Nel settore accademico della storiografia, il revisionismo in senso generico è il riesame critico di fatti storici in seguito all'acquisizione di nuove fonti, a una diversa interpretazione delle informazioni disponibili oppure ad un mutamento del contesto politico e ideologico.[1] Termine mutuato dall'ambito politico, negli ultimi decenni è andato perlopiù a designare correnti storiche che, pur potendo appartenere ad aree e posizioni ideologiche diverse, si pongono con un atteggiamento generalmente critico, a volte apertamente polemico,[2] rispetto ad una tradizione storiografica consolidata, o quantomeno da esse individuata come tale.[1]
Un uso decisamente negativo del termine si riferisce invece a forme estreme di revisionismo, che sfociano nel cosiddetto negazionismo, come il negazionismo dell'Olocausto.
Benché si possano indicare esempi di revisionismo storiografico precedenti, il termine trova pieno significato e applicazione solo dopo la seconda guerra mondiale.[3]
Due notevoli esempi di revisionismo, nell'accezione più generica e pura del termine (il contrapporsi, cioè, nel contesto di un normale dibattito scientifico tra storici, di una interpretazione rispetto ad un'altra che si era affermata come maggioritaria) risalgono agli inizi degli anni sessanta.
Lo storico inglese A. J. P. Taylor, nel suo The Struggle for Mastery (1954) e nel famoso e controverso The Origins of the Second World War (1961), oltre a delineare specifiche responsabilità di Francia e Regno Unito, formulò la tesi secondo cui l'aggressione nazista, più che essere mera opera di Adolf Hitler e del suo regime, aveva radici ben più antiche nella politica tedesca, a partire da Bismarck. In questa opinione Taylor era appoggiato due opere: Le origini della guerra del 1914 di Luigi Albertini (pubblicato nel 1942-'43, ma tradotto in inglese solo in quegli anni), che individuava nell'aggressività sottesa al cosiddetto "piano Schlieffen" una delle ragioni primarie del primo conflitto mondiale[4], ma soprattutto dall'opera dello storico tedesco Fritz Fischer (Griff nach der Weltmacht, 1961). Tali tesi vennero definite "il revisionismo Fischer-Taylor".[3][5]
Il secondo caso fu opera di William Appleman Williams, storico statunitense legato inizialmente al movimento New Left.[6] In un contesto culturale e ideologico in cui la politica estera americana veniva genericamente etichettata come ispirata alla diffusione della libertà e degli ideali della Costituzione degli Stati Uniti d'America (autodeterminazione, pace e progresso), nelle varie riedizioni del suo The tragedy of American diplomacy (1959,ed.rev.1962) con atteggiamento decisamente critico ne mise in luce degli aspetti definibili come autenticamente imperialistici.[7][3]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b revisionista, storiografia, in Dizionario di Storiografia, Pearson Italia. URL consultato l'11 ottobre 2013.
- ^ Revisionismo, in Dizionario di Storia, Treccani, 2011. URL consultato l'11 ottobre 2013.
- ^ a b c Marcello Flores, Revisionismo Storiografico, in Enciclopedia Italiana, VII Appendice, Treccani, 2007. URL consultato l'11 ottobre 2013.
- ^ John D.Clare, Historiography of the Causes of World War One, su johndclare.net. URL consultato l'11 ottobre 2013.
- ^ Gordon Martel (a cura di), Origins of the Second World War Reconsidered, Routledge, 2002, pp. 57-58, ISBN 978-0203010242.
- ^ Martin L. Fausold, George T. Mazuzan (a cura di), The Hoover Presidency: A Reappraisal, SUNY Press, 1974, p. 191.
- ^ Andrew J Bacevich, American Empire: The Realities and Consequences of U.S. Diplomacy, Harvard University Press, 2009, pp. 23-31, ISBN 978-0674020375.