Utente:Vale93b/Sandbox

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Vale93b/Sandbox
Dati della missione
Modulo di comandoCM-012
Modulo di servizioSM-012
VettoreSaturn IB SA-204 (pianificato)
Codice chiamataModulo comando:
Apollo 1
Lancio21 febbraio 1967(pianificato)
Luogo lancioJohn F. Kennedy Space Center
LC 34 (pianificato)
Ammaraggio7 marzo 1967
Oceano Atlantico
N of Puerto Rico (pianificato)
Nave da recuperoUSS Essex (CV-9) (pianificato)
Durata~14 giorni (pianificato)
Parametri orbitali
Numero orbite~200 (pianificato)
Apoapside~300 km (pianificato)
Periapside~230 km (pianificato)
Periodo~89,7 min (pianificato)
Inclinazione~31° (pianificato)
Numero3

Apollo 1 è il nome assegnato alla navicella Apollo/Saturn 204 (AS-204) dopo che venne distrutta dal fuoco il 27 gennaio 1967 durante un'esercitazione, al Pad 34 in cima al razzo Saturn IB. Morirono tutti i membri dell'equipaggio, composto dagli astronauti selezionati per iniziare il programma Apollo: il pilota comandante Virgil I. Grissom, il pilota maggiore Edward H. White e il pilota Roger B. Chaffee.

Grado Astronauta
Pilota Comandante Virgil I. "Gus" Grissom
Pilota Maggiore Edward H. White II
Pilota Roger B. Chaffee

(1) numero di voli spaziali a cui ha preso parte compreso questo.

Equipaggio di riserva

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Aprile - dicembre, 1966

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Grado Astronauta
Pilota Comandante James McDivitt
Pilota Maggiore David Scott
Pilota Rusty Schweickart

Equipaggio dell'Apollo 9.

Dicembre, 1966 - gennaio, 1967

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Grado Astronauta
Pilota Comandante Walter Schirra
Pilota Maggiore Donn Eisele
Pilota Walter Cunningham

Equipaggio dell'Apollo 7.

Chaffee, White e Grissom durante l'addestramento nel simulatore, 19 gennaio 1967

L'AS-204 doveva essere il primo volo di prova dotato di equipaggio con un Modulo di Comando e di Servizio (CSM) in orbita intorno alla Terra lanciato su un razzo Saturn IB. I moduli di comando e di servizio, CSM-012 vennero costruiti dalla North American Aviation (NAA), nella versione Block I: essendo stata progettata prima del rendezvous per l'orbita e l'atterraggio lunare, mancavano le attrezzature per il docking necessarie per l'accoppiamento al modulo lunare. Vennero così pianificate due missioni: Block I, seguita da voli della versione Block II, che conteneva le attrezzature del docking LM per correggere gli errori della versione Block I. Gli obiettivi dell'AS -204 era di verificare e testare le operazioni di lancio, le telemetrie a terra e possibilità di controllo generali.

Il portello del Modulo di Comando dell'Apollo 1 consisteva in un doppio portello al fine di consentire una notevole differenza di pressione tra l'esterno e l'interno della capsula

La simulazione del 27 gennaio 1967 era molto importante, ché avrebbe consentito di testare il funzionamento della capsula in fase di volo, una volta distaccata da tutti gli ausili di lancio; le operazioni non erano considerate particolarmente pericolose, in quanto né il razzo vettore né la capsula avevano imbarcato carburante liquido o materiali a bassa temperatura (le celle di propellente solido erano invece disinnescate, al pari dei bulloni esplosivi di separazione degli stadi[1]).

Alle ore 13:00 EST Grissom, Chaffee e White si accomodarono nel modulo di comando, allacciandosi le cinture di sicurezza e attivando i sistemi di comunicazione e respirazione assistita. In questo frangente Grissom avvertì nell'atmosfera viziata della capsula uno strano odore, che comparò a quello del latte inacidito; alle ore 13:20 la simulazione venne quindi sospesa per consentire di campionare l'aria entro la navicella. Le analisi non riscontrarono tuttavia alcuna contaminazione atmosferica (né successivamente si potè stabilire una correlazione tra l'incidente e tale odore), sicché alle 14:42 l'esercitazione riprese.

