Vincenza Fabbri, talvolta indicata come Vincenzia e Fabri (fl. XVII secolo), è stata una pittrice italiana della scuola di Elisabetta Sirani.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Poco si sa di questa pittrice attiva a Bologna intorno al 1680.[1]
Al pari di alcune sue colleghe – tra cui figurano Veronica Franchi, Lucrezia Scarfaglia, Ginevra Cantofoli e Maria Elena Panzacchi (allieva del Taruffi) – Vincenza Fabbri non proveniva da una famiglia di artisti[2] e poté studiare disegno e pittura solo grazie alla scuola femminile di pittura di Elisabetta Sirani, un unicum nel panorama artistico dell'epoca.[3][4] Parte da qui Adelina Modesti per ipotizzare che potrebbe trattarsi di una parente di un committente della Sirani stessa, tra cui figurano Francesco e Achille Fabri, o di un membro di una certa famiglia Fabri che si occupava di editoria a Bologna.[5] Se a inizio anni 2000 Babette Bohn sembra a sua volta avvalorare con entusiasmo questa ipotesi dell'apprendistato basata sulle fonti storiche, nelle sue ricerche più recenti è più prudente: considera che per Vincenza Fabbri, Lucrezia Bianchi e Veronica Franchi possa «essere plausibile abbiano lavorato con Sirani, basandosi sulla loro cronologia, ma l'assenza di qualunque opera e la scarsità di informazioni rende questi legami impossibili da confermare.»[6]
Probabilmente Vincenza Fabbri fu una pittrice minore rispetto ad altre professioniste vissute nel XVII secolo. È un'epoca in cui sono documentate pochissime donne artiste, la maggior parte delle quali frequentò appunto la bottega delle donne bolognese[7] riuscendo a imporsi come pittrici nonostante l'ambiente sfavorevole e un periodo storico in cui il mestiere era considerato "maschile". È descritta da Gaetano Giordani come un'imitatrice dello stile della celebre "maestra", di cui cercava di riprodurre il colorito.[5]
Dipinse soprattutto soggetti religiosi e ricevette alcune commissioni pubbliche.[8] Antonio Masini e Luigi Crespi ricordano tra le sue opere una Concezione della Beata Vergine dipinta per il senatore Isolani e un Sant'Ansano per gli accademici coristi che lo esponevano il giorno del patrono.[9][1]
Caduta nell'oblio, «siamo privi di quelle memorie che potrebbero accrescerli maggiore fama al suo nome» come ricorda Marcello Oretti. Le due sue opere documentate sono ancora in fase di studio.[10]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b Antonio di Paolo Masini 1690, p. 234.
- ^ Babette Bohn 2021, p. 225.
- ^ (EN) Babette Bohn, The Antique Heroines of Elisabetta Sirani, in Renaissance Studies, vol. 16, n. 1, Wiley, 2002, p. 59. URL consultato il 25 febbraio 2023.
- ^ Elisabetta Sirani, su parita.regione.emilia-romagna.it. URL consultato il 25 febbraio 2023.
- ^ a b Adelina Modesti, p. 143, nota 40.
- ^ Cfr. Babette Bohn 2002, p. 59 e Babette Bohn 2021, p. 106
- ^ Antonio Masini cit. in Angela Frattolillo, Elisabetta Sirani. Il genio e la grazia nel Seicento bolognese, Bologna, Paolo Emilio Persiani, 2018, p. 46.
- ^ Babette Bohn 2021, p. 111.
- ^ Luigi Crespi 1769, p. 76.
- ^ Patricia Rocco 2017, p. 205.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Babette Bohn, Women Artists, Their Patrons, and Their Publics in Early Modern Bologna, Pennsylvania, Pennsylvania State University Press, 2021, p. 225, ISBN 9780271086965.
- (EN) Patricia Rocco, The Devout Hand: Women, Virtue, and Visual Culture in Early Modern Italy, McGill-Queen's Press - MQUP, 2017, p. 205, ISBN 9780773552197.
- (EN) Delia Gaze (a cura di), Concise Dictionary of Women Artists, Routledge, 2013, p. 617, ISBN 9781136599019.
- Adelina Modesti, Elisabetta Sirani. Una virtuosa del Seicento bolognese, Bologna, Compositori, 2004, p. 143, nota 40, ISBN 9788877944450.
- (EN) Babette Bohn, The Antique Heroines of Elisabetta Sirani, in Renaissance Studies, vol. 16, n. 1, Wiley, 2002, p. 59. URL consultato il 25 febbraio 2023.
- (DE) Vrouwenwerk : wedloop vol hindernissen Germaine Greer, Amsterdam, Meulenhoff, 1980, pp. 220, 225.
Fonti storiche
[modifica | modifica wikitesto]- Antonio di Paolo Masini, Bologna perlustrata. Con aggiunta inedita del 1690, eredi di Vittorio Benacci, 1690. (ripubblicata in A. Arfelli, "Bologna perlustrata" di Antonio di Paolo Masini e l'"Aggiunta" del 1690, in L'Archiginnasio, LII, 1957, p. 234)
- Gaetano Giordani, Notizie delle donne pittrici di Bologna, Bologna, Tipografia Nobili & C., 1832, p. 14
- Baldassarre Carrati, Memorie di artisti bolognesi, B. 970, 47, 76, n.d. (XVIII secolo)
- Marcello Oretti, Manoscritto B 129, in Notizie de' professori di dissegno cioè pittori scultori ed architetti bolognesi, parte VI, p. 126. URL consultato il 10 maggio 2024 (archiviato dall'url originale il 4 agosto 2021). (versione alternativa senza pagina diretta)
- Luigi Crespi, Vite de' pittori Bolognesi non descritte nella Felsina pittrice, Roma, Stamperia di Marco Pagliarini, 1769, p. 76, SBN IT\ICCU\RMRE\001937.