Discussione:Titoli di studio in Italia

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Ho spostato qui, modificandoli pesantemente, i contenuti di Laurea triennale, in quanto è una denominazione non ufficale. Attualmente esistono solo i titoli di "laurea" e "laurea magistrale". Metterei in "laurea triennale" un redirect. --Emme.pi.effe 18:42, Lug 16, 2005 (CEST)

> Le lauree specialistiche sono equiparate legalmente alle lauree del Vecchio Ordinamento, mentre le

> triennali ai vecchi diplomi che ora non esistono più

A me sembra che le triennali non possano essere paragonate con i vecchi diplomi, in quanto le nuove lauree triennali sono effettivamente delle lauree, e il numero di esami è sicuramente aumentato. Che ne pensate?

Alz 16:20, ott 13, 2005 (CEST)

Caro Alz, hai ragione, anche se non per i motivi che tu esponi. Non è questione di cosa può essere paragonato e cosa non può essere paragonato (per inciso, il numero degli esami delle lauree del n.o. è estremamente variabile: è il numero di crediti che è fissato in 180. Ci sono università dove i piani di studio sono frammentati in tutti esami da 3 o addirittura 2 crediti, e e quindi si arriva a una sessantina di esami – esperienza personale, e per fortuna gli organi collegiali si son resi conto che era infattibile e hanno proceduto all'accorpamento di molti insegnamenti – e università dove i piani di studio son formati solo da esami da 10 e 12 crediti, con 15-16 esami complessivi): è questione che il nostro amico, anonimo autore dell'articolo, parla di equiparazione legale. A me non risulta che esista tale equiparazione (l'equiparazione è un concetto giuridico, e nel nostro paese ha validità giuridica quasi esclusivamente quello che è scritto, poiché le norme consuetudinarie sono all'ultimo posto nella gerarchia delle fonti, quindi sono ben lungi dall'avere forza di legge) e ho già invitato il collega wikipediano, non ricordo se nella pagina Discussione:Laurea triennale o Discussione:Laurea specialistica, a citare i riferimenti normativi quando scrive affermazioni così importanti. Infatti in quegli articoli tali informazioni, errate, sono state cancellate; lui le ha dapprima reinserite, ma quando gli ho spiegato come stanno le cose ha capìto e mi ha permesso di cancellarle di nuovo. Ho provato a cancellarle anche da qui rimandando a quelle discussioni là, ma qualche buontempone – che evidentemente ritiene superfluo andare ad approfondire la cosa – è lì pronto col ditino a effettuare il rollback!
Inoltre, già che mi trovo, vorrei sottolineare alcune correzioni da apportare (a me non è permesso farlo) alle seguenti frasi. Esse erano riportate identiche negli altri articoli sopracitati, dove sono state da me modificate tempo addietro con il beneplacito dell'autore originario.
Le lauree specialistiche sono equiparate legalmente alle lauree del Vecchio Ordinamento, mentre le triennali ai vecchi diplomi che ora non esistono più;
Abbiamo già detto che quanto riportato nella frase è privo di fondamento giuridico. Tuttavia, ammesso e non concesso, che sia vero, c'è da dire innanzitutto «vecchio ordinamento» si scrive con le iniziali minuscole. Secondo, si chiamano «le lauree» e non «le triennali» (su certificati e pergamene – vi assicuro – triennale non c'è scritto da nessuna parte). Terzo, «le triennali [sono equiparate] ai vecchi diplomi che ora non esistono più» è ben diverso da «[sono equiparate] ai vecchi diplomi, che ora non esistono più». Una virgola cambierebbe il significato della frase, e non di poco. La differenza è che «ai vecchi diplomi che ora non esistono più» significa che le lauree sarebbero equiparate ad alcuni diplomi non più esistenti, e che probabilmente esistono altri diplomi. «Ai vecchi diplomi, che ora non esistono più» significherebbe, invece, che sarebbero equiparate a tutti i diplomi, perché tutti i diplomi sono non più esistenti. E credo che questo volesse intendere l'anonimo autore, riferendosi ai diplomi universitari.

