Utente:Croberto68/Sandbox6

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Storia della diocesi di Roma

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Sull'elezione del vescovo di Roma

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Il Clerus urbis e la Romana Fraternitas

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A partire dall'XI secolo si accentua quel processo, già iniziato nell'VIII secolo, che ha portato ad una distinzione nel clero della diocesi romana, tra clero palatino (o curiale o papale) e clero dell'urbe (clerus urbis). I primi erano dediti alle mansioni nella curia romana ed affiancavano il papa nel governo della Chiesa cattolica. I secondi invece avevano la responsabilità diretta del popolo, della cura delle anime e dell'amministrazione dei sacramenti. È soprattutto con l'XI secolo che cambia anche la figura del cardinale-presbitero, che, fino a quel momento, era a tutti gli effetti parroco della chiesa di cui portava il titolo. Ora invece il cardinale-presbitero, «non ha più una funzione all'interno del suo titolo, se non quella di un controllo saltuario e di un intervento nelle cerimonie più solenni», mentre la cura pastorale della parrocchia è affidata ad un membro del clerus urbis, in genere un arciprete,[1] che rilevò le funzioni che erano state dei cardinali-presbiteri[2]

I primi documenti che attestano l'esistenza di un clero urbano, distinto e autonomo rispetto al clero curiale, risalgono alla seconda metà dell'XI secolo.[3] Contestualmente cambia anche il concetto di Ecclesia romana, che passa ad indicare non più la chiesa della diocesi di Roma, ma i vertici della Chiesa cattolica, ossia il papa e il gruppo dei cardinali, predisposti al governo dell'intera Chiesa cattolica.[4]

Nel corso del XII secolo il clero urbano si trasformò in una vera e propria istituzione, organizzata in collegio, e raccolta attorno ad una società chiamata Romana Fraternitas,[5] fraternità romana, la cui prima attestazione risale al 1127.[6] Questa organizzazione, dotata di una propria autorità, aveva lo scopo di organizzare e governare il clero di città.[7] Per un certo periodo, la Romana Fraternitas ebbe sede nella chiesa di San Tommaso ai Cenci. A capo di questa associazione c'erano dei rectores, che avevano, tra i loro principali compiti, quelli di distribuire le offerte raccolte, di regolare le processioni e i funerali, di dirimere le controversie sorte tra le parrocchie o tra gli ecclesiastici, di far eseguire i decreti papali,[8] di regolare la disciplina del clero[9]. Nel corso del XIV secolo la giurisdizione dei rettori si estese fino a diventare un vero e proprio tribunale ecclesiastico.[10]

La Romana Fraternitas si consolidò con una sua propria costituzione, emanata da papa Bonifacio VIII il 27 febbraio 1303 con il titolo di Publicum privilegium Statutorum et ordinamentorum Almae Urbis Fraternitatis.[2] L'associazione perse di potere e di funzione nel corso dello stesso secolo, a partire da papa Giovanni XXII.[2]

La nascita del Vicarius in spiritualibus

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La trasformazione del clero di Roma e la sua distinzione in clero papale e clero urbano toccò anche il vertice del presbiterio romano, il suo vescovo, il papa. «Lo stesso papa, pur rimanendo, naturalmente, il vescovo di Roma, non svolgeva più certe funzioni tipiche della sua cura pastorale, quali la celebrazione della liturgia stazionale. Il governo spirituale della città venne affidato al cardinale vicario, la cui figura sembra essere istituzionalizzata nel secondo decennio del XII secolo».[11]

Non di rado, in precedenza, il vescovo di Roma, per motivi particolari, come per esempio la sua assenza dalla città, affidava la sua cura ad un vicario. Ma i documenti che ne attestano l'esistenza non permettono di definire se questa "vicaria" riguardava il papa come vescovo della città o il papa come capo della cristianità.[12]

