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Siburio
Siburio (latino: Siburius; Burdigala, ... – ...; fl. 376-382) è stato un politico romano di origini galliche, uno dei tanti aristocratici gallici che raggiunsero alte cariche nell'amministrazione imperiale a seguito della fortuna del gallico Decimo Magno Ausonio durante il regno del suo discepolo Graziano.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Come Decimo Magno Ausonio, anche Siburio proveniva da Burdigala (la moderna Bordeaux), in Gallia. Lo scrittore di cose mediche Marcello Empirico cita Siburio, Eutropio e Giulio Ausonio (padre di Decimo Magno), tra i suoi conterranei con esperienze in letteratura medica.[1]
All'inizio del 376 Siburio era divenuto magister officiorum dell'imperatore Graziano; apparentemente aveva raggiunto questo alto incarico senza alcuna esperienza precedente, solo in quanto scelto da Ausonio.[2] Prima del 3 dicembre 379 fu nominato prefetto del pretorio delle Gallie, succedendo ad Ausonio,[3] e mantenne la carica fino al 382, quando gli succedette Manlio Teodoro.[4]
Cultura e religione
[modifica | modifica wikitesto]Siburio era un uomo di grande cultura.[5] Ricevette una lettera dal retore antiocheno Libanio,[6] il quale scrisse due lettere anche al suo figlio omonimo,[7] che intorno al 390 fu proconsole della Palaestina Prima.[8] Ricevette anche tre delle lettere conservatesi di Quinto Aurelio Simmaco, un pagano che tentò di proteggere l'antico culto romano all'interno dell'impero cristiano.[9] Simmaco stuzzica Siburio per il suo stile di scrittura arcaicizzante (ἀρχαϊσμὸν scribendi).[10]
Il figlio di Siburio professò la religione tradizionale, come testimoniato da Libanio. Se anche suo padre, come sembrerebbe dalle parole di Simmaco, non si era convertito al cristianesimo,[11] Siburio sarebbe stato il primo non-cristiano ad essere nominato prefetto del pretorio delle Gallie dai tempi dell'imperatore Giuliano e l'ultimo ad ottenere questa magistratura.[12]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Marcello Empirico, De medicamentis, lettera di prefazione 2, in Corpus Medicorum Latinorum: Marcelli de Medicamentis Liber, a cura di Maximillian Niedermann (Lipsia: Teubner 1916), p. 3.
- ^ Hagith Sivan, Ausonius of Bordeaux: Genesis of a Gallic Aristocracy, Routledge, 1993, p. 134.
- ^ Codice teodosiano, XI.31.7; A.H.M. Jones, «Collegiate Prefectures», Journal of Roman Studies 54 (1964), p. 84; Pellizzari, p. 156.
- ^ David Stone Potter, The Roman Empire at bay, AD 180-395, Routledge, 2004, ISBN 0415100577, p. 545.
- ^ Pellizzari, p. 157.
- ^ Libanio, Lettere, 663; è anche citato nella lettera 973.
- ^ Libanio, Lettere, 982 e 989.
- ^ Otto Seeck, Monumenta Germaniae Historica: Auctores Antiquissimi. Q. Aurelii Symmachi quae supersunt (Monaco 1984), Sievers edition p. 269 (= Förster 989, pp. 119–120).
- ^ McGeachy, pp. 222–229.
- ^ Simmaco, Epistulae 3.44–45, edizione di Otto Seeck, Monumenta Germaniae Historica: Auctores Antiquissimi. Q. Aurelii Symmachi quae supersunt (Moaco 1984); Neil B. McLynn, Ambrose of Milan: Church and Court in a Christian Capital (University of California Press 1994), p. 86.
- ^ McGeachy, p. 226.
- ^ Dorothy Watts, Religion in Late Roman Britain: Forces of Change, Routledge, 1998, p. 39.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- J.A. McGeachy, Jr., «The Editing of the Letters of Symmachus», Classical Philology 44 (1949).
- Andrea Pellizzari, Commento storico al libro III dell'Epistolario di Q. Aurelio Simmaco, Pisa, 1998.