il cambiamento è nelle modalità d'esame,
Non è assolutamente vero. Con il vecchio ordinamento le materie erano biennali, annuali e semestrali e a esse corrispondevano rispettivamente due esami annuali, un esame annuale o due semestrali, un esame semestrale. Ufficialmente gli esami esistevano solo orali (anche se il potere regolamentare assegnato alle università con le riforme degli anni '90 sullo snellimento amministrativo – note come leggi Bassanini – già cominciava a produrre regolamenti che prevedevano ufficialmente prove scritte). Con il nuovo ordinamento la differenza è che non ci sono più annualità ma crediti, e l'università li distribuisce – entro certi limiti fissati dai regolamenti attuativi della riforma (dd.mm. 509/1999 e 270/2004) e dalle tabelle di classe (anch'esse varate con dd.mm.) – come può e come vuole. Non è detto che le modalità di esame siano cambiate.

nei programmi dei corsi,
Questo è affidato alla libertà di insegnamento dei docenti, nel nuovo come nel vecchio ordinamento

nella lista di esami da sostenere.
Questo è stabilito dalle singole università

Le triennali solitamente prevedono un orientamento propedeutico alla laurea specialistica e uno professionalizzante con tirocinio in azienda, a volte con prospettiva d'inserimento.
Come ho già scritto in un'altra discussione, questo non è assolutamente vero. Il sistema c.d. a Y, con un anno comune propedeutico e un successivo biennio a scelta tra professionalizzante e orientato alla prosecuzione verso una laurea magistrale, è solo un'ipotesi applicativa della c.d. controriforma Moratti (d.m. 270/2004), perfettamente compatibile con il testo precedente (d.m. 509/1999) e peraltro non vincolante per l'università.
Attualmente molti corsi di laurea non sono suddivisi in curricula (piuttosto, ci sono più corsi di laurea afferenti alla stessa classe), e tra quelli che lo sono suddivisi non ne ho mai visto uno che è suddiviso come dici tu: ci potrà essere qualche caso ma il tuo solitamente è quantomeno improprio.
Contrappongo, come ho già fatto in un'altra discussione, la mia personale esperienza: il mio corso di laurea prima che ancóra fosse varato il D.M. 270/2004 era suddiviso in due percorsi. Si trattava di semplici tabelle dalle quali attingere i percorsi formativi mirati, cioè 24 crediti a scelta vincolata. Se lo studente sceglieva il percorso professionalizzante poteva scegliere esclusivamente insegnamenti dalla tabella "Moduli a orientamento professionalizzante", se sceglieva quello orientato alle lauree specialistiche doveva attingere dalla tabella "Moduli a orientamento specialistico". Poteva tuttavia presentare piano di studi individuale, con insegnamenti presi sia di qua che di là (o anche altrove, in altri corsi di studio della facoltà). E, comunque, la scelta del percorso professionalizzante non pregiudicava l'accesso ai corsi di laurea specialistica e, oltretutto, sia nel percorso professionalizzante che in quello specialistico c'erano esclusivamente insegnamenti afferenti al settore scientifico-disciplinare SPS/08, dunque scegliendo uno o scegliendo l'altro si aveva la stessa distribuzione dei crediti per settori scientifico-disciplinari, pertanto il percorso professionalizzante dava accesso senza debiti formativi ai due corsi di laurea specialistica direttamente correlati esattamente come quello specialistico. Infine, è da sottolineare che i due percorsi erano semplicemente dei piani di studio consigliati, di cui non veniva fatta menzione su nessun atto ufficiale rilasciato dalla segreteria amministrativa, pertanto ciò non pregiudicava nulla. L'anno scorso, quando è stato varato il D.M. 270/2004, che determinati gruppi politici o pseudo-politici e sindacali o pseudo-sindacali, e la stampa che li appoggia, hanno ribattezzato «controriforma Moratti del sistema a Y», il consiglio del corso di laurea ha approvato una delibera che accorpava gli esami in maniera tale da portare gli insegnamenti monomodulari a bimodulari e quelli bimodulari a trimodulari (un modulo da noi corrisponde a 3 crediti), onde ridurre il numero complessivo delle prove d'esame, sopprimendo così la stragrande maggioranza degli insegnamenti professionalizzanti, che erano tutti monomodulari, o facendoli diventare terzi moduli di insegnamenti teorici strettamente connessi. La distinzione in percorsi è stata quindi abrogata. Ciò è perfettamente compatibile col regolamento emanato dalla Moratti.

