Paolo Solaroli di Briona | |
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Ritratto di Paolo Solaroli di Briona | |
Deputato del Regno d'Italia | |
Legislatura | VIII |
Collegio | Novara |
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Deputato del Regno di Sardegna | |
Legislatura | IV, V, VI, VII |
Collegio | Novara |
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Dati generali | |
Professione | Militare di carriera |
Paolo Solaroli di Briona | |
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Nascita | Novara, 8 dicembre 1796 |
Morte | Briona, 10 luglio 1878 |
Cause della morte | morte naturale |
Luogo di sepoltura | Briona |
Dati militari | |
Paese servito | Impero ottomano Compagnia britannica delle Indie orientali Regno di Sardegna Regno d'Italia |
Forza armata | Esercito ottomano British Army Armata Sarda Regio esercito |
Grado | Tenente generale |
Guerre | Prima guerra anglo-afghana Prima guerra d'indipendenza italiana Seconda guerra d'indipendenza italiana Terza guerra d'indipendenza italiana |
Battaglie | Battaglia di Novara Battaglia di Magenta |
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Paolo Solaroli di Briona (Novara, 8 dicembre 1796 – Briona, 10 luglio 1878) è stato un generale e avventuriero italiano.
Molte delle affermazioni fatte da Solaroli e ripetute in seguito dai cronisti risorgimentali e fascisti riguadanti la sua vita e le sue avventure militari prima e durante il suo soggiorno in India, che avevano contribuito alla sua popolarità e alla sua fama di avventuriero, sono messe in dubbio dalla mancanza di fonti attendibili o screditate dagli elenchi e dalle testimonianze della gente che lo conosceva all'epoca.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Giovinezza
[modifica | modifica wikitesto]Nato da una famiglia di umili origini, il padre era un sarto originario della località di Bersano, vicino a Busseto, nel parmigiano, mentre la madre era una casalinga novarese.
Dopo aver compiuto i primi studi elementari, affiancò il padre nel suo lavoro a bottega ma iniziò subito ad interessarsi di politica assieme ad altri giovani novaresi coi quali si trovò coinvolto nel 1821 nei moti nazionali che desideravano un Piemonte maggiormente democratico dopo gli ideali innovativi portati da Napoleone e dalla Rivoluzione francese contro il conservatorismo di Carlo Felice di Savoia. Racconterà poi di essere fuggito dall'italia nel 1823 per combattere in Spagna per conto dei costituzionalisti e di aver combattuto prima nella fantomatica Legione Anglo-italiana poi nella Legione Francese Caran e Favier, in realtà in questo periodo Solaroli si trovava a Londra e probabilmente maturò la leggenda spagnola mentre frequentava gli ambienti massonico-carbonari franco-piemontesi-napoletani della città[1].
In Egitto
[modifica | modifica wikitesto]Verso la fine del 1823 si portò in Egitto, dove racconta di essersi messo al servizio del viceré locale Mehmet Ali come istruttore per le nuove reclute, grazie all'esperienza strategica e militare maturata durante i preparativi rivoluzionari, affermazione che va in netto contrasto con le fonti che lo vedono guadagnarsi da vivere al Cairo confezionando pantaloni speciali per le travelling ladies in visita alle piramidi a dorso di cammello[2][3]. Racconterà poi di aver rinunciato all'incarico solo nel 1825 quando gli ottomani organizzarono una spedizione per reprimere i moti rivoluzionari della Grecia, operazione a cui egli si oppose fermamente, rivedendo in quel progetto l'infranto sogno di insurrezione coltivato in patria.
