Libellus de natura animalium

Da Teknopedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Il Libellus de natura animalium è un bestiario di dubbia attribuzione, la cui tradizione manoscritta si situa in area italiana ed è risalente al XV secolo. È stato redatto in lingua latina e si presenta in forma prosastica. Si tratta di un repertorio naturalistico che stabilisce una relazione tra quattro classi zoologiche (volatili, quadrupedi, pesci, rettili) e altrettanti elementi cosmologici (aria, terra, acqua, fuoco), in funzione di un’organizzazione gerarchica e di una conseguente dichiarazione di superiorità dell’uomo all'interno del Creato.[1]

Libellus de natura animalium
AutoreAttribuzione dubbia (traduttore-compilatore)
1ª ed. originaleXV secolo
GenereBestiario - Letteratura edificante
Lingua originalelatino

Genere di appartenenza

[modifica | modifica wikitesto]

Il Libellus de natura animalium rappresenta uno degli ultimi saggi della lunga tradizione zoologica medievale e riassume in sé pienamente la svolta che da un’originaria assunzione delle nature degli animali come chiave di decifrazione del cosmo con connotazioni mistico-teologiche aveva fatto slittare questa tradizione sul piano propriamente morale e didattico, in relazione al definirsi di interessi più urgenti e pratici, connessi all'ascesa della classe sociale mercantile e alla conseguente esigenza di possesso della tecnica scrittoria.[2]

Questo trattatello appartiene al filone della letteratura edificante, estremamente diffusa fra XIII e XV secolo, che per i suoi stessi caratteri e intenti esige il mezzo prosastico, di natura più agevole (quindi meno riservato e aristocratico rispetto alla tecnica poetica) e tradizionalmente legato alla veste latina. Si tratta di un genere che implica l’applicazione ripetitiva di schemi ormai ampiamente superati e si inserisce in un clima di voluta dimenticanza della letteratura didattico-moralistica, rimanendone una delle ultime testimonianze.[2]

Il Libellus de natura animalium appartiene inoltre alla sfera d’influenza del francese Bestiaire d’Amours di Richart de Fornival[3], risalente alla metà del XIII secolo[4]. Quest’opera costituisce una vera e propria pietra miliare nell'evoluzione del genere oltre che la principale – se non unica – fonte d’ispirazione, diretta o indiretta, di molti bestiari romanzi del XIII-XIV secolo, in quanto introduce una matrice edificante e una tendenza enciclopedica molto più accentuate rispetto alla tradizione precedente (elementi che verranno accolti in particolar modo dalle successive opere in volgare). È da considerarsi il punto di riferimento che segna l’avvio della produzione “bestiaria” italiana (che ne dipende quasi per intero), determinando contemporaneamente la fine della parallela produzione francese, che si conclude proprio con rifacimenti e imitazioni dell’opera di Richart.[5] In Italia nel XIII secolo si diffonde una versione del Bestiaire d'Amours (nota oggi dai manoscritti M e Q[6]) che aggiunge alcuni animali e un finale di carattere amoroso.

Il Libellus de natura animalium deriva un'epitome perduta di questa versione del Bestiaire d'Amours. L'epitome elimina il contenuto cortese e amoroso dell'opera di Richart ma conserva le informazioni relative ai comportamenti dei diversi animali. Nel Libellus l’apporto di questa fonte traspare anche dalla disposizione della materia e parzialmente nell'ordine di successione, anche se il Libellus introduce una suddivisione tra classi zoologiche. Da questa epitome discendono sia il Libellus che un altro testo oggi perduto, noto come il Bestiario della Formica, il cui materiale viene rielaborato nel Libro della natura degli animali[7] (o Bestiario toscano) e nel latino Bestiario monacense[8]. Il Libellus, il Libro della natura degli animali e il Bestiario monacense hanno spesso descrizioni simili del comportamento degli animali e, più raramente, sviluppano da esse gli stessi spunti morali.

Una peculiarità del Libellus de natura animalium sta nella sua interpretazione degli animali, tendenzialmente né mistica né cortese, ma incentrata su insegnamenti o precetti etico-morali. Inoltre, il Libellus contiene spesso anche citazioni degli autori più apprezzati del medioevo nelle sue moralizzazioni.