Secondo Brambilla, i primi documenti che rivelano l'esistenza di un vicarius urbis, un vicario della città, risalgono al pontificato di papa Innocenzo III, tra la fine del XII e l'inizio del XIII secolo,[13] con Ottaviano Poli dei conti di Segni, menzionato nel 1198, e Pietro Gallocia, documentato nel 1206 e 1207.[14] Questi vicari avevano giurisdizione unicamente in spiritualibus, ossia nelle cose che riguardavano la salute delle anime e solo all'interno delle mura cittadine.[15] La prima nomina ufficiale e esplicita di un vicario per la città è quella di Tommaso Agni, nominato con la bolla Romanus Pontifex da papa Urbano IV il 13 febbraio 1264.[16]

Nella bolla Licet ad cunctos di papa Niccolò IV (28 giugno 1288) vengono definiti con più chiarezza e precisione i compiti e i doveri dei vicari del papa; questa lettera è importante perchè i suoi contenuti saranno utilizzati quasi letteralmente nelle successive bolle di nomina dei vicari pontifici.[17] Il ruolo e le funzioni del vicario per la città subì un'ulteriore evoluzione con i pontefici successivi, in particolare Bonifacio VIII (bolla Ecclesiarum omnium, 28 aprile 1299),[18] Clemente V (bolla Licet ad cunctos, 16 giugno 1307),[19] Benedetto XII (bolla Quamvis Nos, 6 marzo 1335),[20] e altri ancora. A partire dalla fine del XIV secolo i vicari del papa dovettero prestare un giuramento di fedeltà.[21]

I vicari del papa ebbero anche il potere di indire e presiedere i sinodi diocesani, come nel caso di Stefano nel 1386, Giovanni nel 1390, Daniele nel 1431 e un ultimo al tempo di papa Pio II (1458-1464).[22] Con papa Alessandro VI, è affidata in modo stabile e definitivo al vicario anche la giurisdizione e la cura degli Ebrei di Roma, con la bolla del 12 giugno 1501; queste disposizioni furono ribadite da papa Giulio II.[23]

Infine, il 28 novembre 1558 Paolo IV stabilì con decreto concistoriale che la carica di vicario spettasse a un cardinale.[24]

L'organizzazione parrocchiale nel XII-XIV secolo

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Fino al XII secolo era ancora in uso a Roma, almeno formalmente, la suddivisione del territorio diocesano in 7 regioni ecclesiastiche, che, secondo alcuni autori, erano derivate dalle 14 regioni di età augustea.[25] Ogni regione era costituita da diverse parrocchie, gli antichi tituli di epoca romana.[26] Risale alla fine del XII secolo uno dei più antichi e più completi cataloghi delle chiese di Roma, il catalogo di Cencio Camerario, contenuto del Liber Censuum, redatto nel 1192. In quest'elenco sono enumerate 294 chiese officiate da sacerdoti e altre 21 que sunt ignote et sine clericis, per un totale di 315 chiese.[27]

Lo sviluppo e la crescita dell'istituzione parrocchiale, concomitante con un aumento demografico della popolazione romana nel centro della città, ha portato nel XIII secolo ad una nuova organizzazione delle parrocchie, voluta dalla Romana Fraternitas, i cui rettori avevano suddiviso il terriorio diocesano in tre grandi settori, con sede nella basilica dei Santi XII Apostoli, nella chiesa di San Tommaso ai Cenci e in quella dei Santi Cosma e Damiano. Questa suddivisione è evidente nel cosiddetto catalogo di Torino, redatto nel al 1313, nel quale le oltre 400 chiese elencate[28] sono suddivise nei tre settori indicati.[29][30]

Alle grandi parrocchie, in particolare quelle che riguardavano le principali basiliche e titoli presbiterali cittadini, erano unite in affiliazione altre parrocchie minori, i cui confini sono sempre più spesso definiti e delimitati dalle bolle ponficie del XII e XIII secolo.[31] Queste parrocchie minori sono menzionate nei documenti coevi come capelle, ecclesiae suppositae, capelle de parrochia. Secondo Passigli, come è avvenuto in altre città italiane, anche a Roma «tra XIII e XIV secolo, con il crescere della popolazione, si ha il passaggio da cappelle a vere e proprie parrocchie con pieni diritti, a scapito di quelli della chiesa matrice».[32]