E' in vigore l'apertura delle facoltà, come già prima era aperto dalle scuole superiori l'accesso a qualsiasi facoltà universitaria.
«È in vigore l'apertura delle facoltà»: ma che modo di parlare è questo? «È in vigore» presuppone l'introduzione di un concetto giuridico, che si auspica venga espresso con parole meno generiche e più proprie, pertinenti. Questo mi sembra il lessico di chi, sforzandosi di essere rigoroso, finisce con l'utilizzare termini a sproposito.

Così estremizzando
Ma che verbi sono questi? È un linguaggio puerile!

può accedere alla lauea specialistica in ingegneria chi ha una laurea triennale in lettere e, viceversa, a chi ha una laurea triennale non è garantito l'accesso a una specializzazione, almeno nel suo ramo.
Innanzitutto la specializzazione e la laurea specialistica sono due cose completamente diverse.
Secondo, non è molto chiaro quello che l'autore intende dire.
L'impressione che il lettore che non sa nulla dell'argomento ha leggendo secondo me è del tipo «Le lauree specialistiche sono aperte, cioè accessibili, a prescindere dalla laurea posseduta. Quindi se mi laureo in Lettere per assurdo potrei finire a studiare Ingegneria. Però se mi laureo in Ingegneria industriale non è detto che venga ammesso a un corso di laurea specialistica in Ingegneria edìle». Il che è un controsenso, visto che secondo quanto anticipato le lauree specialistiche dovrebbero essere aperte a tutti.
Dunque, io che non sono sprovveduto e che non sono neanche lo schutziano cittadino bene informato, ma presumo di essere un vero e proprio esperto in materia, avrei scritto così (ma non lo faccio perché gli admins fanno il rollback!):
«I criteri di accesso ai corsi di laurea specialistica sono definiti dagli organi collegiali competenti delle singole università. I regolamenti della maggior parte dei corsi di laurea specialistica consentono in linea teorica l'accesso ai possessori di qualsiasi laurea, ma escludono di fatto i possessori di lauree di àmbiti disciplinari differenti in quanto fissano un ammontare massimo in crediti del debito formativo da calcolare all'accesso». Poi potrei spiegare pure cos'è il debito formativo; mi pare che negli altri due articoli l'abbia fatto.

Prima della riforma universitaria del 2000
Come ho già detto, le fonti normative della riforma sono l'art. 17, c. 95 della legge 127/1997, il decreto MURST 509/1999 e il decreto MIUR 270/2004, oltre ai decreti emananti le classi dei corsi di studio, che sono però strettamente correlati ai precedenti. La riforma è entrata in vigore in via sperimentale in due o tre sedi, e non per tutti i corsi di studio, nell'anno accademico 2001-2002, mentre è andata a regime nel 2001-2002. Ergo, perché si parla di «riforma del 2000» e quando io correggo mi fate il rollback?

Prima della riforma universitaria del 2000 che ha istituito questo grado intermedio nella preparazione universitaria,
Se rimane l'anno, qualunque esso sia, ci vuole una virgola prima del che (perché altrimenti si induce il lettore a ritenere che esistano altre riforme universitarie sempre del 2000). Comunque io avevo proposto, nella mia modifica, di non indicarlo proprio, l'anno, non essendoci un anno unico a cui si può ricondurre la riforma.

--213.140.16.186 09:34, 9 nov 2005 (CET)[rispondi]

A me non risulta che gli esami possano essere solo scritti o sostituiti da prove precedenti.

Con l'autonomia le università possono prevedere nei propri regolamenti didattici esami solo scritti oppure prove intermedie ufficiali. Alla facoltà di Scienze politiche "Cesare Alfieri" dell'Università di Firenze, ad esempio, è così. Tant'è vero che esistono i verbali di modulo (c.d. verbali-figlio), anche se i docenti non li usano perché è più comodo verbalizzare tutto insieme al termine dell'ultimo modulo, e tant'è vero che se sostieni un esame scritto e lo vai a verbalizzare successivamente la data ufficiale (quella che cioè compare su libretto, verbale e certificati di carriera) è quella in cui si è ufficialmente sostenuta la prova. --82.57.132.76 02:18, 14 gen 2006 (CET)[rispondi]


Tanto meno non risulta che gli esami orali debbano essere fatti davanti al solo professore.