Il Libellus de natura animalium riceve una traduzione, anch'essa edita, nel Bestiario valdese.

Il Libellus presenta un’introduzione a carattere generale, seguita da un primo capitolo che tratta della natura dell’uomo.[9] Il prologo sottolinea la superiorità dell’uomo nella scala della creazione e invita l’ascoltatore a ricavare insegnamenti utili dalle proprietà degli animali, che verranno presentate come exempla da imitare o da rifuggire.[10]

Si susseguono poi una serie di capitoli che costituiscono un repertorio naturalistico ordinato secondo una gerarchia progressivamente discendente, legata a una visione quadripartita del cosmo. Attraverso tale lettura si viene a stabilire una relazione tra classi zoologiche ed elementi cosmologici secondo i seguenti abbinamenti: volatili-aria, quadrupedi-terra, pesci-acqua, rettili-fuoco. Si tratta di un ordinamento che rispecchia l’attitudine tipicamente medievale alla classificazione come strumento di decifrazione e di dominio della realtà[11], oltre a essere un’operazione circoscrivibile a una tendenza già presente nel Bestiaire d’Amours di Richart de Fornival.[12]

Bipartizione dei capitoli

[modifica | modifica wikitesto]

I 51 brevi capitoli sono strutturati in due sezioni fondamentali, spesso sconfinanti l’una nell'altra e non sempre segnalate allo stesso modo.[13]

Tale struttura bipartita permette a ogni capitolo di introdurre una visione moralizzante, al termine della descrizione della proprietà dell’animale, nel seguente modo:

  1. Natura o proprietas: breve sezione consistente nella descrizione dei caratteri reali (o presunti tali) dell’animale, che già include rinvii alla sezione successiva
  2. Figura: termine desunto dal Physiologus di Teobaldo[14] (testo risalente all’XI secolo, che consiste in una rielaborazione in versi del Physiologus greco, tramite una considerevole riorganizzazione e riduzione dei materiali della fonte; occupa un posto di rilievo nel variegato panorama delle traduzioni latine del Physiologus, in quanto raggiunge una notevole popolarità e influenza molti dei successivi testi in volgare[15]), che introduce un’operazione di moralizzazione dell’exemplum animale sopra trattato. A seconda dei casi, registra una diversa intenzione:
  • un’immediata identificazione della condotta dell’animale con i momenti più significativi della manifestazione di Dio in terra, attraverso Gesù Cristo;
  • un accostamento della condotta degli animali alla modalità scelta da Dio nel rapportarsi alle sue creature in quanto Padre (in questo caso il termine figura equivale a imago Dei o imago Christi);
  • un’assimilazione del comportamento di un animale alla condotta ideale del buon cristiano, che fa leva sulla precettistica morale, raccomandando l’attitudine alle buone opere e alla preghiera, alla cura dell’anima, alla carità e all'amore per il prossimo;
  • l’identificazione della natura di alcuni animali (es. volpe) con la subdola condotta del diavolo, tentatore e ingannatore dell’uomo.[14]

Elenco dei capitoli[16]

[modifica | modifica wikitesto]