Alle 14:45 il personale di rampa provvide a chiudere il portello della capsula, il quale consisteva di tre parti: un primo sportello completamente amovibile all'interno della cabina, un secondo incernierato alla fusoliera e un terzo esterno, finalizzato a resistere al calore dello sfregamento atmosferico o a eventuali fiammate del razzo vettore in caso di emergenza. Dato che le unita energetiche della navicella non erano funzionanti (per via della già citata assenza di carburante imbarcato), fu necessario connettere gli apparati della capsula a gruppi elettrogeni: i cavi d'alimentazione vennero quindi insinuati nel portello, che fu bloccato parzialmente dall'esterno affinché non si aprisse.

Una volta sigillato il portello, l'aria nel modulo di comando fu sostituita da ossigeno puro a 16,7 psi (115 kPa), ovvero 2 psi (14 kPa) in più rispetto alla pressione atmosferica.[1][2]

Audio recording from the ground loop, starting from Grissom's "talk between buildings" remark. First mention of fire is heard at 1:05.

I movimenti degli astronauti durante il test poterono essere ricostruiti mediante l'unità di misura inerziale della capsula, nonché dai sensori biomedici applicati sui loro corpi, dalle variazioni del flusso dell'ossigeno nelle tute di volo e dai suoni captati dal microfono di Grissom (il cui canale audio era quasi sempre libero).

Fin da subito le comunicazioni tra il modulo di comando, l'Operations and Checkout Building e la sala di controllo al Complex 34 di Cape Canaveral furono assai difficoltose. Grissom in particolare, scocciato per le frequenti interruzioni e interferenze alla radio, sbottò:

(EN)

«How are we going to get to the Moon if we can't talk between two or three buildings?»

(IT)

«Come ci andiamo sulla Luna se non possiamo parlarci neppure tra un paio di edifici?»

Una nuova interruzione del test sopravvenne alle 17:40, allorché si tentò di porre rimedio ai problemi di comunicazione. Il resto della checklist venne completato con successo verso le 18:20, ma il conto alla rovescia rimaneva bloccato a meno 10 minuti.[1]

Exterior of the Command Module was blackened from eruption of the fire after the cabin wall failed

Alle 18:31 uno dei cavi elettrici della capsula andò in sovraccarico, facendo scoccare una scintilla; nove secondi dopo un astronauta (probabilmente Grissom, secondo quanto appurato dagli inquirenti) proruppe in un'esclamazione indistinta ("Hey!" seguito da un termine assimilabile a "Fire!",[2] o "Flame!"[3]), cui fece immediatamente seguito un altro messaggio (attribuibile a Chaffee):

(EN)

«We've got a fire in the cockpit!»

(IT)

«Abbiamo del fuoco in cabina!»

Dopo 6.8 secondi di silenzio giunse l'ultima trasmissione dell'equipaggio, nella quale uno dei tre astronauti (forse sempre Chaffee) ribadiva la presenza di un incendio nella capsula, per poi concludersi con un grido di dolore[2]:

(EN)

«We've a bad fire... We are burning up!»

(IT)

«Abbiamo un grave incendio... Stiamo bruciando!»

Alcuni uomini del personale della sala di controllo affermarono di aver visto nei monitor di servizio (collegati a una telecamera piazzata all'interno dell'abitacolo) White slacciarsi dal sedile e tentare di aprire il portello[1], mentre le fiamme si levavano dalla sinistra della cabina.[2]

Complice l'atmosfera di ossigeno puro l'incendio si sviluppò molto rapidamente: l'aumento di temperatura e di pressione - stimato fino a 29 psi (200 kPa) - fece collassare la struttura interna del modulo di comando. Fiamme e gas arroventati spaccarono la carlinga e proruppero all'esterno. Il personale in servizio sulla rampa di lancio non era preparato né equipaggiato per far fronte a una simile evenienza: per diversi minuti l'intenso calore e il fumo denso e acre impedì agli uomini di prestare soccorso agli astronauti. Si temette anche che il fuoco potesse far esplodere il propellente solido contenuto nel razzo vettore, con conseguenze catastrofiche per tutto il complesso attorno alla rampa di lancio[1].