Non devono, ma possono... --82.57.132.76 02:18, 14 gen 2006 (CET)[rispondi]

Quello che poi accada nella realtà ovvimente è un'altro discorso ....
È poi anche vero che la commissione è stata ridotta da 3 membri a 2 membri soltanto

Non è così. Dipende dall'università. In alcune università sono state introdotte commissioni monocratiche. Alla facoltà di Scienze politiche "Cesare Alfieri" dell'Università di Firenze le commissioni sono ufficialmente composte da due membri, anche se nella maggior parte dei casi càpita di sostenere l'esame davanti a una sola persona o addirittura con un solo esaminatore presente (che magari non è neanche membro ufficiale della commissione). La commissione dev'essere obbligatoriamente composta dal titolare o affidatario dell'insegnamento, sia esso un professore di ruolo di prima o seconda fascia (di prima fascia sono gli ordinari e di seconda gli associati), un ricercatore, un assistente (ruolo ad esaurimento) oppure un professore incaricato o a contratto (di quelli che sono noti anche come supplenti docenti o professori invitati).


e che mentre prima era richiesto che oltre al professore del corso ci fosse un professore (o persona comunque esperta) di materia affine e una terza persona ora invece basta che (formalmente) ci sia il professore del corso (titolare dell'insegnamento) e una seconda persona, i cui requisiti sono diventati sempre meno restrittivi ed ora basta che sia un cultore di scienza, in altre parole anche una persona appena laureata.

Il cultore di scienza non esiste: probabilmente ti riferisci ai cultori della materia. Si tratta di personale non strutturato (oppure legato all'università da borse di studio, contratti di tutorato, o ancora uno studente di dottorato o di specializzazione) che ha una specifica nomina da parte degli organi accademici competenti, che variano da sede a sede. In realtà molti di quelli che vengono presentati come cultori della materia (c.d. assistenti, anche se quello di assistente è un ruolo messo a esaurimento da decenni e gli attuali assistenti sono tutti collaboratori volontari dei docenti) non hanno alcun tipo di rapporto formale con l'università e quindi non firmano, non a proprio nome, documenti ufficiali. La laurea non c'entra niente: non è necessaria neanche per partecipare ai concorsi per la nomina di professori, figuriamoci per essere cultori della materia. Ti potrei fare una lunga lista di professori famosi non laureati (quasi tutti a contratto: all'Università di Firenze fu addirittura invitato Giovanni Rana, il cui più elevato titolo di studio conseguito è la licenza media) oppure laureati in discipline del tutto estranee a quelle che insegnano (due esempi su tutti: Fabrizio Bercelli, laureato in Fisica, è associato di Sociologia, ed è stato ricercatore in Psicologia, e Francesco Alberoni, laureato in Medicina e chirurgia, ora fuori ruolo, è stato ordinario di Sociologia).

AnyFile 21:42, 8 gen 2006 (CET)[rispondi]

Laurea "ad honorem"

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Io metteri anche questo argomento. Non escludendo il commento che in Italia la laurea ha un valore tale da essere data "ad honrem" anche a gente ignorante che non se la merita alla faccia di chi invece quella stessa Università se la paga con i soldi e suda per superare ogni singolo esame :) Scusate lo sfogo. - Stevenworks 17:10, 29 gen 2007 (CET)[rispondi]

La laurea ad honorem non ha valore legale, e di solito si dà ai morti, alla memoria. La laurea che dici tu è honoris causa. --84.222.232.203 (msg) 15:40, 13 ago 2010 (CEST)[rispondi]

Valore legale della laurea

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Un tema da trattare riguardo le differenze fra laurea in Italia e laurea all'estero (in particolar modo Stati Uniti d'America) è senz'altro quello del valore legale ad essa attribuito. Solo lo Stato può conferire tale titolo stabilendo che soltanto chi ne è in possesso può sostenere l'esame per svolgere determinate professioni e ricoprire talune mansioni all'interno dello Stato stesso. Ad esempio per poter sostenere l'esame da procuratore legale occorre assolutamente essere in possesso di una laurea in giurisprudenza. Negli Stati Uniti tali attestati non hanno valore legale e non c'è parità di trattamento a livello federale cosicché alcuni Stati della federazione li ritengono indispensabili per poter accedere all'esercizio della professione (in base però ad un criterio selettivo che considera la reputazione dell'istituto che li rilascia) in altri si può sostenere il "Bar Exam", l'esame da procuratore, anche senza essere in possesso di una laurea.