Prologo: la natura dell’uomo e degli animali, degli uccelli e dei serpenti

I. La natura dell’uomo

II. La natura dell’aquila

III. La proprietà del pellicano

IV. La natura della fenice

V. La natura del pavone

VI. La natura della gru

VII. La natura del gallo

VIII. La proprietà della gallina

IX. La proprietà del corvo

X. La natura del merlo

XI. La natura del cigno

XII. La natura del picchio

XIII. La natura della rondine

XIV. La natura della tortora

XV. La natura della pernice

XVI. La natura della colomba

XVII. La natura dell’avvoltoio

XVIII. La proprietà naturale dei falchi

XIX. La proprietà naturale del pappagallo

XX. La natura dell’usignolo

XXI. La proprietà naturale dell’ape

XXII. La natura della cicala

XXIII. La proprietà naturale del leone

XXIV. La natura della scimmia

XXV. La proprietà naturale del lupo

XXVI. La natura della donnola

XXVII. La natura della salamandra

XXVIII. La natura della talpa

XXIX. La proprietà naturale dell’alicorno

XXX. La proprietà naturale del cervo

XXXI. La proprietà naturale della pantera

XXXII. La natura del castoro

XXXIII. La natura del riccio

XXXIV. La proprietà dell’elefante

XXXV. La proprietà del cavallo

XXXVI. La proprietà del grifone

XXXVII. La natura del bue

XXXVIII. La proprietà della volpe

XXXIX. La natura del cane

XL. La proprietà della sirena

XLI. La proprietà della balena

XLII. La proprietà del pesce sega

XLIII. La natura della vipera

XLIV. La natura dell’aspide

XLV. La natura del coccodrillo

XLVI. La natura dell’idra

XLVII. La natura del serpente

XLVIII. La natura del racano

XLIX. La vanità di questo mondo che fa presa sull'anima

L. Le diverse tentazioni del diavolo rivolte all'uomo

LI. La falsa amicizia degli uomini e l’inganno

Lingua e stile

[modifica | modifica wikitesto]

Appare evidente già a una prima lettura lo stile umile e dimesso del bestiario. Il testo procede infatti spesso per formule fisse, come quelle introduttive delle moralità o quelle indicanti citazioni, che comportano una patina di sentenziosità. L’iterazione di dittologie sinonimiche e figure retoriche, a volte anche all'interno di uno stesso capitoletto, è riscontrabile soprattutto in sede di moralizzazione dell’esempio animale; si tratta di formule probabilmente derivate dalla letteratura delle prediche e degli exempla.[17]

La sintassi appare molto stentata: l’autore procede secondo uno stile prevalentemente paratattico e rischia di non riuscire a padroneggiare il periodo ipotattico quando ne fa uso. L’uso di modi e tempi verbali appare caotico, oltre a un impiego di avverbi, congiunzioni e pronomi relativi svuotati dell’abituale significato. L’adozione di una tale forma di latino, presentando una serie di caratteristiche non unicamente riconducibili alle licenze di un latino non più classico, manifesta una modalità di scrittura lontana dalle competenze di un letterato.[18] Pertanto, nonostante l’attribuzione sia dubbia, sembra evidente che l’autore di tale operetta non possa che essere un traduttore-compilatore che arriva appena a un grado elementare di studi e che si rivolge a un pubblico forse persino analfabeta.[19]

Per quanto riguarda l’influenza esercitata dal punto di vista formale dall'opera di Richart, si tratta di un’operazione sistematica di coniazione dal francese, che rende il Libellus de natura animalium più simile a una traslitterazione che a un rimaneggiamento. Il latino utilizzato appare pertanto costantemente intessuto di volgarismi, soprattutto nei luoghi del testo che maggiormente si prestano a scambi con la lingua parlata (ad esempio relativamente alla denominazione degli animali); tale fenomeno sembrerebbe circoscrivere la sua origine all'area centro-meridionale della penisola italiana.[20]

Ambiente di circolazione e scopo dell’opera

[modifica | modifica wikitesto]

Uso in sede predicatoria

[modifica | modifica wikitesto]

Non è da escludersi un uso del bestiario in sede predicatoria, dato il già frequente uso della simbologia animale nella letteratura degli exempla.[21] Tale supposizione sembrerebbe confermata dall'introduzione in alcuni luoghi del testo di un’apostrofe diretta al destinatario, aspetto che può essere forse indicativo di una dimensione anche orale del testo. Inoltre, a sostegno di tale ipotesi, va considerata la presenza di citazioni bibliche spesso lasciate incompiute e abbreviate con un et cetera: tali passi (tratti per lo più dai Vangeli e dai Salmi) possono essere interpretati non tanto quali elementi di chiusura, quanto piuttosto spunti di apertura di un discorso didattico-moraleggiante. Il testo si configura dunque come una serie di appunti destinati a un’amplificazione orale, come fosse un manuale di note da sviluppare in sede di predicazione.[13]

