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[modifica | modifica wikitesto]La granita è un dolce freddo al cucchiaio, tipico della Sicilia. Si tratta di un composto liquido semi-congelato preparato con acqua, zucchero e un succo di frutta o altro ingrediente (oltre alla frutta sono più diffusi mandorla, pistacchio, caffè o cacao).
Viene spesso confusa con il sorbetto, insieme al quale può essere considerata uno dei progenitori del gelato e dal quale si differenzia per la consistenza più granulosa (da cui il nome) e cremosa allo stesso tempo — anche se questa consistenza varia di zona in zona (vedi sotto) ed è quasi indistinguibile da quella del sorbetto classico nella Sicilia orientale [1].
Il contenuto in zuccheri è del 25-35%, mentre quello in acidi è dello 0,5-1%[2]. A differenza del gelato e del sorbetto, l'aria nel prodotto finale sarà completamente assente. Nella preparazione è importante che la gelatura avvenga per gradi e mantenendo in movimento il composto, in modo che l'acqua non si separi sotto forma di cristalli di ghiacco insipidi dall'aroma zuccherato.
Si serve solitamente in bicchieri di vetro trasparenti. Originariamente era accompagnata dal pane[senza fonte], mentre oggi viene normalmente abbinata con la tipica brioche siciliana preparata con pasta lievitata all'uovo e dalla forma a base semisferica sormontata da una pallina (chiamata coppoletta). A granita câ briosci era ed è la colazione tipica dei siciliani, specialmente in estate e nelle zone costiere [3].
In alternativa, la granita viene anche consumata “da passeggio”, servita in bicchieri di plastica, cartone plastificato o polistirolo, per rinfrescarsi durante lo struscio nelle lunghe serate estive. Inoltre è abitudini diffusa nei bar siciliani quella di aggiungere piccole quantità di granita di limone per creare variazioni del tè freddo, dell'acqua minerale o perfino della birra. La granita di caffè viene invece aggiunta al caffè freddo.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Le origini della granita vengono solitamente fatte risalire alla dominazione araba in Sicilia. Gli arabi portarono con sé la ricetta dello sherbet, bevanda ghiacciata aromatizzata con succhi di frutta o acqua di rose[4]. In Sicilia, usavano la neve che d'inverno veniva raccolta sull'Etna, sui monti Peloritani, Iblei o Nebrodi e stivata durante l'anno nelle nivieri, apposite costruzioni in pietra erette sopra grotte naturali o artificiali. In estate veniva prelevato il ghiaccio formatosi per essere poi grattato e ricoperto di sciroppi di frutta o di fiori. Questa preparazione, che sopravvive anche nella grattachecca romana, era diffusa ancora fino al primo Novecento con il nome di rattata (grattata)[5].
Durante il XVI secolo si apportò un notevole miglioramento alla ricetta dello sherbet, scoprendo di poter usare la neve, mista a sale marino, come eutettico per poter congelare le preparazioni - la neve raccolta passò così da ingrediente a refrigerante. Nacque il pozzetto, un tino di legno con all'interno un secchiello di zinco, che poteva essere girato con una manovella. L'intercapedine veniva riempita con la miscela eutettica e il tutto poi posto in un letto isolante di paglia. La miscela congelava il contenuto del pozzetto per sottrazione di calore, mentre il movimento rotatorio impediva la formazione di cristalli di ghiaccio troppo grossi[6].
La granita così preparata ha soppiantato nei secoli la rattata. Nel corso del XX secolo, il pozzetto manuale raffredato da ghiacco (o neve) e sale è stato dappertutto sostituito dalla gelatiera.
Gusti e varianti locali
[modifica | modifica wikitesto]Non si può facilmente determinare una “formulazione originale” della granita. Secondo fonti autorevoli, le granite più tradizionali erano quelle ai gusti di limone, cannella, gelsomino e “scursunera” (barba di becco) [7][8]. Mentre la barba di becco oggi non viene più utilizzata, il termine dialettale scursunera viene ormai impiegato, specie nel palermitano, per designare la granite di gelsomino con cannella[9].
Le varianti classiche più diffuse in tutta l'isola sono la granita al limone, alla mandorla e al caffè[10].
La granita nella descritta consistenza semi-liquida è diffusa soprattutto nella parte orientale dell'isola. Nella parte occidentale il termine "granita" viene regolarmente applicato alla gramolata (in Sicilia chiamata cremolata), a consistenza più fine ed omogenea e le due ricette si sovrappongono e confondono spesso.
Le mandorle usate per la preparazione della granita contengono sempre una minima percentuale di mandorle amare, decisiva per l'intenso aroma.
Molto diffusi nel Catanese sono il gusto al pistacchio (originario di Bronte), alla mandorla (la minnulata catanese, cioè mandorlata, su cui si versa un goccio di caffè caldo) ed i gusti alle frutta: gelsi neri, pesca, fragola, mandarino, ananas. Una peculiarità catanese è la cosiddetta “granita di cioccolato”, che in realtà è preparata con il cacao magro [11]. A Catania spesso si gusta tagliando la brioche a metà e riempiendola di granita, e una copertura di panna fresca.
A Messina sono più diffuse le granite di caffè, di fragola e di gelso, servite con l'aggiunta di un velo di panna.
Riconoscimenti
[modifica | modifica wikitesto]La Regione Siciliana ha inserito nell'elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani le seguenti varianti:
- granita di gelsi neri
- granita di mandorla
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Jeffrey Steingarten, The Mother of All Ice Cream, in The Man Who Ate Everything, Vintage Books, 1997, pp. 361–380, ISBN 0-375-70202-4.
- ^ Harold McGee, On Food and Cooking, Scribner, 2004, p. 289, 0-684-80001-2.
- ^ Angelo Benivegna, Il gusto della tradizione, Trapani, Coppola Editore, 2003, ISBN 88-87432-28-7.
- ^ Afshin Molavi, Persian Pilgrimages, W. W. Norton & Company, 2002, ISBN 0-393-05119-6.
- ^ Angelo Benivegna, Il gusto della tradizione, Trapani, Coppola Editore, 2003, ISBN 88-87432-28-7.
- ^ Angelo Benivegna, Il gusto della tradizione, Trapani, Coppola Editore, 2003, ISBN 88-87432-28-7.
- ^ Giuseppe Pitrè, Cartelli, pasquinate, canti, leggende, usi del popolo siciliano, Palermo, Reber, 1913.
- ^ Giuseppe Coria, Profumi di Sicilia. Il libro della cucina siciliana, Catania, Cavallotto, 1981 (ristampa 2006), p. 528, ISBN 88-86803-00-1.
- ^ Rosario Perricone, Dietro il nome della Scorzonera, www.repubblica.it, 14. agosto 2010
- ^ Giuseppe Coria, Profumi di Sicilia. Il libro della cucina siciliana, Catania, Cavallotto, 1981 (ristampa 2006), p. 530, ISBN 88-86803-00-1.
- ^ Jeffrey Steingarten, The Mother of All Ice Cream, in The Man Who Ate Everything, Vintage Books, 1997, pp. 361–380, ISBN 0-375-70202-4.