  • Mores
L'esame da procuratore in Italia non esiste più da vent'anni. Si sostiene direttamente l'esame di avvocato. Valido tutto ciò che hai detto, comunque. --84.222.232.203 (msg) 15:41, 13 ago 2010 (CEST)[rispondi]

Non mi sembra corretto pubblicare un link si un sito a pagamento. --151.67.115.154 08:53, 18 feb 2008 (CET)[rispondi]

Pezzo nNPOV

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La seguente parte dell'articolo, oltre a essere scritta con i piedi, è totalmente estranea al concetto di NPOV. Segnalo qui di séguito una per una i contenuti altamente opinabili che riporta, nonché dettagli faziosi non corrispondenti a verità, sperando che qualcuno di buon cuore voglia provvedere alla correzione (andrebbe riscritto proprio l'articolo da capo; io non ho tempo).
Fino alla riforma universitaria d'inizio XXI secolo, le lauree erano organizzate in piani di studio di 4 e 5 anni. Questa durata era praticamente nominale, essendo previsto per ogni anno di corso un numero variabile di esami che impegnavano gli studenti al 100%.
A parte il fatto che la riforma è della fine del XX secolo e non dell'inizio del XXI, e che c'era anche un corso di laurea esennale (Medicina), che cosa significa «che impegnavano gli studenti al 100%»?

A questi anni passati a seguire i corsi (annuali)
Gli esami non erano necessariamente annuali. Potevano essere anche biennali (solitamente divisi in due annualità, e.g. Analisi I e Analisi II) oppure semestrali. Le università, dal 1997 mi pare, avevano l'autonomia di semestralizzare gli esami, cioè suddividere in due gli insegnamenti statutari (cioè quelli previsti dalle tabelle ministeriali). In alcuni atenei, come l'UniSob, contrariamente a quanto scritto qui e in altre parti dell'articolo, si usava in via sperimentale il sistema dei crediti anche per i corsi di vecchio ordinamento (Scienze della formazione primaria e Scienze della comunicazione).

e sostenere gli esami, veniva necessariamente aggiunto (soprattutto in alcune facoltà come quella di Lettere e Filosofia) un anno almeno per scrivere e discutere (pubblicamente, davanti ad una commissione esaminatrice) la tesi, di dimensioni variabile (nelle Facoltà umanistiche, generalmente, non inferiori alle 80.000 parole).
Quanto scritto sopra non sta né in cielo né in terra. Non era scritto da nessuna parte che per fare la tesi ci volesse almeno un anno e che questo fosse ulteriore rispetto a quelli della durata legale del corso. Anzi, conosco personalmente gente che si è laureata presso facoltà di Lettere e filosofia (e non in Conservazione dei beni culturali, bensì in Lettere con indirizzo classico) in quattro anni esatti, alla prima sessione utile (cioè in tre anni e una sessione, come si suol dire), con 110 e lode, magari mettendoci un anno per la tesi, che però era stata richiesta all'inizio del terzo anno, come l'ordinamento consentiva. Anche adesso, peraltro, la prova finale si sostiene pubblicamente dinanzi a una commissione. Per quanto riguarda le parole, vorrei capire l'autore a quale facoltà di Lettere e filosofia si riferisca (visto che parla al singolare: «quella di Lettere e filosofia», dice, e non «quelle»: ma ce ne sono tante), dal momento che sino al 1997 le università non avevano un'autonomia didattica tale da poterlo stabilire e nessuno dei regolamenti didattici emanati successivamente, tra gli innumerevoli che ho consultato, mi risulta prevedere tale limite. Alla facoltà di Scienze politiche "Cesare Alfieri", Università degli studi di Firenze, vigeva la distinzione tra tesi di eccellenza e tesi semplice; in realtà si trattava solo di una diversa nomenclatura della tesi sperimentale e della tesi bibliografico-compilativa, e il regolamento stabiliva che solo per la prima il requisito era discuterla almeno un certo periodo dopo (sei mesi, mi pare) averla formalmente richiesta. Per quanto riguarda il numero delle parole, di sicuro non era normato dalle tabelle ministeriali, e sarei proprio curioso di vedere in quale università vigeva un regolamento interno che lo stabiliva...