Inoltre in questo periodo diventa sempre più esplicito il rapporto già preesistente tra bestiario e predicazione: le interpretazioni, in diversi casi, assumono i contorni di veri e propri sermoni, costruiti sulla natura di alcuni animali, utilizzata come esempio di condotta da tenere o da rifuggire, come paradigma di virtù e di vizi. La descrizione naturalistica, usata come esempio, si trasforma in un racconto che ha l’intento di dilettare e catturare l’attenzione dell’ascoltatore, predisponendolo alla comprensione dell’insegnamento morale, secondo le norme che regolavano la funzione dell'exemplum nelle omelie.[22]

Laddove mostra maggior vitalità, come in Italia, questo genere sopravvive evolvendo in un bestiario edificante, vale a dire adeguandosi alle esigenze di una nuova classe sociale emergente, che si dimostra interessata non tanto a questioni teologiche o dottrinarie, quanto all'illustrazione di insegnamenti di morale pratica, di consigli su come conquistare la vita eterna, di norme di comportamento.[23]

Motivazioni e finalità dell’opera

[modifica | modifica wikitesto]

La finalità dell’opera è apertamente dichiarata nel prologo: attraverso l’illustrazione dell’ordinamento gerarchico del cosmo e della posizione privilegiata che l’uomo vi occupa, si giunge a stabilire una sottomissione dell’universo delle creature a vantaggio e utilità dell’unica creatura dotata di ragione e fatta a immagine del Creatore.[11]

L’ampio ricorso ad auctoritates sacre e profane – inserite nel corpo del testo oppure a conclusione dei capitoli – conferma l’intento primario di predicazione di un insegnamento morale, orientato al raggiungimento della salvezza ultraterrena.[24]

Trasmissione dell’opera

[modifica | modifica wikitesto]

Il Libellus è noto attraverso quattro testimoni, di cui due manoscritti e due edizioni a stampa.[25]

Le testimonianze manoscritte ci sono pervenute attraverso due codici –nessuno dei quali particolarmente pregiato – oggi conservati entrambi alla Biblioteca Nazionale di Napoli[26]:

  • Ms. VIII.AA.32 (carte 183r-200v), redatto da un’unica mano in latino; presenta un’unica glossa in volgare. In calce alla trascrizione del bestiario compaiono la data del 1453 e la firma di Antonius Mathei de Alfidena. Il manoscritto contiene esclusivamente testi edificanti, in particolare leggende di santi, dunque una raccolta di umile letteratura divulgativa.
  • Ms. VII.G.21 (fogli 1r-6r, riportato su due colonne per pagina), risalente anch'esso al XV secolo; lo stato di conservazione del codice è mediocre. Alterna due scritture differenti e presenta glosse in latino e in volgare, dislocate sui margini del foglio e redatte anch'esse da mani diverse; pertanto tale manoscritto si configura come il prodotto del lavoro di più copisti, a bottega o in uno scriptorium monastico. Sul foglio di guardia reca l’indicazione di appartenenza al convento dei frati Minori Osservanti di S. Bernardino di Campli, presso Teramo, cui apparteneva effettivamente il codice prima di essere spostato alla Biblioteca Nazionale di Napoli. Il contenuto del manoscritto, in effetti, riporta a un’origine conventuale, in quanto raccoglie testi di speculazione teologica e mistica[27]; presenta inoltre una più marcata insistenza sulle pratiche ascetico-penitenziali e sull'insegnamento etico-religioso.[28]

Edizioni a stampa

[modifica | modifica wikitesto]

I testimoni a stampa sono due e corrispondono alla prima e alla seconda edizione del trattato:

  • Edizione del 1508: il testo esce dalla stamperia di Vincenzo Berruerio a Mondovì con il titolo Libellus de natura animalium perpulcre moralizatus.[29] Se ne conoscono quattro esemplari.[30]
  • Edizione del 1524: la stessa tipografia – trasferitasi a Savona, sotto la guida del figlio Giuseppe Berruerio – provvede a una seconda edizione dell’operetta.[29] Sono attualmente disponibili due esemplari, mentre si ha notizia di altri due non reperibili.[31]