Fortuna in India
[modifica | modifica wikitesto]Quello che si sa per certo è che la sua permanenza in Egitto non durò a lungo, forse a causa di una pestilenza scoppiata al Cairo in quel periodo[4] decise di seguire qualche ufficiale britannico giungendo poi in India. Più avanti racconterà di essersi posto al servizio della Compagnia britannica delle Indie orientali per cinque anni e di aver combattuto nella Prima guerra anglo-birmana, di essere stato ferito in battaglia, di essersi guadagnato il grado di Capitano e di aver salvato la vita al Generale Sir Robert Brown nonostante nessun generale con questo nome si trovava in India in quel periodo, tutte queste dichiarazioni sono screditate dall'assenza del suo nome negli archivi dei reggimenti stazionati in India[5]. Più probabilmente Solaroli arrivò a Bombay tra la fine del 1825 e gli inizi del 1826 per poi spostarsi nei pressi di Calcutta, pare che sia finito per diventare direttore di un’impresa agroindustriale per la produzione dell’indaco[6], e che poi sia stato cacciato dalla piantagione finendo per guadagnarsi da vivere facendo il venditore ambulante di almanacchi ed elisir per le strade di Calcutta.[7].
Fu durante questo periodo che ebbe modo di incontrare l'ufficiale vicentino Antonio Righellini che già da qualche anno aveva prestato servizio come militare e principalmente come architetto nel Regno di Sardhana oltre ad essere il probabile amante della regina locale e che gli propose di trovargli un impiego nel piccolo regno, giungendo poi addirittura a proporgli la mano di sua figlia, Solaroli declinò l'offerta ma iniziò progressivamente ad avvicinarsi alla regina stessa. Una donna più unica che rara, Farzana Zeb un-Nissa, conosciuta in occidente come Begum Samru, era un ex concubina che appena quindicenne era stata presa come seconda moglie dal mercenario tedesco Walther Reinhard Sombre, il quale a sua volta aveva ricevuto il feudo di Sardhana dal governo imperiale di Delhi, e che dopo la sua morte aveva era riuscita a sconfiggere gli altri eredi di Sombre assicurandosi il trono, si era convertita dall'islam al cattolicesimo e aveva continuato a governare abilmente il piccolo regno per circa cinquant'anni, dimostrando una rara affinità sia per la guerra che per l'amministrazione e ricevendo onori militari e ingenti paghe annuale sia dai Moghul che dagli inglesi[8]. Nel 1831 Solaroli, che era ormai era stato nominato comandante generale delle truppe dalla regina nonostante il suo compito consistesse principalmente nell’organizzazione di feste e parate per la ricchissima e multietnica corte di Sardhana e nella progettazione e realizzazione di uniformi per l'esercito e la servitù[9], ottenne la mano di una pronipote di Reinhard, Georgina Dyce Sombre.
Quando la Begum morì nel 1836, la Compagnia delle Indie orientali sequestrò le terre e gli immobili della regina, mentre l'enorme eredità di 767.000 rupie[N 1] che in teoria doveva finire al cognato David Ochterlony Dyce Sombre, venne spartita anche con Georgiana e l'altra sorella Ann Mary, Solaroli riuscì ben presto a incrementare la cospicua somma di denaro grazie ad alcuni affari condotti sempre in India e ai risarcimenti ottenuti a causa dell’indebito incameramento del Regno di Sardhana da parte della Compagnia delle Indie[10].
Solarini rimase ancora qualche anno in India intento ad amministrare il suo patrimonio dalla sua villa in Mussoorie arrivando anche a fondare la North Western Bank of India nel 1840, insieme all'altro cognato, l'ufficiale John Troup e all'imprenditore Frederick Angelo, e non combattendo per conto degli inglesi nella campagna dell'Afghanistan come lui sostenne, anche perché la Compagnia delle Indie si era presa tutto e a Sardhana non c'erano più soldati da comandare[11], nel frattempo Dyce Sombre viveva da qualche anno in inghilterra ed era arrivato ad essere brevemente eletto al Parlamento Britannico, e a sposare la figlia di Jervis, Visconte St. Vincent, Mary Ann Jervis, una scelta che a causa delle abitudini sperperatici di quest'ultima lo portò presto alla rovina finanziaria costringendolo a fare causa a Georgiana e Solarini sostenendo che avessero ottenuto la loro parte di patrimonio in maniera illecita[12], la causa finì nel nulla e Dyce Sombre fu riconosciuto pazzo due anni dopo per poi morire di colera in miseria l'anno successivo.[13].
