Sequeri

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Cappella laterale della chiesa di S. Libera a Verona, con cartiglio pendente che riporta le parole dell'inno

Il Sequeri è una forma di preghiera popolare cristiana, che la tradizione consiglia per recuperare le cose perdute.

Questa forma di preghiera deriva il suo nome dalla storpiatura del latino: "si quaeris miracula", parole iniziali del responsorio a Sant'Antonio di Padova, invocato dal popolo per trovare un oggetto smarrito (poiché Antonio, come Sant'Onofrio il Peloso e San Graziano di Tours, è protettore di chi cerca oggetti smarriti).

Per tradizione popolare tale preghiera va recitata senza interruzione per tredici volte di seguito.

(LA)

«Si quaeris miracula
mors, error, calamitas,
demon, lepra fugiunt,
aegri surgunt sani.

Cedunt mare, vincula,
membra resque perditas
petunt et accipiunt
juvenes et cani.

Pereunt pericula,
cessat et necessitas,
narrent hi qui sentiunt,
dicant Paduani.

Cedunt mare, vincula,
membra resque perditas
petunt et accipiunt
juvenes et cani.

Gloria Patri,
et Filio,
et Spiritui Sancto.

Cedunt mare, vincula,
membra resque perditas
petunt et accipiunt
juvenes et cani.»

(IT)

«Se cerchi miracoli,
ecco messi in fuga morte, errore, calamità,
spiriti infami e lebbra,
ecco gli ammalati ergersi sani.

Si distendono il mare e le catene,
la salute e le cose perdute
chiedono e ritrovano
i giovani e i vecchi.

Svaniscono i perigli,
termina persino la miseria;
lo attestino questi, che lo sperimentano,
lo dicano i Padovani!

Si distendono il mare e le catene,
la salute e le cose perdute
chiedono e ritrovano
i giovani e i vecchi.

Gloria al Padre,
e al Figlio,
e allo Spirito Santo.

Si distendono il mare e le catene,
la salute e le cose perdute
chiedono e ritrovano
i giovani e i vecchi.»

La preghiera nella letteratura

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Lo scrittore vicentino Luigi Meneghello ricorda nel suo libro d'esordio Libera nos a Malo l'usanza dei suoi compaesani di invocare l'intercessione del Santo per ritrovare oggetti:

«Era molto potente presso di noi Sant'Antonio, persona ordinata e di buona memoria, che faceva trovare la roba a chi la perdeva. Occorreva però un intermediario che conoscesse bene l'incantagione necessaria a farlo intervenire. Si chiamava i sequèri. Mia zia Lena la conosceva benone: si aggirava per la stanza recitando "Secuèri miràcula…" e tutto il resto, con intensa concentrazione; e alla seconda o alla terza volta Sant'Antonio era costretto a tirar fuori deàle ([ditale]), gùcia ([ago]), bùcola ([orecchino]) o tacolìn ([portamonete]).»

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