Ottone Frangipane

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Disambiguazione – "Sant'Ottone Frangipane" rimanda qui. Se stai cercando il presidio ospedaliero, vedi Ospedale Sant'Ottone Frangipane.
Sant'Ottone Frangipane
Sant'Ottone Frangipane in preghiera accanto al suo eremo, presso Ariano
 

Eremita

 
NascitaRoma, 1040
MorteAriano, 23 marzo 1127
Venerato daChiesa cattolica
Ricorrenza23 marzo
Attributisaio, spada, flagello
Patrono diAriano, Castelbottaccio e diocesi di Ariano Irpino-Lacedonia

Ottone Frangipane detto anche Oto Frangipane[1] (Roma, 1040Ariano, 23 marzo 1127) è stato un religioso italiano, venerato come santo dalla Chiesa cattolica.

Ottone appartenne ai Frangipane, una nobile e potente famiglia baronale che occupò un posto di primo piano a Roma fra l'XI e il XIII secolo. Destreggiandosi abilmente fra papato e impero, determinò l'elezione di almeno due papi: Onorio II e Innocenzo II[2].

Attorno al 1058, Ottone, da cavaliere, partecipò a un'azione militare in difesa del papa contro dei signorotti ribelli della zona di Frascati. Catturato, fu messo in catene nella cella di una torre, da dove uscì per l'intercessione del patrono dei carcerati san Leonardo di Limoges[3]. Tornato in libertà, andò in pellegrinaggio nell'abbazia della Santissima Trinità di Cava de' Tirreni, dove sotto la direzione dell'abate Pietro seguì la regola benedettina, dedicandosi alla preghiera e ai lavori manuali. Quindi si recò a Montevergine, dove conobbe san Guglielmo da Vercelli (il futuro fondatore del santuario e dell'abbazia) e affinò così la sua vocazione all'ascesi.[4]

Intorno al 1117 Ottone giunse nella città di Ariano, sede di una potente grancontea normanna nonché luogo di transito e di sosta per pellegrini e crociati che da Roma e Benevento marciavano verso Bari e Brindisi per imbarcarsi alla volta della Terrasanta. Ottone si dedicò principalmente alla loro accoglienza e assistenza, oltreché all'attività di ciabattino[5]. Nel 1120 decise poi di condurre vita da eremita e si ritirò nei pressi della chiesa di San Pietro fuori le mura[3], poi detta San Pietro de' Reclusis; lì si costruì una piccola cella dove pregava, vegliava, faceva penitenza e digiunava. Si era anche scavato un sepolcro, per rammentare a sé stesso che la morte era ormai imminente; Ottone morì il 23 marzo 1127.

Il martirologio romano fissa la memoria liturgica il 23 marzo.[6]

Subito dopo la sua morte il suo corpo fu portato in processione nella cattedrale di Ariano e lì fu sepolto. Tuttavia nel 1220, al tempo di Federico II, nel timore di incursioni da parte dei Saraceni i suoi resti furono traslati da Ariano a Benevento. Secondo il Synodicon Diocesanum Sanctae Beneventanae Ecclesiae del 1686 qualche reliquia di Ottone Frangipane era inoltre custodita nella chiesa parrocchiale di San Pietro a Montemiletto; anche a Castelbottaccio pare che se ne conservasse qualcuna.[7]

Il prodigio più importante che si ricorda di Ottone è quello che avvenne attorno al 1180, quando i musulmani di Lucera, che assediavano Ariano, furono colpiti da una pioggia di ciottoli caduta dal cielo per intercessione del santo, che apparve fra le nuvole. Gli arianesi, per commemorare tale avvenimento, edificarono la chiesa di Santa Maria della Ferma, attorno alla quale fu poi realizzato, nel 1867, il cimitero cittadino.[7]

Fra coloro che ricevettero miracoli per intercessione di Ottone vi fu anche sant'Elzeario da Sabrano, che divenne conte di Ariano e che da molti secoli è venerato come compatrono. Molto noto è il voto che gli arianesi fecero nel 1528: Ariano fu colpita dalla peste e gli abitanti si rivolsero a sant'Ottone per esserne liberati[8]. La tradizione tramanda che anche in altre circostanze il santo preservò la città dalla peste. Una statua di argento del santo, realizzata nel Seicento, è custodita nel museo degli argenti di Ariano Irpino, ove Ottone (noto anche come Sant'Oto) è festeggiato quale protettore il 23 marzo e nuovamente celebrato l'11 agosto. A lui è intitolato inoltre l'Ospedale civile sorto in prossimità del suo eremo, in memoria di un primordiale ricovero ospedaliero fondato a suo tempo dallo stesso Ottone Frangipane "per apprestar ospizio a' pellegrini"[9].

Sant'Ottone è venerato anche in Molise, in particolare nel borgo di Castelbottaccio di cui è il patrono; tuttavia in Molise il santo è conosciuto come San Oto e festeggiato il 31 luglio.

  1. ^ Fino a tutto il XIX secolo sono attestate anche le forme personali Oddone / Odone / Odo.
  2. ^ Il primo Frangipane, che diede il cognome alla famiglia, fu tale Pietro, ricco mercante, discendente dalla gens Anicia, che durante un'alluvione del Tevere a Roma distribuì pane ai bisognosi passando per le vie dell'Urbe con una barca. Da qui frangere panem, spezzare il pane, che avrebbe originato il cognome. Questo apparve per la prima volta nel 1014 in un documento ufficiale, quando un Leone Frangipane sottoscrisse un placito relativo all'abbazia di Farfa in Sabina. La famiglia si era installata a Roma nell'area del Circo Massimo, nel Settizonio, antichissimo palazzo eretto al tempo di Settimio Severo, arricchendolo di una torre che tutt'oggi si eleva al lato del circo. Quest'edificio fu il luogo dove si tenne il primo conclave per l'elezione pontificia nel 1241. Le "Croniche Subiacensi" dell'abbazia di Subiaco testimoniano che i Frangipane si imparentarono con i conti di Tuscolo ed estesero i loro domini su Terracina, Ninfa, Marino e Astura. I loro rivali storici furono i Pierleoni. Nella lotta fra le due famiglie i Frangipane sostennero l'elezione dell'antipapa Benedetto X. Nel 1258 Giovanni Frangipane, signore di Astura, tradì Corradino di Svevia, che gli aveva chiesto ospitalità mentre era in fuga dopo la battaglia di Tagliacozzo, e lo consegnò a Carlo I d'Angiò.
    Giovanni Frangipane, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  3. ^ a b T. Vitale, p. 63.
  4. ^ I. Potenza, p. 191-196.
  5. ^ I. Potenza, pp. 202-203.
  6. ^ Paul Guérin (a cura di), Vie des Saints des Petits Bollandistes, Parigi, Bloud et Barral editori, 1876, tomo III, p. 607.
  7. ^ a b N. Flammia, pp. 160-166.
  8. ^ T. Vitale, p. 216.
  9. ^ I. Potenza, p. 202.

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