « Monster », su lemonde.fr, 27 maggio 2023. URL consultato il 4 settembre 2024.
  19. ^ (EN) Richard Brody, “Monster” Contains a Mini-Masterwork About the Lives of Children, su newyorker.com, 29 novembre 2023. URL consultato il 9 settembre 2024.
  20. ^ Chiara Fanetti, Il vero mostro è l’incomprensione, su rsi.ch, 26 febbraio 2024. URL consultato il 9 settembre 2024.
  21. ^ (EN) ‘Monster’ Review: Hirokazu Kore-eda Measures the Weight of Bullying on Childhood Friendship in Tender But Diffuse Drama, su hollywoodreporter.com, 17 maggio 2023. URL consultato il 9 settembre 2024.
  22. ^ (EN) Nick Schager, Monster’: A Haunting, Must-See ‘Rashomon’-Style Tale About Bullying, su thedailybeast.com, 22 novembre 2023. URL consultato il 9 settembre 2024.
  23. ^ mymovies.it, https://www.mymovies.it/film/2023/linnocenza/.
  24. ^ (EN) Barry Hertz, The heartbreaking drama Monster marks a tremendous return to Japan for Hirokazu Kore-eda, su theglobeandmail.com, 30 novembre 2023. URL consultato il 9 settembre 2024.
  25. ^ (JA) Takashi Takizawa, 是枝監督に聞いた「撮影に大切なこと」 先生は巨匠、小6に特別授業, su asahi.com, 14 marzo 2023. URL consultato il 4 settembre 2024 (archiviato dall'url originale il 4 luglio 2023).
  26. ^ gaga.ne.jp, https://gaga.ne.jp/kaibutsu-movie/about/#staff.
  27. ^ newyorker.com, https://www.newyorker.com/culture/the-front-row/monster-contains-a-mini-masterwork-about-the-lives-of-children.
  28. ^ (EN) Richard Brody, “Monster” Contains a Mini-Masterwork About the Lives of Children, su newyorker.com, 29 novembre 2023. URL consultato il 5 settembre 2024.
  29. ^ (JA) 意味深なデザイン!是枝裕和監督&坂元裕二脚本『怪物』本ポスタービジュアルが解禁, su moviewalker.jp, 31 marzo 2023. URL consultato il 4 settembre 2024.
  30. ^ (JA) 授賞式、是枝監督受賞スピーチ, su gaga.ne.jp, 19 giugno 2023. URL consultato il 9 settembre 2024.
  31. ^ Federica Lucchesini, “L’innocenza”: salvare il domani nell’ultimo film di Kore-eda Hirokazu, su gliasinirivista.org, 31 agosto 2024. URL consultato il 9 settembre 2024.
  32. ^ a b hollywoodreporter.com, https://www.hollywoodreporter.com/movies/movie-reviews/monster-review-hirokazu-kore-eda-1235494246/.
  33. ^ a b c d e f g Yamada, Cap. Shared Spaces of Filmmaking
  34. ^ a b (EN) Claudia Siefen, Shaking Tracksː The documentary ways in the work of Kore-eda Hirokazu, su desistfilm.com, 7 agosto 2014. URL consultato il 28 agosto 2024.
  35. ^ Moreno, p. 87
  36. ^ a b c (EN) Peter Bradshaw, Hirokazu Kore-eda: ‘They compare me to Ozu. But I’m more like Ken Loach’ This article is more than 9 years old, su theguardian.com, 21 maggio 2015. URL consultato il 25 agosto 2024.
  37. ^ a b c d e Risker, p. 42
  38. ^ Moreno, p. 81
  39. ^ a b (ZH) Yang Huijun Xie Xuan, 專訪是枝裕和:我期待有一天,拍出屬於自己的《悲情城市》, su twreporter.org, 24 novembre 2020. URL consultato il 25 agosto 2024.
  40. ^ (JA) 是枝裕和氏 なぜ「後に残された人」の悲しみだけを撮るのか, su news-postseven.com, 13 settembre 2015.
  41. ^ Kenneth G. Henshall, Storia del Giappone, traduzione di Claudia Terraneo, 2ª ed., Milano, Mondadori, 2005, p. 222, ISBN 978-88-04-67823-6.
  42. ^ Kore-eda, pp. 384-387
  43. ^ a b c Yamada, p. 16
  44. ^ a b c (JA) 40年も続く卒業後の社会人生活 だからこそ、“好き”を“仕事”にしたい!!, su daigakushinbun.com, 10 maggio 2016. URL consultato il 28 agosto 2024.
  45. ^ Ehrlich, p. 9
  46. ^ a b Kore-eda, p. 57
  47. ^ Fuori dal mondo. Retrospettiva Kore-eda Hirokazu, su museocinema.it. URL consultato il 28 agosto 2024.
  48. ^ Kore-eda, p. 107
  49. ^ (EN) Mou hitotsu no kyouiku - Ina shogakkou haru gumi no kiroku, su imdb.com. URL consultato il 25 agosto 2024.
  50. ^ (ENJA) Lessons from a Calf/ Mou hitotsu no kyouiku - Ina shogakkou haru gumi no kiroku / もう一つの教育〜伊那小学校春組の記録, su youtube.com. URL consultato il 25 agosto 2024.
  51. ^ (EN) Lessons from a Calf (Mou hitotsu no kyouiku - Ina shogakkou haru gumi no kiroku), su 3continents.com. URL consultato il 25 agosto 2024.
  52. ^ (EN) However…, su letterboxd.com. URL consultato il 28 agosto 2024.
  53. ^ (EN) When Cinema Reflects the Times: Hou Hsiao-Hsien and Edward Yang, su imdb.com. URL consultato il 28 agosto 2024.
  54. ^ (EN) When Cinema Reflects the Times: Hou Hsiao-Hsien and Edward Yang (1993), su youtube.com. URL consultato il 28 agosto 2024.
  55. ^ (EN) August Without Him (Kare no inai hachigatsu ga ), su 3continents.com. URL consultato il 28 agosto 2024.
  56. ^ (FR) Ce monde-ci, su film-documentaire.fr. URL consultato il 28 agosto 2024.
  57. ^ a b (EN) Maborosi, su mubi.com. URL consultato il 28 agosto 2024.
  58. ^ Moreno, p. 89
  59. ^ (EN) Ren Scateni, Maborosi at 25: The enigmatic calm of Hirokazu Koreeda’s debut, su bfi.org.uk, 15 settembre 2020. URL consultato il 28 agosto 2024.
  60. ^ Yamada, p. 22
  61. ^ (EN) Hirokazu Koreeda, su kore-eda.com. URL consultato il 28 agosto 2024.
  62. ^ After life. Premi, su imdb.com. URL consultato il 28 agosto 2024.
  63. ^ After Life, su longtake.it. URL consultato il 28 agosto 2024.
  64. ^ a b Yamada, p. 19
  65. ^ (EN) Tokyo subway attack of 1995, su britannica.com. URL consultato il 28 agosto 2024.
  66. ^ (EN) Distance, su festival-cannes.com. URL consultato il 28 agosto 2024.
  67. ^ Ehrlich, pp. 116-118
  68. ^ Francesco Cerofolini, Nessuno lo sa, su asianfeast.org. URL consultato il 28 agosto 2024.
  69. ^ Antonio Pettierre, Nessuno lo sa di Hirokazu Kore-eda, su ondacinema.it. URL consultato il 29 agosto 2024.
  70. ^ Nessuno lo sa, su longtake.it. URL consultato il 29 agosto 2024.
  71. ^ Hana, su mymovies.it. URL consultato il 29 agosto 2024.
  72. ^ Ehrlich, p. 223
  73. ^ Carlo Valeri, Asian Film Festival 2006 – "Hana" di Hirokazu Kore-eda (Fuori Concorso), su sentieriselvaggi.it, 5 dicembre 2006. URL consultato il 29 agosto 2024.
  74. ^ Aruitemo Aruitemo, Still Walking, su torinofilmfest.org. URL consultato il 29 agosto 2024.