Ritorno in Italia e carriera nell'esercito sabaudo
[modifica | modifica wikitesto]Questo suo trionfale rientro, accompagnato dalle gesta delle sue imprese, fu reso possibile in quanto sul trono era ormai salito Carlo Alberto di Savoia, costituzionalista egli stesso, che aveva sentito parlare a lungo del Solaroli e della sua esperienza in India. Ricevutolo a corte a Torino, gli concesse il titolo di colonnello onorario e, in considerazione delle sue imprese e dei suoi legami matrimoniali regali, lo nominò barone.[N 2]
Con lo scoppio dei moti del 1848, Paolo Briona ormai avvezzo in materia militare, chiese al comando di Torino un passaggio al ruolo effettivo col medesimo grado concessogli dal sovrano. Nel 1849 parte alla Battaglia di Novara dove si distinse largamente ottenendo la fiducia dell'allora principe ereditario Vittorio Emanuele. Quando quest'ultimo, di lì a poco, fu salito al trono sabaudo, incaricò proprio il Solaroli di organizzare il ritorno in patria della salma del padre dall'esilio dove era stato costretto a Porto, in Portogallo. Continuò a seguire il sovrano come suo aiutante di campo personale, prendendo parte prima alla campagna del 1859 e poi, settantenne, a quella del 1866 assieme a quattro dei suoi figli ed al genero, Carlo Brascorens di Savoiroux, comandante del Saluzzo Cavalleria.
Ultimi anni e morte
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1867, dopo la firma della pace con gli austriaci e la conquista del Veneto, ottenne dal re il delicato incarico di restituire al Duomo di Monza la corona ferrea asportata in precedenza dagli imperiali. Dopo questo atto Vittorio Emanuele II lo nominò Marchese di Briona, dove di recente aveva acquistato un castello, oltre a concedergli il titolo di generale ed alcune tra le massime onorificenze di stato.
Morì a Briona il 10 luglio 1878 ed ivi venne sepolto. Un suo nipote omonimo nel 1911, nel corso della Guerra di Libia, ottenne la Medaglia d'oro al valor militare, mentre un suo pronipote, Giorgio Solaroli di Briona, fu uno degli assi dell'aeronautica militare italiana durante la Seconda guerra mondiale.
Nella cultura di massa
[modifica | modifica wikitesto]La storia raccontata da Solaroli, che da soldato semplice era partito per l'India in cerca di fortuna, per poi riempirsi di glorie e di meriti servendo alla corte della regina-guerriera Indiana, per poi ritornare in europa con il titolo altisonante di Principe di Sirdhanah, con una moglie esotica e con un enorme quantità di denaro, ricevette un ampio risalto nella società europea, come quella di molti altri avventurieri ed esploratori[14]. È per questo che si pensa che Emilio Salgari si sia ispirato alla sua figura per il personaggio di Yanez nei suoi celebri romanzi di Sandokan, anche se non si hanno prove certe. Anche le vicende finanziarie e la serie di processi legali ebbero un grande risalto nei giornali dell'epoca, sia i processi intrapresi dalla moglie contro la Compagnia delle Indie per il sequestro del loro regno[15], che quelli legati all'enorme eredità che Begum Samru aveva lasciato a Solaroli e i suoi cognati, arrivando anche ad ispirare l'incipit del romanzo I cinquecento milioni della Bégum di Jules Verne[16], nella quale due uomini, dopo aver ricevuto un enorme eredità da una regina indiana loro lontana parente, decidono di costruire due città parallelamente opposte.
Stemma
[modifica | modifica wikitesto]Lo stemma di Paolo Solaroli e dei suoi discendenti è degno di nota per via del suo stile particolarmente eclettico e inusuale, e perciò degno di un personaggio come lui, che combina l'utilizzo di figure complesse con motivi orientali:
"Inquartato, al 1° di verde, a due fasce scaccate d'argento e di rosso, di due file di otto pezzi caduna, al 2° d’oro, rabescato con una leggenda in lingua indostanica Dyce Sombre Sovrano di Sirdanach, il tutto di nero, al 3° d’argento, al castello di Briona, con la bandiera viscontea, bifida e in banda, al naturale, al 4° d’azzurro, all'elefante d'argento, armato, con la proboscide e con le anella ai piedi, d’oro, gualdrappato di rosso, guernito d’oro e sostenente una torre, pure d’oro"[17].