Bibliografia utilizzata

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sull'organizzazione parrocchiale nel XII-XVI secolo

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Sul Clerus urbis e la Romana Fraternitas

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Sul Vicarius in spiritualibus

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Sulla visita apostolica del 1825

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Sul concilio romano del 1725

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Sull'organizzazione parrocchiale XVI secolo e Stati delle Anime

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  1. ^ Carpegna Falconieri, «Romana Ecclesia» e «Clerus Urbis», pp. 85-86
  2. ^ a b c Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore beweb.roma
  3. ^ Carpegna Falconieri, «Romana Ecclesia» e «Clerus Urbis», pp. 97-98
  4. ^ Carpegna Falconieri, «Romana Ecclesia» e «Clerus Urbis», pp. 93-97
  5. ^ Armellini, Le chiese di Roma, pp. 20-39
  6. ^ Ferri, La Romana Fraternitas, p. 457
  7. ^ Carpegna Falconieri, «Romana Ecclesia» e «Clerus Urbis», pp. 98-99
  8. ^ Ferri, La Romana Fraternitas, p. 454
  9. ^ Ferri, La Romana Fraternitas, p. 461
  10. ^ Ferri, La Romana Fraternitas, pp. 461-462
  11. ^ Carpegna Falconieri, «Romana Ecclesia» e «Clerus Urbis», p. 100
  12. ^ Brambilla, Origine ed evoluzione dell'ufficio del cardinale vicario, pp. 253-255
  13. ^ Brambilla, Origine ed evoluzione dell'ufficio del cardinale vicario, pp. 255-259
  14. ^ Brambilla, Origine ed evoluzione dell'ufficio del cardinale vicario, p. 224
  15. ^ Brambilla, Origine ed evoluzione dell'ufficio del cardinale vicario, p. 267
  16. ^ Brambilla, Origine ed evoluzione dell'ufficio del cardinale vicario, p. 269
  17. ^ Brambilla, Origine ed evoluzione dell'ufficio del cardinale vicario, p. 275
  18. ^ Brambilla, Origine ed evoluzione dell'ufficio del cardinale vicario, pp. 279-281
  19. ^ Brambilla, Origine ed evoluzione dell'ufficio del cardinale vicario, pp. 283-285
  20. ^ Brambilla, Origine ed evoluzione dell'ufficio del cardinale vicario, p. 299
  21. ^ Brambilla, Origine ed evoluzione dell'ufficio del cardinale vicario, p. 309
  22. ^ Brambilla, Origine ed evoluzione dell'ufficio del cardinale vicario, p. 313
  23. ^ Brambilla, Origine ed evoluzione dell'ufficio del cardinale vicario, p. 331
  24. ^ Brambilla, Origine ed evoluzione dell'ufficio del cardinale vicario, pp. 335 e seguenti
  25. ^ Rïóne, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 10 ottobre 2024.
  26. ^ Passigli, Geografia parrocchiale e circoscrizioni territoriali, pp. 53-54
  27. ^ Armellini, Le chiese di Roma, pp. 39-44
  28. ^ Christian Hülsen, Il catalogo di Torino, in Le Chiese di Roma nel Medio Evo, Firenze 1927, pp.19-43
  29. ^ Armellini, Le chiese di Roma, pp. 45–59
  30. ^ Passigli, Geografia parrocchiale e circoscrizioni territoriali, pp. 54-56
  31. ^ Passigli, Geografia parrocchiale e circoscrizioni territoriali, pp. 56 e seguenti
  32. ^ Passigli, Geografia parrocchiale e circoscrizioni territoriali, pp. 60-61