  75. ^ (JA) 空気人形:業田良家の短編マンガ 是枝裕和監督が映画化 主人公にぺ・ドゥナ, su mainichi.jp:80, 16 febbraio 2009. URL consultato il 29 agosto 2024 (archiviato dall'url originale il 24 febbraio 2009).
  76. ^ (EN) “Air Doll” floats over Un Certain Regard, su festival-cannes.com, 14 maggio 2009. URL consultato il 29 agosto 2024.
  77. ^ Air Doll, su ondacinema.it. URL consultato il 29 agosto 2024.
  78. ^ (EN) I wish, su imdb.com. URL consultato il 30 agosto 2024.
  79. ^ Antonio Pettierre, I Wish di Hirokazu Kore-eda, su ondacinema.it. URL consultato il 30 agosto 2024.
  80. ^ (JA) さまぁ~ず三村:映画「奇跡」のテレビスポットでナレーション 普段と違う“語り”に注目, su mantan-web.jp, 10 giugno 2011. URL consultato il 30 agosto 2024.
  81. ^ Ehrlich, p. 160
  82. ^ Ehrlich, pp. 165-172
  83. ^ a b Father and Son. Soshite chichi ni naru, su cinematografo.it. URL consultato il 30 agosto 2024.
  84. ^ Ehrlich, pp. 174-175
  85. ^ (EN) A.O. Scott, ‘Our Little Sister,’ or What We Found at Dad’s Funeral, su nytimes.com, 7 luglio 2016. URL consultato il 30 agosto 2024.
  86. ^ Ehrlich, p. 175
  87. ^ Giancarlo Usai, Ritratto di famiglia con tempesta, su ondacinema.it, 25 maggio 2017. URL consultato il 31 agosto 2024.
  88. ^ (JA) 是枝裕和監督の新作『海よりもまだ深く』が公開決定。主演は阿部寛, su cinema.pia.co.jp, 25 dicembre 2015. URL consultato il 31 agosto 2024 (archiviato dall'url originale il 19 giugno 2018).
  89. ^ (JA) 映画『海よりもまだ深く』是枝裕和&阿部寛による“なりたかった大人”になれなかった大人たちの物語, su fashion-press.net, 21 aprile 2016. URL consultato il 31 agosto 2024.
  90. ^ (JA) Takashi Nagazumi, su hanaregumi.jp. URL consultato il 31 agosto 2024.
  91. ^ Aldo Spiniello, #Cannes2016 – After the Storm, di Hirokazu Kore-eda, su sentieriselvaggi.it, 18 maggio 2016. URL consultato il 31 agosto 2024.
  92. ^ Roberto Manassero, Il terzo omicidio, su cineforum.it, 18 dicembre 2019. URL consultato il 31 agosto 2024.
  93. ^ (EN) Peter Bradshaw, The ThirdMurder Review: Death-Sentence Drama Leaves You Hanging, su theguardian.com, 15 settembre 2017. URL consultato il 31 agosto 2024.
  94. ^ (EN) Zhang Songtao, Shoplifters: The Tale of an Anarchic Family, in Film Criticism, vol. 42, n. 3, 2018. URL consultato il 31 agosto 2024.
  95. ^ Ehrlich, p. 195
  96. ^ (SV) Hirokazu Kore-Eda om Shoplifters: ”Jag inspirerades av händelser som jag såg på nyheterna”, su svt.se, 21 maggio 2018. URL consultato il 31 agosto 2024.
  97. ^ (EN) Damon Wise, Japanese Director Hirokazu Kore-eda Returns To Exploring Family Dynamics In Surprise Palme D’Or Winner ‘Shoplifters’ – Cannes Studio, su deadline.com, 19 maggio 2018. URL consultato il 31 agosto 2024.
  98. ^ Il film si basa su un racconto dello scrittore Ken Liu
  99. ^ Yamada, pp. 109-112
  100. ^ a b (EN) Ryan Gilbey, Mother of invention, in New statesman, n. 149, 20-26 marzo 2020, p. 47.
  101. ^ Roberto Manassero, La vérité di Hirokazu Kore-eda, su cineforum.it, 28 agosto 2019. URL consultato il 31 agosto 2024.
  102. ^ Il primo film europeo di Kore-eda, su mymovies.it, 22 maggio 2018. URL consultato il 31 agosto 2024.
  103. ^ (EN) Patrick Frater, Song Kang-ho di 'Parasite' sarà la protagonista di 'Baby, Box, Broker', debutto coreano del regista di 'Shoplifters' Hirokazu Kore-eda, su variety.com, 26 agosto 2020. URL consultato il 2 settembre 2024.
  104. ^ a b Matteo Maculotti, Natività senza famiglia. Broker (Le buone stelle) di Koreeda Hirokazu, su liminarivista.it. URL consultato il 2 settembre 2024.
  105. ^ (EN) Patrick Brzeski, Cannes: Japanese Master Hirokazu Kore-eda Discusses the Creation of His ‘Shoplifters’ Companion Feature ‘Broker’, su hollywoodreporter.com, 26 maggio 2022. URL consultato il 2 settembre 2024.
  106. ^ Manuela Santacatterina, Hirokazu Kore’eda, Broker - Le buone stelle. Intervista a Hirokazu Kore’eda, su youtube.com, 6 settembre 2022. URL consultato il 2 settembre 2024.
  107. ^ Hakim Zejjari, L’infanzia crudele di Hirokazu Kore-eda: «In Giappone sui temi lgbt c’è ancora molto conformismo», su editorialedomani.it, 20 agosto 2024. URL consultato il 4 settembre 2024.
  108. ^ Emanuele Sacchi, Mostri e fantasmi: L'innocenza di Hirokazu Kore'eda, su mymovies.it, 19 agosto 2024. URL consultato il 4 settembre 2024.
  109. ^ Yamada, p. 26
  110. ^ a b Dario Tomasi e Claudia Bertolé, Le figure dell'assenza. Un'introduzione al cinema di Koreeda, in Il cinema di Koreeda Hirokazu, Imola, Cue, 2022, p. 9, ISBN 9788855102773.
  111. ^ Echrlich, p. 169
  112. ^ a b Marzia Gandolfi, Hirozaku Kore-eda, l'arte dell'infanzia e della litote, su mymovies.it, 5 settembre 2018. URL consultato il 31 agosto 2014.
  113. ^ Echrlich, p. 175
  114. ^ Bertolé, p. 161
  115. ^ a b c Moreno, p. 83
  116. ^ Bertolè, p. 27
  117. ^ Bertolè, pp. 27-29
  118. ^ Risker, p. 43
  119. ^ Yamada, pp. 20-21
  120. ^ (EN) Mark Schilling, Contemporary Japanese film, New York, Weatherhill, 1999, p. 249, OCLC 42643451.
  121. ^ Bertolè, pp. 33, 85
  122. ^ Bertolè, p. 85
  123. ^ a b (EN) Francisca Cho, The play of shadows in Japanese cinema, in Material Religion: The Journal of Objects, Art and Belief, vol. 11, n. 4, 2015, pp. 517-518.
  124. ^ Yamada, p. 23
  125. ^ a b Yamada, pp. 24-26
  126. ^ Moreno, pp. 83-85
  127. ^ a b Yamada, p. 28
  128. ^ (JA) Higuchi Naofumi, Narushishizumu wo nukete ‘mono no aware’, in Kinema Junpō, n. 1511, Luglio 2008, pp. 54-55.
  129. ^ (EN) William LaFleur, Suicide off the edge of explicability: awe in Ozu and Kore'eda, in Film history: an international journal, vol. 14, n. 2, 2002, pp. 158-165.
  130. ^ (EN) Alexander Jacoby, A Critical Handbook of Japanese Film Directors: From the Silent Era to the Present Day, Berkeley, Stone Bridge Press, 2008, p. 124.
  131. ^ (EN) Justin Chang, A Quiet Mastery of Cinema: Japanese Director Hirokazu Kore-eda Is BeingHonored with a Career Retrospective, in Los Angeles Times, 25 ottobre 2017.

