Nel primo quarto è rappresentato lo stemma donato al Generale Alexander Dyce nel 1797, nonno del cognato David Ochterlony Dyce Sombre, tecnicamente sia Solaroli che Dyce Sombre non avevano il diritto di inquartare quello stemma dato che Dyce Sombre discendeva da un figlio illegittimo del generale e di conseguenza era escluso dal poterlo utilizzare[18]. Nel secondo quarto è rappresentata un esempio di calligrafia araba fatta in lingua indostanica[N 3], la scritta è un riconoscimento delle pretese che il cognato aveva in alcuni territori del subcontinente indiano. Nel terzo quarto è rappresentato il Castello di Briona stesso, originariamente il castello doveva rappresentare la fortezza della città di Sardhana ma la blasonatura fu cambiata in quella moderna dopo l'acquisto del castello nel 1864[19], l'utilizzo di una figura non standard era particolarmente di moda nell'araldica militare inglese della prima metà dell'ottocento, ma era invece molto raro in italia. Il quarto quarto rappresenta un elefante indiano intento a trasportare una torre sulla schiena, come è spesso rappresentato in araldica, a simboleggiare il suo passato indiano.
Onorificenze
[modifica | modifica wikitesto]Onorificenze italiane
[modifica | modifica wikitesto]Onorificenze straniere
[modifica | modifica wikitesto]Note
[modifica | modifica wikitesto]Annotazioni
[modifica | modifica wikitesto]- ^ equivalenti a 88.200.000 sterline di odierne
- ^ A giocare un ruolo importante in questa nomina fu probabilmente anche il grande patrimonio di cui il Solaroli poté disporre come lascito testamentario dopo la morte della begum che nominò eredi i suoi nipoti. La fortuna di cui si impossessò, a Torino era giudicata la terza in ordine di ricchezza all'epoca ed alla sua morte esso ammontava a 4,7 milioni di lire italiane.
- ^ Probabilmente urdu
Fonti
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Vialardi di Sandigliano
- ^ Vialardi di Sandigliano
- ^ Baudino Mario, Il vero Yanez si chiamava Paolo Solaroli, in La Stampa, 7 luglio 2011. URL consultato il 10 dicembre 2023.
- ^ Baudino Mario, Il vero Yanez si chiamava Paolo Solaroli, in La Stampa, 7 luglio 2011. URL consultato il 10 dicembre 2023.
- ^ Vialardi di Sandigliano
- ^ Baudino Mario, Il vero Yanez si chiamava Paolo Solaroli, in La Stampa, 7 luglio 2011. URL consultato il 10 dicembre 2023.
- ^ Vialardi di Sandigliano
- ^ Vialardi di Sandigliano
- ^ Vialardi di Sandigliano
- ^ SOLAROLI, Paolo Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 93 (2018), su treccani.it.
- ^ Vialardi di Sandigliano
- ^ Vialardi di Sandigliano
- ^ Vialardi di Sandigliano
- ^ Baudino Mario, Il vero Yanez si chiamava Paolo Solaroli, in La Stampa, 7 luglio 2011. URL consultato il 10 dicembre 2023.
- ^ Baudino Mario, Il vero Yanez si chiamava Paolo Solaroli, in La Stampa, 7 luglio 2011. URL consultato il 10 dicembre 2023.
- ^ SOLAROLI, Paolo Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 93 (2018), su treccani.it.
- ^ Armoriale delle famiglie italiane (Sol), su armoriale.it. URL consultato il 9 dicembre 2023.
- ^ Vialardi di Sandigliano
- ^ Vialardi di Sandigliano
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- T. Vialardi di Sandigliano, Un soldato di ventura alla corte indiana di Sardhana: Paolo Solaroli novarese in Studi Piemontesi, vol. 2, 2006
- E. Bonardi, Il primo marchese di Briona, ed. Bona, Torino, 1909
- Tomaso Vialardi di Sandigliano, Paolo Solaroli di Briona un sarto novarese tra India e Risorgimento (PDF), in Nuova Antologia Militare, vol. 2, n. 7, Giugno 2021, p. 575. URL consultato l'8 dicembre 2023.
Altri progetti
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Collegamenti esterni
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