Carrus de s'àlinu
Is carrus de s'àlinu o Is carrus de s'àbiu nella parlata locale sono I carri dell'ontano. Essi rappresentano i carri addobbati con frasche di ontano, che animano la festa dedicata a San Giovanni Battista, celebrata a Pabillonis, piccolo paese situato nella provincia del Sud Sardegna.
Origine del nome
[modifica | modifica wikitesto]Su àlinu o àbiu è il nome sardo con il quale si identifica l'ontano, una pianta tipica della macchia mediterranea che in antichità e sino a pochi decenni fa era presente lungo tutto l'alveo del Flumini Bellu (bel fiume in sardo), il fiume che scorre vicino al centro abitato pabillonese. Da qui la traduzione letterale del nome: I carri dell'ontano.
Leggenda
[modifica | modifica wikitesto]La leggenda, narra che il suddetto paese sardo venne invaso dai Mori durante le loro scorribande nel 1584. Provenienti da nord, i Mori raggiunsero il centro abitato facendo razzia di ogni genere e non risparmiarono nessuno. I pochi fortunati che riuscirono ad allontanarsi dal paese in tempo, cercarono riparo nelle sponde del Flumini Bellu. Presi dal terrore e dalla disperazione, i pabillonesi superstiti invocarono l'aiuto divino, pregando san Giovanni Battista come loro protettore.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Alla base di questo racconto, vi è un fatto storico realmente accaduto: l'invasione da parte dei Mori del 1584.[1] A ricordarlo è lo storico sardo Massimo Pittau, che nella sua opera Toponimi della Sardegna Meridionale - significato e origine, ricorda il grave episodio anche grazie alla testimonianza di Giovanni Francesco Fara. Fara descrisse il massacro ad opera dei Mori avvenuto nel centro abitato di Pabillonis e anche in quel di Gonnos e Fanadiga (a quel tempo ancora due paesi separati se pur limitrofi).[2]
Vittorio Angius nel suo contributo al Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna degli anni cinquanta dell'Ottocento definì così l'invasione di Pavillonis[3]:
«Ma né pur in questo visse quel popolo sicuro dalla ferocia de' barbari, perché, come è notato nella storia, nell'anno 1584 gli affricani discesi nello stesso seno, e guidati, come è necessità supporre, da un rinegato, fecero assalto improvviso. Una parte dei popolani poté salvarsi colla fuga, gli altri, vedendosi stretti dai barbari, si ritirarono nella chiesa, e dal campanile e dal tetto combatterono per molte ore, sperando di esser soccorsi dalle genti dei prossimi paesi; ma prima che comparissero i desiderati liberatori la masnada barbarica espugnava la chiesa, legava in grandi funate i prodi con le persone imbelli, donne, vecchi e fanciulli, e poteva tornare indietro sino alle navi con i prigionieri e con la preda. Narrasi che il figlio d'una delle donne pabillonesi, nato in terra de' barbari e poi salvatosi con ricco peculio, abbia dimostrato le sue grazie a Dio offrendo in dono alla parrocchia un prezioso cuscino che si è conservato fino a questi giorni con la memoria del donatore, e ponesi nel giovedì santo sotto la croce.»
La manifestazione
[modifica | modifica wikitesto]Rappresenta un evento religioso di devozione a san Giovanni Battista, il quale si celebra ogni anno ad agosto (il 27 all'incirca) con una durata dei festeggiamenti di circa quattro giorni. La realizzazione dei carri avviene in un'area ad hoc del comune; per sopperire alla carenza di ontano nel territorio comunale pabillonese, il taglio dell'ontano avviene in un'area identificata dal Corpo forestale nei boschi di Arbus. Una volta addobbati, i carri sfilano il giorno seguente per le vie del centro abitato acclamati e applauditi dalla folla festante. Seguono poi canti e balli tradizionali durante i restanti giorni di festività. Apre la sfilata dei carri l'abito tradizionale sardo pabillonese promosso dall'associazione folkloristica Santu Juanni.
I carri
[modifica | modifica wikitesto]Il momento più importante è la realizzazione dei carri e delle cosiddette tracas o baracche costruite sopra ciascun carro utilizzando frasche esclusivamente di ontano. L'utilizzo di queste frasche rappresenta il ricordo simbolico di quel tragico evento, nonché la devozione al santo per il suo gesto divino. Pertanto, questa tipologia di carri se pur molto comune in tante manifestazioni religiose sarde (e non solo) sono un unicuum nel loro genere, dando così originalità all'evento in sé.
Galleria d'immagini
[modifica | modifica wikitesto]Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Giovanni Francesco Fara, De chorographia Sardiniae: libri duo. Continens Lib. III. et IV, 1838. URL consultato il 10 febbraio 2019.
- ^ Massimo Pittau, Toponimi della Sardegna meridionale - Significato e origine, su pittau.it. URL consultato il 10 febbraio 2019.
- ^ Vittorio Angius, Città e villaggi della Sardegna dell'Ottocento, vol. 3 (Pabillonis-Zuri), Ilisso, 2006, p. 1186.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Is carrus de s'àlinu
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Sito ufficiale di Monumenti Aperti - descrizione evento storica, su monumentiaperti.com. URL consultato il 17 gennaio 2022 (archiviato dall'url originale il 17 gennaio 2022).
- Sito della regione Sardegna che dedica una pagina alla descrizione dell'evento religioso, su sardegnaturismo.it.
- Articolo in lingua sarda riguardante is Carrus de s'àlinu, su bideas.org. URL consultato il 29 dicembre 2018 (archiviato dall'url originale il 30 dicembre 2018).