Ippitsusai Buncho, Il burattinaio della fata Karakuri










Kugutsu (傀儡?, kugutsu, trad.: burattino, burattinaio) o kairaishi (傀儡子?, kairaishi), è il nome generalmente attribuito alla prima comunità nomade di burattinai conosciuta in Giappone, collocabile nel periodo Heian.[1] Era costituita in prevalenza da cacciatori che viaggiavano per il paese guadagnandosi da vivere in attività di intrattenimento, come le acrobazie, la magia e la manipolazione di burattini.[2][3]

Le fonti descrivono le donne, kugutsume (傀儡女?, kugutsume, trad. anche come "prostituta"), come dedite all’arte del canto di imayō e saibara, alla danza e al commercio sessuale.[4][5] Vengono spesso nominate, e a volte confuse, con altre artiste e intrattenitrici sessuali del periodo, le asobi e le shirabyōshi.[6][7]

Tra gli studiosi non vi sono conclusioni condivise sull'origine dei burattini giapponesi, né sull'interpretazione della documentazione disponibile. Si ammette generalmente che essi fin dai tempi antichi venissero usati per scopi religiosi; in un'annotazione dell'VIII secolo il primo nome giapponese documentato risulterebbe essere kugutsu, dall'etimologia incerta, attribuito anche alla comunità di nomadi che si distinsero nell'uso delle marionette a fini prevalentemente di intrattenimento, "come parte dell'importato sangaku".[8]

Negli anni sessanta del Novecento, sotto la spinta degli studi sul folclore giapponese (minzokugaku (民俗学?) hanno ricevuto notevole impulso le ricerche su alcune popolazioni o gruppi marginali, tra cui i kugutsu e le asobi, oggetto di ulteriore approfondimento negli ultimi due decenni del secolo XX.[9]

Gli studiosi hanno generalmente collocato le origini dei kugutsu intorno al IX secolo, ma secondo alcuni autori, come Hayashiya Tatsusaburō, questa popolazione nomade sarebbe esistita già nel periodo Nara, decaduta dalla condizione di cacciatori o pescatori a quella di kojiki (mendicanti).[4]

Anche secondo Tsunoda Ichirō i kugutsu sarebbero il frutto della crisi che avrebbe colpito una categoria sociale, quella dei contadini, caduti in miseria e impossibilitati a pagare tasse divenute troppo gravose; per Wakita Aroku essi sarebbero invece cacciatori e pescatori che vivevano in montagna e che si dedicavano alle arti dello spettacolo come modo per guadagnarsi da vivere.[4][10]

Takehara Shunchosai, Il burattinaio Nishinomiya, Immagine dei luoghi famosi di Setsu, 1796