In mancanza di precise ed uniformi regole nazionali
Veramente con il previgente ordinamento era quasi tutto definito a livello nazionale, mentre ora c'è un'ampia autonomia didattica tale per cui l'ateneo può addirittura stabilire le denominazioni dei corsi di laurea e degli insegnamenti (e non solo i crediti da attribuire gli stessi). Infatti prima a livello nazionale erano definiti i corsi, ora solamente le classi, che sono dei contenitori di corsi aventi il medesimo valore legale.
Mi sa che l'autore è male informato: con tutta evidenza è un laureato del vecchio ordinamento (in Conservazione dei beni culturali presso una facoltà di Lettere e filosofia) che parla sulla base del pregiudizio nei confronti del nuovo.

gli esami, soprattutto in alcune università più affollate o considerate più "prestigiose", prevedevano carichi di lavoro enormi. Si conoscono casi di corsi come "Letteratura latina" per i quali veniva richiesta la conoscenza approfondita di decine di testi completi di opere classiche, con prove orali difficilissime (spesso reiterate a causa della mole del materiale in programma d'esame).
Questa è talmente evidentemente nNPOV che non merita neanche di essere commentata.

Sarà utile ricordare come nell'università dagli anni '70 in poi c'è stato per molto tempo l'atteggiamento di ridurre il numero eccessivo di studenti selezionandoli attraverso piani di studio sempre più pesanti. Ma se è con la riforma del 1969 che furono introdotti i piani di studio individuali! A causa di quella riforma c'è stato il paradosso di gente laureatasi in Lettere senza sostenere esami di latino ma che però, il latino, poteva insegnarlo, così come dottori in Economia che hanno potuto insegnare informatica senza sostenerne esami. L'autore continua a parlare per sentito dire ed evidentemente adatta pure i pregiudizi a proprio uso e consumo...

In queste condizioni, secondo i dati ufficiali, il conseguimento di una laurea richiedeva una media di 7,5 anni.
Questo è vero ma non per le premesse di cui sopra.

Questo è il caso, per esempio, della laurea in "Conservazione dei Beni culturali", il cui piano di studio prevedeva 24 annualità, l'equivalente di 48 attuali esami semestrali, per un totale - stimabile - di mole di lavoro quantificabile in 480 crediti ECTS del nuovo sistema.
Questa è veramente grossa. Innanzitutto non si capisce di cosa parli quando dice «gli attuali esami semestrali» dal momento che con il nuovo ordinamento il carico di lavoro non si misura più in semestralità, annualità e biennalità, ma appunto in crediti. Esistono delle griglie di conversione per i passaggi dal vecchio al nuovo ordinamento; ogni università ha le sue. Ad esempio dove ho studiato io, presso la facoltà di Lettere e filosofia di Bologna, agli studenti del vecchio ordinamento che passavano al nuovo erano riconosciuti 5 crediti per ogni esame semestrale e 10 crediti per ogni esame annuale superati. Poi ho proseguito gli studi presso un'altra università, dove per consolidato orientamento centrale (cioè ai sensi delle indicazioni di massima di cui al regolamento didattico di ateneo, recepite in maniera univoca e identica da tutte le facoltà o quasi) gli esami erano suddivisi in moduli da 3 crediti. Gli esami semestrali del vecchio ordinamento erano convenzionalmente considerati monomodulari e quelli annuali bimodulari (non c'erano esami biennali, almeno non nella mia facoltà), dunque, siccome gli insegnamenti del vecchio ordinamento erano stati disattivati, gli studenti ancora iscritti col vecchio ordinamento potevano laurearsi con piani di studio individuali che dovevano prevedere due esami monomodulari (3 crediti) o uno plurimodulare (6 o 9) per ogni annualità prevista dai rispettivi statuti. Tuttavia, per incentivare il passaggio al nuovo ordinamento, agli esami sostenuti da loro venivano attribuiti convenzionalmente 9 crediti in caso di passaggi al nuovo. Questo aprì la strada a numerosi abusi: gli studenti del vecchio sceglievano solo esami da 6, e non da 9, per sostituire le loro annualità, e poi dopo averli superati chiedevano il passaggio a un corso di laurea del nuovo, con il risultato che i loro esami, risultando sostenuti nel vecchio, venivano convalidati per 9 crediti (se l'esame corrispondente nel nuovo era da 6 veniva convalidato per intero e poi i rimanenti 3 andavano a coprire i primi 3 crediti di un altro esame del medesimo settore scientifico-disciplinare), quindi spesso si ritrovavano che dovevano sostenere solo qualche idoneità non prevista nel vecchio ordinamento e la prova finale. Poi magari proseguivano gli studi nel corso di laurea specialsitica o magistrale e si trovavano con esami convalidati in partenza. Questo ha fatto sì che, all'esatto opposto di quanto affermato dall'autore della parte dell'articolo citata, c'è gente che ha conseguito il diploma di laurea (cioè la vecchia laurea il cui corso aveva durata normale almeno quadriennale) con soli 144 crediti effettivi (24 esami da 6 crediti) che però in caso di ulteriori studi, anche in altre università, possono essere supervalutati, visto che sul loro certificato di carriera i crediti non risultano. Ora, al di là del caso estremo di cui sopra, non mi risulta che esistano atenei che attribuiscano all'esame annuale di vecchio ordinamento più di 12 crediti (in realtà in tutti i casi di cui sono a conoscenza si va dai 6 ai 10, ma ho voluto esagerare), quindi volendo fare 24 per 12, se la matematica non è un'opinione, il nostro amico si è laureato in Conservazione dei beni culturali (senza virgolette) con 288 crediti, 300 se aggiungiamo quelli della tesi, non certamente con i 480 che millanta. Inoltre fa una confusione tra il sistema ECTS e il sistema italiano CFU. In Italia si è scelto di far coincidere i CC.FF.UU. con i crediti ECTS, ma questi esistevano anche prima e sono indipendenti: servono solo ai fini del mutuo riconoscimento tra paesi, come ad esempio per l'azione Erasmus del programma Socrates. In altri paesi firmatari della dichiarazione di Bologna i crediti utilizzati non corrispondono a quelli del sistema ECTS e vi sono delle tabelle di conversione.