Le cinquecentine, rispetto ai manoscritti, tendono ad arricchire il testo di riprese dal gusto enciclopedico-erudito, soprattutto relative ad auctoritates della classicità e apporti scritturali.[32]

Non si ha alcuna notizia circa la provenienza dell’esemplare utilizzato da Vincenzo Berruerio per la stampa.[33] Entrambe le edizioni a stampa attribuiscono l’opera ad Alberto Magno e ne presentano il ritratto sia nelle prime pagine sia in conclusione del libro.[34]

Le due stampe latine presentano le caratteristiche del cosiddetto “libro da bisaccia[35]” o libro popolare: di dimensioni maneggevoli, composte di trentadue carte, con il testo in caratteri gotici disposto a piena pagina e dotato di scarso margine. Presentano la tecnica di illustrazione della xilografia in bianco e nero, senza ulteriori coloriture a mano. Data l’identità iconografica dei sistemi illustrativi, le due stamperie devono essersi tramandate l’un l’altra i legni incisori. I motivi ornamentali sono i consueti, ad esempio ghirlande, elementi geometrici, animali e vegetali.[36]

Entrambe le edizioni (1508 e 1524) furono accompagnate da due edizioni del volgarizzamento italiano dal titolo Il libro de la Natura deli animali In vulgale & Primo de la Natura de Lomo.[29] Resta testimonianza del primo in un catalogo di vendita e del secondo in una lettera di Mr. Arthur Rau, un libraio parigino, al direttore della Biblioteca Nazionale di Torino.[37]

Fortuna e diffusione dell’opera

[modifica | modifica wikitesto]

Le dipendenze tra manoscritti suggeriscono una diffusione del trattato indiscutibilmente più ampia rispetto al limitato numero dei testimoni a noi pervenuti.[38]

A dimostrazione della fortuna del Libellus, è interessante considerare una sua versione in provenzale (più precisamente in valdese), nota come Bestiario Valdese. Tale opera è tramandata da due codici[39] che recano il titolo più preciso di Animanczas o De las propriotas de las animanças, risale a un periodo non anteriore al secolo XVI e consiste in una traduzione del testo latino.[40] L’operetta mostra caratteristiche proprie di entrambe le testimonianze manoscritte del Libellus, oltre a rielaborazioni proprie (in particolare, un’aggiunta di otto capitoli). In linea generale, il Bestiario Valdese è molto più vicino al testo trasmesso dal manoscritto VIII.AA.32, salvo alcuni punti di divergenza dovuti a una rielaborazione del testo latino, avvenuta parallelamente alla sua traduzione, effettuata a partire da un manoscritto perduto che fu la fonte comune dei due codici in cui è tramandato il testo.[41]

Il redattore del Bestiario Valdese presenta una tendenza alla riduzione formale e contenutistica nel corso del volgarizzamento, secondo una logica di ricerca dell’essenzialità e della chiarezza.[42] La principale divergenza rispetto al modello latino risiede nell'utilizzo della sola autorità scritturale, a discapito dell’equilibrio tra divinae e humanae litterae manifestato nel Libellus.[43]

Le divergenze tra le due versioni non compromettono la sostanziale identità dei due testi, appena dissimulata dalla differenziazione linguistica.[9]