Se Matsumae Takeshi ha sottolineato le somiglianze tra le tradizioni continentali delle marionette e quelle praticate dal kugutsu, la tesi più nota sull'origine non autoctona dei kugutsu è stata sostenuta da Takigawa Masajirō, secondo il quale essi sarebbero giunti in Giappone dalla Cina attraverso la Corea, importando le arti apprese in Cina o in Asia centrale; questa conclusione negli anni ottanta del Novecento è stata contestata da Fukutō Sanae e Amino Yoshihiko, perché ritenuta frutto di etnocentrismo e di pregiudizio anticoreano.[11][4]

Nakayama Taro fu uno dei primi studiosi del XX secolo a svolgere uno studio su larga scala della storia della prostituzione in Giappone, esaminandone pratiche e status; egli ha sostenuto che nel periodo pre-Edo esse erano delle miko, sacerdotesse al servizio delle divinità, un'ipotesi condivisa anche dal folclorista Yanagita Kunio, che, riferendosi alle donne kugutsu, ukareme e asobi, ha identificato le loro origini nelle sciamane.[12][13] Usando burattini come Hyaku Dayū/Hyaku Kami, esse avrebbero introdotto la venerazione dei kami lungo le strade che percorrevano; il commercio sessuale sarebbe stato solo un complemento secondario della loro funzione religiosa.[14][15] Anche secondo Gorai Shigeru i kugutsu eseguivano rituali sciamanici per garantire la prosperità, utilizzando statuine di legno che rappresentavano il dio da loro invocato.[16]

Nel suo studio centrato sulla tradizione delle marionette dell'isola di Awaji, Jane Marie Law, concentrandosi sul teatro di figura giapponese come tradizione rituale, ha esaminato e interpretato i modi in cui gli antichi burattinai fungevano da mediatori tra il mondo umano e quello divino. La studiosa statunitense ha osservato come il termine di derivazione cinese ningyō 人形 (burattino),[17] affermatosi verso la fine del periodo Heian sui precedenti haniwa, hitogata, kokeshi, kugutsu, sia formato da due ideogrammi: nin 人“essere umano/persona” e gyō 形 “forma”. Nel contesto più ampio del giapponese rituale, ningyō è usato per riferirsi ad una vasta gamma di oggetti (ad esempio statuette, effigi, bambole, fantocci), sia statici che manipolati, che nella storia religiosa giapponese fungevano da dimora spirituale di divinità o spiriti evocati da figure sciamaniche, nei riti di pacificazione per allontanare le calamità, o da sostituto degli esseri umani nei riti di purificazione e guarigione.[18][19] I primi burattinai erranti erano chiamati con diversi nomi: kugutsu e ebisu-mawashi, Dōkunbō-mawashi, deko-mawashi, hako-mawashi, Sanbaso-mawashi, o semplicemente ningyō-mawashi. Essi potevano compiere esorcismi e purificazioni e si esibivano davanti a un pubblico che comprendeva tutti i livelli della società, compresi l'imperatore e la corte.[20]

Le finalità rituali-religiose e divinatorie svolte attraverso le marionette nell'antico Giappone, avrebbero lasciato il posto, nel periodo Heian, alla funzione ludica e di intrattenimento rappresentata dai burattinai itineranti, i kugutsu mawashi.[21][13]

Il mito di Hyakudayū

[modifica | modifica wikitesto]
Una cortigiana con un'orata, rappresentazione del dio Ebisu, c. 1825

Alcuni studi hanno collegato l'origine dei burattinai itineranti conosciuti come kugutsu al mito che ha per protagonista un pescatore chiamato Hyakudayū 百大夫, ritenuto loro antenato. Egli avrebbe raccolto alla deriva, tra le onde, un bambino di circa dodici anni, che si rivelò essere il dio Hiruko (o Ebisu 恵比寿, tradotto "bambino sanguisuga")[22], figlio primogenito degli dei della creazione Izanami e Izanagi, lasciato da loro alla deriva a causa del suo aspetto fisico: secondo il Kojiki egli era nato senza arti.[23][24] Hiroku, dopo essere stato raccolto, avrebbe chiesto al pescatore di costruirgli un santuario, poi conosciuto come Nishinomiya, da cui sarebbe sorta l'omonima città, nel quale un officiante chiamato Dōkunbō 道薫坊 pronunciava gli oracoli del dio. Poiché alla morte di questi il luogo fu colpito da una serie di calamità attribuite a Hiruko, un editto imperiale ordinò che venisse scolpito un burattino a somiglianza di Dōkunbō. Hyakudayū lo realizzò, lo pose davanti al santuario e le calamità cessarono; alla sua morte il pescatore venne a sua volta divinizzato e venerato a Nishinomiya, e i pupazzi Dōkunbō divennero il suo corpo divino (shintai).[25][26]

Questi fantocci vennero prodotti e diffusi nelle campagne dai burattinai itineranti (chiamati ebisukaki o ebisu-mawashi, vagabondi di Ebisu), principalmente a Nishinomiya nella prefettura di Hyougo.[27] Essi erano ritenuti degli specialisti del rito, in grado di mediare i poteri di Ebisu attraverso il burattino, trasformando il lato minaccioso e pericoloso del dio, incline ai disastri e alle maledizioni, in quello positivo, portatore di fortuna e buoni auspici.[28][26]

Fonti letterarie

[modifica | modifica wikitesto]

La fonte del periodo Heian sui kugutsu più famosa e dettagliata, sulla quale si basano le successive descrizioni, è il saggio Kairaishiki[29] (傀儡子記, Resoconto sui kugutsu, ca 1087), dello scrittore e poeta Ōe no Masafusa, vissuto tra il 1041 e il 1111, autore anche di un saggio sulle intrattenitrici asobi, Yujoki (遊女記), che, insieme al primo, ha reso la sua opera la fonte più completa sulla prostituzione nel periodo Heian.[30]

Ōe no Masafusa (1041-1111), autore di Kairaishiki (傀儡子記)

In Kairaishiki riporta come i costumi dei kugutsu fossero diversi da quelli del popolo giapponese, ipotizzando un legame con popoli nomadi giunti in Giappone dall'India attraverso la Cina e la Corea. Questa comunità di cacciatori e non di agricoltori, in quanto itineranti, secondo non era sottoposta al controllo delle autorità provinciali e non pagava le tasse, non riconosceva la corte né temeva i funzionari locali: "vivono tutta la vita come vogliono":[31]