Per questo oggi le lauree vecchio ordinamento - in base al Decreto interministeriale 5 maggio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 21 agosto 2004 n.196 - sono equiparate alle nuove lauree magistrali di 5 anni.
Ecco, questo non è affatto vero; il decreto non dice questo!
In primo luogo, occorre precisare che le lauree magistrali non si conseguono al termine di corsi di durata quinquennale, ma al termine di corsi di durata biennale a cui si accede (di norma, perché fanno eccezione quelli a ciclo unico) con la laurea, che però resta un titolo indipendente, nel senso che la laurea magistrale non lo assorbe. Se io mi laureo in Scienze politiche e poi conseguo una laurea magistrale in Economia delle istituzioni, io sarò un dottore in Scienze politiche e un dottore magistrale in Economia delle istituzioni, non un dottore in Economia: non so se mi sono spiegato. I due percorsi sono del tutto autonomi l'uno dall'altro e, proprio per evitare i problemi interpretativi di prima, nel D.M. 270/2004, che sostituisce il D.M. 509/1999, è scritto che la laurea magistrale consta di 120 crediti *e non* di 300 crediti, compresi i 180 riconosciuti all'accesso, com'era scritto nel D.M. 509/1999 per le vecchie specialistiche.(NOTA: L=3anni, L+LS=3+2, LM+5 ciclo unico e finalmente LS=LM se la lingua italiana ha un senso e pure la cronologia dei fatti)
Venendo ora nel merito del decreto di cui sopra, esso sancisce un'equipollenza ai soli fini dei concorsi pubblici, non ai fini accademici o ad altri fini. Esso sostanzialmente stabilisce a quali concorsi può partecipare il titolare un diploma di laurea di vecchio ordinamento, posto che i concorsi attuali richiedono titoli del nuovo. Non ha nessun altro fine che questo, tant'è vero che coloro che hanno fatto ricorso al Tar Campania perché con il diploma di laurea (v.o., 5 anni) in Biotecnologie con indirizzo agrario-vegetale, riconosciuto equipollente alle lauree in Agraria ai fini dei pubblici concorsi, perché volevano sostenere l'esame di Stato di abilitazione alla professione di dottore agronomo e dottore forestale, lo hanno perso (alcuni laureati in Scienze dell'informazione e Informatica che volevano abilitarsi a quella di ingegnere invece lo hanno vinto, ma pochi: il consiglio di Stato non sempre si è pronunciato allo stesso modo).
A proposito, il testo di cui sopra si riferisce all'equipollenza tra diplomi di laurea e lauree specialistiche, non magistrali: per le magistrali vedasi il decreto interministeriale 9 luglio 2009, in G.U.R.I. 7 ottobre 2009, n. 233, che sostituisce quello del 05/05/2004 come da abrogazione implicita di cui all'art. 3.
L'equipollenza non significa equivalenza, tant'è vero che, nonostante i diplomi rilasciati dalle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (conservatori di musica, accademie di belle arti, Accademia nazionale di danza etc.) siano equipollenti alle lauree della classe 23 (nota:dove l'hai letto?) e i diplomi ISEF alle lauree della classe 33, i titolari di questi diplomi che si facciano chiamare dottori violano l'art. 498 c.p. (usurpazione di titoli e onori).

