Visione di santa Margherita | |
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Autore | Bartolomeo Guidobono |
Data | sconosciuta |
Tecnica | Olio su tela |
Dimensioni | 272×187 cm |
Ubicazione | Palazzo Tursi - Musei di Strada Nuova, Genova |
La Visione di santa Margherita è un dipinto a olio su tela di Bartolomeo Guidobono conservato a Palazzo Tursi a Genova. Raffigura il trionfo della santa sul demonio, rappresentato dal drago.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Il culto di santa Margherita, sviluppatosi già in alto Medioevo, si diffonde anche a Genova a partire dal Trecento[1]. La pala proviene dalla chiesa denominata Sancta Margarita, eretta forse da monache benedettine o cistercensi sulle pendici del colle genovese di Carignano. Il complesso religioso venne acquistato nel 1563 dalla famiglia nobiliare dei Sauli, e su loro concessione è officiato da una Compagnia intitolata a Santa Margherita fino al 1623. In quell’anno l'Arte dei Merciai subentra nel giuspatronato della chiesa promuovendo entro il 1644 una ricostruzione barocca dell'edificio e riconsacrandolo ai Santi Bernardino e Alessio[2]. I nuovi giuspatroni della chiesa si edificarono anche una cappella intitolata a santa Margherita per perpetrare la memoria del titolo originale della chiesa. Federico Alizeri, nella sua Guida artistica per la città di Genova del 1846[3], menziona questa “santa Margherita vittoriosa del drago, gentil lavoro di Bartolomeo Guidobono” tra gli arredi della chiesa di Santa Margherita Vergine e Martire, utilizzando quindi la denominazione originaria. Alizeri specifica inoltre che il titolo rimase fino a quando ci furono le monache cistercensi e che anche dopo i mutamenti rimase impresso nella memoria popolare. Il monastero venne chiuso al culto nel 1798 e, svuotato dagli arredi, venne adibito ad alloggio per i guardiani del Dazio Municipale[4]. La tela nel 1811 compare in un elenco di opere ritirate dai conventi soppressi e trasportati nel locale di San Filippo[5] che doveva diventare un museo concepito come istituto pubblico per l’educazione del popolo, ma non venne mai realizzato. La pala verrà successivamente ricollocata nella chiesa di Santa Margherita[6] e, dopo che questa venne distrutta, passó alle collezioni civiche genovesi.
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]La tela raffigura la figlia del nobile pagano Teodosio. Indirizzata dalla nutrice verso la religione cristiana e battezzata, Margherita era stata incarcerata dal prefetto Olibrio, adirato dal rifiuto della giovane e dalla sua fede. Imprigionata in una cella, la giovane pregó il signore di rendere visibile il suo nemico e le apparve un drago che, secondo le antiche fonti agiografiche dalla Passio altomedievale alla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, l’aveva divorata. La giovane però riuscì a liberarsi impugnando il crocifisso e sconfiggendo il mostro[7].
Le armoniche fisionomie, tipiche della maniera di Bartolomeo, sono ben visibili nei volti degli angioletti seduti sulle nuvole intenti a contemplare il trionfo di Margherita mentre doma il mostro legandolo con le stesse catene con cui era stata imprigionata[8].
Come in altri dipinti di grandi dimensioni, il pittore indulge su mossi e ampi panneggi delle figure realizzando forme morbide, aggraziate, con un chiaroscuro meno evidente rispetto ad altre pale di soggetto religioso. L’impianto verticale della scena, con la tradizionale divisione tra cielo e terra, è armonizzato proprio dai panneggi che avvolgono le forme e da una e da una luce soffusa che accompagna lo sviluppo della rappresentazione[8].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ E. Sesti (autore contributo), La leggenda di Santa Margherita di Antiochia, in Il codice miniato: rapporti tra codice, testo e figurazione, a cura di M. Ceccanti e M. Cristina Castelli, Firenze, 1992, pp. 363-373.
- ^ C.G. Ratti, Instruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura ed architettura, Genova, 1780, p. 79.
- ^ F. Alizeri, Guida artistica per la città di Genova, 2 voll., Genova, 1846-1847, p. 256.
- ^ G. Banchero, Genova e le sue riviere, Genova, 1846, p. 668.
- ^ L. Tagliaferro, 1888-1892. Riferimenti alla Galleria di Palazzo Bianco, anno VIII, n. 22-23-24 – Gennaio/Dicembre, 1986, pp. 86.
- ^ F. Alizeri, Guida illustrativa del cittadino e del forestiero per la città di Genova e sue adiacenze, Genova, 1875, p. 180.
- ^ Scheda dell'opera nei catalogo online, su catalogo.museidigenova.it.
- ^ a b Margherita Priarone (autore contributo), I Guidobono pittori del barocco. Favole e magie. Catalogo della mostra (Torino, 29 maggio-2 settembre 2012), Silvana, 2012, pp. 205-206.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- L. Tagliaferro, 1888-1892. Riferimenti alla Galleria di Palazzo Bianco, anno VIII, n. 22-23-24, Gennaio/Dicembre 1986, pp. 49-88.
- E. Sesti, La leggenda di Santa Margherita di Antiochia, in Il codice miniato: rapporti tra codice, testo e figurazione, a cura di M. Ceccanti e M. Cristina Castelli,, Firenze, 1992, pp. 363-373.
- E. Gavazza, F. Lamera e L. Magnani, La pittura in Liguria. Il secondo Seicento, Genova, 1990.
- M. Newcome Schleier, Bartolomeo e Domenico Guidobono, Torino, Artema, 2002.
Altri progetti
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