«I kugutsu non hanno dimore fisse né nuclei familiari permanenti. Vivono in yurte con tende di feltro, si muovono seguendo l'acqua e l'erba, proprio come i barbari del Nord. Tutti gli uomini si destreggiano nel tiro con l'arco a cavallo e si guadagnano da vivere cacciando. Fanno roteare in aria coppie di spade, fanno i giocolieri usando fino a sette palline, fanno ballare burattini di legno di pesco e li fanno combattere tra di loro. Il modo in cui fanno sì che questi burattini si comportino come se fossero viventi assomiglia ai giochi di trasformazione dei pesci in draghi e bestie. Trasformano la sabbia e i ciottoli in monete d'oro e trasformano l'erba e i ramoscelli in uccelli e animali. Possono abbagliare gli occhi delle persone.»

Terry Kawashima ha notato come questa descrizione dei kugutsu risulti direttamente influenzata da immagini usate nei testi storici cinesi; in particolare l'uso di cavalli e archi, le yurte con tende di feltro, l'errare come mizukusa wo oite mote ishi (inseguendo l'erba acquatica), ricorderebbero la raffigurazione di un equivalente popolo nomade, quello degli Xiongnu, raccontato nel Libro degli Han.[32]

Tale descrizione, considerate le fonti cinesi dalle quali risulta debitrice, ha fatto interrogare diversi studiosi sulla reale accuratezza e veridicità delle informazioni riportate dall'autore.[32][33]

Le donne kugutsu

[modifica | modifica wikitesto]
Utagawa Toyoharu, Cortigiana con un koto, ca. 1785

Anche la descrizione delle donne, secondo Kawashima, farebbe ricorso a topoi letterari tratti da una fonte cinese del V secolo, che ritrae alcune intrattenitrici in modo bizzarro, lo Hòu Hànshū 後漢書, 后汉书, Libro degli Han posteriori): sottili sopracciglia disegnate sul volto, il trucco con la "faccia triste", false lacrime e il sorriso "mal di denti" (teisho), camminata civettuola, piegata sui fianchi (setsuyoho). Così continua Masafusa:[34]

«Si adornano con rossetto e cipria, cantano canzoni seducenti e suonano musica voluttuosa, perseguendo il piacere sessuale. I loro genitori e i loro mariti non le ammoniscono. Incontrano spesso viaggiatori, ma non esitano a trascorrere un'intera notte di piacere. I loro numerosi amanti le ricompensano con abiti ricamati, broccati, forcine d'oro e scatole decorate d'oro; non vi è una di loro che non si meraviglia e non li conserva»

Secondo Goodwin, rispetto all'altra categoria di donne, le asobi, anch'esse intrattenitrici sessuali, a cui Masafusa ha dedicato un altro saggio, le kugutsu sarebbero trattate in modo diverso, più come "avide prostitute, che sirene che deliziavano uomini di alto rango", un giudizio che la studiosa statunitense ritiene condizionato dai pregiudizi sociali nutriti nei confronti delle persone itineranti, senza fissa dimora, di cui esse rappresentavano una declinazione.[35]

Il loro nomadismo, collegato all'instabilità e al commercio sessuale, compare come riferimento anche nell'Honchō mudaishi, la più grande antologia di poesie kanshi del periodo Heian. Le kugustsu ritratte in Kugutsu di Fujiwara no Tadamichi, una delle sette poesie rivolte a questa comunità di nomadi, vengono commiserate per le loro vite effimere e tristi, destinate, nella vecchiaia, a veder sfiorire il proprio corpo, simbolo del precedente successo.[36][37][38]

«Nel suo periodo migliore, nella capitale fiorita, si crogiola nella sua fama e nei suoi favori /
negli anni del crepuscolo, in sua assenza, si prende cura della capanna dal tetto di assenzio.
I clienti in viaggio e i viaggiatori in cammino distolgono lo sguardo impietoso da lontano /
dai loro capelli bianchi e dal viso vuoto e rugoso.»

Ricercate, oltre che per la loro disponibilità sessuale, anche per le loro capacità canore, in particolare per l'esecuzione delle canzoni imayō che le rendevano parte attiva in diverse cerimonie religiose, alcune figure di artiste e cortigiane kugutsu vengono menzionate in un'altra fonte del tardo periodo Heian, il Konjaku monogatarishū (今昔物語集? lett. "Antologia delle avventure del passato e presente"), o Konjaku monogatari (今昔物語?), una raccolta di oltre mille racconti (monogatari), e nell'antologia di canzoni Ryōjin hishō 梁塵秘抄口伝集 redatta dall'imperatore Go-Shirakawa con la collaborazione della sua insegnante di imayō Otomae 乙前 (1085-1169), collocata a volte tra le asobi, a volte tra le kugutsu.[39][40][41]

A differenza sia delle miko e delle asobi, le kugutsu potevano vantare una tradizione di lunga data di trasmissione orale dell'imayō per linee di parentela, che coltivavano con orgoglio e custodivano gelosamente.[42] Secondo alcune versioni, nel tardo periodo Heian, acquisendo fama in questo genere musicale, alcune kugutsu si sarebbero stabilite in luoghi fissi, vicino alle stazioni dell'entroterra, soprattutto intorno ad Aohaka, Sunomata, Nogami e Akasaka nella provincia di Mino, tutte frequentate dai viaggiatori che si dirigevano allo snodo stradale di Tosando.[43]

Verso la fine del periodo Kamakura, per ragioni ancora poco note, le cantanti imayō kugutsu scompaiono.[44][4]

Evoluzione nel teatro

[modifica | modifica wikitesto]
Yano Yachō, Burattinaio itinerante (Ebisu-mawashi), 1823