NOTA: la legge 508 riguardo i previgeni ordinamenti AFAM parla di EQUIVALENZA e non di equipollenza e abilitano all'insegnamento..docere.. vorrei capire meglio la differenza tra equipollenti=di ugual valore ed efficacia ed equivalenti=ciò che ha lo stesso valore di altra cosa; e poi vorrei capire come un qualcosa che già c'è possa valere meno del suo sostituto in barba ad ogni regola di "retroattiva" ... 3+2 AFAM non equivalenti perché non previgenti... tu se fossi il legislatore che parola useresti per rendere uguali 2 "cose" che prima erano diverse perché una delle 2 deve essere sostituita/riformata? sarei curioso di saperlo perché non mi pare che usando il termine parificati=che sono resi pari possa essere adatto perché la successiva riforma AFAM avrebbe automaticamente parificato tutte le regole universitarie a quelle AFAM e viceversa in un disastro totale... della serie "i parlamentari sarannno forze STRONZI ma mica che son scemi".

NOTA FINALE: la Corte dei conti (non Io) ha bocciato la riforma 3+2 rispetto ai vecchi ordinamenti (non mi riferisco ad afam) perché più costosi e meno professionalizzanti eppure qualunque riforma in uno stato di diritto dovrebbe sanare e migliorare una situazione preesistente.

--84.222.232.203 (msg) 16:28, 13 ago 2010 (CEST)[rispondi]

NPOV: Asilo nido e Scuola dell'infanzia

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Correggo le informazioni NPOV, talvolta palesemente volti a far mera promozione del titolo professionale del pedagogista, facendolo passare addirittura come unico requisito di accesso alla professione di educatore nei nidi d'infanzia, laddove esistono svariati diplomi tecnici e professionali che abilitano figure professionali istituite ad hoc, dal legislatore italiano, per l'educazione dell'infanzia e nei nidi, e che godono, nei concorsi pubblici, addirittura di una preferenza. Le figure professionali in possesso di diploma secondo la voce NPOV erano da considerarsi aiutanti del pedagogista nei nidi, tuttavia la normativa regionale le annovera fra i principali requisiti per l'accesso al ruolo di personale educativo degli asili nido. Inoltre è inutile indicare il codice della la classe di laurea in uso in Italia per l'accesso all'occupazione in tali strutture, onde evitare di incorrere nel localismo: il livello di studi e l'ambito scientifico e tecnico di riferimento è più che sufficiente. Personalmente non sono convito dell'utilità di indicare in una voce sui titoli di studio italiani anche i titoli professionali del personale educativo ed insegnante, ma considerato che cera l'informazione l'ho lasciata, correggendo solo le informazioni errate/NPOV. --Bachicco (msg) 09:17, 9 ott 2016 (CEST)[rispondi]

Rilevo non è propriamente pertinente alla voce sui titoli di studio italiani l'asilo nido e la scuola dell'infanzia, agenzie educative e formative non obbligatorie che non rilasciano alcun titolo di studio, le informazioni più approfondite, dopo un breve accenno nel ciclo della scuola primaria, potrebbero trovare più coerentemente spazio nella voce sul ciclo di istruzione in Italia. Cosa ne pensate? --Bachicco (msg) 09:45, 10 ott 2016 (CEST)[rispondi]

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