Il collasso strutturale della capsula agevolò il consumo dell'ossigeno puro, che venne sostituito da normale aria atmosferica: a tal punto le fiamme declinarono, ma l'ambiente si saturò di monossido di carbonio e cenere, che si depositò in grande quantità sia nel modulo di comando che all'esterno[1][2]. Solo a quel punto le squadre di soccorso poterono avvicinarsi alla capsula devastata e aprire a viva forza il portello, per fare la qual cosa occorsero altri cinque minuti. Sebbene le luci interne al modulo di comando fossero rimaste accese, l'abitacolo era tanto pieno di fumo che era impossibile distinguere dove fossero gli astronauti; solo allorché furono riusciti a diradarlo li trovarono, ormai morti. Grissom e White avevano lasciato il loro sedile e giacevano sul pavimento della navicella: il secondo in particolare era riverso a ridosso del portello, rendendo evidente come fosse stato lui a tentare di aprire invano una via di fuga. Chaffee venne invece trovato ancora legato al suo sedile: la procedura in caso di emergenza del resto prevedeva che egli dovesse mantenere il contatto radio col personale di controllo. Il grande calore dell'incendio aveva inoltre parzialmente sciolto le tute dei tre astronauti, al pari dei cavi e dei tubi di respirazione: i cadaveri erano praticamente incollati all'abitacolo e per asportarli occorsero circa 90 minuti.[1]

Deke Slayton was possibly the first NASA official to examine the spacecraft interior.[4] His testimony contradicted the official report concerning the position of Grissom's body. Slayton said of Grissom and White's bodies, "It is very difficult for me to determine the exact relationships of these two bodies. They were sort of jumbled together, and I couldn't really tell which head even belonged to which body at that point. I guess the only thing that was real obvious is that both bodies were at the lower edge of the hatch. They were not in the seats. They were almost completely clear of the seat areas."[4][5]

Poco prima dell'incidente, l'equipaggio si stava distendendo nei rispettivi sedili orizzontali, completando la checklist, mentre un problema relativo al sistema di comunicazione era stato riparato. Improvvisamente, una voce (ora si ritiene che fosse di Chaffee, dato che era l'unico ad avere il canale audio libero) gridò "Fire! We've got fire in the cockpit!" cioè "Fuoco! C'è del fuoco nella cabina!". L'ultima registrazione ha avuto luogo 17 secondi dopo il primo messaggio di allerta con la frase "We're burning up!" cioè "Stiamo bruciando!". La trasmissione si concluse con un grido di dolore. L'equipaggio non ebbe la possibilità di fuggire, dato che il portello con apertura interna poteva aprirsi solo con la capsula non pressurizzata. Nel migliore dei casi sarebbero occorsi almeno 90 secondi per aprirla, mentre l'equipaggio morì in appena 15 secondi.

Si ritiene che il fuoco abbia avuto origine da una scintilla scoccata in un preciso punto dei 50 km di cavi presenti nella navicella, ed abbia avuto una combustione molto accelerata a causa dell'atmosfera d'ossigeno pressurizzato presente nella capsula. La Commissione d'esame determinò che la causa fu un filo di rame privato del suo isolamento dovuto alla continua apertura e chiusura di un portello che con esso interferiva. Sembra inoltre che questo filo fosse nei pressi di una giunzione di una linea di raffreddamento che in quel momento stava espellendo vapori altamente infiammabili.

Il fuoco si diffuse rapidamente, passando per la tuta degli astronauti. Le tute di Grissom e di White furono ritrovate fuse. Nonostante questo, venne confermato che i membri dell'equipaggio morirono per l'inalazione dei fumi piuttosto che per le ustioni. La Commissione d'esame stabilì che Grissom subì ustioni del terzo grado nel 36% del suo corpo (in tutto erano presenti ustioni sul 60%) mentre la sua tuta spaziale era distrutta per il 70%. White subì ustioni del terzo grado sul 40% del suo corpo (48% in totale), e la sua tuta venne distrutta per il 25%. Chaffee ebbe ustioni di terzo grado per 23% del suo corpo (29% in totale) e la sua tuta venne distrutta per il 15%.

