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Francesco Vendramin (politico)
Francesco Vendramin (Venezia, 5 luglio 1751 – 1818) è stato un politico e diplomatico italiano, membro della famiglia Vendramin ricoprì vari incarichi nel governo della Repubblica di Venezia, fu undici volte Savio di Terraferma e bailo a Costantinopoli tra il 1796 e il 1797.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Nacque a Venezia il 5 luglio 1751 presso il palazzo di famiglia ai Carmini[N 1] in parrocchia di Santa Maria del Carmelo, figlio di Pietro e di Fiorenza Ravagnan.[1] Il 24 settembre 1771 sposò la signorina Alba Corner della Cà Granda, con un matrimonio celebrato a San Giorgio Maggiore.[2] Nacquero due figlie, Fiorenza, che si suicidò venticinquenne dopo un disastroso matrimonio, e Maria, che ebbe una numerosa prole.[2]
La sua carriera politica iniziò all'età di venticinque anni, con l'elezione a Savio agli ordini, il primo incarico per i giovani che volevano fare carriera politica.[1] Tra il 1783 e il 1791 fu alternativamente eletto tra i Cinque Savi di Terraferma e il Savio Cassier; quindi fu per tre volte tra i Sei Savi del Collegio e tra i Tre inquisitori sopra l'amministrazione dei pubblici ruoli e alle cose del Levante, Dalmazia e Albania.[1] Fu comunque eletto per undici volte tra i Savi di Terraferma, magistratura incaricata di sovrintendere ai domini di terraferma e all'esercito della Repubblica di Venezia, dove si distinse per le acute analisi sulla decadenza militare, e sui possibili rimedi per adeguare l'esercito ai tempi correnti.[3]
Il 14 settembre 1794, poco più che quarantenne, il Senato della Repubblica lo nominò bailo a Costantinopoli, allora capitale dell'Impero ottomano, in sostituzione di Ferigo Todero Foscari.[1] Il 22 aprile 1796, diciotto mesi dopo la nomina, si imbarcò sulla fregata pesante Fama, ma il viaggio iniziò il 19 maggio e fu molto tormentato.[4] Arrivata a Corfù la Fama venne richiamata in Patria, ed egli proseguì il viaggio per la Capitale su una nave mercantile che gettò l'ancora sotto il Corno d'Oro l'11 novembre.[4] Dal 22 aprile 1796 al 25 novembre 1797 scrisse in tutto 55 dispacci, di cui l'ultimo indirizzato al Doge porta la data del 10 giugno, e il primo indirizzato alla Municipalità Provvisoria il 20 dello stesso mese.[3][5]
Il 12 marzo avvenne a Smirne un increscioso incidente, quando un greco, suddito veneto di Cefalonia, ma nell'elenco dei protetti dalla corte dello Zar, uccise un giannizzero e i suoi compagni, non riuscendo a catturare il colpevole, diedero fuoco al quartiere europeo, saccheggiando le case e i magazzini e non rispettando nemmeno i privilegi diplomatici assalendo, oltre alle abitazioni civili, anche le sedi consolari, tanto che la popolazione poté trovare riparo solo a bordo delle navi all'ancora in porto.[6] Le proteste della popolazione, che incolpavano i sudditi veneti, e ai loro rappresentanti consolari e diplomatici, di ogni colpa vennero accolte dal Gran visir e dal Sultano, che rimisero in discussione le capitolazioni, arrivando a decidere per l’espulsione dei greci di Zante, Cefalonia e Corfù, nonostante il loro status di sudditi veneti.[6]
Mentre attendeva l'accredito delle credenziali presso la corte del Sultano, avvenne la caduta della Repubblica di Venezia (12 maggio 1797)[4] e la sostituzione del governo del Doge con una Municipalità Provvisoria presieduta da Nicolò Corner.[5] Egli fu favorevole al cambiamento di poteri, in quanto sperava in un profondo rinnovamento dello Stato, e per festeggiare la cosa organizzò una pubblica manifestazione a Palazzo Venezia, cui partecipò anche l'ambasciatore francese Jean-Baptiste Aubert du Bayet.[7][8] In seguito alla cessazione dell'afflusso di denaro da Venezia dovette ristrutturare la composizione dell'ambasciata, riducendo al minimo le spese, e togliendo molti dei privilegi accordati in precedenza.[9] Nonostante egli non fosse mai stato accreditato ufficialmente, il Governo della Sublime porta continuò a considerarlo l'ambasciatore della Repubblica, consentendogli di rimanere a Palazzo Venezia.[5]