Negli studi di storia del teatro i kugutsu, o kugutsu-mawashi, vengono generalmente descritti come i primi burattinai itineranti, una sorta di "zingari" che si esibivano nei santuari, nei templi, nei fiumi e nelle località marittime, nelle strade e all'esterno delle case.[45][46][2] In molte stampe elemento comune è la scatola di legno che essi portavano al collo (kubi-kuke, appeso al collo), usata sia da custodia di trasporto delle marionette che da palcoscenico.[47] Queste venivano manovrate da dentro la scatola attraverso dei fili (questo metodo veniva chiamato sushikomi ningyō), in modo che il pubblico non potesse vedere le mani; in alternativa i pupazzi venivano inseriti direttamente sulle dita, collocando la scatola dietro la schiena.[48] Le percussioni di un tamburo portato sulla cinta avevano la funzione di chiamare a raccolta i bambini, annunciando il loro arrivo.[49]

Nel periodo Edo i burattinai venivano anche chiamati "gatti selvatici" (山猫, yamaneko o 山猫廻し, yamaneko mawashi) perché estraevano dalla scatola di legno piccoli animali come gatti o peluche.[48] Altre fonti riportano che lo spettacolo offerto dai primi burattinai itineranti terminava sempre con l'apparizione improvvisa, sotto la scatola, della coda di una donnola, per spaventare scherzosamente i bambini.[50][51]

Durante il periodo Heian i burattinai si stabilirono nelle vicinanze di santuari come Nishinomiya, dove, chiamati con il nome di Ebisu-shinkō (詳細表示), diffusero il culto di Ebisu, divinità della pesca, dell'abbondanza e del commercio.[52]

Ancora nel XV secolo si ha notizia nei pressi del santuario di Nishinomiya dell'esistenza di un’associazione di burattinai, detti Ebisu-kaki えびすかき (恵比須舁), che si esibiva nelle case, manipolando con funzione augurale pupazzi del dio Ebisu; le figure di burattinai itineranti, che improvvisavano i loro spettacoli agli angoli delle strade, nei pressi di templi o santuari, persistono fino alla modernità.[53]

È all'interno di questa tradizione di artisti che tra la fine del XVI e gli inizi del XVII nasce il jōruri (浄瑠璃), risultato della fusione dello spettacolo di burattini, della tradizione dei cantastorie-cantori e della musica shamisen,[54] ed è sempre nella tradizione degli antichi burattinai kugutsu che viene fatta risalire l'origine del teatro di marionette bunraku.[30][55][46]

Posizione sociale

[modifica | modifica wikitesto]
Utagawa Kuniyasu, Cinque ragazze con marionette teatrali, ca. 1820

Secondo diversi studiosi i burattinai dall'XI secolo fino alla Restaurazione Meiji non avrebbero goduto di una buona posizione sociale e ne sarebbero prova il ritrovamento di burattini antichi in villaggi sanjo in cui risiedevano le comunità fuori casta, e lo stesso termine kugutsu usato nel linguaggio popolare per indicare anche le prostitute.[56][57]

La studiosa Jane Marie Law, che attribuisce ai primi burattinai itineranti, per la funzione sciamanica svolta, una rilevanza significativa nella storia della religione giapponese, ritiene che essi avendo la responsabilità di "generare ordine dal caos e purezza dalla contaminazione", godessero di una notevole libertà di movimento, ma che in ragione della loro condizione di "stranieri" e di "outsider" rispetto alla vita delle comunità stanziali, e a seguito dell'evolversi del sistema di purezza rituale dominante del Medioevo, il loro status e la considerazione sociale di cui godevano abbiano subito nel tempo una ridefinizione in termini negativi.[58]

Nel periodo Heian, precisa Law, erano due le figure di "specialista dei riti": il kannushi o shinshoku, un religioso incaricato della gestione di un santuario shintoista, e il waza bito (artista), che comprendeva, tra gli altri, divinatori onmyoji, ballerini nembutsu, burattinai kugutsu-mawashi, ossia persone non facenti parte della gerarchia religiosa. I waza-bito, secondo Law, finirono con l'essere emarginati e considerati socialmente pericolosi perché dotati di un potere che, per il loro stile di vita, in quanto "stranieri" e per lo più itineranti, suscitava timore, sospetto e diffidenza nelle comunità e nelle gerarchie religiose.[59] In particolare i burattini con cui venivano identificati i kugutsu come gruppo sociale, rappresentando l'intersezione tra il mondo umano e il divino, avevano assunto, secondo l'autrice, un'eco potente e spaventosa: non erano solo dispositivi mimetici, ma costituivano un mondo parallelo, quello delle divinità ambigue, come Ebisu, con cui essi erano in contatto e di cui incanalavano la negatività con i loro rituali.[60]

Sei Shōnagon (X-XI sec.), autrice delle Note del guanciale in un ritratto di Utagawa Kunisada

Per quanto riguarda l'evoluzione del sistema di purezza rituale, Law illustra come nel Giappone medievale esistesse una mappatura simbolica del paesaggio che localizzava i luoghi ritenuti impuri, condannando i loro abitanti ad essere stigmatizzati come persone da allontanare ed emarginare perché fonte di kegare: gli alvei dei fiumi (kawara) e le zone periferiche chiamate sanjo, sorte come luoghi separati destinati agli attori, ai professionisti dello spettacolo, agli esecutori di rituali (musicisti, divinatori, burattinai) e a coloro che svolgevano professioni che comportavano il contatto con la morte e con il sangue (macellai, conciatori, custodi delle tombe, ecc.), generalmente collocati tra gli hinin, i fuori casta.[61][62]

Tra la fine dell'XI e il XII secolo i gruppi marginali della società, come kugutsu e cortigiane, divennero un diffuso soggetto nei testi letterari, specie kanshi e waka.[63] Tra queste fonti, una che insiste sull'itineranza e sulla devianza dei kugutsu rispetto alle norme sociali è l'Honchō mudaishi, la più grande antologia di poesie kanshi del periodo Heian, in cui i burattinai vengono definiti “vagabondi”, “imbroglioni e pazzi”, fuorilegge che “vagano in lungo e in largo”.[36]

Circa un secolo prima, Sei Shōnagon nelle sue Note del guanciale (枕草子?, Makura no sōshi, ca. anno 1000) aveva descritto i kugutsu (termine tradotto da Ivan Morris come "suonatori itineranti, menestrelli"), mentre svolgevano le loro attività di intrattenimento musicale all'interno del palazzo reale.[64][65] Secondo Janet R. Goodwin, questo dimostrerebbe che non erano osteggiati,[66] una tesi sostenuta anche dallo storico Amino Yoshihiko, secondo il quale i kugutsu ancora nei secoli XII-XIII secolo erano, come gli shokunin, membri accettati della società giapponese, possedevano terre, non erano considerati dei fuorilegge e potevano presentare denunce legali davanti alle autorità governative.[67][68]