  1. ^ P. Navone (a cura di), Libellus de natura animalium in Le proprietà degli animali, Genova, Edizioni Costa & Nolan, 1983, pp. 169-370, p. 169.
  2. ^ a b P. Navone, Libellus de natura animalium cit., p. 173.
  3. ^ C. Radicula, Il “Bestiaire d’Amours” capostipite di Bestiari latini e romanzi, in Studi Medievali, serie terza, anno III, fasc. II – dicembre 1962, pp. 576-606, p. 581.
  4. ^ L. Morini (a cura di), Bestiari medievali, Torino, Giulio Einaudi editore, 1996, p. 366.
  5. ^ L. Morini (a cura di), Bestiari medievali cit., p. XXII.
  6. ^ Li bestiaires d’amours di maistre Richart de Fornival e li response du bestiaire, a cura di C. Segre, Verona 1957. La conclusione, assente nell'edizione critica di Segre, si legge nell'apparato critico di Lo diretano bando. Conforto et rimedio delli veraci e leali amadori, ed. critica a cura di R. Casapullo, Firenze 1997.
  7. ^ Libro della natura degli animali. Bestiario toscano del secolo XIII, ed. critica a cura di D. Checchi, Firenze 2020.
  8. ^ Il Bestiario monacense è trasmesso da due manoscritti (München, Clm 16482 e Kassel, Theol. 2° 48) e il suo testo ha ricevuto una proposta di edizione per i capitoli 1-16 nella tesi di laurea magistrale 2018-2019 di Giulia Piscopiello e per i capitoli 25-37 in quella contemporanea di Sara Martinelli. La proposta di edizione per i capitoli 17-24 e 38-46 è in corso di scrittura. Si tratta di un progetto dell'Università degli studi di Milano guidato da Rossana Guglielmetti. Le notizie sulle fonti del Libellus provengono da D. Checchi, Le fonti del «Libro della natura degli animali», «Studi Medievali», serie terza, anno LVIII, fasc. II, 2017, pp. 525-578, alle pp. 553-557. Disponibile online suhttps://www.academia.edu/35233442/Le_fonti_del_Libro_della_natura_degli_animali_. Il lavoro di Checchi aggiorna e in parte modifica il precedente studio di Radicula.
  9. ^ a b C. Radicula, Il “Bestiaire d’Amours” cit., p. 583.
  10. ^ A. M. Raugei (a cura di), Bestiario valdese, Firenze, L. S. Olschki, 1984, pp. 33-34.
  11. ^ a b P. Navone, Libellus de natura animalium cit., p. 169.
  12. ^ P. Navone, Libellus de natura animalium cit., p. 170.
  13. ^ a b P. Navone, Libellus de natura animalium cit., p. 174.
  14. ^ a b A. M. Raugei (a cura di), Bestiario valdese cit., pp. 33-34.
  15. ^ L. Morini (a cura di), Bestiari medievali cit., p. XV.
  16. ^ Secondo la traduzione operata da P. Navone, Libellus de natura animalium cit., sommario.
  17. ^ P. Navone, Libellus de natura animalium cit., p. 181, nota 41.
  18. ^ P. Navone, Libellus de natura animalium cit., p. 181-182.
  19. ^ P. Navone, Libellus de natura animalium cit., p. 173-174.
  20. ^ P. Navone, Libellus de natura animalium cit., p. 182.
  21. ^ C. Segre (a cura di), Li bestiaires d'amours di maistre Richart de Fornival e li response du bestiaire, Milano-Napoli, Ricciardi editore, 1957, Introduzione, p. IX, nota 1.
  22. ^ L. Morini (a cura di), Bestiari medievalicit., Introduzione, pp. XX-XXI.
  23. ^ L. Morini (a cura di), Bestiari medievalicit., Introduzione, p. XX.
  24. ^ A. M. Raugei (a cura di), Bestiario valdese cit., p. 34.
  25. ^ P. Navone, Libellus de natura animalium cit., p. 183.
  26. ^ Per una più accurata descrizione si rimanda a C. Cenci, Manoscritti francescani della Biblioteca Nazionale di Napoli, Roma, Frati Editori di Quaracchi, 1971, vol. II, n. 357 (p. 581) e n. 426 (p. 798); un’altra puntuale descrizione è riportata in A. M. Raugei (a cura di), Bestiario valdese cit., pp. 21-25.
  27. ^ P. Navone, Libellus de natura animalium cit., p. 183-184.
  28. ^ A. M. Raugei (a cura di), Bestiario valdese cit., p. 40-41.
  29. ^ a b c P. Navone, Libellus de natura animalium cit., p. 185.
  30. ^ Due sono conservati in biblioteche pubbliche (Biblioteca Nazionale di Torino e Bodleian Library di Oxford) e due fanno parte di collezioni private (Mr. e Mrs. Hofer, Cambridge, Massachusetts; J. I. Davis, Londra). Informazioni riportate da A. M. Raugei (a cura di), Bestiario valdese cit., p. 26.
  31. ^ I due esemplari disponibili si trovano rispettivamente alla Biblioteca Nazionale Braidense di Milano e alla British Library di Londra; un terzo esemplare appartenuto a Tammaro de Marinis è segnalato dal Catalogue d’une Collection d’Anciens Livres à figures italiens appartenant à Tammaro de Marinis, Milano 1925, n.8, p. 5 e tavole XIV-XVI, LXXXI; una quarta copia è infine segnalata del catalogo n.38 di E.P. Goldschmidt, London s.d., n.14, Bestiarius. Informazioni riportate da A. M. Raugei (a cura di), Bestiario valdese cit., p. 26.
  32. ^ A. M. Raugei (a cura di), Bestiario valdese cit., p. 38-39.
  33. ^ C. Radicula, Il “Bestiaire d’Amours” cit., p. 582, nota 11.
  34. ^ P. Navone, Libellus de natura animalium cit., p. 187.
  35. ^ Così chiamato perché le dimensioni contenute ne agevolavano il trasporto all’interno della bisaccia, la sacca tipica di frati predicatori, mercanti, pellegrini e girovaghi di ogni sorta, spesso caratterizzati da una scarsa cultura ma ricchi. Per un approfondimento in merito si rimanda ad A. Petrucci, Alle origini del libro moderno: libri da banco, libri da bisaccia, libretti da mano in A. Petrucci (a cura di), Libri, scrittura e pubblico nel Rinascimento, Bari, Laterza, 1979, pp. 142-143.
  36. ^ P. Navone, Libellus de natura animalium cit., p. 185-186.
  37. ^ A. M. Raugei (a cura di), Bestiario valdese cit., p. 27-28.
  38. ^ A. M. Raugei (a cura di), Bestiario valdese cit., p. 42.
  39. ^ Mss. Dd.XV.29 (fondo Morland) della Biblioteca dell’Università di Cambridge e C.5.21 della Biblioteca del Trinity College di Dublino, come riportato in P. Navone, Libellus de natura animalium cit., p. 188, nota 67.
  40. ^ Si tratta di un aspetto evidenziato in C. Radicula, Il “Bestiaire d’Amours” cit. (pp. 597-598): il testo valdese presenta latinismi, forme linguistiche non comuni e casi di fraintendimenti che non si spiegherebbero in assenza di tale filtro latino rispetto al modello francese.
  41. ^ P. Navone, Libellus de natura animalium cit., p. 187-188.
  42. ^ A. M. Raugei (a cura di), Bestiario valdese cit., p. 142-143.
  43. ^ A. M. Raugei (a cura di), Bestiario valdese cit., p. 155.