Sua moglie, che contrariamente alle leggi della Repubblica, lo aveva raggiunto a Costantinopoli[N 2] si imbarcò per Venezia il 30 agosto 1797, assieme al precedente bailo Foscari, e approdò al lazzaretto il 6 ottobre, mentre egli rimase in città.[1][3] Il 17 ottobre, con la firma del trattato di Campoformido la Municipalità Provvisoria cesso di esistere, lo Stato de Terra fu assegnato all'Impero austriaco mentre i domini dello Stato da Mar alla Francia.[5] Con il trasferimento all'Austria dei territori della Repubblica l'internunzio, barone Herbert Rathkeal, ebbe la meglio sulle pretese francesi di impossessarsi di Palazzo Venezia, mentre le relazioni ranco-ottomane si deterioravano fino all’internamento dell'incaricato d’affari francese Ruffin e di altri membri di quell'ambasciata nel castello di Yedikule dal 2 settembre 1798 al 26 agosto 1801. Nel frattempo Rathkeal lo aveva trattenuto a Costantinopoli come custode dell'ex ambasciata veneta, proprio per evitare che se ne impossessassero i francesi che abitavano nel plesso attiguo.[10] Rimase dunque a Costantinopoli fino al 18 luglio 1798, mentre Rathkeal si trasferì nella nuova sede subito dopo il grande incendio di Pera del 13 marzo 1799, che distrusse la sua residenza ufficiale.[10]
Di Vendramin non abbiamo molte notizie dopo il suo rientro da Costantinopoli.[10] Con lettera del 14 febbraio 1816 chiese all'Imperiale e regia Commissione araldica di Milano la conferma del titolo baronale, già conferitogli dal Regno d'Italia, mentre il 30 aprile dell'anno successivo chiese la conferma dell'antica nobiltà veneta e, poiché i due titoli non erano cumulabili, optò per quello di famiglia.[2] Morì nel 1818.[2]
Note
[modifica | modifica wikitesto]Annotazioni
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Attualmente e la sede della presidenza e degli uffici del Dipartimento di Studi sull'Asia e dell'Africa Mediterranea dellUniversità Cà Foscari.
- ^ Secondo alcune voci dell'epoca i due, entrambi di spirito liberale, avevano trasformato l'ambasciata in un ritrovo di giacobini.
Fonti
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d e Pedani, Fabris 2019, p.13.
- ^ a b c d Pedani, Fabris 2019, p.14.
- ^ a b c Pedani, Fabris 2016, p.53.
- ^ a b c Pedani, Fabris 2019, p.15.
- ^ a b c d Pedani, Fabris 2016, p.54.
- ^ a b Pedani, Fabris 2019, p.16.
- ^ Rapporto d’una festa civica celebrata in Costantinopoli da Francesi e Veneziani riuniti, per la felice rigenerazione di Venezia, scritto in francese e tradotto in italiano dalla cittadina Annetta Vadori, e della medesima presentato alla Società di publica istruzione la quale ne ha ordinato la stampa per acclamazione, Venezia, dalle stampe del cittadino Giovanni Zatta, 1797.
- ^ Pedani, Fabris 2019, p.17.
- ^ Pedani, Fabris 2016, p.55.
- ^ a b c Pedani, Fabris 2016, p.58.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Eugenio Barbarich, La campagna del 1796 nel Veneto, I, La decadenza militare della Serenissima: uomini ed armi, Roma, Enrico Voghera editore, 1910, pp. 106-116.
- Carla Coco e Franca Manzonetto, Baili veneziani alla Sublime Porta, Venezia, Università degli Studi di Venezia, 1985, pp. 106-116.
- Franca Cosmai e Stefano Sorteni, Dispacci da Costantinopoli di Ferigo Foscari (1792-1796) Vol.1, Venezia, La Malcontenta, 1997.
- Franca Cosmai e Stefano Sorteni, Dispacci da Costantinopoli di Ferigo Foscari (1792-1796) Vol.2, Venezia, La Malcontenta, 1997.
- Girolamo Dandolo, La caduta della Repubblica di Venezia e i suoi ultimi cinquant'anni, Venezia, Co' tipi di Pietro Naratovich, 1855.
- Filippo Maria Paladini, Francesco Foscari Dispacci da Costantinopoli (1796-1797)1, Venezia, La Malcontenta, 2007.
- Maria Pia Pedani e Antonio Fabris, I dispacci di Francesco Vendramin, ultimo Bailo a Castontantinopoli (1796-1797), Venezia, Edizioni Cà Foscari, 2019.
- Periodici
- Maria Pia Pedani e Antonio Fabris, L'ultimo atto della scuola veneziana dei giovani di lingua a Costantinopoli, in Quaderni di studi arabi, vol. 11, Roma, Istituto per l'Oriente Carlo Alfonso Nallino, 2016, pp. 51-60.