Nel periodo Kamakura, tuttavia, sarebbero intervenuti dei cambiamenti, soprattutto a seguito del diffondersi dei principi buddisti legati all'impurità, una variazione rilevabile sia nelle fonti letterarie che nella legislazione bakufu. Le intrattenitrici kugutsu e asobi, in particolare, vennero stigmatizzate e definite persone "vili", contrapposte alle donne onorate; con riferimento alla professione svolta venne limitato il loro diritto ereditario.[69]

  1. ^ Ruperti, pp. 120, 123
  2. ^ a b Ortolani, p. 239
  3. ^ (EN) Louis-Frédéric, Japan Encyclopedia, Harvard University Press, 2002, p. 570, ISBN 9780674017535.
  4. ^ a b c d e Ruperti, p. 120
  5. ^ Goodwin, p. 1
  6. ^ Goodwin, pp. 28, 39
  7. ^ Strippoli
  8. ^ Ortolani, pp. 236-237
  9. ^ Kawashima, p. 28
  10. ^ (JA) Wakita Haruko, Chusei ni okeru seibetsu yakuwari buntan to joseikan, in Joseishi Sogo Kenkyukai (a cura di), Nihon Joseishi, vol. 2, Tokyo, Tokyo Daigaku Shuppan, 1982, pp. 93-99, OCLC 869132859.
  11. ^ Goodwin, p. 12
  12. ^ Kawashima, p. 28
  13. ^ a b Kim, p. 5
  14. ^ (JA) Yanagita Kunio, Ukareme 遊行女婦, in Yanagita Kunio zenshū 定本柳田国男全集, vol. 8, Tokyo, Kōdansha, 1962.
  15. ^ Goodwin, p. 88
  16. ^ (JA) Gorai Shigeru, Asobi-be ko, in Bukkyo bungaku kenkyu, n. 1, 1963, pp. 33-50.
  17. ^ (JA) 人形, su jisho.unive.it. URL consultato il 4 maggio 2024.
  18. ^ Law, pp. 32-35
  19. ^ Ruperti, p. 120
  20. ^ Law, p. 51
  21. ^ Ruperti, p. 123
  22. ^ Il dio Ebisu è solitamente rappresentato come una divinità grassa e spensierata con un pesce sotto il braccio
  23. ^ (EN) Ebisu, su britannica.com. URL consultato il 2 maggio 2024.
  24. ^ Faure, p. 363
  25. ^ (EN) Judith N. Rabinovitch, Timothy R. Bradstock (a cura di), Honchō mudaishi 本朝無題詩 (Poems from Our Court Without Allusive Titles, 1162–64), Compiled by Fujiwara no Tadamichi and Others, in No Moonlight in My Cup, Leiden, Brill, 2019, p. 366, ISBN 9789004387218.
  26. ^ a b Faure, p. 366
  27. ^ (EN) Ebisu, su traditionalkyoto.com. URL consultato il 2 maggio 2024.
  28. ^ Law, pp. 12, 91-92
  29. ^ Una lettura alternativa dei caratteri del titolo è Kugutsu ki. Cfr.: Ruperti, p. 120; (EN) David T. Bialock, Eccentric Spaces, Hidden Histories: Narrative, Ritual, and Royal Authority from The Chronicles of Japan to The Tale of the Heike, Stanford, Stanford University Press, 2007.
  30. ^ a b Addiss, p. 74
  31. ^ Addiss, pp. 74-75
  32. ^ a b Kawashima, p. 36
  33. ^ Goodwin, pp. 27, 136
  34. ^ Kawashima, pp. 35-36; Appendice, 297-298
  35. ^ Goodwin, p. 28
  36. ^ a b Kawashima, pp. 40-41; Appendice 298-299
  37. ^ Ruperti, pp. 120-121
  38. ^ (EN) Judith N. Rabinovitch, Timothy Roland Bradstock (a cura di), No moonlight in my cup : Sinitic poetry (Kanshi) from the Japanese court, eighth to the twelfth centuries, Leiden, Brill, 2019, p. 380, OCLC 1057245323.
  39. ^ Kawashima, pp. 96-98
  40. ^ Kawashima, pp. 79-80
  41. ^ Strippoli, p. 41
  42. ^ Kim, pp. 13, 164
  43. ^ Kim, p. 14
  44. ^ Kim, p. 16
  45. ^ Leiter, pp. 15, 203
  46. ^ a b (EN) Jonah Salz, A history of Japanese theatre, Cambridge, Cambridge UP, 2018, pp. 6, 13, 161, OCLC 1018460676.
  47. ^ Law, p. 45
  48. ^ a b (JA) A1-3-3 傀儡−人形遣い, su arc.ritsumei.ac.jp. URL consultato il 3 maggio 2024.
  49. ^ (JA) Yamanekomawashi/Yamanekomai, su kotobank.jp. URL consultato il 3 maggio 2024.
  50. ^ (EN) Puppeteer, 1823, Yano Yachōexpa, su collections.artsmia.org. URL consultato il 3 maggio 2024.
  51. ^ (JA) Miyao Yoshio, 図說江戶大道芸事典 / Zusetsu Edo daidōgei jiten, Tokyo, Kashiwa Shobō, 2008, OCLC 216939383.
  52. ^ (EN) Ebisu shinkō, su d-museum.kokugakuin.ac.jp. URL consultato il 2 maggio 2024.
  53. ^ Ruperti, p. 121
  54. ^ Ortolani, p. 236
  55. ^ (EN) Mayako Murai and Luciana Cardi (a cura di), Re-Orienting the Fairy Tale: Contemporary Adaptations across Cultures, Wayne State University Press, 2020, ISBN 9780814345368.
  56. ^ Ortolani, p. 240
  57. ^ Leiter, p. 203
  58. ^ Law, pp. 51-52
  59. ^ Law, pp. 67-68
  60. ^ Law, p. 68
  61. ^ Law, pp. 69-72
  62. ^ Ortolani, p. 104
  63. ^ (EN) Ivo Smits, The Way of the Literati: Chinese Learning and Literary Practice in Mid-Heian Japan, in Mikael S. Adolphson, Edward Kamens, Stacie Matsumoto (a cura di), Heian Japan, Centers and Peripheries, Honolulu, University of Hawaii Press, 2007, p. 120, OCLC 1404151090.
  64. ^ (EN) The Pillow Book of Sei Shōnagon, traduzione di Ivan Morris, vol. 2, London, Oxford UP, 1967, p. 295, OCLC 1068175666.
  65. ^ Addiss, p. 66
  66. ^ Goodwin, p. 136
  67. ^ (JA) Amino Yoshihiko, Hyōhaku to teichaku : teijū shakai e no michi / 漂白と定着: 定住社会 への道, Tokyo, Shogakukan, 1984, pp. 175-179, OCLC 12907045.
  68. ^ Goodwin, pp. 136-137
  69. ^ Goodwin, p. 147
  • (EN) Stephen Addiss, Gerald Groemer, J. Thomas Rimer (a cura di), Traditional Japanese arts and culture: an illustrated sourcebook, Honolulu, University of Hawai‘i Press, 2006, ISBN 978-0-8248-2018-3.
  • (EN) Bernard Faure, Rage and Ravage: Gods of Medieval Japan, vol. 3, Honolulu, University of Hawaii Press, 2021, ISBN 9780824889364.
  • (EN) Janet R. Goodwin, Selling Songs and Smiles : The Sex Trade in Heian and Kamakura Japan, Honolulu, University of Hawai‘i Press, 2007, ISBN 978-0-8248-3068-7, OCLC 70836652.
  • (EN) Terry Kawashima, Writing Margins. The Textual Construction of Gender in Heian and Kamakura Japan, Cambridge, Harvard University Press, 2001, ISBN 0-674-00516-3.
  • (EN) Yung-Hee Kim, Songs to make the dust dance : The Ryojin Hisho of twelfth-century Japan, Berkeley, University of California Press, 1994, OCLC 27814869.
  • (EN) Jane Marie Law, Puppets of nostalgia: the life, death, and rebirth of the Japanese Awaji ningyo tradition, Princeton University Press, 1997, ISBN 9781400872954, OCLC 35223048.
  • (EN) Samuel L. Leiter, Historical dictionary of Japanese traditional theatre, Lanham, Scarecrow Press, 2006, ISBN 9780810855274.
  • Benito Ortolani e Maria Pia D'Orazi, Il teatro giapponese: dal rituale sciamanico alla scena contemporanea, Roma, Bulzoni, 1998, ISBN 9788883190377.
  • Bonaventura Ruperti, Storia del teatro giapponese: dalle origini all'Ottocento, Venezia, Marsilio, 2015, ISBN 9788831721868.
  • (EN) Roberta Strippoli, Dancer, Nun, Ghost, Goddess. The Legend of Giō and Hotoke in Japanese Literature, Theater, Visual Arts, and Cultural Heritage, Leiden, Brill, 2018, ISBN 978-90-04-35629-0.