La compagnia che produsse il modulo di comando, la North American Aviation, aveva originariamente suggerito alla NASA la realizzazione di un portellone in grado di aprirsi in caso di emergenza grazie a bulloni esplosivi. Inoltre aveva proposto un'atmosfera composta da una miscela di ossigeno e azoto, come quella terrestre, utilizzata anche dai sovietici nel contemporaneo programma Sojuz. La NASA non fu d'accordo, affermando che un portellone così concepito si sarebbe potuto aprire accidentalmente, e che l'atmosfera di ossigeno puro (già utilizzata per i programmi Gemini e Mercury) non dava problemi e si sarebbe usata anche per l'Apollo. Dopo l'incidente, l'Apollo fu riprogettato con le seguenti modifiche:

  • L'atmosfera non sarebbe più stata pressurizzata a 14 kPa sopra la pressione atmosferica
  • Il portellone si sarebbe aperto dall'esterno, e molto più velocemente
  • I materiali infiammabili sarebbero stati sostituiti con materiali non infiammabili
  • Gli impianti idraulici e i cavi sarebbero stati coperti con isolanti
  • Vennero risolti 1407 problemi con i cavi

La NASA aveva chiamato la missione "AS-204", nome che rimase, dato che il volo non si era svolto. Dopo l'incendio, su richiesta delle vedove degli astronauti (in particolare quella di Grissom), venne ridenominata Apollo 1, in memoria del volo che gli astronauti avrebbero dovuto svolgere e non fecero mai[6].

Nel luogo dove scoppiò l'incendio, oggi campeggiano due targhe in memoria dei tre astronauti periti. Una di esse recita:

(EN)

«LAUNCH COMPLEX 34
Friday, 27 January 1967
1831 Hours

Dedicated to the living memory of the crew of the Apollo 1:

U.S.A.F. Lt. Colonel Virgil I. Grissom
U.S.A.F. Lt. Colonel Edward H. White, II
U.S.N. Lt. Commander Roger B. Chaffee

They gave their lives in service to their country in the ongoing exploration of humankind's final frontier. Remember them not for how they died but for those ideals for which they lived.»

(IT)

«COMPLESSO DI LANCIO 34
Venerdì, 27 gennaio 1967
Ore 18:31

Dedicato alla memoria dell'equipaggio dell'Apollo 1:

U.S.A.F. Lt. Colonnello Virgil I. Grissom
U.S.A.F. Lt. Colonnello Edward H. White, II
U.S.N. Lt. Comandante Roger B. Chaffee

Diedero la loro vita al servizio del loro paese per la continua esplorazione della frontiera finale dell'umanità. Non siano ricordati per la loro morte, ma per gli ideali per cui hanno vissuto.»

L'altra dice:

(EN)

«IN MEMORY OF THOSE WHO MADE THE ULTIMATE SACRIFICE SO OTHERS COULD REACH FOR THE STARS

PER ASPERA AD ASTRA
(A ROUGH ROAD LEADS TO THE STARS)

GOOD SPEED TO THE CREW OF APOLLO 1»

(IT)

«IN MEMORIA DI COLORO CHE HANNO RESO L'ULTIMO SACRIFICIO PERCHÉ ALTRI POTESSERO RAGGIUNGERE LE STELLE

ATTRAVERSO LE ASPERITÀ SINO ALLE STELLE
(UNA STRADA ACCIDENTATA CONDUCE ALLE STELLE)

BUON VIAGGIO ALL'EQUIPAGGIO DELL'APOLLO 1»

  1. ^ a b c d e f g Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore SP4029
  2. ^ a b c d e Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore aibreport
  3. ^ Suzanne Slade, Countdown: 2979 Days to the Moon, Illustrated by Thomas Gonzalez, Atlanta, Peachtree, 2018, p. 18, ISBN 978-1-68263-013-6.
  4. ^ a b George Leopold, Calculated Risk: The Supersonic Life and Times of Gus Grissom, West Lafayette, Indiana, Purdue University Press, 2016, pp. 259–260, ISBN 978-1-55753-745-4.
  5. ^ #72 D. K. Slayton February 8, 1967 (PDF), in Apollo 204 Review Board Final Report, NASA, p. B - 162. URL consultato il 17 agosto 2018.
  6. ^ Apollo 204 Archiviato l'8 gennaio 2010 in Internet Archive.

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