Edizioni critiche (comprensive di testo):

  • P. Navone (a cura di), Libellus de natura animalium in Le proprietà degli animali, Genova, Edizioni Costa & Nolan, 1983, pp. 169-370.
  • A. M. Raugei (a cura di), Bestiario valdese, Firenze, Leo S. Olschki Editore, 1984.
  • C. Segre (a cura di), Li bestiaires d'amours di maistre Richart de Fornival e li response du bestiaire, Milano-Napoli, Ricciardi editore, 1957.
  • D. Checchi (a cura di), Libro della natura degli animali. Bestiario toscano del secolo XIII, Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2020.

Studi critici:

  • C. Cenci, Manoscritti francescani della Biblioteca Nazionale di Napoli, Roma, Frati Editori di Quaracchi,1971.
  • L. Morini (a cura di), Bestiari medievali, Torino, Giulio Einaudi editore, 1996.
  • A. Petrucci (a cura di), Libri, scrittura e pubblico nel Rinascimento. Guida storica e critica, Bari, Laterza, 1979
  • C. Radicula, Il “Bestiaire d’Amours” capostipite di Bestiari latini e romanzi, in Studi Medievali, serie terza, anno III, fasc. II – dicembre 1962, pp. 576-606.
  • D. Checchi, Le fonti del «Libro della natura degli animali», «Studi Medievali», serie terza, anno LVIII, fasc. II, 2017, pp. 525-578.

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]