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Brutalismo

Secondo il critico di architettura Reyne Banham sarebbe stato l'architetto svedese Hans Asplund nel 1956 a introdurre il termine nybrutalism (nuovo brutalismo) in architettura, riferendosi a una moderna casa in mattoni a Uppsala, Villa Göth, progettata nel gennaio 1950 dai suoi contemporanei Bengt Edman e Lennart Holm; tale termine sarebbe stato successivamente ripreso nell'estate del 1950 da un gruppo di architetti inglesi in visita, tra cui Michael Ventris, Oliver Cox e Graeme Shankland, che lo avrebbero tradotto, portato in Gran Bretagna, diffuso a macchia d'olio, dove sarebbe stato "adottato da una certa fazione di giovani architetti britannici".

L'uso originario del termine venne anche rivendicato dalla coppia di architetti britannici Alison e Peter Smithson, i quali nel 1954 lo usarono per descrivere il progetto della loro casa di Soho, una sorta di laboratorio domestico, apparso nel numero di novembre di Architectural Design, nel quale essi intendevano sperimentare l'uso diretto o grezzo dei materiali nella costruzione, lasciando la struttura completamente esposta, "senza finiture interne ove possibile". La Hunstanton School da loro completata nel 1954 a Norfolk viene ritenuta il primo esempio al mondo di edificio definito dai suoi architetti "brutalista", e descritto all'epoca come "l'edificio più moderno d'Inghilterra".

Il termine ottenne un riconoscimento sempre più ampio quando lo storico dell'architettura britannico Reyner Banham lo utilizzò per identificare sia uno stile etico che estetico, nel suo saggio del 1955 The New Brutalism. Nel saggio, Banham descrisse Hunstanton e la casa di Soho come il "riferimento con cui il New Brutalism in architettura può essere definito".  Reyner Banham associò anche per la prima volta il termine "nuovo brutalismo" all'art brut e al béton brut , che in francese significa "calcestruzzo grezzo".  L'architettura béton brut più nota è l'opera proto-brutalista dell'architetto svizzero-francese Le Corbusier , in particolare la sua Unité d'habitation del 1952 a Marsiglia , in Francia; il Chandigarh Capitol Complex del 1951-1961 in India; e la chiesa di Notre Dame du Haut del 1955 a Ronchamp , in Francia.

Banham ampliò ulteriormente i suoi pensieri nel libro del 1966, The New Brutalism: Ethic or Aesthetic? , per caratterizzare un gruppo di approcci architettonici di recente costituzione, in particolare in Europa.  Nel libro, Banham afferma che il lavoro in cemento di Le Corbusier fu una fonte di ispirazione e contribuì a rendere popolare il movimento, suggerendo "se c'è una singola formula verbale che ha reso il concetto di Brutalismo ammissibile nella maggior parte delle lingue occidentali del mondo, è che Le Corbusier stesso descrisse quell'opera in cemento come ' béton-brut '".  Afferma inoltre che "le parole 'The New Brutalism' stavano già circolando e avevano acquisito una certa profondità di significato attraverso cose dette e fatte, oltre alla connessione ampiamente riconosciuta con il béton brut . La frase 'apparteneva' ancora agli Smithson, tuttavia, ed erano le loro attività, più di tutte le altre, a conferire qualità distintive al concetto di Brutalismo".